IL BLOG DI SERGIO VIVI



domenica 30 dicembre 2007

L'ottimismo è il profumo della vita

«L’Italia si è rimessa a camminare ed è uscita dalle emergenze. Adesso serve un’azione forte per risolvere il problema della mancanza di fiducia».

Io ci sto. Ho deciso che per la Befana mi regalo una macchina nuova: la Lamborghini Murcièlago LP640.
Costa UN MILIONE di euro ma, tra i risparmi da pensionato, un mutuo a vent’anni che accenderò sabato prossimo, i benefici che mi arriveranno dall’incombente piano del governo per il recupero del potere d’acquisto e la riduzione delle tasse, credo che ce la potrò fare.

Tanti auguri di un prospero Buon Anno a tutti da me,
dall’uccellino di Del Piero,
dalla “bella topolona”
e dal pesce di nome Wanda.


sabato 29 dicembre 2007

Costituzione Art. 2

Nell’Art. 2 la Repubblica richiede ai cittadini «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».

E’ il caso di ricordare che fra coloro che si sottraggono ai propri doveri primeggiano i Parlamentari. Nonostante siano stati individuati da tempo le modifiche da apportare alla Costituzione per ammodernarla, se ne guardano bene dal metterle ai voti. Povera Italia!

* * * * * *

Continua la campagna per celebrare il 60° Anniversario della Costituzione Italiana, promossa dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria.
Ogni giorno è pubblicato un inserto, su tutti i giornali, con il testo di uno dei 139 articoli.
Più che i cittadini a festeggiare sono gli amministratori dei giornali.

La delega per l’informazione e l’editoria è nelle mani del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Ricardo Franco Levi (proprio Colui che, qualche tempo fa, voleva schedare i blogger).
Come giornalista professionista ha lavorato al Sole-24Ore, al Corriere della Sera, ad Il Giorno, alla Stampa. Ha fondato e diretto l’Indipendente.
L’uomo giusto al posto giusto. Però, che bel conflitto d’interesse!

Aspettiamo che Gian Antonio Stella e Luigi Rizzo scrivano un articolo per dirci quanto ci costa questa campagna. E chiediamo a Luca Ricolfi se possa considerarsi uno spreco che si poteva evitare.


venerdì 28 dicembre 2007

Costituzione Art. 1



E' tempo che le "forme e i limiti" siano spostati in direzione della democrazia diretta.

Una legge elettorale democratica deve:

permettere a tutti i cittadini la massima facilità di candidarsi

permettere agli elettori la massima possibilità di scelta

permettere la formazione di una efficace maggioranza di governo

Ad esempio, in questo modo


giovedì 27 dicembre 2007

La Costituzione. Noi, nero su bianco

D’accordo, noi cittadini, abbiamo il dovere di leggerla almeno una volta e di rispettarla.
Voi parlamentari, avete quello di osservarla e, quando è necessario, di riformarla.
Qualche articolo:

Art. 4 – comma 2
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Art. 36 – comma 1
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

E’ per questo che molti giovani, diplomati o laureati –magari con il massimo dei voti- scelgono di lavorare nei call-center a 6,869 euro lordi l’ora.
Chi deve stringere la forbice che si è creata fra il dovere e il diritto?

Art. 12
La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.
Dice un comandamento: non utilizzare il tricolore invano.

Art. 15
La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.
(Garanzie?!)

Art. 65 – comma 2
Nessuno può appartenere contemporaneamente alle due Camere.
Secondo lo spirito dell’articolo, nessuno può appartenere contemporaneamente al Parlamento nazionale ed a quello europeo.

Art. 69
I membri del Parlamento ricevono un'indennità stabilita dalla legge.
Art. 70
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.

Art.76
L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.

Art. 81 – comma 3
Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire i nuovi tributi e nuove spese.

Art. 98 – comma 1
I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
I cittadini non si facciano delle idee strane.

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Perché il Dipartimento per l’informazione e l’editoria spreca i soldi dei contribuenti per pagare questo avviso sulla Repubblica?
Perché alla Repubblica un paginone intero e al Resto del Carlino meno di un terzo di pagina?


sabato 22 dicembre 2007

Segnalazione

Le tasse sono bellissime … a Sarnen


lunedì 10 dicembre 2007

Il vassallum di Veltroni

Gli “autori di un pluriblog” hanno messo on line alcuni blog che prendono di mira i “popolani liberi”. In questo hanno presentato e commentato quello che potrebbe essere il nuovo simbolo del Popolo della Libertà:

L’unica differenza con quello del PD è una “elle” rossa su campo azzurro.

Non c’è da stupirsi. Il giorno che si realizzasse il Vassallum di Veltroni (e Berlusconi) o con una legge votata in parlamento oppure con la vittoria del Si’ al referendum (proprio ieri Gianfranco Fini ha assicurato che nessun Vassallum passerà mai in parlamento), rimarrebbero in lizza soltanto due partiti.
Siccome sulla scheda elettorale i due simboli si confonderebbero, la Commissione elettorale imporrebbe una piccola modifica, ad esempio, l’aggiunta di un numeretto:




Gli elettori potrebbero così scegliere tra il PD1 e il PD2, proprio come accadeva a Lascia e Raddoppia quando Mike chiedeva: vuole la busta numero uno o quella numero due?


giovedì 6 dicembre 2007

PIL - Esempio di calcolo

Si è discusso tra amici su cos’è il PIL, per esteso il Prodotto Interno Lordo.
In internet si trovano esaurienti spiegazioni su come si calcola, ma esempi di calcolo molto elementari.
Ho cercato, pertanto, di elaborare un esempio di calcolo più completo.
Per chi può interessare è QUI.


venerdì 30 novembre 2007

Gli incontri di Veltroni


Sono iniziati gli incontri di Veltroni con le forze politiche dell’opposizione per vedere di trovare un accordo sui punti A, B e C oggetto delle auspicabili riforme. Si è capito subito che da parte dei leader dell’ex Casa della Libertà si è d’accordo, ma solo in parte, con Veltroni su un singolo punto, diverso però da leader a leader.
Si è anche capito subito che Fini è d’accordo con Casini sui punti A e B ma non sul punto C; Casini, a sua volta, è d’accordo con Berlusconi sui punti B e C ma non sul punto A; Berlusconi, infine, è d’accordo con Fini sui punti A e C ma non sul punto B.

Da bravi politici, si è comunque ottimisti: vale a dire, è più facile che scoppi la pace in Medio Oriente piuttosto che si trovi la quadra sulla legge elettorale.
Questo ci fa capire come andrebbero meglio le cose in Italia, quando fossero rimasti soltanto i sei o sette partiti che hanno voglia di fare, e fossero spazzati via per sempre le centinaia di “nanetti e cespugliotti” che infestano il panorama politico nazionale.

Il punto capitale è la nuova legge elettorale. Tutti propongono il loro modello preferito: francese, tedesco, spagnolo, tedesco corretto al Cardenal Mendoza, con o senza premio di maggioranza, con o senza sbarramento, con l’asticella ad altezza variabile (l’ideale sarebbe definirla una volta noti i risultati delle elezioni).

L’obiettivo, per i due maggiori partiti, è quello di trovare un marchingegno atto a realizzare la loro “vocazione maggioritaria”, una legge, cioè, che consenta di governare (a quello dei due che otterrà un voto in più dell’altro) con non più di quel 33% di voti circa cui ciascuno dei due può, al momento, ambire.

Un sistema può essere il doppio turno alla francese: ci sono tot candidati, i primi due vanno al ballottaggio, gli altri a casa subito. Un secondo sistema consiste nella suddivisione in circoscrizioni territoriali molto piccole (modello spagnolo). Vince il candidato che ottiene più voti, gli altri voti sono azzerati e non si recuperano più. Entrambi i sistemi sono l’applicazione del concetto “divide et impera”. Soltanto che l’impero non è mai stato ritenuto una forma di governo democratica.

Un ulteriore sistema è dare un premio di maggioranza non più alla coalizione vincente ma al partito che ottiene più voti. Sembra difficile ma, invece, no. Basta arrivare al referendum. Berlusconi nega di volere arrivare a questo. Figurarsi Veltroni: per lui le regole del gioco si fanno col consenso di tutti … ma anche col referendum. E se il consenso tarda ad arrivare, il referendum non può aspettare e la colpa non è di nessuno.

E’ la soluzione più probabile e, nello stesso tempo, la peggiore. Dalla porcata di Calderoni si passerebbe a una porcata perfezionata, per di più imposta a furore di popolo con un referendum che nessuno si azzarderebbe a contestare.

Alle elezioni verrebbe chiesto agli elettori di scegliere tra PD1 e PD2 come ai tempi di Mike quando, a Lascia o raddoppia, faceva la domanda di spareggio.



Un altro governo è possibile

E’ di moda, tra i blogger, formare il governo migliore.
Propongo un governo di salute nazionale, di larghe intese (anzi ecumeniche), di soli 12 ministri (non è mica facile) più il Presidente.

Presidente del Consiglio dei Ministri: Guido Ceronetti
Ministro dell’Interno: Nichi Vendola
Ministro degli Esteri: Antonio Martino
Ministro della Difesa: Daniela Santanchè
Ministro della Giustizia e
dei Rapporti col Parlamento per la Riduzione
dei Costi della Politica: Cesare Salvi
Ministro del Lavoro: Jeremy Rifkin
Ministro della Sanità e della Ricerca scientifica: Umberto Veronesi
Ministro della Cultura dell’Istruzione
del Turismo e dello Spettacolo: Camillo Ruini
Ministro dell’Economia e delle Finanze: Mario Monti
Ministro delle Infrastrutture
delle Attività Produttive
e delle Comunicazioni: Linda Lanzillotta
Ministro dell’Ambiente e delle Politiche Agricole: Alberto Mingardi
Ministro delle Politiche Comunitarie e del Commercio Estero: Emma Bonino
Ministro dei Rapporti col Parlamento
per l’Eliminazione degli Sprechi e
per il Disboscamento e
la Sistemazione delle Leggi in Vigore: Luca Ricolfi

Si tratta di fermarsi sull’orlo del baratro e di risalire la china.


martedì 20 novembre 2007

Il modello proporzionale

«Roma, 19 nov (Velino) - “Benissimo” il dialogo, ma non solo sulla legge elettorale: sul tavolo ci sono anche “una discussione sulle riforme
istituzionali e un intervento sui regolamenti parlamentari”. E lo sforzo sui tre temi dovrà caratterizzare l’attività parlamentare del 2008. Così Walter Veltroni replica - al termine di una riunione dell’esecutivo del Pd - ai segnali di Silvio Berlusconi, che ieri, annunciando la nascita del Partito delle libertà, ha aperto al confronto sulla legge elettorale».

Dopo Veltroni, anche Berlusconi apre al proporzionale. Benissimo, non devono fare nessun sforzo: nella mia bozza di legge elettorale (vedere il link in Primo Piano in alto nella sidebar) c’è il proporzionale, con il massimo della rappresentanza; c’è la riforma istituzionale (l’abolizione del Senato, la riduzione del numero dei parlamentari); c’è l’intervento sui regolamenti (formazione dei gruppi parlamentari); c’è, soltanto se necessario, il premio di maggioranza (col voto pesante) per consentire la governabilità; c’è, se necessario, il voto leggero per limitare la dittatura della maggioranza; c’è la massima libertà di candidarsi (rendendo inutili le offensive e ridicole quote rosa). Può accontentare partiti grandi e piccoli, senza precludere la strada verso un vero bipolarismo.


sabato 3 novembre 2007

Ghe pensi mi


Le vie di mezzo non usano più?
Non si poteva utilizzare quella norma che limitava per due anni l’immigrazione dei rumeni, come hanno fatto gli altri paesi europei?
Va bene essere i paladini per l’abolizione della pena di morte, ma dobbiamo sempre essere i primi della classe?
Perché dobbiamo sempre prendere su di noi tutti i mali del mondo? Come se ne avessimo i mezzi.


sabato 27 ottobre 2007

Il partito della partecipazione e con metà donne

Per la carica di segretario nazionale erano in lista cinque uomini e una donna: ha vinto un uomo.

Per la carica dei segretari regionali sono risultati eletti:
16 uomini (10 d’area DS, 5 d’area Margherita, 1 indipendente),
3 donne (1 d’area DS, 2 d’area Margherita)
Trentino non pervenuto.

Oggi Walter Veltroni, proclamato segretario del Partito Democratico (Nuovo), nel discorso all’assemblea costituente di Milano ha annunciato «l’insediamento di tre commissioni chiamate a lavorare alla bozza dello statuto, del manifesto dei valori e del codice etico, da presentare entro il 31 gennaio e da portare al vaglio di una nuova assemblea entro il 28 febbraio. A farne parte cento delegati, metà uomini e metà donne, per ognuna, “indicati dai candidati alla carica di segretario, proporzionalmente ai componenti eletti nell’assemblea collegati a ciascun candidato” come recita il dispositivo proposto da Veltroni e approvato, con qualche perplessità, dall’assemblea» (il Velino d’oggi).
Cioè, i tre documenti basilari saranno scritti da trecento persone.
Cosa ci stiamo a fare qui? Si sono chiesti gli altri 2500 costituenti destinati a rimanere ai margini.
Beh! Semplice, ad approvare all’unanimità quanto deciso al vertice. Una decisione è molto più importante se approvata da 2800 persone piuttosto che da 300.
A parte che anche una commissione di cento persone per scrivere un manifesto o un codice etico può definirsi, come minimo, elefantiaca.


sabato 20 ottobre 2007

La prigione dorata

Questa mattina, se non mi avesse messo di buon umore la visione, su MTv, del video clip “The Sweet Escape” dove la solare, bionda e luminosa Gwen Stefani, vestita col classico abito a righe, fugge da una prigione tutta dorata (d’oro le sbarre, d’oro le pareti, d’oro le manette), mi sarei arrabbiato di brutto nel leggere le notizie (sulla Repubblica, poi su alcuni blog) concernenti la riforma dell’editoria e di Internet predisposta dal sottosegretario Riccardo Franco Levi.

Secondo la riforma allo studio, tutti i blogger italiani dovranno iscriversi al ROC (il Registro degli Operatori di Comunicazioni): subire cioè delle restrizioni che equivalgono a rinchiuderli in una prigione per niente dorata.

Per i politici evidentemente i blogger hanno esagerato.
Non solamente Beppe Grillo, quando s’intestardisce a chiedere conto dei 98 miliardi di euro di imposte non pagate dai Monopoli di Stato, ma anche tanti altri blogger, come per esempio Phastidio, che dovrebbe smettere di dare fastidio criticando il modo con cui si stanno buttando via 400/500 milioni di euro nella vicenda del Ponte sullo Stretto.
Anche il Ministro Di Pietro dovrebbe smettere di scrivere che quello del governo “è un comportamento da talebani, a quelli non piacevano i Budda e li hanno buttati giù per motivi ideologici”.

[Purtroppo l’ideologia stenta a morire. Sergio Cofferati un mese dopo essersi insediato a Palazzo d’Accursio fece abbattere le “gocce di Guazzaloca” perché non piacevano alla sinistra. L’unica cosa concreta che ha fatto … poi solo chiacchiere. Tanto che Gianfranco Pasquino, reclamando le primarie per il prossimo candidato sindaco, su Repubblica-Bologna d’oggi, afferma: «… l’attuale capo del governo cittadino non è esattamente il migliore che potremmo avere (e che vorremmo riavere) e … la città di Bologna merita di più»].

Provvedimenti come l’istituzione del ROC fanno venire in mente la censura che vigeva negli anni cinquanta, quando Oscar Luigi schiaffeggiava nei bar le signore troppo scollate, e in televisione le Kessler erano obbligate ad indossare calze nere coprenti.
Oggi, però, mi sembra che si vogliano censurare più le opinioni che i costumi: divertitevi pure, ma non pensate. E’ sintomatico un articolo del Corriere della Sera, di qualche giorno fa, in cui s’informano i lettori dell’esistenza d’alcuni siti molto particolari. Naturalmente il giornale lo fa per una giusta causa: contribuire alla rovina della "Hollywood a luci rosse".

Nella classifica mondiale sulla libertà di stampa l’Italia è al quarantesimo posto, dietro Paesi come l’Ecuador, il Cile e la Corea del Sud.
Di quanti posti scenderemmo, se fossimo costretti a chiudere i blog?


sabato 13 ottobre 2007

Vocazione maggioritaria

Alcuni autorevoli membri dei DS non hanno seguito i loro compagni nell’avventura del Partito Democratico e si sono scissi. A loro il leader del PD potrebbe rivolgere un’esortazione di questo tenore (tra parentesi alcune modifiche lessicali per aggiornarla ai nostri tempi):

«Se saremo all’altezza del compito che la realtà italiana ci propone, trascineremo dietro la gloriosa bandiera del socialismo rivoluzionario e democratico (dietro al glorioso simbolo del ramoscello d’ulivo), le classi lavoratrici (le classi dei contribuenti e consumatori). Perché non basta aver restituito ai lavoratori (ai contribuenti e consumatori) lo strumento della loro emancipazione. Occorre che tutti i lavoratori (i contribuenti e consumatori) intendano che il nostro Partito è il loro partito, che i nostri ideali sono i loro ideali. Iniziando questo duro cammino, il nostro pensiero fraterno si rivolge ai compagni che non hanno creduto di unirsi a noi, perché convinti di poter ancora lottare per i comuni ideali in quella che avrebbe dovuto essere, e non è più, la casa di tutti i socialisti. Siamo certi che li ritroveremo e l’approvazione che un giorno ci verrà da loro, cancellerà il ricordo di un distacco amaro».

No, non è un brano del discorso di Walter Veltroni al Lingotto, ma è la conclusione del discorso che Giuseppe Saragat tenne a Palazzo Barberini il 9 gennaio 1947, sessanta anni fa. Saragat non ha ancora ottenuto l’ambita approvazione per il semplice fatto che il PD lo ha scavalcato a destra.
Altre storie, altre cause, altre imprese.

Veltroni garantisce che il Partito Democratico nasce con una vocazione maggioritaria.
Sicuramente sarà eletto dal voto di uno o due milioni d’elettori. Io penso che non sarà per niente un flop, anzi non mi stupirei se domani gli elettori fossero anche più di cinque milioni (con conseguente clamore di fanfare). Tanto più saranno i voti, tanto prima Veltroni dovrà portare il PD, da solo, alle elezioni per dimostrare che quella vocazione può realizzarsi.

Nel 1948 la Democrazia Cristiana ebbe il 48,5% di voti, il Fronte Democratico Popolare di Nenni e Togliatti il 31% e Unità Socialista di Saragat il 7%. La sua coraggiosa e lungimirante scelta contribuì ad impedire in Italia la vittoria delle sinistre e la formazione di un governo marxista e filo-sovietico (evento che avrebbe costretto anche il giovane Veltroni a diventare comunista, suo malgrado, e gli avrebbe impedito di vedere tanti bei film americani).
Oggi per essere maggioritari occorrono tredici milioni di voti.
I promotori del PD sottolineano il coraggio della loro scelta. Purtroppo con le scelte coraggiose (a volte disperate) il destino si rivela spesso “cinico e baro”.


Premio Nobel per la pace

Al Gore ha vinto il Nobel per la pace e “rinasce addirittura come presidente del mondo”.
Gli ambientalisti esultano, Hillary Clinton si congratula e Bush è contento.
I critici, quelli che si chiedono cosa ha fatto Al Gore per la pace, indaghino. Può darsi che, negli ultimi anni, anche la Fondazione Nobel sia ricorsa alla pratica degli appalti e dei subappalti e abbia affidato la selezione dei candidati e il giudizio finale al comitato che assegna i premi IG Nobel.
Premi assegnati annualmente alle ricerche scientifiche di dubbia fondatezza o che contengono aspetti divertenti o poco seri. Ad esempio, in passato, il premio è andato allo studio teso a provare che «i buchi neri soddisfano tutte le caratteristiche tecniche che li renderebbero il luogo dove si trova l'Inferno». (Vedere Wikipedia: premio Ig Nobel)


giovedì 27 settembre 2007

Primarie all'italiana

Updated il 29 settembre

Le primarie all’italiana non sono una cosa seria.

A Bologna i seguaci di Grillo organizzano delle primarie per scegliere il loro candidato sindaco.
Vince la giornalista Milena Gabanelli con 34 voti. Cofferati ha preso 26 voti e Grillo 23.
Bologna ha più di 300.000 abitanti. Alle elezioni vere dovrebbero scegliere tra candidati imposti da sparute minoranze?





In campo nazionale il candidato PierGiorgio Gawronski denuncia in una lettera ai giornali che la fase della presentazione delle liste è stata infestata dai brogli: ne prendano atto coloro che si oppongono alla reintroduzione del voto di preferenza con il motivo che sarebbe stato, in passato, l’unica causa della degenerazione della politica.




Le severe regole che hanno escluso le liste di Gawronschi e Schettini non sono, però, state osservate nel Trentino, dove il segretario Veltroni non potrà governare su Ds e Margherita, che risulteranno solo "federate" con il Pd.



Le “durantarie” sono meglio delle primarie.


domenica 23 settembre 2007

Il simbolo del Partito Democratico

Nell’attesa che ci mettano mano i grafici di professione, possiamo cercare di immaginare quale potrebbe essere il simbolo del partito democratico nuovo.
Una possibile bozza potrebbe risultare, dopo un’estenuante mediazione, da un’inclusione di vecchi simboli in uno unico, con lo scopo di salvare le diverse identità. Il risultato potrebbe essere questo:


Uno scudo (unico richiamo ai vecchi simboli) entro cui spicca il somarello (il PD americano) sullo sfondo della margherita (il bottone giallo come sole dell’avvenire), incorniciato da foglie d’ulivo e quercia e sormontato dalla corona ferrea.
La corona, oltre a richiamare la nobiltà dell’impresa, rimanda al ruolo decisivo avuto dalle primarie del 14 ottobre 2007. Il segretario eletto potrà parafrasare il famoso detto: le primarie me lo hanno dato, guai a chi lo tocca.

Insomma, per un partito che vuole essere inclusivo, un simbolo inclusivo. Con la prospettiva di includere, magari, anche il Movimento Valori e Futuro per una nuova Italia del giovane principe.

Naturalmente circolano anche altre bozze. Qui sotto la preferita dai Sindaci di Bologna e Firenze. Un simbolo di grande efficacia che piacerebbe anche all’elefantino ed, ovviamente, al cinefilo Veltroni.

Beh! Non c’è che dire. Pur lasciando in bella evidenza la solidarietà, l’è tot un eter quel (é tutta un’altra cosa).


venerdì 21 settembre 2007

Offresi staminali

Annuncio economico letto questa mattina su Il riformatore scientifico:

AAA Pensionato 73enne, emulo di Frankenstein Junior, causa falcidia proprio potere d’acquisto, dovuta al ben noto effetto UNeuro=MILLElire, con due palle “così” (già coproduttrici di spermatozoi d’annata), corroborate da quarantennale sopportazione elefantiaca burocrazia, divieti e balzelli di ogni genere, nonché dagli inganni della classe politica, offresi a laboratori di ricerca per prelievo pacchetti di cellule staminali multipotenti. 999 euro per intervento (tre biopsie in un anno soltanto 1999 euro). Rilascia regolare fattura (partita Iva: venditore di palle). Citofonare www


mercoledì 19 settembre 2007

Inizio di un nuovo ciclo

Ho cambiato il template.
Qualcosa, però, è andato storto.
Sto cercando di salvare i vecchi post.
Mi ci vorrà un pò di tempo.
Altrimenti non sarà un gran danno.


martedì 18 settembre 2007

Gli ostinati

«Purtroppo il vero complotto è ordito dai due terzi della popolazione statunitense, duecento milioni di persone, che si ostinano a consumare ogni anno … dieci volte l’energia usata dal miliardo e trecento milioni di cinesi».

Così si è espresso, ieri sulla Repubblica, Curzio Maltese commentando l’exploit del “venditore di tappeti”, Beppe Grillo.
A parte che non si capisce bene come viva il rimanente terzo degli statunitensi, sarei curioso di leggere che cosa scriverà Maltese fra dieci o vent’anni, quando ogni cinese consumerà soltanto la metà di quello che consuma ora un “cattivo americano”.


mercoledì 12 settembre 2007

Partito Democratico

A chi fosse sfuggita, segnalo questa chicca di Guido Ceronetti sul Partito Democratico (La Stampa del 12 settembre 2007).

«Sembra gente che, avendone i mezzi, cerchi di allestire una grande illuminatissima vetrina di moda in via della Spiga per esporre due o tre camicette con buchi prese da una discarica e un paio di vecchie pantofole affezionate ai piedi di una pensionata che si circonda di consunto…

Tuttavia nei suoi discorsi di candidato principe (Veltroni) di questo Qedàr democratico anche il circolo diventa docilmente quadrato, salvo a restare circolo, duro più del torrone d’Alba…

Lo stesso nome, partito democratico, denuncia assenza cronica d’immaginazione: nell’evolversi del linguaggio non regge più partito, ancor meno regge democratico, un barile di Nutella»…


In effetti, "Partito della Solidarietà" sarebbe suonato meglio.

Leggi tutto l’articolo.

+ - - - +
Aspettiamo con impazienza quello che dirà sul "Partito della Libertà".


sabato 8 settembre 2007

V-day in Piazza Maggiore

Oggi c’è stata una gran folla in Piazza Maggiore a Bologna in occasione della presentazione della Legge di iniziativa popolare promossa da Beppe Grillo, legge che prevede al terzo punto il ripristino del voto di preferenza.
Una fila interminabile di persone che iniziava in Piazza del Nettuno, girava attorno al Palazzo del Podestà per affluire, in Piazza Maggiore, ai tavoli dove si firmava per la legge. Un’atmosfera festosa con un mucchio di giovani che si divertivano, come si può vedere in questo pessimo video che è il primo che carico su You Tube.

Doveva esserci anche Mario Adinolfi che ieri aveva promesso alla figlia che l'avrebbe accompagnata, ma io non l'ho visto. Forse si era già trasferito alla Festa dell'Unità, per sostenere anche lui "la preferenza".


mercoledì 5 settembre 2007

Tagli di spesa

Dalla Repubblica di oggi il numero delle auto blu in Italia e il confronto con gli altri paesi:


Una proposta. Inserire nella Finanziaria 2008 un paragrafo che obblighi Stato, Enti Locali ed Enti Pubblici a regalare 500.000 auto blu e 500.000 licenze di taxi ai rispettivi 500.000 autisti.

Si otterrebbero i seguenti benefici:

500.000 autisti in meno da stipendiare
500.000 assicurazioni RCA in meno da pagare
500.000 litri di benzina, ogni 10 km, in meno da pagare

maggiore concorrenza nelle tariffe dei taxi
maggiori disponibilità per pagare la benzina per le auto della polizia, dei pompieri e dei “controllori pubblici”

possibilità di aumentare il numero (8.489) delle vetture della Guardia di Finanza e quello (20.000 circa) della polizia e dei vigili del fuoco, da una razionale ridistribuzione delle auto blu rimanenti.

Cosa ne dite? Un bel “lenzuolo” vero?
Per di più, rimarremmo i primi in classifica!

E le 500.000 persone che restano a piedi?
Ad eccezione delle Alte Cariche dello Stato (non più di un centinaio), tutte le altre si muoverebbero a piedi, in auotobus e in metrò a loro spese come tutti i comuni mortali. Oppure utilizzerebbero la loro auto, sottoposti (soprattutto i Sindaci) alle stesse limitazioni del traffico degli altri cittadini.

A parte le lenzuolate, quel numero di auto blu è sommamente rappresentativo della vera emergenza italiana: l’enormità delle spese dell’apparato statale, sostenuta da una pressione fiscale scellerata e colpevole, perseguita quest’ultima da una classe politica molto spesso incapace, disgustosamente vorace, ingorda, avida, insaziabile e abituata da tempo a impossessarsi del potere con l’inganno.

Rivogliamo il voto di preferenza. Vogliamo scegliere non un candidato ma alcuni candidati, non da una lista locale ma da una lista nazionale (perché i deputati rappresentano la nazione non il paesello natio).


mercoledì 29 agosto 2007

Forza giovani!

Il 24 agosto 2007, in una lettera alla Stampa, Barbara Palombelli ha scritto:

«Caro direttore,
confidando in una bella giornata d’autunno, il 14 ottobre prossimo, giorno in cui nascerà il Partito democratico, andrò al mare. Fino a un minuto prima, cercherò di convincere figli, amici dei figli, ragazzi e ragazze, a partecipare al voto.
Non andrò perché non vorrei che il partito nuovo/nuovo partito fosse un neonato con i capelli bianchi o tinti. Non andrò perché se tutti quelli che andranno avranno - come me - più di cinquant’anni, l’Italia resterà bloccata, ferma, immobile. … »


Cerchiamo di capire. Che un paese rimanga bloccato oppure si muova può, sì, dipendere dal leader del partito che si propone di governare. E’ vero che l’età degli elettori può influire sulla scelta del leader. Ammesso, però, che gli elettori abbiano possibilità di scelta. Nel caso del 14 ottobre, invece, gli elettori si trovano di fronte una lista bloccata di “capelli bianchi”. La domanda è: il futuro leader ultracinquantenne del PD ringiovanirebbe se fosse eletto soltanto dai giovani?

Dopo aver visto questo video su YouTube la Palombelli si deve essere convinta che, se votassero solo i giovani e in particolare la ragazze, Walter Veltroni finirebbe per assomigliare a Barack Obama.



martedì 28 agosto 2007

Democrazia Diretta

Ha scritto, ieri, il candidato alla segreteria del Partito Democratico Mario Adinolfi sul suo blog:

«Nel mio Pd governato secondo i criteri della democrazia diretta, trentamila iscritti che vogliono assumersi la responsabilità di presentare al giudizio del partito una proposta di legge sul matrimonio gay, possono farlo ed essere certi che l'intero corpo del partito sarà chiamato a decidere su quella proposta, attraverso un referendum interno in cui si voterà anche per via elettronica e la decisione che sarà assunta dalla maggioranza dei votanti, sarà la posizione del partito. E questo avverrà su tutte le decisioni di alto profilo politico, con esclusione delle procedure direttiste solo riguardo a temi ad alta densità emotiva, come ad esempio la proposta di istituzione della pena di morte a seguito di delitti particolarmente efferati (e, più in generale, i temi ultimi della vita e della morte resteranno fuori dalla proponibilità referendaria). Su ognuno degli altri temi, il mio Pd cercherà la legittimazione massima delle decisioni dalla consultazione più ampia possibile della base, assicurando spazi e tempi di confronto per far maturare le decisioni collettive. Che a quel punto saranno fortissime, perché collettive davvero».

E su quei temi (pena di morte, embrione, eutanasia) chi dovrebbe decidere?
La gerarchia del partito, un comitato di saggi, a bassa densità emotiva, scelto dalla gerarchia, magari ispirati dallo Spirito Santo? E no, caro Mario, è proprio sui temi di coscienza che devono decidere tutti i cittadini. Ma di quale “democrazia diretta” parli?.


domenica 26 agosto 2007

Partito federale e legge elettorale

Oggi, Eugenio Scalfari scrive nel suo editoriale sulla Repubblica:
«Il secondo tema (dei due temi specifici che il nuovo Partito Democratico deve con urgenza affrontare) è quello dei partiti territoriali la cui federazione darebbe vita al partito nazionale. Finora sembra di capire che Veltroni sia favorevole a questo schema federativo. Come osservatore esterno ma interessato mi permetto di dissentire. Le istituzioni dello Stato è giusto che abbiano articolazioni federali provviste di ampie autonomie culminanti nel Senato federale e nel federalismo fiscale. Ma proprio per questo i partiti debbono avere una propria personalità nazionale. Le articolazioni territoriali sono ovvie e sempre esistite, ma non possono dare luogo a partiti autonomi di scegliere alleanze non compatibili e politiche proprie come se si trattasse di altrettanti Stati confederati.

I grandi partiti esprimono convinzioni, principi, consensi su base nazionale. L'Italia è stata e ancora in gran parte è uno spezzatino di interessi e di costumanze. Non spetta ai partiti di perpetuarle e di accentuarle. Essi anzi dovrebbero avere il compito di smussarle e ricondurle ad un concetto di unità della nazione e di visione dello Stato. Si vorrebbe conoscere in proposito l'opinione dei vari candidati alla leadership e in particolare quella di Walter Veltroni».


Sono d’accordo. Ma questi argomenti dovrebbero riflettersi anche sul piano della legge elettorale.
E dovrebbe essere d’accordo anche Veltroni che si propone di apportare
«Poche, mirate innovazioni alla parte seconda della Carta e una nuova legge elettorale che restituisca ai cittadini il potere di scegliere il governo e al governo la possibilità di decidere».

Recita l’Art. 49 (nella prima parte) della Costituzione:
«Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».

I partiti presenti in parlamento determinano quindi la politica nazionale, non quella dell’Emilia-Romagna o del Trentino-Alto Adige. Che il PD possa diventare un partito federale è una pia illusione. Puo' non piacere ma «i partiti federali sono fatti così. Sono la federazione di partiti locali autonomi e scollegati, nel senso che le decisioni di uno non infuenzano piu' di tanto le decisioni di altri e sullo stesso tema potresti avere decisioni anche molto diverse».(da una e-mail del 21.07.2007 di Massimiliano Falcucci a Francesco Forte, letta in internet)

Devono, inoltre, “concorrere con metodo democratico”, vale a dire tenere conto che il loro potere discende dalla sovranità popolare.
Il che comporta che i parlamentari siano stati eletti coi voti dei cittadini e che tutti gli eletti siedano in parlamento (quindi niente sbarramenti o premi di maggioranza che ne escludano qualcuno).
Il che comporta, anche, che gli elettori abbiano la più ampia possibilità di scelta. Quindi niente liste bloccate, niente liste per circoscrizione, ma un unico collegio nazionale, con liste aperte senza limite numerico, senza ordine di lista e con la possibilità di votare per un partito ed esprimere preferenze disgiunte.

L’Art.67 afferma: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato».
La rappresentanza territoriale non ha senso. Porta solo a stupide pretese, come quella che ogni regione abbia un suo ministro o un suo sottosegretario nel governo. Come ha ricordato qualcuno «anche Bruno Kessler (della SVP), sbalzato a Roma, fu solo un semplice peone (e Piccoli e Degasperi giunsero ai massimi vertici non perché espressione del Trentino, ma della nomenklatura nazionale)».
E’ giusto che ogni elettore possa scegliere in campo nazionale i politici che preferisce.


giovedì 16 agosto 2007

Sartori e l'ambiente

In un articolo intitolato “Le illusioni sull’ambiente – Un’umanità che non sa salvare se stessa” (Il Corriere della Sera del 15 agosto 2007) , Giovanni Sartori mescola assieme catastrofe ecologica, menefreghismo della gente, esaurimento delle risorse e bomba demografica.
L’articolo si può leggere qui.

Qualche domanda da “homo stupidus stupidus”:

Quando tra breve tempo (tenendo buona la sequenza 1, 2, 4, 8, 16…) le risorse energetiche, principalmente il petrolio, saranno esaurite e lo “sviluppo insostenibile” si arresterà (senza energia l’industria non può funzionare), non verrà meno, di colpo, anche la causa principale del “riscaldamento globale” ?

Non sarà, l’ineluttabile verificarsi di questa scadenza, un evento di potenza cento, mille volte superiore al raggiungimento degli obiettivi di qualsiasi protocollo “tipo Kioto”?

Cosa c’entra la “bomba demografica”?
Forse che limitando le nascite –stante ancora disponibilità di risorse- si limiterà l’incremento dei processi industriali, specialmente in Cina e in India?

Cosa c’entra la Chiesa Cattolica che, in base ai suoi valori, detta comportamenti (molto spesso disattesi) ai propri fedeli?


venerdì 10 agosto 2007

I saldi di luglio


Tempo di vacanze, tempo di saldi.
Tra quelli di fine luglio rientrano a pieno diritto anche quelli proposti dalla politica.
Uno dei temi che ha spopolato sui media in questo periodo è quello della “frammentazione politica” vista come la causa che blocca le riforme e impedisce ai “buoni” governi di decidere. «A causa della forza elettorale delle estreme».

Dopo avere osservato che «un governo che dia troppo spazio alle posizioni estreme è necessariamente destinato al fallimento» Angelo Panebianco (sul Corriere della Sera del 17 luglio 2007) afferma che «salvare il bipolarismo non è una fissazione da politologi. Significa voler salvare una cosa molto concreta: la possibilità per gli elettori di mandare via i governi e le maggioranze di cui sono insoddisfatti».

A sostegno della sua tesi, il professore fa il seguente esempio:
«Fu proprio perché non c’erano bipolarismo né possibilità di alternanza che i governi della Prima Repubblica, nel corso degli anni, sicuri della loro impunità, poterono scaricare sulle spalle delle generazioni successive un immenso debito pubblico».

E’ il caso di ricordare che il grosso del debito pubblico si è accumulato a partire dagli anni ottanta, negli ultimi quindici anni circa della Prima Repubblica, fino a raggiungere il 102% del Pil.
Nella Seconda Repubblica, dopo alcuni governi di centrodestra e alcuni di centrosinistra, in presenza di bipolarismo e di effettiva alternanza, il debito pubblico non solo non è diminuito, ma è ulteriormente lievitato al 106%.
Non sembra che l’attuale bipolarismo sia stato una panacea contro quel fenomeno.

«Che fare allora? Come salvare capra e cavoli? Ricette miracolose non ce ne sono. Bisogna darsi da fare con quel che c’è. E l’unica cosa che c’è (o è possibile che ci sia) è la riforma elettorale».

Anche Giovanni Sartori vuole far fuori i “nanetti”, come chiama i piccoli partiti. Però, secondo il professore (Corriere della Sera del 20 luglio 2007), il bipolarismo vigente finora in Italia «è un unicum molto diverso dagli altri bipolarismi. Il nostro è un bipolarismo rigido, ingessato … In tutte le altre democrazie, invece, il bipolarismo è flessibile e aperto; il che vuol dire che ogni polo si adatta alle circostanze e si apre, occorrendo, a soluzioni “allargate”».

«… mentre il bipolarismo flessibile può funzionare comunque vadano le elezioni … il bipolarismo all’italiana si fonda sull’originalissima idea che le elezioni lo devono servire producendo ogni volta una maggioranza largamente autosufficiente. … E se producono dei pareggi? In tal caso sbagliano gli elettori, ed è il sistema elettorale che li deve costringere al bipolarismo».
«La verità è che a livello elettorale una distribuzione dualizzata tipo “destra-o-sinistra” è normale, è fisiologica, in tutte le democrazie. …E la riprova del fatto che il bipolarismo sia fisiologico è data dalla constatazione che tutte le democrazie occidentali sono bipolari quale che sia il sistema elettorale. Il punto è, allora, che il bipolarismo all’italiana è una costruzione del tutto artificiale, artificiosa e innecessaria».

C’è anche chi mette in dubbio che neppure il taglio delle estreme renderebbe possibile l’attuazione delle riforme: «… è tutto da dimostrare che “il taglio delle ali estreme” e governi centristi siano in grado di attuare le riforme impopolari che i governi inglesi hanno adottato e alle quali Sarkozy pare accingersi». (Michele Salvati sul Corriere della Sera del 18 luglio 2007)
Tanto più che «i poteri di veto sono esercitati non solo all’estrema destra e all’estrema sinistra ma anche all’estremo centro e forse sono più pericolosi di quelli delle altre estreme». Così il leader referendario Giovanni Guzzetta (la Repubblica del 27 luglio 2007),

Salvatore Vassallo (sul Corriere della Sera del 21 luglio 2007) scrive:
«Anche nel centrosinistra si va affermando quindi l’idea, condivisibile, che il bipolarismo debba essere ripensato su basi nuove, evitando patti pre-elettorali capestro tra forze troppo eterogenee».
Vassallo, dopo avere esposto quelle che per alcuni settori del centrosinistra sono le virtù del sistema elettorale tedesco, bolla questo sistema come quello che permetterebbe al “partito di centro” [Casini, Mastella, Montezemolo (forse), Di Pietro e Pezzotta (con il gradimento del cardinal Ruini)] di godere di una rendita di posizione spropositata.
«Se si vuole ripensare il bipolarismo su nuove basi … serve un sistema elettorale proporzionale che tenda, per suoi meccanismi interni, a sovra-rappresentare i partiti più grandi … Chi evoca il sistema tedesco come soluzione per superare il referendum, lavora insomma a un imbroglio».

Dalla proposta in dieci punti (e vai coi decaloghi!) che Walter Veltroni ha inviato al Corriere della Sera il 24 luglio 2007.
Terzo punto: «riformare la legge elettorale, in modo da ridurre la assurda frammentazione (eh, te pareva!) e favorire un bipolarismo basato su competitori coesi programmaticamente e politicamente. Il governo sarebbe così capace di assicurare l’attuazione del programma … E infine la ricostruzione di un rapporto fiduciario tra elettori ed eletti, mediante la previsione per legge di elezioni primarie per la selezione dei candidati».
Le primarie? Ve le raccomando! Con le opinabili regole previste per il “14 ottobre”. Non sarebbe molto più semplice inserire sulla scheda elettorale alcune righe vuote sulle quali gli elettori potessero esprimere le loro preferenze, scelte da una lista la più numerosa possibile? Sarebbero elezioni con primarie embedded.
Ma chi nomina il voto di preferenza, anche se si chiama Walter, muore.

* * * * * *

Pur affermando quasi tutti la necessità di porre fine alla frammentazione dei partiti, le conclusioni di questi autorevoli interventi sono:

è necessaria una riforma elettorale;

non vale la pena di salvare l’attuale bipolarismo;

il bipolarismo flessibile (l’unico buono, non quello di Prodi) non dipende dal sistema elettorale impiegato;

il taglio delle estreme non è una garanzia per l’attuazione delle riforme;

è meglio un sistema elettorale proporzionale;

è bene presentarsi alle elezioni con coalizioni coese;

gli elettori devono potere selezionare chi siederà in parlamento.

* * * * * *

Dato che il maggiore esperto di ingegneria costituzionale si guarda bene dal suggerire una soluzione (compiacendosi di stroncare quella che viene di volta in volta adottata), spetta a noi cittadini chiedere quello che desideriamo.

Chiedere è lecito, rispondere sarebbe doveroso. Cari politici di destra, di centro e di sinistra, molti italiani rivogliono il voto di preferenza e non sono più disposti a seguirvi in nessuna suite di costosi hotel e a calarsi le mutande. Tanto più se, oltre a pagare a qualche singolo individuo una misera marchetta con i nostri soldi, ci fate pagare anche la lussuosa accommodation.
Non è antipolitica questa, ma cronaca quotidiana letta sul Corriere o su Repubblica.


giovedì 9 agosto 2007

Valentino

Scomettiamo che, domenica prossima, a Valentino sequestrano la moto.


domenica 5 agosto 2007

Le lettere di Veltroni

Rispondendo alla lettera aperta del 30 luglio di Mario Pirani, a Lui indirizzata, Walter Veltroni sulla Repubblica di oggi scrive tra l’altro:
«… il nostro paese si va frammentando. … Ma anche la politica è così, oggi. La frammentazione è diventata parossistica, con partiti talvolta pura proiezione di leader più o meno ambiziosi. Partiti piccoli. Piccolissimi, talvolta persone che hanno nelle loro mani il destino del paese».

Quello della frammentazione sta diventando un luogo comune.
Io so di molti partitini o giornali di partitini che incassano contributi dallo Stato, ma che in parlamento non ci sono o non contano un fico secco. Se invece Veltroni si riferisce alla sinistra cosiddetta radicale, è vero che il destino del paese, col governo Prodi, è spesso nelle mani del PRC, del PdCI e dei Verdi. Ma è stato l’Ulivo che ha fatto una coalizione di 232 pagine con questi partiti che, messi assieme, sono dell’ordine di grandezza di quel che rimane dei DS e della Margherita. Se i cosiddetti grandi partiti (Ulivo e coalizione di destra) volevano privilegiare il bene del Paese alla conquista del potere, potevano benissimo estromettere le estreme e sfidarsi cavallerescamente: chi vinceva prendeva il premio di maggioranza e governava coeso.

Dice ancora Veltroni:
«Penso cioè ad una democrazia che funzioni, con un sistema elettorale che faccia votare gli italiani, e scegliere il governo, sulla base di due proposte chiare e coese programmaticamente».

Scegliere tra due proposte chiare e programmaticamente coese, implica un sistema elettorale che riduca a non più di tre i partiti in parlamento. Il sistema dovrebbe prevedere, matematicamente, uno sbarramento del 35%.
Secondo la Costituzione in vigore gli elettori votano non per eleggere il governo, ma per scegliere ed eleggere i deputati.

Dice anche:
«Poche, mirate innovazioni alla parte seconda della Carta e una nuova legge elettorale che restituisca ai cittadini il potere di scegliere il governo e al governo la possibilità di decidere».

Peccato che l’Art. 49 si trovi nella prima parte della Costituzione. E permetta, ad esempio, a Sabino Pezzotta di fare il suo Partito della Famiglia. A Mussi e Salvi di fare la Cosa Rossa. A Flavio Briatore di fare il Partito del Lusso. A Francesco Storace di fare la Destra. A Daniele Capezzone … ecc ecc. Senza contare che il presidente emerito Oscar Luigi Scalfaro, supporter di Veltroni, assieme all’Associazione “Salviamo la Costituzione” ha proposto di innalzare il quorum previsto dall’Art. 138 al fine di salvaguardare da possibili cambiamenti l’impianto di fondo della Costituzione (Corriere della Sera, 17 luglio 2007).

Ancora Veltroni:
«La politica deve saper ospitare, dentro di sé e nelle istituzioni, le energie migliori del paese. … Ricordo un Parlamento in cui sedevano anche Natalia Ginzburg e Leonardo Sciascia, Claudio Napoleoni, Roberto Ruffilli e Gartano Arfè».

Veltroni ha esposto il suo programma al Lingotto, ha fatto pubblicare un decalogo sul Corriere ed ha risposto a Pirani. In nessuna di queste tre occasioni ha dichiarato di volere il ripristino del voto di preferenza agli elettori, mostrando di preferire il meccanismo delle primarie. Meccanismo, stando alle primarie del 14 ottobre, pilotato dai partiti e con assurde regole di esclusione.

L’unico metodo democratico è quello, nella cabina elettorale, di poter scegliere non un candidato ma alcuni candidati, non da una lista locale ma da una lista nazionale. Solo così sarà possibile vedere seduti in Parlamento le migliori energie del paese.

E infine:
«La politica si deve nutrire della bellezza dell’apertura, della competizione delle idee».

Chissà se qualcuno gli ha detto che l’ufficio tecnico ha bocciato le candidature di Pannella e Di Pietro a leader del PD.


sabato 7 luglio 2007

In vacanza


sabato 30 giugno 2007

Carlo Azeglio Ciampi

«Basta con tutti questi vecchi ai vertici della politica e dell’economia. Non lo dico per qualunquismo, ma perché in questa Italia c’è davvero bisogno di aria nuova, di idee nuove, di forze nuove. Guardi, se presentassero un disegno di legge che dice che superati i 55 anni non si possono più ricoprire incarichi, io lo firmerei domattina!». (Carlo Azeglio Ciampi su la Repubblica del 29 giugno 2007)

Ma il Presidente ricorda l’Art. 59 della Costituzione?
Quello che, al primo comma, recita:«E’ senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica».


mercoledì 27 giugno 2007

Una nuova legge elettorale

Nel giorno della sua investitura a leader del Partito Democratico Walter Veltroni ha messo al primo posto delle cose da fare una nuova legge elettorale.
Io credo che non si farà, perchè il referendum è sabotato da tutti i partiti e purtroppo fallirà, mentre il Parlamento non sarà in grado di venirne a capo.
Avendo, comunque, completato una bozza definitiva di legge elettorale, la ripropongo. Repetita juvant. E la dedico a Veltroni.

LEGGETE QUI LA VERSIONE AGGIORNATA


domenica 17 giugno 2007

Chi cerca il pelo nell'uovo?

QUI un divertente UPDATE del post "Chi ha messo il pelo nell'uovo?"


martedì 12 giugno 2007

Il leader

Il leader non chiederebbe mai ad un suo sostenitore “facci sognare, vai!”.
Al contrario, è il leader che fa sognare i suoi sostenitori.
Eh, sì: Consorte non ha proprio la stoffa del leader.
Però, fossi in lui, sarei un po’ incavolato.


mercoledì 6 giugno 2007

Chi ha messo il pelo nell'uovo?

Oggi ho calcolato quanto debbo pagare di ICI.
Non essendoci stata nessuna variazione, avrei potuto copiare il bollettino dello scorso anno: 395,32 euro io e 395,32 euro mia moglie, per un totale di 790,64 euro per l’appartamento in comproprietà al 50%.

Com’è mia abitudine, ho, tuttavia, dato un’occhiata alle istruzioni.
Oh cavolo! Da quest’anno «il pagamento dei tributi locali deve essere effettuato con arrotondamento all’euro per difetto se la frazione è inferiore a 49 centesimi, ovvero per eccesso se superiore a detto importo». Ai sensi della legge 296/2006, Art.1, comma 166 che, scopro in internet, altro non è che la famigerata finanziaria. Sì, quella composta da un unico articolo comprendente la bellezza di 1364 commi.

Per me nessun problema. Essendo l’imposta totale di 790.64, dividendo per 2 ottengo 395,32, per cui pago due bollettini da 395 €. Mi sembra l’interpretazione corretta.

Ma cosa significa effettuare il pagamento con arrotondamento all’euro?
Devo arrotondare l’imposta totale prima di ripartirla oppure posso arrotondare quella pro capite?
Mica te lo spiegano.
Nel primo caso 790,64 diventa 791 che diviso per 2 fa 395,50 per cui dovrei pagare due bollettini da 396 €. Interpretazione prudenziale.
Verrei, però, a pagare l’arrotondamento sull’arrotondamento (niente di nuovo, allo stesso modo nella bolletta del gas si paga l’Iva sulle imposte addizionali).

Come si vede, anche in questo caso, come capita spesso in Italia, la certezza della legge va a ramengo.
Purtroppo alla Camera siedono troppi filosofi e troppi avvocati, ma troppo pochi matematici e ingegneri.
Altro che quote rosa, occorrerebbero le quote logiche!
Rivoglio il voto di preferenza.

Una considerazione. Quando fu introdotto l’euro, l’Unione Europea stabilì che i risultati dei calcoli andassero arrotondati, col criterio sopra riportato, al centesimo di euro, tanto che sugli assegni e nei bollettini postali sono previste due caselle per i decimali e c’è l’obbligo di compilarli con due zeri anche in caso di cifra intera.
Che vantaggio c’è scrivere 395,00 o peggio 396,00 invece di 395,32?
Perché voler mettere fuori corso i centesimi, perfino il 50 cent cioè l’equivalente di 963 vecchie lirette?
Una risposta altisonante si trova sul sito di Equitalia SpA, la società per azioni a totale capitale pubblico (51% Agenzia delle Entrate, 49% Inps) che dal 1 ottobre 2006 svolge l'attività di riscossione nazionale dei tributi. Fra i suoi obiettivi anche quello di «introdurre un nuovo approccio al contribuente, basato anche sulla possibilità di utilizzo di nuovi e più efficaci strumenti di relazione, focalizzato sulla riscossione, orientato all'ascolto dei cittadini e all'efficacia dei risultati».

Perché personalità come Carlo Azeglio Ciampi, che ha avuto il merito d’imporre l’uomo vitruviano sul verso italiano dell’euro, ha votato quel comma? Sa benissimo che questi arrotondamenti costituiscono un forte incentivo psicologico all’inflazione. Che per contenere quest’ultima la BCE è costretta a continui aumenti del tasso di sconto con conseguente aumento della rata dei mutui-casa.
E’ così che si aiutano le giovani coppie?

Molti diranno: ma tu vai a cercare il pelo nell’uovo.
E’ vero, ma chi ha messo il pelo nell’uovo?


UPDATE del 16 giugno 07



Non c’è che dire. L’obiettivo d’Equitalia, del cui gruppo fa parte anche Gestline, è certamente «focalizzato sulla riscossione e orientato all'efficacia dei risultati», molto meno –pare- all’ascolto dei cittadini.


domenica 3 giugno 2007

Ministri Finanze Riforme

Vincenzo Visco è stato ininterrottamente Ministro delle finanze dal 17 maggio 1996 al 25 aprile 2000.
[Nel primo governo Prodi (17 mag 96-21 ott 98) e, successivamente, nei governi D’Alema (21 ott 98-22 dic 99) e D’Alema II (22 dic 99- 25 apr 2000)]

Fin dall’inizio, si è subito dato da fare per semplificare la vita agli italiani, ed al termine non ha mancato di vantare la notevole semplificazione del fisco conseguita durante la sua gestione.

Prendiamo, ad esempio, quello che è considerato il più semplice degli adempimenti fiscali: la compilazione del Modello 730.

Come è noto, presentare al CAAF il modello già compilato è gratis, altrimenti si paga secondo tariffe prestabilite. E’ ovvio che, chi intende compilare il modello di persona, è bene che legga attentamente le istruzioni. Non sono consentiti errori, neppure formali. Guai a mettere una crocetta nella casella sbagliata.
E’ ovvio che più semplici sono le istruzioni, più l’operazione è facile.

Peccato che, nei quattro anni della gestione Visco, le istruzioni siano aumentate a dismisura.
Come si può vedere dalla figura sottostante, l’istruzione relativa alla “Variazione di coltura dei terreni” (una delle ultime) nel 1996 si trovava a pagina 15 di 16. Nel 2000 si trovava già a pagina 53 di 56.
Col risultato che il numero delle istruzioni per la compilazione del Modello 730 era passato da 19 a 33, le voci dell'appendice da 26 a 38, le tabelle dell'appendice da zero a 7, mentre le pagine del fascicolo che le contiene erano passate da 16 nel 1996 a 56 nel 2000.56 PAGINE DI ISTRUZIONI PER COMPILARE UN MODULO DI 2 PAGINE!
Alla faccia della semplificazione!



Tornato a ricoprire il ruolo di responsabile delle finanze nel secondo governo Prodi il 17 maggio 2006, il Nostro ha ripreso ad andare «per la sua strada incurante degli inviti alla prudenza. Quasi pervaso da una ritrovata frenesia impositiva …». Ad esempio, sul 730 del 2007 vuole sapere quanto abbiamo pagato di ICI lo scorso anno e quanto quest’anno. Ma perché mescolare una tassa di pertinenza dei comuni con l’Irpef nazionale?

Che Visco non aiuti il processo di snellimento della “cosa pubblica” se ne stanno accorgendo anche all’interno del centrosinistra. Lo ha detto chiaramente Franco Bassanini, ministro della Funzione pubblica nei governi D’Alema II e Amato II, provocando, però, la paradossale risposta dell’attuale ministro per le Riforme Luigi Nicolais: «Visco fa il suo lavoro, sta cercando di far pagare le tasse. E per far questo, crea ovviamente qualche complicazione. E’ un sistema complesso e va gestito sapendo che è così. Non si può semplificare troppo». Evviva! Ci mancava anche un ministro delle Riforme che si arresta di fronte alla complessità.



Ieri Vincenzo Visco ha rimesso la delega sulla Guardia di Finanza, mentre il generale Speciale è stato rimosso.
Ai contribuenti queste beghe non interessano più di tanto.
Molto di più, interesserebbe loro, soprattutto a quelli che hanno frequentato solo la scuola dell’obbligo, potere compilare il modulo delle tasse senza bisogno di ricorrere alle istruzioni e senza fare ricorso ai vantaggi dei CAAF. Ma questo sarà possibile soltanto quando si realizzerà una reale semplificazione dei criteri impositivi.


sabato 26 maggio 2007

Le spese della casta: un caso

300mila euro sarebbe l’ammontare messo, finora, a bilancio dal Comune di Bologna per le sue missioni all’estero. Parte di questi soldi sarebbero stati stanziati per colui che la Repubblica chiama a volte ambasciatore a volte ministro degli esteri di Palazzo d’Accursio.
La storia (non petita) l’ha raccontata a puntate la Repubblica nel corso degli ultimi due anni.
Il primo articolo è apparso nel luglio del 2005:



Il secondo articolo è del maggio 2006:

Nel terzo articolo, dell’agosto 2006, apprendiamo che, probabilmente in vista del Partito Democratico, anche quelli della Margherita sono stati ammessi a partecipare ai viaggi.


Non ho mai capito perchè sia stato sollevato questo caso. Repubblica è un giornale che rifugge dal qualunquismo e dall'antipolitica: avrà avuto i suoi buoni motivi. Poi, perchè preoccuparsi? Il Decisore infallibile, queste spese, se le può permettere. Date uno sguardo alla figura qui sotto. Dove il grafico del giornale ha evidentemente voluto rappresentare la valigia dei consiglieri globe trotter, piena di euro. Dei cittadini.

Primo: Cofferati, secondo: Veltroni … due risorse per i cittadini e per il Partito Democratico(quarantaquattro gatti, in fila per tre … )


venerdì 25 maggio 2007

Luca Cordero di Montezemolo

Urge trascinare il Paese verso “la crescita”.
Occorre incentivare, tra l’altro, la crescita demografica, altrimenti fra qualche decina d’anni …
Luca Corsero (non è un lapsus freudiano, ma il parto del correttore ortografico di Windows) di Montezemolo faccia qualcosa per modificare la legge Biagi perché sia data l’assistenza durante la gravidanza alle giovani lavoratrici “a progetto”. Sarebbe certamente ascoltato.
Poi, scenda pure in campo. E buona fortuna!


giovedì 24 maggio 2007

Le durantarie

Il vento dell’indignazione popolare contro il Palazzo sta aumentando d’intensità.
I politici cominciano a sentirsi braccati.
E allora, per cercare di metterci rimedio, tutti a dire che bisogna ridare ai cittadini “la scelta dei candidati”.
Ma gli elettori non si accontentano di scegliere prima delle elezioni, ma vogliono farlo durante.
Non sanno che farsene delle primarie, vogliono “le durantarie”.
Vogliono scegliere chi eleggere, non chi candidare.

I partiti, pertanto, dovrebbero mettersi d’accordo per scrivere una nuova legge elettorale condivisa.
Ma sono impotenti perché i grandi partiti vogliono una legge che faccia fuori quelli più piccoli.
Questi giustamente pongono il veto.
Basterebbe reintrodurre un proporzionale opportunamente corretto, reintrodurre il voto di preferenza e cercare di risolvere il problema della governabilità in sede parlamentare.

Si potrebbe prendere esempio dal modello in vigore nel Cantone Ticino. Dove è previsto il proporzionale e la scheda “con o senza intestazione della lista”.

Tutti i partiti avrebbero interesse a non opporsi ad un modello siffatto. I piccoli perché conserverebbero la possibilità di essere rappresentati in Parlamento. Basterebbe conquistare qualche quoziente.
I grandi, perché, come dimostrano il caso del cantone svizzero, con questo sistema il numero dei partiti che ottengono rappresentanti è minore di quello dei partiti che si presentano alle elezioni.
Nell’aprile scorso nel Cantone Ticino, per il Gran Consiglio hanno ottenuto seggi soltanto cinque partiti su tredici. Per il Consiglio di Stato hanno ottenuto seggi soltanto quattro partiti su undici.


martedì 15 maggio 2007

Il consumo dell'acqua

Post modificato alle ore 19

Qualche sera fa, il Telegiornale La 7 ci ha fatto sapere che l'agricoltura e' responsabile di circa il 70% (cito a memoria) dei consumi mondiali di acqua. L'industria invece e' responsabile del 20% dei consumi, mentre l'uso domestico rappresenta solo il 10%.

Per avere una conferma ho cercato altri dati in internet.
Nel sito della FAO si trova, ad esempio, questo documento dal titolo Acqua per le Colture che riporta tabelle e grafici interessanti.
La tabella sottostante conferma i dati del telegiornale.




La popolazione mondiale è cresciuta da 2,5 miliardi del 1950 a 5,722 miliardi del 1995 con un incremento del 129%. In questi 45 anni il prelievo mondiale di acqua è passato da 1400 kmc a 3600 kmc, con un incremento del 157 %.
Come era intuibile, il prelievo di questa risorsa dipende dunque dall’incremento della popolazione.

Mentre i prelievi pro capite e la percentuale del totale sono rimasti pressoché stabili per l’Agricoltura, quelli dell’Industria e degli Usi civili/domestici sono aumentati (al minimo del 43%, al massimo del 66%).
Anche i cinesi e gli indiani hanno iniziato ad usare l’automobile e ad avere le docce nelle case.





«Le figure evidenziano l'importanza dell'agricoltura, nella sfida consistente nel fare in modo che l'acqua disponibile sulla terra basti alle necessità del crescente numero d'utenti. L'acqua necessaria ai raccolti ammonta a 1 000 - 3 000 m3 per tonnellata di cereali mietuti. Visto da un'altra prospettiva, occorrono 1 - 3 tonnellate d'acqua per far crescere un kg di riso. Una buona gestione della terra può ridurre in maniera significativa il quantitativo d'acqua necessario a produrre una tonnellata di cereali, sia che si tratti di acqua piovana sia che si tratti d'irrigazione».

Così come nella produzione del CO2 si tende a colpevolizzare soltanto il minore dei responsabili, cioè l’automobile, nel consumo dell’acqua si tende –da parte degli ambientalisti- a colpevolizzare l’uso civile/domestico.

Se, però, distinguiamo tra prelievo e consumo di acqua, il grafico sottostante mostra chiaramente che se nel 1995 tutti i 5,7 miliardi di abitanti della terra si fossero astenuti da qualsiasi consumo domestico (non si fossero mai lavati per un anno, non avessero lavato panni e stoviglie, non avessero cotto la pasta, avessero bevuto solo acqua piovana et cetera, il risparmio di acqua avrebbe raggiunto a malapena il 3% del totale consumato.





Non è comunque il caso di disattendere i consigli degli ambientalisti: usiamo pure lo sciacquone a due pulsanti; montiamo pure nei rubinetti i riduttori di flusso che mescolano aria all’acqua, tenendo però presente che, se dobbiamo riempire una pentola con tre litri d’acqua per cuocere gli spaghetti, sempre tre litri sono. Stabiliamo, magari, per legge –come si fa con le targhe alterne- un giorno della settimana nel quale cuocere mezzo chilo di riso in due litri di latte, così risparmiamo due litri d’acqua dopo averne impiegato una tonnellata per farlo crescere.



Ma non facciamoci prendere da inutili sensi di colpa. Se siamo abituati, d’inverno a fare un bel bagno caldo, invece della doccia, non rinunciamoci. Se, d’estate, siamo abituati a far scorrere per qualche minuto l’acqua del rubinetto per riempire la caraffa di acqua più fresca, continuiamo a farlo.

Per i paesi a rischio di crisi idrica, sarebbe più serio che le tante multiutility (ad esempio Hera che in Emilia e Romagna estende ormai le sue attività fino alla riviera romagnola) cominciassero a preoccuparsi di installare qualche impianto di dissalazione dell’acqua marina, come già hanno fatto i paesi del Golfo Arabo.

Anche per evitare che qualche pazzo, nel prossimo futuro, arrivi a proporre, per legge, la limitazione delle nascite. Si prevede che nel 2050 la popolazione mondiale sarà salita a 9,2 miliardi. Siccome il nostro corpo è fatto per il 65% di acqua, considerando un peso medio di 40 kg, ci sarà, solo per questa ragione, un prelievo di circa (40 x 0,65 x 2,9 miliardi) 75,4 miliardi di litri, cioè 75400 km cubi. Chissà da dove salta fuori? Chissà perché l’uomo si è messo a fare i conti in tasca alla natura?


venerdì 11 maggio 2007

Un voto specchio della gente

Ha scritto José Ortega y Gasset: «La salvezza delle democrazie, di qualsiasi tipo o specie esse siano, dipende da un aspetto tecnico di scarso rilievo: il sistema elettorale. Tutto il resto è secondario».
Da segnalare, sulla Stampa di oggi, l'articolo del professor Brunello Mantelli, docente di Storia dell'Europa presso la Facoltà di Lettere e Filosofiadell'Università di Torino, sull'esigenza che la questione della rappresentanza sia presente nel dibattito politico, e non sia prevaricata dalla preponderanza assunta dalla «governabilità».


giovedì 10 maggio 2007

Il modello elettorale ticinese

Modello tedesco, modello francese, … Pare che per scrivere la nuova legge elettorale sia necessario fare riferimento a questo o quel modello europeo.
Perché non prendere in considerazione anche qualche modello extracomunitario?
Ad esempio, navigando nel web per trovare riscontri a quanto ho scritto nella mia proposta di riforma, ho trovato quello ticinese.

Il Cantone Ticino è una repubblica democratica di cultura e lingua italiane.
Il Cantone è membro della Confederazione svizzera e la sua sovranità è limitata soltanto dalla Costituzione federale.

Le ultime elezioni cantonali si sono tenute l’1 aprile scorso.
Si dovevano eleggere i novanta membri del Gran Consiglio, a cui concorrevano le liste di tredici partiti (tra parentesi i seggi attribuiti):


Ticino pulito
Partito Socialista (18)
Partito Liberale Radicale Ticinese (27)
UDC – SVP (5)
Lega dei Ticinesi (15)
Unione Democratica Federale / UDF Ticino
Partito Popolare Democratico (21)
Liberali Nazionali
I Verdi (4)
Il Guastafeste
Partito del Lavoro e Giovani progressisti
Movimento per il socialismo
Basta Divieti

Si dovevano eleggere anche i cinque membri del Consiglio di Stato, a cui concorrevano soltanto DIECI partiti (tra parentesi i seggi attribuiti):

Ticino pulito
Partito Socialista (1)
Partito Liberale Radicale Ticinese (2)
UDC - SVP
Lega dei Ticinesi (1)
Unione Democratica Federale / UDF Ticino
Partito Popolare Democratico (1)
Liberali Nazionali
I Verdi
Il Guastafeste


L'elezione del Gran Consiglio e del Consiglio di Stato avviene in un circondario unico con il sistema proporzionale (artt. 35 Cost cant, 57 cpv. 2 , 72 e 80 LEDP.)

Espressione del voto(artt. 37 e 44 LEDP)

L’elettore può esprimere un numero di preferenze ai candidati pari al numero dei seggi da attribuire (90 voti preferenziali ai candidati per il Gran Consiglio e 5 voti preferenziali ai candidati per il Consiglio di Stato) sia votando la scheda con o senza intestazione della lista.

Con intestazione della lista
L'elettore vota di proprio pugno esprimendo il voto per la lista prescelta: apponendo una croce nella casella che affianca la denominazione (sigla) della lista prescelta. Può esprimere voti preferenziali sia a candidati della lista prescelta sia a candidati di altre liste, appone una croce nelle caselle che affiancano i nomi dei candidati prescelti.

Nella scheda con intestazione di lista, se i voti preferenziali superano il limite massimo consentito, tutte le preferenze sono annullate: la scheda rimane comunque valida e viene considerata quale scheda "secca".

Senza intestazione della lista
L’elettore deve porre una croce nella casella “Senza intestazione”.
L'elettore vota di proprio pugno esprimendo il voto a singoli candidati, senza dare il voto ad una lista, apponendo una croce nella casella che affianca il nome dei candidati prescelti. L’omissione della croce nella casella “Senza intestazione” non è motivo di nullità della scheda.

Nella scheda senza intestazione della lista, se i voti preferenziali superano il massimo consentito, le preferenze sono cancellate e la scheda è considerata nulla.

Dal sito Repubblica e Cantone Ticino


martedì 8 maggio 2007

Gerontocrazia

Ad un lettore che chiede se è normale che in Italia i politici si ritirino non prima degli ottant’anni, Sergio Romano, termina così la sua risposta:
«… fino a quando i partiti saranno più importanti dei gruppi parlamentari e i parlamentari continueranno a essere designati dalle segreterie dei partiti, l'Italia continuerà a essere una gerontocrazia».

Romano, però, ritiene che non sempre l’età avanzata sia un handicap per la vita politica:«… le leggi con cui si limitano i mandati parlamentari o istituzionali possono essere in qualche caso contrarie al buon senso. Vi sono circostanze in cui un "vecchio arnese " della politica può essere utile al suo Paese».

Se fosse accolta la mia proposta di legge elettorale, i gruppi parlamentare sarebbero privilegiati rispetto ai partiti. I parlamentari non sarebbero scelti dalle segreterie dei partiti. Soprattutto gli elettori sarebbero liberi di votare anche “i vecchi” che lo meritano e costoro, se eletti, potrebbero andare giustamente fieri della loro riconferma.

Quello della “giovinezza dei candidati”, assieme alle quote rosa e assieme al “proliferare dei partiti” sono fra i tanti luoghi comuni imposti dal politically correct.


sabato 5 maggio 2007

Inciviltà e referendum

Ha ragione Francesco Merlo, sulla Repubblica di ieri, a stigmatizzare il fatto che i media abbiano posto la sordina “alla sola violenza, reale e fattuale, del Primo maggio: quella contro il disarmato e disarmante Mario Segni”, in piazza san Giovanni a Roma.
«… contro un uomo che da venti anni coltiva il sogno di cambiare la sostanza degli italiani cambiando la loro forma elettorale. E che adesso, dopo essere diventato nonno, invece di fare il referendario in pensione, e magari anche il padre della patria, è di nuovo per strada a raccogliere firme, a fare cioè la cosa più ingenua che si possa fare in politica, che è rapporto di forze, è potenza. … E’ stato picchiato Mario Segni, l’uomo che incarnò per un momento l’alta illusione collettiva di trasformare tutti i politici italiani, compreso se stesso, in agili e leggeri trasvolatori, in tanti Icaro a cui attaccare le ali di cera della modernità, del mito anglosassone, della civiltà del maggioritario, dell’alternanza e della stabilità».

A Mario Segni la solidarietà di tutti gli uomini di buona volontà.
Evviva l’istituto del referendum!

~ ~ ~ ~ ~

Ieri, imbattutomi in un banchetto sotto il portico di palazzo d’Accursio, anche io ho messo la mia firma, anche se non mi soddisfano gli obiettivi –obbligati- del referendum. E’, in ogni modo, uno strumento efficace per costringere i politici a cambiare la legge.

Rivoglio il voto di preferenza: per scegliere non un singolo, ma alcuni nomi. Non su una lista territoriale, ma su un elenco nazionale. Non solo dalle liste dei partiti, ma anche da elenchi d’indipendenti.

Sarò controcorrente, ma credo che l’unico metodo democratico per eleggere i detentori del potere legislativo sia il proporzionale puro.

Nulla impedisce che, in parlamento, si possa perseguire la sintesi delle posizioni politiche e si dia vita ad un potere esecutivo stabile. Basta applicare un pò di matematica elementare.


Contatti


Almeno un’occhiata, ogni tanto ce la danno.
Sicuramente quella di un impiegato. Da non meno di 5mila euro al mese, però.
Un segnale sufficiente a dare un po’ di vigore alle nostre velleità di blogger.


venerdì 4 maggio 2007

La nuova Telecom

La sera del 28 aprile 2007 è stato finalmente messo un punto fermo alla vicenda Telecom.
La società si è liberata della gestione di almeno tre dei quattro rappresentanti del “capitalismo straccione” e della “scatola cinese” denominata Olimpia.
Al posto di questa, Generali, Mediobanca, Intesa S.Paolo e Benetton assieme alla spagnola Telefonica ne hanno immediatamente costituita una nuova chiamata Telco.

Pirelli & C ha incassato 3,3 miliardi di euro dalla vendita dell’80% di Olimpia
Benetton ha incassato 800 milioni dalla vendita del restante 20%
Totale 4,1 miliardi di euro.

Una volta formalizzata la vendita,
Benetton reinvestirà 400 milioni di euro
Intesa S.Paolo investirà 500 milioni di euro.
Generali e Mediobanca apporteranno le loro azioni già possedute, senza sborsare un euro
Telefonica pagherà circa 2,4 miliardi di euro (pagando le azioni intorno a tre euro, invece dei 2,2 quotati in borsa).
Totale 3,3 miliardi di euro

Telco dovrà accendere un nuovo prestito di 800 milioni per arrivare a pagare i 4,1 miliardi pattuiti
e si accollerà anche i 2,6 miliardi di debiti presenti in Olimpia.
A noi poveri mortali sembrano affari del cavolo. Uno si chiede: ma Telefonica è per caso una società di beneficenza?

Non proprio. Il giorno dopo, tramite un comunicato definito “sibillino” dai giornali filogovernativi, la società spagnola ha annunciato di avere:
un diritto di prelazione sulla vendita di azioni della nuova società;
un diritto di veto sulla modifica dell’azionariato, sulla politica dei dividendi e sulle dismissioni.
Per determinate decisioni servirà la maggioranza qualificata dei due/terzi, per questo dovrà esserci anche l’accordo di Telefonica.

Paradosso. Se si dovesse verificare la confluenza in Telco dei due pacchetti di azioni Telecom possedute da Generali e Mediobanca, l’assetto proprietario varierebbe come rappresentato nel grafico 2 sottostante. Telefonica perderebbe il suo diritto di veto, superando gli altri soci –anche se di poco- la maggioranza dei due/terzi. E’ da prevedere che proprio in quell’occasione Telefonica porrebbe il veto alla confluenza di Generali e Mediobanca, se non accompagnata dall’ingresso di nuovi soci graditi agli spagnoli.



martedì 1 maggio 2007

Le primarie "embedded"

Primarie: una testa, un voto
Elezioni: un candidato, un partito

Il tema delle primarie ha conquistato, ormai, un posto di rilievo nel dibattito interno al centrosinistra. Ma è diventato da subito anche un motivo di divisione.
Così ad Arturo Parisi che, nell’ottobre del 2005, sosteneva che «le primarie hanno fatto nascere la più grande organizzazione politica d’Europa», Franco Marini replicava (sulla Stampa del 22 novembre 2005): «Fare un’affermazione del genere indica un vizio, forse non voluto: l’accettazione di una visione plebiscitaria della politica. C’è il grande evento, si vota per il leader, si cancellano i partiti, si instaura un rapporto diretto con il popolo. Ma questo è proprio quello che aborriamo, la personalizzazione della politica. Questo è berlusconismo ... Noi non dobbiamo commettere l’errore di eliminare le strutture portanti della democrazia (i partiti). Dobbiamo invece coniugare la vita di queste strutture con le novità e l’apertura verso i nuovi gruppi dirigenti».

In una lettera, inviata alla Repubblica il 22 aprile 2007, Romano Prodi ritiene fondamentale per il successo del Partito democratico affrontare e consolidare alcuni punti programmatici a cui guardare come a delle linee guida essenziali. Dopo “il bisogno di Europa che il Paese ha”, mette al secondo posto il tema delle “primarie”.

«Inoltre, senza evocare ancora una volta “lo spirito delle primarie”, dobbiamo però trarre da quella esperienza un grande insegnamento, un segnale che quella domenica di ottobre ci è arrivato chiaro e forte e che non possiamo perdere: la politica del nuovo secolo è partecipazione ed ha successo solo in quanto è partecipata. Dobbiamo quindi inventare nuovi modi per allargare il coinvolgimento dei cittadini, in una dialettica dell’inclusione e della condivisione tale da fidelizzare il loro consenso».

Nell’ottobre del 2005, commentando le primarie, Prodi aveva detto:

«… Più di tre milioni di italiani ci hanno detto che vogliono contare di più per decidere il loro futuro. Ci hanno detto che hanno speranza e vogliono cambiare. La democrazia si difende con la democrazia e noi l'abbiamo fatto con le primarie. Insieme dobbiamo dare gambe e cuore a questa speranza …».

Cosa si aspetta, allora, a dare gambe alla speranza ed a inventare nuovi modi?
Fatti, non parole.
Ma non per fidelizzare il consenso al proprio partito, ma per dare a tutti i cittadini la possibilità di essere eletti, ed agli elettori la possibilità di scegliere i candidati col voto di preferenza.

La contraddizione più stridente dell’attuale sistema politico è, infatti, il clamore che si fa sul bisogno di primarie, nel deserto di proposte per il ritorno al voto di preferenza.

Commentando, giovedì 5 aprile 2007 su Avvenire, la “bozza Chiti” e la “bozza Calderoli”, lo spiega bene Marco Tarquinio:
«…C'è però anche un'altra coincidenza tra quelle due ipotesi di lavoro, che dovrebbero correggere le storture delle norme attuali. E cioè la conferma dell'abolizione totale del voto di preferenza. Una coincidenza tanto impressionante quanto incredibilmente sottaciuta. Evidentemente l'impossibilità per gli elettori di intervenire sulle liste dei candidati, esprimendo la propria scelta, non è considerata dai "riformatori" di entrambi i poli un problema da risolvere. O, forse, è ritenuta addirittura una conquista da difendere. E, in effetti, se proviamo a metterci dalla parte di chi le liste dei candidati le compila, è piuttosto facile arrivare alla conclusione che la rimozione del voto di preferenza ha rappresentato per i capipartito una svolta persino entusiasmante. Quel potere democratico di selezione della classe dirigente che dovrebbe spettare, in percentuali quasi analoghe, a forze politiche (che elaborano e propongono) ed elettori (che scelgono) ha finito, passo dopo passo, per essere trasferito quasi interamente ai vertici dei partiti: ai cittadini solo l'indicazione di uno dei simboli in lizza; ai titolari dei simboli la decisione effettiva sugli eletti».



Nelle democrazie moderne non c’è più una netta divisione tra potere legislativo e potere esecutivo.
L’articolo 71 della nostra Costituzione prevede che l’iniziativa delle leggi appartenga nell’ordine al Governo, a ciascun membro delle Camere … ed al popolo. L’approvazione delle leggi spetta comunque al Parlamento (art.70). Perché il dibattito sulla formazione delle leggi sia democratico occorre che tutte le voci siano presenti nel Parlamento.
Anche se, «come mostrano gli studi sull’opinione pubblica, i segmenti elettorali veramente
diversi fra loro non sono più di sei o sette», è difficile trovare tra i candidati proposti dai partiti quello che rappresenta il proprio “segmento”.
Perché si dovrebbe «mettere uno stop alla dinamica della frammentazione in corso»?
La frammentazione può essere svantaggiosa per la governabilità, ma è una risorsa per la discussione.

Occorre, pertanto, liberalizzare la scelta degli elettori, rendendola la massima possibile.
Tutti dovrebbero avere la possibilità di candidarsi, anche al di fuori dei partiti, e senza dover raccogliere firme di presentazione. L’ideale sarebbe poter scegliere liberamente, esprimendo alcune preferenze, dall’intero registro degli elettori.
La sintesi delle varie posizioni politiche avverrebbe in Parlamento con la costituzione dei gruppi parlamentari (da molti partiti a pochi gruppi, il contrario di quello che avviene ora dai pochi “listoni-insalata” a molti gruppi). Basterebbe che il compito di esprimere il governo fosse attribuito al gruppo maggioritario della Camera. A questo gruppo (e al suo omologo del Senato, anche se non maggioritario) verrebbe attribuito un voto pesante, opportunamente calcolato, per garantire la governabilità (si privilegia il gruppo della Camera perché rappresentativo di una platea più vasta di elettori).

Una legge elettorale impostata su questi principi (vedere la proposta in testa al blog) renderebbe di fatto inutile effettuare “le primarie”, in quanto queste sarebbero un tutt’uno con le elezioni vere e proprie. Sarebbero elezioni con “primarie embedded”.


sabato 21 aprile 2007

Non può mica fare tutto lui

ATTENZIONE
A SEGUITO DI VARIAZIONI NORMATIVE FISCALI

QUESTO CUD 2007
SOSTITUISCE QUELLO PRECEDENTEMENTE INVIATO

Quante persone hanno letto, in questi giorni, questa avvertenza.
Le norme dell’ultima finanziaria hanno introdotto, a quanto pare -oltre alla libertà per i comuni di innalzare l’aliquota dell’addizionale Irpef- anche il pagamento dell’acconto annuale.
Probabilmente a causa dei ritardi con cui molti degli 80.000 comuni hanno deliberato l’aliquota dell’addizionale per l’anno in corso, i sostituti d’imposta (enti previdenziali ed aziende) che hanno inviato –a termine di legge- prima del 15 marzo un primo CUD basato sulle aliquote del 2006, sono stati successivamente costretti a inviarne un secondo basato su quelle del 2007.

Così, alla mia famiglia, sono arrivati due certificati INPDAP (uno datato 2 gennaio, l’altro 28 febbraio) e due certificati INPS (31 dicembre e 30 marzo - recapitato però l’11 aprile). Sola e unica differenza l’importo della casella 7-bis [Acconto 2007 dell’Addizionale comunale all’Irpef]: 31 euro in più nel primo caso, 34 euro in più nel secondo.

Un sacco di gente ha fatto il lavoro due volte, Caf compresi, dato che hanno cominciato ad accettare i modelli 730 intorno al 20 marzo.
Chi avesse già consegnato il modello e avesse già ottenuto il visto di conformità, cosa deve fare?
Elementare Watson: il “cittadino lavoratore” o il “cittadino pensionato” dovrà perdere un’altra mattina e spendere 2 euro di bus -circa il 6% delle cifre in ballo- per recarsi al CAF una seconda volta.

Perché quando fanno le leggi non pensano alle conseguenze?
Quanto viene a costare questo pasticcio?
Perché dobbiamo continuare a subire un’Amministrazione così scalcinata?
E’ questa «la serietà al governo» che Prodi ci aveva promesso?

Anche se –è giusto concederlo- non può mica fare tutto lui.


giovedì 19 aprile 2007

Occhio ai numeri: se li conosci li eviti

Interessante dossier sui “costi della politica” sulla Repubblica del 14 aprile 2007 a pagina 9:

«In Italia o vinci la lotteria o ti butti in politica. Il risultato è lo stesso: una vita al riparo dalle difficoltà economiche. Questo devono aver pensato gli oltre 400mila cittadini che oggi vivono di politica: deputati, assessori, consiglieri locali e consulenti. Un esercito che costa alle casse dello stato oltre tre miliardi di euro, all’anno».

Chiunque leggendo la seconda cifra e pensando agli stipendi dei parlamentari non può che esclamare: cavolo!
E’ successo anche a me di recriminare sui costi della politica ma, se i dati riportati nell’articolo sono veri, non posso che fare ammenda.

Tre miliardi di euro diviso 400mila persone dà una media di 7.500 euro all’anno, 625 euro al mese. Meno di un contrattista a progetto. Per fortuna ho fatto il metalmeccanico.


Queste esagerazioni capitano spesso, in tutti i campi: ad esempio, quando si parla di evasione fiscale o dei guadagni dei lavoratori autonomi.


mercoledì 18 aprile 2007

Dittatura della maggioranza e legge elettorale

Essendo in pieno svolgimento il dibattito sulla riforma della legge elettorale, sarebbe anche il caso di non trascurare quell’aspetto particolare che va sotto il nome di dittatura della maggioranza. Molti ricorderanno ancora il ricorso a questo argomento da parte dell’opposizione del centrosinistra, sul finire della scorsa legislatura, quando il centrodestra fece approvare con la forza dei numeri la sua riforma costituzionale.

«Questa è la dittatura della maggioranza» tuonò Giuliano Amato per definire il progetto di riforma costituzionale della Casa della Libertà (la Repubblica, 21 gennaio 2004).
La Casa delle Libertà, con il suo progetto di riforma costituzionale, «sta creando le premesse per una moderna e pericolosissima dittatura di maggioranza, anzi del primo ministro stesso» dichiarò il leader dell’Unione Romano Prodi, che aggiunse: «Prima di tutto e avanti a tutto abbiamo un dovere essenziale al quale adempiere: fare tutto ciò che è in nostro potere per avvisare il nostro popolo dei pericoli che incombono su di noi. Batterci in ogni modo perché nessuno possa dire domani che non sapeva, che non vedeva, che non capiva» (Corriere della Sera, 11 marzo 2005).
Allo stesso argomento si ricorse in occasione dell’approvazione della “legge Gasparri” sulle telecomunicazioni.

Adesso che è al governo e che cura personalmente l’iter delle modifiche, è bene che Prodi “adempia il dovere essenziale”, “faccia tutto quello che è in suo potere” per scongiurare che il pericolo si ripresenti nel prossimo futuro e dimostri “che sa, che vede e che capisce”.
Più che altro, preoccupa il fatto che, una volta avvenuta la fondazione, il Partito Democratico possa ottenere, alle prossime elezioni, una maggioranza così schiacciante, tale da fare impallidire quella ottenuta dalla Casa della Libertà nel 2001 e che, pertanto, il problema della DdM possa riproporsi.

[§] [§] [§] [§] [§]

Anch’io, nel mio piccolo, sto ragionando sulla riforma elettorale (vedere il banner in testa al blog). Penso, ad esempio, che sarebbe più giusto assegnare un premio di maggioranza - per permettere la governabilità- assegnando un voto di peso maggiore ai deputati del gruppo maggioritario che sostiene il governo, invece che un premio in seggi. Ho proposto la formula:
P x SM = Sm + 40
da cui:
P = (Sm + 40) / SM
dove:
P = Peso del voto dei deputati del gruppo parlamentare maggioritario
SM = Numero dei seggi del gruppo maggioritario
Sm = Totale dei seggi dei gruppi minoritari
40 = Maggioranza prefissata (espressa in numero di seggi virtuali)

Esempi di calcolo
Supponiamo, per semplicità, che si costituiscano alla Camera dei deputati sempre tre gruppi parlamentari composti come segue:

275, 257, 98
P = [(257 + 98) + 40] / 275 = 1,44
Rapporti di forza alla camera
275 x 1,44 > 396 vs 355 > +41

315, 221, 94
P = [(221 + 94) + 40] / 315 = 1,12
Rapporti di forza alla camera
315 x 1,13 > 355,95 vs 315 > +40,95

335, 203, 92
P = [(203 + 92) + 40] / 335 = 1,00
Rapporti di forza alla camera
335 x 1,00 > 335 vs 295 > +40

355, 185, 90
P = [(185 + 90) + 40] / 355 = 0,89
Rapporti di forza alla camera
355 x 0,89 > 315,95 vs 275 > meno 40,95

Nei primi due casi il peso del voto risulta maggiore di 1.

Nel terzo caso in cui il gruppo maggioritario ha conquistato 40 seggi (maggioranza prefissata) in più dell’opposizione –come in tutti i casi simili (ad esempio 299,299, 32) il peso del voto è uguale a 1. Ci possono essere, cioè, dei casi in cui non scatta nessun premio.

Nel quarto caso in cui il gruppo maggioritario ha conquistato oltre 40 seggi in più dell’opposizione il peso del voto risulta inferiore a 1.

Cioè la formula permette di mantenere i rapporti di forza alla camera intorno ai 40 seggi virtuali prefissati (le piccole differenze dal valore 40 sono dovute all’approssimazione del calcolo).

Come si vede questo meccanismo di regolazione della maggioranza previene anche l’instaurarsi di una «dittatura della maggioranza» , facendo sì che per l’approvazione di leggi che richiedono una maggioranza qualificata necessiti l’accordo con l’opposizione.

La formula non si riesce ad applicare soltanto nel caso in cui vengano costituiti soltanto due gruppi parlamentari di 315 deputati ciascuno. In questo caso o si fanno le larghe intese o si trova un criterio –ovviamente arbitrario- per attribuire la vittoria a un gruppo piuttosto che all’altro.

E’ stato fissato il valore di 40 per la maggioranza, ma non è detto che sia quello ottimale (ammesso che ci sia un valore ottimale).



domenica 15 aprile 2007

Le banche, Telecom e Tronchetti Provera


La notizia è di sabato 7 aprile:14 miliardi di utili (+26%) per le prime otto banche italiane.
Diconsi UTILI NETTI dopo le tasse.
Una mezza finanziaria.
Tre volte i 4 miliardi e 600 milioni di euro circa che AT&T e America Movil hanno offerto per l’acquisto dei due terzi di Olimpia, la società che controlla Telecom Italia.
Anche se su di me non piove mai, è una magnifica notizia. E’ il segnale che l’economia italiana regge. Che anche le aziende devono aver guadagnato, se hanno potuto alimentare tale flusso di denaro verso le banche (e, di conseguenza, verso il fisco le cui entrate sono in aumento anche nel 2007).

La notizia arriva mentre è in pieno svolgimento la vicenda Telecom.
Come sanno anche i sassi, attualmente il padrone di Telecom è Marco Tronchetti Provera.
Secondo Pietro Calabrese, direttore di Panorama, “un uomo corretto e perbene e il capitalismo nostrano non è che pulluli di esemplari simili”.
Secondo Eugenio Scalfari, fondatore della Repubblica, al contrario, il rappresentante di un capitalismo straccione, un “predatore” a danno di un azionariato diffuso, il cosiddetto “parco buoi”.
Fossimo in Russia il Nostro sarebbe già stato condannato ai lavori forzati e deportato in Siberia, dove Afef l’avrebbe voluto sicuramente seguire, così come la bellissima Gruscenka era pronta a seguire l’amato Dimijtri Karamàzov.

Ma davvero Tronchetti Provera è il padrone e il solo responsabile degli attuali guai di Telecom?

Guardiamo il grafico 1

Appare chiaramente che Tronchetti Provera è il legittimo padrone della Gpi con il 61% delle azioni. Lo è anche della Camfin, avendo Gpi il 50,1% di questa società, e Tronchetti Provera può, pertanto, disporre dell’intero 19,63% investito in Pirelli & C.
In Pirelli & C, è stato costituito un patto di sindacato.
Da una parte, secondo Scalfari, quattro rappresentanti del capitalismo straccione (Tronchetti Provera, Benetton, Moratti e Lucchini) con il 25,84%, dall’altra sei nobili aziende bancarie e assicurative con il 20,36% di capitale (tanto indifferenti al denaro che, non appena la BCE aumenta il tasso di sconto, un minuto prima hanno già aumentato le rate dei mutui-casa di 100 euro, lasciando fermi allo zero-virgola i tassi creditori dei loro clienti).
In Olimpia il potere è nelle mani del patto di sindacato di Pirelli & C.
Si vede anche che le banche -maestre nel rastrellare denaro- hanno partecipazioni dappertutto: ad esempio, nella Camfin che controlla Pirelli & C, ma anche in questa che controlla Olimpia che controlla Telecom Italia e, da ultimo, anche in Telecom.

E’ lapalissiano che se sono predatori i rappresentanti dei “capitalisti straccioni”, lo sono anche le banche.
Tutto quello che ha fatto Tronchetti Provera, lo ha fatto perché le banche hanno trovato conveniente lasciarlo fare.

Ha scritto sul Corriere del 12 aprile Francesco Giavazzi:
“Per mantenere il controllo in mani italiane, il governo auspica che un gruppo di banche e fondazioni, senza alcuna esperienza nelle telecomunicazioni, facciano un’offerta analoga.
L’assurdità, come ha osservato Alessandro Penati su la Repubblica del 5 aprile, è che queste stesse istituzioni sono corresponsabili degli errori della gestione attuale, perché fino a ieri erano soci di Pirelli in Olimpia o siedono ancora nel sindacato che controlla Pirelli. Se qualcuno è disposto a pagare il 30% in più per il controllo di un’azienda, può avere due ragioni per farlo: o crede di riuscire a migliorarne la gestione (come gli olandesi con Antonveneta), oppure vuole ricavarne dei benefici privati. Quando il governo oggi auspica l’impegno di banche che hanno condiviso, seppur indirettamente, la gestione di Telecom è evidentemente pronto ad accordare loro questi benefici: ad
esempio la garanzia che nessuno metterà in discussione la governance autoreferenziale delle fondazioni che controllano la maggior parte del sistema finanziario italiano e nominano gli amministratori delle banche”.


Nei grafici 2 e 3 sono elencati in dettaglio i denari investiti rispettivamente in Pirelli & C ed in Telecom Italia.

Come finirà l’affare Telecom?
I problemi posti sono due:
la difesa dei piccoli azionisti,
lo scorporo e il potenziamento della rete.

Il primo lo considero un falso problema. Comperare azioni non è un obbligo per nessuno. Lo si fa, a lungo termine, per cercare di non fare perdere potere d’acquisto ai propri risparmi. Se non si vuole rischiare si comperano Bot e Cct, o Pronti contro termine.
Ma è poi vero che i piccoli azionisti vogliono essere difesi?
Né il Fondatore né il Comico hanno spiegato chiaramente in cosa consista la truffa ai loro danni. Vedremo, comunque, quante deleghe riuscirà a raccogliere Beppe Grillo fra le decine di migliaia di lettori del suo Blog.
Secondo la Consob, però, Grillo non avrebbe ottemperato -almeno fino al 3 aprile scorso- agli adempimenti previsti dagli artt. 136 e ss. del D.Lgs. n. 58/98 e degli artt. 132-138 del Regolamento Consob n. 1971/99 in materia di sollecitazione o di raccolta di deleghe di voto, che è un’attività riservata alle associazioni di piccoli azionisti rispondenti ai requisiti di cui all’art. 141 del TUF … bla, bla … bla.
Come si vede, un bel sbarramento.
E’ curiosa questa contraddizione: in politica si depreca l’esistenza dei troppi partitini e si auspica lo sbarramento per stroncarne il potere di veto. In economia si vogliono difendere i piccoli azionisti, però si permette ogni tipo di sbarramento (vedi gli adempimenti richiesti a Grillo) per impedire loro di votare in assemblea.
Gli sbarramenti sono sempre antidemocratici, in economia come nelle leggi elettorali.
Se si vogliono eliminare le scatole cinesi, si riformi il diritto societario invece di recriminare sul comportamento del singolo.

Innovazione della rete. E’ un compito di natura eminentemente tecnica che può essere affrontato soltanto da un’azienda a guida industriale. Non certamente dalle banche.
C’è il rischio di fare scelte riduttive: è meglio realizzare la dorsale nazionale con le fibre ottiche oppure con i ponti radio? Non sappiamo cosa ci riserva la tecnologia nel prossimo futuro.
Certamente non si potrà stendere una fibra ottica fra la terra e la luna.
Il telefono satellitare è già una realtà. Permette comunicazioni bidirezionali. Se si implementa l’oggetto con le potenzialità di un personal computer, ecco fatta l’internet satellitare che renderebbe inutile una dorsale a fibre ottiche.Oggi costerebbe troppo ma, come si sa, se diventa un consumo di massa i costi si abbassano rapidamente.
Se il potenziamento della rete non è compito delle banche, a maggior ragione non lo è della mano pubblica, specialmente sotto la guida di un governo di centrosinistra come l’attuale.
Hanno cancellato il ponte sullo stretto, la tirano per le lunghe con la TAV. Discutono tutti i giorni come spendere il “tesoretto” (grisbi, in francese), ma sanno che, dopo aver distribuito qualche briciola “alle fasce più deboli”, servirà a malapena a pagare le pesantissime penali alla società che si erano aggiudicati gli appalti del ponte e delle diverse tratte della TAV.


 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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