IL BLOG DI SERGIO VIVI



venerdì 27 maggio 2011

Articolo 1 della Costituzione

Alla Costituente ci fu una serrata ed appassionata discussione sulla stesura del primo comma dell’articolo 1.
La prima formula proposta, molto concisa, fu quella del deputato Mario Cevolotto:
«L’Italia è una Repubblica democratica».
Palmiro Togliatti avrebbe preferito:
«L’Italia è una repubblica democratica di lavoratori».
Alla fine, fu approvata su proposta di Amintore Fanfani la formula vigente:
«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro».

Periodicamente qualcuno vuole riscrivere questo comma. L’ultimo è stato, qualche settimana fa, il deputato del PDL Remigio Ceroni che ha proposto:
«L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro e sulla centralità del Parlamento quale titolare supremo della rappresentanza politica della volontà popolare espressa mediante procedimento elettorale».
Mirabile!

Se si scrivesse, sulla costituzione cosiddetta materiale leggeremmo:
«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul welfare»,
cioè su uno dei debiti pubblici più alti al mondo, accumulato da una classe politica animata da buone intenzioni ma incapace di far di conto.
Sintomatica questa confidenza del Presidente emerito Francesco Cossiga, ricordata nei giorni delle sue esequie: «In nome della carità e della solidarietà ho sbagliato. Credevo che la politica economica dello stato dovesse ricalcare le linee della San Vincenzo. Abbiamo scambiato la solidarietà con lo spreco. La solidarietà con l'inefficienza. Pensavamo che i soldi non sarebbero finiti mai» (Ceccio da Chiaramonti, L’eterno provocatore, Gian Antonio Stella, 18 agosto 2010, Corriere della Sera.it).
Con la conseguenza che gli italiani sono stati abituati a pensare che tutti i servizi siano loro dovuti, a fronte delle molte tasse pagate che, però, non bastano nemmeno a fronteggiare le emergenze.

* * * * *
Ad ogni modo, fra le diverse formulazioni proposte -in sede di Commissione dei 75 (luglio 1946-febbraio 1947)– è mancata quella che avrebbe certamente ottenuto il consenso trasversale di cattolici e comunisti, come già accadde per l’articolo 7.

Una formula che avrebbe potuto sanare meglio la ferita inferta dai bersaglieri a Porta Pia, e che sancirebbe, oggi, la ritrovata influenza del Vaticano, sempre pronto a vigilare, con discrezione e fermezza, perché non prevalgano orientamenti ideologici sbagliati, sulla pelle del caro popolo italiano.

Una formula che, agendo da potente catalizzatore, avrebbe consentito la «riuscita dell’amalgama» tra Democratici di Sinistra e Margherita.

Una formula che -nell’attuale situazione politica- metterebbe d’accordo Rosy Bindi con Eugenia Roccella, Niky Vendola con Maurizio Sacconi, Vladimir Luxuria (anche i buddisti pregano) con Rocco Buttiglione, la Paola Binetti del PD con la Paola Binetti dell’UDC.

Una formula, soprattutto, in grado di suggerire l’unico rimedio rimastoci per uscire dalla tragica situazione economica in cui versa, oggi, il Paese.

Formula ispirata ad un’osservazione di Jacques Le Goff, il gran medievista francese:
« (Nell’Alto Medioevo) il monachesimo benedettino abituerà l’Europa a pratiche di tempo che sono ancora alla base del nostro modo di gestirlo. Si tratta prima di tutto della grande fondamentale suddivisione fra un tempo della preghiera e un tempo del lavoro…» (L’Europa medievale e il mondo moderno, Laterza, 1994).
Ecco, Fanfani (o meglio Dossetti, od anche La Pira) avrebbe potuto proporre:
«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e sulla preghiera».

Soltanto che oggi ci rimane soltanto la preghiera. Tanti sono quelli che perdono il lavoro, mentre, per un giovane, le possibilità sono due. Andare ramingo per il mondo, od entrare in uno degli Ordini mendicanti. Il medioevo prossimo venturo, in Italia, sembra già arrivato.

La speranza è che la determinazione d’ogni italiano ad essere «faber fortunae suae», abbia la meglio sull’inazione della politica che, tutto sommato, non può incidere più di tanto sull’economia.
A dispetto dell’attuale «rappresentanza politica della volontà popolare espressa mediante procedimento elettorale» (volgarmente detto “porcata”), speranza e determinazione sarebbero fortificate se, in sede di un’eventuale nuova Costituente, prevalesse la formula più naturale:
«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sulla libertà». 


venerdì 20 maggio 2011

Ato 5 Bologna for ever

Quando provate a scrivere «Scalfari è il fondatore de la Repubblica», il controllo ortografico di Windows corregge automaticamente “Scalfari” in “Scalari”, perché nel suo vocabolario “scalfare” non c’è.
Lo strumento non solo corregge la grammatica ma aiuta anche a correggere la forma del discorso. Fino a suggerirvi che un termine è abusato oppure che è tipico del linguaggio parlato. Cerca, al limite, di “tradurre” il pensiero dello scrivente e lo fa con la certezza di quell’etnolinguista che, recatosi presso una tribù di cui ignora la lingua, sente pronunciare la parola «gavagai» quando passa un coniglio. Muovendo dai suoi schemi mentali consolidati da precedenti esperienze di linguaggio, l’etnolinguista è portato ad affermare che «gavagai» significa «coniglio», Ma se questo termine, invece che coniglio, volesse dire “cibo” o “prendiamolo”?
Con quest’esempio –maggiormente sviluppato dall’autore- il filosofo del linguaggio Willard Quine avanza la tesi della «indeterminatezza della traduzione»: ogni traduzione (o correzione, nel caso dello strumento di Windows) fra parole e linguaggi diversi è «indeterminata».
     
* * * * *
Il 15 novembre 2008 copiavo ed incollavo dal Bilancio sociale 2006 di Ato 5 Bologna, per la prima volta in un mio post, il seguente Testo A:
«La nuova tariffa pro capite del servizio idrico integrato è introdotta da ATO 5 con lo scopo di raggiungere due obiettivi principali: da un lato garantire una maggiore equità nella tariffa, riconoscendo a ogni persona il necessario quantitativo giornaliero di acqua potabile ad un prezzo agevolato; dall’altro, favorire il risparmio idrico e contrastare lo spreco di risorsa, aumentando sensibilmente il costo dei consumi che vanno oltre la dotazione di base. I vantaggi sono economici e culturali perché, oltre al risparmio in bolletta, la nuova tariffa conduce ad un maggior rispetto delle risorse ambientali».

A partire da qualche tempo -penso qualche giorno prima delle ultime amministrative- sul sito di Ato 5, il suddetto testo è stato sostituito dal seguente Testo B:
«Il passaggio al sistema pro capite permetterà di conseguire un duplice obiettivo: da un lato, favorire le famiglie numerose e in generale garantire una maggiore equità nella tariffa, riconoscendo a ogni persona il necessario quantitativo giornaliero di acqua potabile ad un prezzo agevolato; dall’altro, favorire il risparmio idrico e contrastare lo spreco di risorsa, potendo incrementare maggiormente il costo dei consumi eccedenti la dotazione di base».

* * * * *
Bene. Sulle prime, si potrebbe pensare che gli estensori del Bilancio sociale 2006 possano essere rimasti vittime -a suo tempo- della «indeterminatezza della traduzione», con il “controllore dei testi” da loro impiegato che, pervicacemente, correggeva “potendo incrementare” in “aumentando” e “maggiormente” in “sensibilmente”.
Quando se ne sono accorti -cinque anni dopo- hanno provveduto a rimettere le cose a posto.
Però, il fatto che sia stata aggiunta l’integrazione «favorire le famiglie numerose» quasi a voler porre l’enfasi sulla vocazione sociale di Ato 5 ed il fatto che sia stata eliminata l’ultima frase, abbastanza demagogica e che si prestava a facili ironie, inducono a pensare che il testo sia stato cambiato per “addolcire” il proposito punitivo della “tariffa pro capite”.

Ne valeva la pena? Non è una questione di forma. Cambiano le parole ma la sostanza resta.
Anzi, il testo B pare richiamare «maggiormente» quella che passa come «arroganza del potere».
C’è quel “potendo”, gerundio di potere. Già, il potere. Quello di un sindaco, con la legge attuale, è quasi assoluto. Figuratevi il potere di un’Assemblea composta da sessanta sindaci tutti del Centrosinistra. Di certo, votando la delibera n. 3 del 28 maggio 2008, hanno potuto. Dittatura della maggioranza? Ato 5 è soltanto un tassello del formidabile CENTRO DI POTERE che detta legge a Bologna, e in tutta l’Emilia Romagna, da oltre mezzo secolo.

P.S. Qualcuno potrà sostenere che io ho avuto le traveggole ed ho preso un abbaglio perché, on line, c’è sempre stato soltanto il testo B, mentre il testo A non è mai esistito … almeno fino a che non salti fuori una copia del bilancio stampato a suo tempo (*).
Ad ogni modo, avverto i miei due lettori che, quando s’imbattono -nei miei post- nel testo A, questo deve intendersi sostituito dal testo B.

(*)
Progetto grafico e impaginazione: Mediamorphosis
Stampa: Tipografia Moderna, Bologna
Stampato su carta ecologica Free Life Fedrigoni
Finito di stampare nel mese di novembre 2007


mercoledì 18 maggio 2011

La sinistra non si lava?

La sinistra non si lava?
Che bestialità! Certo che non è così.
E' anche certo, però, che i Democratici Sindaci della provincia di Bologna, componenti di Ato 5, hanno razionato l'acqua. Se vi fate più docce di quelle che Lor Signori hanno stabilito (con quali criteri, non è dato sapere), vi beccate degli spreconi e pagate l'acqua come fosse Acqua di Parma.
I due laghi di Bologna"


domenica 8 maggio 2011

Vorrei un sindaco che...

"Non dobbiamo
partire da ciò
che abbiamo,
ma da ciò
che vogliamo”.

Vorrei
un sindaco
che attuasse
pochi punti
del mio programma

Vorrei un sindaco che trasformasse le strisce blu della sosta a pagamento in strisce bianche gratuite.

Vorrei un sindaco che NON mettesse più nel bilancio comunale le entrate da contravvenzioni.

Vorrei un sindaco che non installasse i truffaldini semafori photored.

Vorrei un sindaco che abolisse il “Bollino blu”.
Sono in grado, io, di decidere quando la mia auto necessita di manutenzione, senza pagare odiosi balzelli.

Vorrei un sindaco che, nel deliberare le limitazioni del traffico, NON discriminasse tra Euro1, Euro2, ….Euro5, …EuroGoogle.
Quando l’ho acquistata, nel 1999, la mia Golf era a norma e, siccome la tengo come si deve, ha sempre superato l’esame del Bollino blu senza nessun intervento. Da allora ho fatto solo 15.000 Km ed inquino certamente meno dell’auto del sindaco. Vorrei essere libero di andare al Supermercato anche di giovedì.
Già, ma ci sono i furbi.

Vorrei un sindaco che la smettesse di dare sempre la colpa ai “soliti furbi”.

Vorrei un sindaco che si occupasse meno dei graffiti sui muri e più delle buche nelle strade.
I pronto soccorsi del Maggiore e del Rizzoli sono pieni, quotidianamente, di persone cadute per strada e sui marciapiedi.

Vorrei un sindaco che non razionasse l’acqua potabile.
Vorrei essere libero di decidere, io, quante docce farmi.

Vorrei un sindaco che facesse pagare l’acqua il giusto prezzo reale.

Vorrei un sindaco che abolisse la vigente “tariffa pro capite” di Ato 5 Bologna.
Altro che incentivi per chi consuma di meno: è tutta una speculazione.
Nel 2010 ho speso per l’acqua (prelevata dalla Val di Setta e da falde locali) 253 euro contro i 161 euro per il gas metano (proveniente dalla Russia e dalla Libia).

Vorrei un sindaco che lasciasse la libertà di riscaldare le case come si desidera.
Ogni anno, alla mia età, rischio la polmonite.

Vorrei un sindaco che la smettesse con i divieti.

Vorrei un sindaco che facesse raccogliere i rifiuti umidi tutti i giorni.
Un ispettore Hera, qualche mese fa alla mia domanda, ha risposto che «buona grazia se lo raccogliamo una volta la settimana».
L’«umido» puzza, specialmente l’estate; o dobbiamo abituarci a vivere come a Napoli?

Vorrei un sindaco che applicasse un’unica aliquota ICI a prescindere dall’uso dell’appartamento.
Abito in affitto. Quando ho preso la liquidazione, per ripararmi dall’inflazione, ho acquistato un appartamentino da 58 mq. Siccome lo tengo “a disposizione” (nel timore di uno sfratto), debbo pagare il 9 per mille. Per i sindaci è giusto, per me è una vera angheria.

Vorrei un sindaco che la smettesse di dare sempre la colpa al Governo nazionale.

Vorrei un sindaco con meno potere assoluto.

Insomma, vorrei un sindaco come pare a me … ma, se non c’è, pazienza. Sarà per un’altra volta!
Il mondo è pieno di creduloni «responsabili». Lor Signori si facciano eleggere da costoro.


Post Scriptum

Qualcuno mi ha accusato di piccineria, di guardare il pelo nell’uovo, di trascurare i temi più importanti, di non essere responsabile. Bene!
Che il CIVIS passi per il centro o per i viali, per me pari sono.
Che si faccia il CIVIS, oppure il PEOPLE MOVER, oppure il METRO’, è meglio che a deciderlo siano i tecnici. Non ho competenze, non ho preferenze.
Che si faccia la CITTA’ METROPOLITANA per, poi, dividerla in tanti MUNICIPI non so che senso abbia: cambia l’ordine degli addendi ma la somma (delle tasse) resta uguale.
Che si pensi di ridurre il numero dei QUARTIERI da nove a cinque, è come la corazzata Potemkin.

Qualcuno mi imputa di non essere rispettoso del prossimo.
Mi sono espresso male, mi scuso e rettifico:
«Non credo nei programmi patinati dei candidati e confesso di non essere responsabile. Lor Signori non avranno il mio consenso».


giovedì 5 maggio 2011

Elezioni comunali di Bologna 2011

Ho ricevuto per Posta Prioritaria (a tariffa ridotta legge 515/93) il depliant propagandistico (spediti oltre 77.000) del candidato sindaco Virginio Merola. Il quale si propone, per la città, cinque svolte fondamentali da conseguire attraverso dieci progetti. Il tutto esposto con tante belle parole. Senza accusare nessuno (se non il Governo). Senza fare riferimento a nessun partito politico.

Viene quasi voglia di votarlo. Ho cercato sul fac-simile della scheda elettorale il partito col simbolo della Stella Blu di Virginio ma non l’ho trovato.
C’è, invece, Virginio Merola, già assessore all’Urbanistica nella giunta Cofferati, già vincitore delle primarie del Centrosinistra presentato dal Partito Democratico. Oltre che dal PD, sostenuto anche da Italia dei Valori, Sinistra per Bologna, Con Amelia (Frascaroli) con Vendola, Laici Socialisti Riformisti.

Massimo D’Alema ha dichiarato: “Merola? È stato scelto con le primarie e io mi fido del popolo”. Un anno fa il popolo scelse Flavio Delbono colui al quale, per Begnini, Berlusconi gli fa un baffo.

Il “nostro” sembra quasi nascondersi, come avesse un certo pudore ad ammettere la sua appartenenza politica. Forse perché il suo è un partito poco presentabile, specialmente dal giorno in cui l’inventore dell’Ulivo mondiale (assieme a Bill Clinton ed a Tony Blair) gli ha sparato alle gambe, procurandogli delle ferite raccapriccianti (quasi come quelle che hanno sconsigliato ad Obama di mostrare le foto d’Osama).

* * * * *
A proposito dell’acqua, Merola scrive: «le tariffe devono prevedere agevolazioni per le fasce di reddito più basse e incentivi per chi consuma di meno».


Ato 5 Bologna prevede agevolazioni per le due prime fasce di consumo, ma non prevede incentivi per chi consuma di meno. Ha razionato l’acqua (con quali criteri non è dato sapere) e contrasta lo spreco di risorsa, aumentando sensibilmente il costo dei consumi che vanno oltre la dotazione di base.

O Merola ha cambiato idea rispetto a quando faceva parte della giunta Cofferati ed, allora, deve mettere per iscritto che, da sindaco, non applicherà ai bolognesi l’attuale “tariffa pro capite”, dell’Ato ma farà pagare tutta l’acqua consumata al giusto prezzo reale.
Oppure tenta di rivoltare la frittata: incentivi e penalità sono cose completamente diverse. Merola sa di non dire il vero e cerca d’ingannare gli elettori.
Almeno nel caso dell’acqua, non è una persona credibile, né affidabile.
E’ un politico vecchio. E’ il tipico rappresentante di quella sinistra senza alternativa che, oggi, il Capo dello Stato ha denunciato.


 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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