IL BLOG DI SERGIO VIVI



lunedì 27 giugno 2011

Mi(ni)steri

Questa notte si è aperta una vasta voragine in Via XX settembre, a Roma.
Come per incanto, era sparito il Ministero dell'Economia.
Il ministro Maroni ha immediatamente dato l'incarico a Martin Mystère d'indagare sul «Cerchio Magico».
Il vecchio Java ha sogghignato: "GHRMM", poi ha soggiunto: "MGHRR"...


mercoledì 15 giugno 2011

V-Day, G'Day, Quorum Day

V-Day
Dopo il 6 giugno 1944, altrimenti noto come D-Day, che portò alla liberazione dell’Europa dal nazismo, il 12 giugno 2011 sarà ricordato come il V-Day, il giorno della vittoria, che porterà l’Italia (and The Economist) a liberarsi quanto prima dal regime berlusconiano.

Paradossalmente pare che il superamento del quorum sia stato, in parte, reso possibile –almeno secondo i suoi avversari- dall’aver Berlusconi detto alla vigilia del voto, «non andrò a votare». Silvio è fatto così. Se pensa una cosa, la dice. Inoltre, come tutti gli riconoscono, uno dei tratti del suo carattere è la generosità. D’istinto avrà pensato che fosse giusto annullare l’handicap del 20% dell’astensionismo fisiologico che gravava sui fautori della partecipazione.

Il resto lo hanno fatto un nugolo di coraggiosi capitani di ventura –Zaia il Veneto, Alemanno da Roma, Manes il Felsineo ed altri- che, sapendo di lisciare il pelo alla loro truppa, e con il tacito e cinico proposito di mettere sulla graticola il maggior alleato di governo, hanno portato la confusione nel campo d’Agramante.

Quanto a quelli che hanno scelto di votare No (il 4-5%) -perché è giusto partecipare e perché si deve salvare l’istituto del referendum (che era rimasto e rimarrà comunque saldo nella Costituzione)- si stanno accorgendo di aver dato il colpo di grazia a leggi che intendevano mantenere.

Insomma, è stato un bel regalo. O gran bontà de’ cavalieri antichi! [Orlando furioso, I, 22, v. 1]
Anche se era difficile arginare il 54,8% d’elettori che hanno votato sulla spinta delle emozioni e della passione.

«Se non avessimo raggiunto il quorum, qui stasera avremmo fatto un dibattito sulla sconfitta del PD». (D’Alema a Ballarò, martedì 14)
Se ……. Purtroppo coi se, non si fa la storia.
Hanno vinto. Squillino le trombe, rullino i tamburi, si dia il via al legittimo godimento.
Avanti i satiretti e le ninfe, Bacco e Arianna …

Quant'è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Cosa ci riserva il domani?
Se continuerà ad esserci, come sembra, il vento in poppa, è probabile che una nuova generazione di giovani post-marcusiani (più o meno consapevoli) porterà in Parlamento una maggioranza dove prevarranno i Vendola, i De Magistris, i Pisapia, i Travaglio, i Grillo ed i Celentano. Che formeranno un governo dove, almeno, non ci sarà più posto per i personaggi dell’«amalgama malriuscito». Sarebbe un godimento per molti.

G’Day
Oramai non c’è più uno SPECIALE televisivo che non abbia il suo lato satirico.
Il titolo V-Day ci rimanda al G’Day, il divertente spazio di Geppi Cucciari su La7, dove una delle cose più riuscite ed esilaranti sono i titoli del telegiornale estrapolati dalle dichiarazioni dei passanti.

Come dimenticare: «Non sono di sinistra, sono normale».

Oppure: «Bisogna fare in modo che Gheddafi se ne vada, ma niente sparate sulla Libia».

O ancora quest’altra, rilasciata da Virginio, in piazza Maggiore, alla vigilia del referendum:
«L’acqua non si vende, non deve costare per forza poco, la lotta agli sprechi va fatta».

Quorum Day
(1) L’acqua non si vende,
(2) non deve costare per forza poco, la lotta agli sprechi va fatta.

Esaminiamo questo enunciato. Possono darsi quattro interpretazioni:

A - la premessa 1 è vera (è una convinzione) – la conclusione 2 è vera (è una convinzione) [*]
B - la premessa 1 è falsa (è un’opinione) – la conclusione 2 è falsa (è un’opinione) [*]
C - la premessa 1 è falsa (è un’opinione) – la conclusione 2 è vera (è una convinzione) [*]
D - la premessa 1 è vera (è una convinzione) – la conclusione 2 è falsa (è un’opinione) [*]

L’interpretazione A non si può dare stante la contraddizione in termini.
L’interpretazione B non può rappresentare il pensiero del dichiarante.
Cartesio avrebbe scelto l’interpretazione C (la premessa 1 è palesemente falsa).
«Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce», diceva invece Pascal.
Gli elettori hanno scelto col cuore, privilegiando l’interpretazione D, senza pensare alle conseguenze (casi di malagestione, problemi di finanziamento).

* * * * *
Ilvo Diamanti conclude, così, oggi su la Repubblica (15 giugno 2011, pagina 15) la sua Mappa:
Berlusconi –ma anche Bossi- «riuscivano a parlare alla “pancia della gente”, mentre la sinistra pretendeva di parlare alla “testa”. Per questo il centrodestra era popolare. E la sinistra impopolare. Fino a ieri. Oggi, scopriamo che, oltre alla pancia e la testa, c’è anche il cuore. Parlare al cuore: è importante».
Che differenza c’è tra parlare alla “pancia della gente” oppure al “cuore”?
In entrambi i casi si usano argomentazioni retoriche.
Si possono vincere le elezioni. Quanto a governare: i problemi si risolvono con la “testa”.
_ _ _ _ _  
Nota [*] La “nuova retorica” di Chaïm Perelman, insegna le tecniche della persuasione (opinioni) distinte da quelle della convinzione (verità). Le prime sono usate in un quadro in cui non la «verità» ma l’«opinione» abbia la prevalenza.


venerdì 10 giugno 2011

Quorum delle mie brame

Dall’archivio storico delle elezioni del Ministero degli interni ricaviamo:

Alle elezioni politiche del 1948 gli aventi diritto al voto furono 29.117.270
I votanti il 92,23%.
Delle trentasei liste presentate soltanto dieci ottennero seggi.
L’eventuale quorum referendario sarebbe stato allora di 14.558.636 votanti.

Alle elezioni politiche del 2008 gli aventi diritto furono 50.066.615 (compreso ESTERO e Valle d’Aosta)
I votanti circa l’80,51%
Delle trenta liste presentate soltanto sette ottennero seggi.
L’eventuale quorum referendario ammontava, nel 2008, a 25.033.308 votanti

Si capisce come, oggi, sia più facile raccogliere le firme necessarie, mentre sia sempre più difficile raggiungere il quorum, essendo calata la percentuale dei votanti, e dovendo convincere un numero più alto di elettori.

* * * * *
Il quorum del 12/13 giugno 2011 è più o meno uguale a quello del 2008, vale a dire 25.000.000

Considerato che l’astensione fisiologica è dell’ordine del 20%,
Gli elettori potenziali sono 50 milioni moltiplicato 0,8 uguali a 40 milioni.

Facciamo i calcoli considerando 40 milioni uguale al 100% dei votanti
40 milioni stanno a 25 milioni come Cento sta a X.
Da cui X uguale 62,50%
25.000.000 di votanti si raggiungono se va a votare il 62,50 per cento dei 40.000.000

Considerato che l’Italia che vota è spaccata cinquanta/cinquanta (con attualmente una leggera prevalenza del centrosinistra, dicono i sondaggi), abbiamo 20.000.000 milioni d’elettori che fanno riferimento al centrosinistra che votano tutti: fanno il 50% di 40 milioni.

Per arrivare al 62,50% manca il 12,5%, pari a 5 milioni dei 40 milioni
Per raggiungere il quorum serve, pertanto, che vada a votare, poco più del 12,50% degli elettori che fanno riferimento al centrodestra (5 milioni).
Detto in altre parole, che NON VADA A VOTARE poco meno del 37,50% [50% meno 12,50%] degli stessi elettori. Cioè 15 milioni su 40. Salvo errori.

Perché il quorum sia raggiunto occorrono poco più di 25 milioni di votanti su 40 milioni.
Perché NON lo sia occorrono poco più di 15 milioni di NON votanti su 40 milioni.

Sembrano ardue tutte e due le imprese. 
Ad ogni modo, cantava Giorgio Gaber
“non si sa se la fortuna sia di destra, la sfiga è sempre di sinistra”.


Democrazia è partecipazione. Sempre?

La Costituzione
Parte I - Diritti e doveri dei cittadini
Titolo IV - Rapporti politici

Articolo 48
Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge

Parte II - Ordinamento della Repubblica
Titolo I - Il Parlamento Sezione II - La formazione delle leggi

Articolo 75
E` indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum.

* * * * *
«I referendum nel nostro ordinamento prevedono un “quorum” il che li differenzia da un’ordinaria elezione … (col quorum) si volle evitare che una minoranza organizzata potesse organizzare con facilità un movimento per abrogare una legge sulla base di interessi particolari. (C. Augias, la Repubblica, 10 giugno2011, pagina 34)

Andare a votare ad un referendum è un dovere?
L’articolo 48 recita: Il suo esercizio (del voto) è dovere civico.
E’ chiaro che si riferisce all’esercizio del voto nell’ambito delle elezioni politiche ed amministrative. Si deduce dalla lettura dell’articolo 75, che dichiara approvata la proposta soggetta a referendum soltanto se ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto: se cioè si è raggiunto il quorum.
E’ sancito il diritto di partecipare. E’ sottintesa la libertà di non partecipare, senza nessuna censura morale. E’ sancito il diritto di far fallire il referendum cercando di abbassare il quorum.

D’altra parte, perché dovremmo recarci alle urne per soddisfare qualsivoglia fisima sia pure di cinquecentomila (o qualche milione che fossero) di nostri concittadini. Il referendum se lo giochi chi è interessato. Gli altri hanno il diritto di essere lasciati in pace.
Si è naturalmente liberi di considerarlo, a livello personale, un dovere civico.

Conciliare il diritto con il dovere non sarebbe poi tanto difficile. Basterebbe aggiungere sulle schede del referendum alle due caselle del Sì e del No una terza casella “Non partecipo”. Si separerebbe così l’astensione fisiologica da quella disinteressata all’esito del quesito. I promotori la smetterebbero di gridare all’imbroglio e si potrebbe calcolare il quorum in modo più corretto.
Io, che il12/13 giugno 2011 avrei barrato la terza casella, avrei potuto dire, come il Presidente Napolitano «ho fatto il mio dovere d’elettore».
Un altro conto è affermare apoditticamente «il voto è un diritto ma anche un dovere». Si tratta di un’affermazione moralistica tesa a strumentalizzare la partecipazione, che è sì democrazia, ma che non può essere costrizione.

I Padri costituenti non potevano pensare a tutto. La Costituzione, soprattutto la seconda parte è emendabile. Potremmo aspettarci un simile colpo d’ala dai nostri parlamentari? Da almeno trent’anni, a parte un discreto numero d’eccezioni, che non trovano credito nel discorso politico, i rimanenti sono incompetenti come sette. Se avessero saputo fare di conto, non avremmo il debito pubblico tra i quattro più alti del mondo. Evidentemente è stata dribblata, in molteplici occasioni, la regola che richiede la copertura di una spesa, con modi da fare impallidire la finanza creativa di certi ministri.

Poiché la conciliazione tra diritto e dovere in teoria esiste, perché allora io dovrei pormi un problema di coscienza? A votare, questa volta, non ci vado. Punto e basta. I Soloni che pontificano sulla “libertà di coscienza” –siano egregi giornalisti, siano cattolici adulti- vadano a quel paese.
Che cosa cambia se quella terza casella c’è oppure no? Proprio niente.

Perché non vado?
A causa della politica sulla gestione dell’acqua di Ato 5 Bologna che, arrogantemente, vuole dettarmi uno stile di vita intonato ad un’etica dell’igiene che non mi piace.
L’astensione sull’acqua si trascina dietro anche quelle sul nucleare e sul legittimo impedimento. Non vorrei che, per avere ritirato queste due schede, passassi per votante anche sull’acqua. Sono il tipo che non si fida.


martedì 7 giugno 2011

Non andare a votare, soluzione legittima

Secondo alcuni radicali (ad esempio Igor Boni), nel referendum sull’acqua , «la scheda bianca è l’unica soluzione ragionevole. …..Le due normative che uscirebbero dalla vittoria dei “sì” o dei “no” sono entrambe inaccettabili. Si toglierebbe cioè la possibilità di decidere, caso per caso, a seconda delle condizioni reali del mercato e delle necessità specifiche. Se vinceranno i “no”, in presenza di gestioni pubbliche virtuose si dovrebbe privatizzare una parte delle società; se vinceranno i “sì”, in presenza di gestioni pubbliche disastrose si impedirebbe l’ingresso di capitali privati. Se l’obiettivo è quello di migliorare la gestione si deve lasciare libertà di scelta alle Amministrazioni. Da considerare inoltre che il Decreto Rochi andava incontro a obblighi comunitari e sentenze della Corte di Giustizia europee che affermano che la gestione totalmente pubblica è in contrasto con la libera concorrenza. In più, chiunque abbia una qualche conoscenza delle attuali società “in house” degli enti pubblici sa che spesso le loro gestioni sono in mano a lobby partitocratiche e di sottopotere politico».
Vedi, ad esempio, la gestione di ATO 5 BOLOGNA che, in nome del nobile ma inconsistente pretesto di risparmiare la preziosa risorsa, ha razionato l’acqua per specularci sopra (imponendo sul reale prezzo balzelli del 130 e del 240% che fanno impallidire la remunerazione del capitale del 7%).

Naturalmente, si dovrebbe votare scheda bianca. Recarsi, in altre parole, a votare “per salvare l’istituto del referendum”, messo in crisi dalle trascorse molteplici mancanze del quorum. Perché? Ogni referendum è un caso a sé. La disaffezione degli elettori dipende dalla serietà dei quesiti. Se un referendum non raggiunge il quorum, può essere benissimo perché i proponenti non sono stati convincenti ed il quesito non ha un interesse trasversale alle parti politiche.

Votare scheda bianca, non ha senso. Se voglio che una legge non sia abrogata il metodo più efficace è NON ANDARE A VOTARE. Il quorum c’è per questo. Per permettere all’elettore di urlare: «Signori, siate più seri!». Democrazia è soprattutto tutelare i propri interessi in modo pacifico.

Il «dovere di andare a votare», espresso spesso in maniera apodittica, è un messaggio che potremmo dire appartenere alla “nuova retorica” come intesa da Chaïm Perelman. «Molte pagine dei suoi vari scritti sono dedicate al tema fondamentale dell'esistenza:  comunicare. Nella visione di Perelman, se si comunica bene, si persuade l'interlocutore, come aveva già intuito Epitteto quando diceva che “le opinioni, non i fatti, muovono gli uomini”» (da Wikipedia).
La “nuova retorica” punta ad un uso della ragione alternativo rispetto alla tradizione cartesiana che privilegiava le argomentazioni “dimostrative della logica”. Insegna, invece, le tecniche della persuasione (opinioni) distinte da quelle della convinzione (verità).

La nuova retorica, oggi, è imperante nel discorso politico. I presupposti su cui si basano i due quesiti del referendum sull’acqua, ad esempio, sono palesemente falsi. Ciò non toglie che stiano facendo molta presa su quella parte dell’elettorato galvanizzato dall’esito delle amministrative.
Potremmo dire che c’è molta retorica anche nel discorso religioso. Ciò non toglie che, quando si è trattato di contrastare certi esiti referendari, anche il Cardinale Ruini ha abbandonato la logica del cuore di Pascal, ed ha invitato a non andare a votare.

Il referendum sull'acqua
Dove si dimostra che l'acqua pubblica non costa meno di quella privata.
Anzi, di più!


lunedì 6 giugno 2011

Il referendum sull'acqua - 4


Dove si dimostra che l’acqua pubblica non costa meno di quella privata.
Anzi, di più!


domenica 5 giugno 2011

Il referendum sull'acqua - 3



Dove si dimostra che l’acqua pubblica non costa meno di quella privata.
Anzi, di più!



sabato 4 giugno 2011

Il referendum sull'acqua - 2



Il referendum sull'acqua
Dove si dimostra che l'acqua pubblica non costa meno di quella privata.
Anzi, di più!


venerdì 3 giugno 2011

Il referendum sull'acqua



Il referendum sull'acqua
Dove si dimostra che l'acqua pubblica non costa meno di quella privata.
Anzi, di più!


 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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