IL BLOG DI SERGIO VIVI



sabato 23 dicembre 2006

Season's greetings

Auguri di buon Natale e Felice Anno Nuovo!
Arrivederci a gennaio


domenica 3 dicembre 2006

Le vele bianche

La chiesa “Dives in Misericordia” è stata progettata dall’architetto americano Richard Meier, nell’ambito del programma “50 chiese per Roma 2000” promosso dal Vicariato di Roma. Fortemente voluta da Paolo Giovanni Magno come “simbolo del nuovo millennio”, è caratterizzata da tre grandi vele bianche che si gonfiano come sospinte da un vento proveniente da est. Per ottenere un «bianco più bianco che si può» è stato impiegato un nuovo tipo di cemento chiamato Bianco TX Millennium, creato e brevettato dall’Italcementi.

In questi giorni, la chiesa è stata oggetto di articoli di giornale: il primo del New York Time è stato ripreso dal Corriere, da Repubblica e da tanti altri.
Ci si è accorti, a tre anni dall’inaugurazione, che le vele non solo sono rimaste immacolate come il giorno della prima messa ma hanno anche contribuito a “pulire” il cielo che le circonda (nonostante nella capitale i valori delle polveri sottili siano arrivati spesso alle stelle). Oltre ad un'altissima resistenza e alla maggior lavorabilità, il materiale offre una caratteristica sorprendente: grazie alla presenza di particelle di fotocatalizzatori, la superficie di cemento sotto l'effetto della luce si autopulisce, eliminando depositi organici.

Spiega Enrico Borgarello, che dirige il settore Ricerche dell’impresa lombarda: «E’ stato il principio della fotocatalisi, la forza della luce, ad attivare il biossido di titanio che, accelerando i processi di ossidazione esistenti in natura, ha reso inerti le sostanze inquinanti depositate sulle alte vele di Meier. Poi è arrivata la pioggia a portare a terra le polveri. E ci ha pensato il sacrestano a spazzare il sagrato dall’inquinamento ormai innocuo».


* * * * * * * * *
E’ così nato il cemento «mangiasmog». Secondo test citati dalla Italcementi, l'effetto di alcuni inquinanti potrebbe essere ridotto dal 20 al 70%. «La presenza di particelle di fotocatalizzatori nel cemento bianco permette di ossidare in presenza di luce e aria le sostanze inquinanti organiche ed inorganiche presenti nell'atmosfera. L'azione fotocatalitica consente di distruggere i diversi agenti inquinanti organici atmosferici -scarichi di automobili, fumi di riscaldamenti abitativi, scarichi industriali di sostanze chimiche aromatiche, pesticidi - che vengono a contatto con le superfici cementizie, ossidandoli sino ad anidride carbonica».

Questa scoperta scientifica apre nuove prospettive nella lotta all’inquinamento ambientale.
In un primo esperimento «1500 metri di mattonelle mangia smog messe in Via Borgo Palazzo a Bergamo, hanno abbattuto i NOx (ossidi inquinanti) del 30-40 per cento. All’ultima Biennale di architettura di Venezia è stata esposta una “Città ideale” dove il 50% dell’inquinamento veniva ripulito dal 15% di strade e muri trattati con l’eco-cemento».
C’è da scommettere che nel prossimo futuro sarà tutto un fiorire d’applicazioni dell’ossido di titanio (il diossido di titanio è economico, facilmente disponibile in grandi quantità, e largamente utilizzato come pigmento bianco in vernici, plastiche e cemento da costruzione – da wikipedia): marmitte catalitiche più potenti perché illuminate internamente, asfalti mangia smog, mescole per pneumatici che rotolando ossideranno i fumi delle auto precedenti, mascherine per la bocca, tettucci per le carrozzine dei bambini, creme per il viso. Le carrozzerie delle auto in sosta, verniciate di bianco TI, puliranno l’aria come le vele di Meier.

I sindaci non potranno esimersi dall’abrogare ogni divieto di circolazione se non vorranno incorrere nelle ire di Beppe Grillo, che inviterà gli automobilisti ad invadere i centri delle città e pretenderà, ad esempio, che a Bologna siano abbattute le Due Torri per fare posto ad un parcheggio, accampando il motivo che erano state costruite in contrasto con le Direttive E 822 (1) del Sacro Romano Impero, ancora in vigore all’epoca dei liberi comuni.

La scoperta dell’eco-cemento è una conferma di quanto sostenuto, pervicacemente, da Popper in un’intervista a Corrado Augias che, altrettanto pervicacemente, cercava d’indurre il filosofo ad ammettere le colpe del progresso: «la tecnologia ha permesso di recuperare situazioni ambientali che sembravano disperate. Solo la tecnologia potrà consentire di riparare agli errori commessi dalla tecnologia» (2).
Gli scienziati e la tecnologia sono molto meglio dei burocrati europei e delle loro direttive.

E’ vero, le vele bianche ci condurranno verso un mondo nuovo!



= = = = = = = = = N O T E = = = = = = = = =

1) E come Eginardo, cui si attribuisce la paternità delle direttive
822 anno presumibile di promulgazione

Eginardo (Einhard), autore di una famosa biografia di Carlo Magno, fece parte dell’accademia Palatina assumendo, secondo la moda imperante, il nome di Beseleel, il personaggio biblico che nell’Esodo (31,2-5; 35, 30-33) è prescelto da Dio per la costruzione del tabernacolo dell’Alleanza. Grazie al suo senso estetico fu scelto da Carlo come soprintendente alle costruzioni monumentali e architettoniche.
Mortificato da un fisico gracile, mingherlino, fu tributato, per l’invidia che sempre si nutre per i grandi uomini, del nomignolo non certo esalante di nardulus (ovvero … il nardo nano d’Aquisgrana).


2) Dall'intervista di Corrado Augias a Karl Raimund Popper La Repubblica, sabato 3 marzo 1990

…si tratta di cose che l'umanità non aveva mai vissuto prima.

A che cosa lo dobbiamo secondo lei?

Alla scienza e alle sue applicazioni, cioè alla tecnologia. Si tratta di miglioramenti di dimensioni planetarie che hanno permesso a milioni di persone di vivere come mai in precedenza, fin da quando l'uomo è apparso sulla terra. L'argomento che in genere prevale è invece l'opposto, e cioè che la tecnologia ha rovinato o sta rovinando il pianeta. E' falso, si tratta di un mito, di un altro mito. E' proprio vero che l'uomo ha bisogno di costruirsi dei miti, credere alla ragione è molto difficile.

Professor Popper, ma "il buco nell'ozono" … a lei non fa paura?

La vita commette errori e crea problemi per la vita. Ma, come dimostra il fatto che lei ed io stiamo qui seduti a parlare, la vita ha creato un mondo prevalentemente adatto alla vita.

E i deserti?

Ci sono i deserti e i posti dove la vita non può esistere. E tuttavia, ciò che in prevalenza la vita ha fatto, fin dall'inizio, è stato di aumentare le condizioni che permettevano la prosecuzione della vita. Questo è successo. E le cose stanno andando ancora avanti. Negli Stati Uniti la tecnologia ha permesso di recuperare situazioni ambientali che sembravano disperate. Solo la tecnologia potrà consentire di riparare agli errori commessi dalla tecnologia.

I verdi, gli ambientalisti, gli ecologisti…

Il punto di vista che va respinto è quello secondo il quale la tecnologia è male perché senza la tecnologia la terra sarebbe un paradiso incontaminato. Chi sostiene che bisognerebbe tornare ai bei tempi di una volta, non considera che in pratica questo vorrebbe dire sopprimere buona parte dell'umanità esistente perché, senza tecnologia, milioni di persone morirebbero di fame. Puro "nonsense". Una battaglia giusta è combattere invece contro un eccessivo aumento della popolazione sulla terra. Problema medico e tecnologico che non siamo attrezzati a risolvere.


giovedì 30 novembre 2006

Antenna a scomparsa

Gli italiani ne sanno una più del diavolo!


venerdì 24 novembre 2006

Le ultime tazzine di caffè

Ha scritto il professor Mario Deaglio:
«… gli italiani hanno gradualmente perso coscienza di un fatto fondamentale, e cioè che il settore pubblico continua (e anzi accelera) la propria tendenza a spendere più di quanto incassa e, più in generale, che il paese sta vivendo sopra i propri mezzi e non potrà farlo molto a lungo»
(La Stampa, Evasori dalla realtà, 14 novembre 2006).

Una pensione di 2.723.000 lire pari a 1.406 euro del 2001 è aumentata nel 2006 a 1.561 euro.
Non c’e che dire: un bell’aumento del 11 %, dovuto alle annuali perequazioni automatiche basate sui livelli dell’«inflazione programmata». Allora si continua a spendere? Vorrei tranquillizzare il professore. Chi era in pensione al momento dell’introduzione dell’euro ha già cominciato a smettere.

Il Prof. Deaglio, nei giorni della presentazione della Finanziaria 2007, scrisse un articolo in cui esprimeva in “numero di tazzine di caffè” le differenze che la finanziaria avrebbe comportato per i contribuenti. Anni prima Eugenio Scalfari aveva usato “i cappuccini”. Avendo, pertanto, l’avallo di due così eminenti personalità, è lecito analizzare la suddetta pensione prendendo come moneta di riferimento “la tazzina di caffè”. I dettagli del calcolo si possono vedere nella tabella sottostante:



Si potrebbe obiettare che, prendendo come riferimento il costo di qualche altro bene, si otterrebbero risultati diversi. Per esempio, con il prezzo della frutta e verdura o della carne, oppure di una cena al ristorante, oppure con i prezzi delle abitazioni. Ormai, vox populi, 1 euro uguale 1.000 lire.
Siccome il tasso di cambio euro / lira (1936,27) è una costante e gli indici di perequazione variano di poco sotto ad un valore massimo, il meccanismo ha funzionato nello stesso identico modo per tutti coloro che erano in quiescenza all’atto dell’introduzione dell’euro, qualunque fosse l’importo della loro pensione. Per cui si può affermare:

Se non la Patria, almeno gli enti previdenziali sono mezzi salvati.
Questi continuano, infatti, ad incassare i contributi, con aliquote immutate, dai lavoratori dipendenti (gli stipendi dei quali sono aumentati un po’ più delle pensioni e, col tempo, destinati ad aumentare ancora) e paga pensioni ferme al 2001.

Si è trattato di una vera riforma strutturale, anche se occulta. Il risultato, infatti, è lo stesso di quello che si sarebbe ottenuto se nella finanziaria del 1997 si fosse proposto di abbassare gradualmente tutte le pensioni, del 30 %, nei cinque anni successivi. Con la differenza che il povero Presidente del Consiglio avrebbe fatto la fine di Giulio Cesare, e il suo Ministro delle Finanze n’avrebbe letto l’orazione funebre sulla soglia di Palazzo Chigi.
Va da sé che la colpa di quanto successo -per il centrodestra- è del governo Prodi che non ha imposto il cambio con l’euro a 1500 lire, mentre -per il centrosinistra- è del governo Berlusconi che non ha controllato gli aumenti dei prezzi. Il fatto resta la diminuzione del potere d’acquisto che per i pensionati è senza rimedio. La colpa, ovviamente, non è di nessuno.

E’ il MERCATO bellezza!
L’attuale generazione di pensionati subisce questa vicissitudine come altre generazioni hanno subito la guerra del ’40, o beneficiato del miracolo economico del ’60, o come i giovani subiscono la precarietà attuale.
Il mercato, che non teme l’impopolarità, è il riformista più efficace che esista: appena trova un varco non c’è diga che tenga.
Per settant’anni è stato imbrigliato in Unione Sovietica poi … è dilagato.
I comunisti cinesi, con la saggezza che contraddistingue questo popolo da cinquemila anni, hanno capito e si sono adeguati. Bertinotti, quando ha visitato il rosso impero, è rimasto basito. Tornato in patria, si è convertito anche lui al mercato … delle poltrone. Tra l’incomprensione dei suoi militanti.

Con la globalizzazione, le politiche dei governi nazionali sono destinate a perdere rilevanza sempre di più. Si possono affannare fin che vogliono ma, assieme ad una più o meno buona amministrazione, finiscono per produrre molte rotture di scatole ai cittadini e qualche immancabile “nefandezza”.

Pur consapevoli che, prima o poi, ci sarà restituito il fiscal drag [pagina 203 delle 281 del programma dell’Unione] e fiduciosi che quanto incassato dalla lotta all’evasione sarà tramutato in riduzione delle tasse [finanziaria 2007], lasciateci evadere dalla realtà per gustare in pace le ultime tazzine di caffè … macchiato caldo, per favore, e con una spruzzatina di cacao!


domenica 12 novembre 2006

Le evasioni barbariche e la camicia logora



Secondo autorevoli membri dell’attuale Maggioranza, eletta da una metà degli elettori, quasi una metà degli italiani evadono le tasse compiendo, così, un furto all’altra mezza collettività.
Secondo una rispettabile corrente di pensiero, quella libertaria, (che trova interpreti anche fra volenterosi esponenti della stessa maggioranza) le tasse sono, al contrario, un furto dello stato nei confronti dei cittadini.

«A rigor di logica, infatti, è lo Stato, non l'evasore fiscale, a prelevare ricchezza dalla comunità nella quale essa viene prodotta. Se ne impossessa per restituirla, certo, sotto forma di servizi, ma teoricamente gli evasori fiscali non rubano nulla, trattengono ciò che hanno legittimamente guadagnato. Lo Stato, dovremmo riabituarci a quest'idea, non è "la Comunità". E' nella migliore delle ipotesi una persona giuridica cui i membri di una comunità cedono poteri e risorse per averne in cambio maggiori libertà e i servizi strettamente necessari; nella peggiore, e più in concreto, lo Stato risponde ai nomi e ai cognomi di un gruppo di persone che tende strutturalmente all'autoconservazione, all'espansione dei propri poteri e alla tutela dei propri interessi».
da un post di JimMomo (al secolo Federico Punzi della direzione della RnP)

In mezzo c’è la gente che, incurante di peccati capitali e ignara di correnti di pensiero, tra una tornata elettorale e l’altra, si ritaglia i suoi spazi di sovranità legittimando, con la forza del numero e «in modo democraticamente diretto», comportamenti naturali atti a correggere le storture del sistema.
Trattenere parte dei guadagni è considerato al massimo un’inadempienza contrattuale certamente meno grave che quelle commesse dal Parlamento quando elude o disattende gli obblighi derivatigli dai referendum vinti dal Popolo Sovrano.

[ Ad esempio, il referendum per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti – aprile 93 – 90,3% di SI. Ad esempio, il referendum per l’abolizione del ministero dell’Agricoltura - aprile 93 – 70,2 % di SI. Ad esempio, il referendum per avviare la privatizzazione della RAI - giugno 95 – 54,9% di SI ].

Alcune cifre all’ingrosso, secondo le dichiarazioni 2004
Numero dei contribuenti 40.581.911
Imponibile Irpef dichiarato circa 700 miliardi di euro
Entrate dell’Irpef circa 210 miliardi di euro
Imponibile evaso stimabile in 250 miliardi di euro
Tasse evase stimabili in 75 miliardi di euro

Tasse evase “secondo Santoro” 100 miliardi di euro
Tasse evase dai possessori di Euro1 110 miliardi di euro
Tasse evase dai possessori di Euro2 120 miliardi di euro
Tasse evase dai possessori di Euro3 130 miliardi di euro
Tasse evase dai possessori di Euro4
140 miliardi di euro
Tasse evase dai possessori di Euro5 150 miliardi di euro
Tasse evase dai possessori di EuroENNE …
ma vaff …
Tasse evase dai possessori di SUV 200 miliardi di euro
Tasse evase dai turisti del Billionaire 300 miliardi di euro
Tasse evase dai turisti di Capalbio meno di 100 euro
Tasse pagate dai cittadini di San Marino ZERO euro

Con beneficio d’inventario, però. Secondo Panorama N.46/47, pag.23, del 24 novembre 2005, l’Erario nel 2004 ha accertato e messo a ruolo circa 20 miliardi d’evasione fiscale ed ha incassato 923 milioni di euro. Nei primi otto mesi del 2005 ha accertato quasi 21 miliardi ed ha incassato 707 milioni.
Fra 250 miliardi stimati e 25 miliardi accertati c’è una bella differenza. Anche tra i 75 miliardi di tasse evase stimate e il miliardo incassato c’è una bella differenza. L’onorevole Di Pietro ha dichiarato -sempre “da Santoro”- che la Guardia di Finanza è molto efficiente, purtroppo sono i processi che durano troppo.

Per venirne a capo il viceministro Visco proclama a gran voce (cedendo alla “sindrome Tettamanzi”) che il problema dell’evasione è quello capitale per i destini del Paese, minaccia tuoni e fulmini e assicura che in cinque anni lo risolverà.
Mutuando Arthur Schopenhauer, compila «L’arte di ottenere ragione, esposta in 55 stratagemmi» e confeziona una finanziaria tuttora in progress, tutta giocata su detrazioni e deduzioni varie, atta a distribuire qualche briciola ai “più deboli” e a vantarsi di realizzare, così, la giustizia sociale.

D’altra parte, questo modo di amministrare è tipico di Visco.
Ministro delle Finanze ininterrottamente dal 17 maggio 1996 al 19 aprile 2000, il Nostro vantò la notevole semplificazione del fisco conseguita negli anni della sua gestione. Peccato che, in quattro anni, il numero delle istruzioni per la compilazione del Modello 730 fosse passato da 19 a 33, le voci dell'appendice da 26 a 38, le tabelle dell'appendice da zero a 7, mentre le pagine del fascicolo che le contiene fossero passate da 16 nel 1996 a 56 nel 2000.

56 PAGINE D’ISTRUZIONI PER COMPILARE UN MODULO DI 2 PAGINE!

Se per Schopenhauer lo stratagemma principe è quello di offendere l’avversario per fargli perdere le staffe (argumentum ad personam lo chiama), analogamente quello di Visco è di terrorizzare il negoziante con lo scontrino fiscale e di offendere il cliente che, quando ha pagato ciò che compra, non deve più rendere conto a nessuno.

Anni fa, regnante Visco, è successo che un negoziante che non aveva rilasciato “il certificato” alla madre di un bambino cui aveva regalato una caramella fosse pesantemente multato. Il ragionamento è: assieme alla caramella, regali anche il valore aggiunto della caramella che è dello stato e questi non fa regali ai bambini. Che tristezza, altro che il po’ di felicità promesso da Prodi! Allora, perché lo stato permette che si facciano i saldi? Se una camicia era in vendita a 40 euro poi la mettono in liquidazione a trenta, il fisco non ci rimette 1,66 euro di valore aggiunto?

Sempre, regnante Visco, un parrucchiere fu multato dalla guardia di finanza perché, nel suo negozio, aveva pettinato propria madre senza rilasciarle lo scontrino. Nello stesso periodo, un eminente rappresentante delle istituzioni si sentì male nel suo ufficio e fu soccorso da un parlamentare-medico che naturalmente non si fece pagare le cure. La differenza col caso del parrucchiere, puramente formale, era che la prestazione del deputato non era avvenuta nel suo ambulatorio, ma si sa che i medici operano dove c’è bisogno.

Oggi, stando a quanto riportato su Panorama n° 43 del 26 ottobre 2006, il senatore ds Ignazio Marino, trapiantologo di fama mondiale e presidente della commissione Sanità del Senato, pago della sua indennità parlamentare visiterebbe gratis ogni sabato almeno cinque pazienti (e la lista è già lunga). Siccome è lecito stimare l’onorario di tale celebrità sopra gli ottanta euro, lo stato ci rimetterebbe su ogni visita almeno la marca da bollo (più le tasse sul mancato pagamento dell’onorario). Se i fatti si svolgessero effettivamente come riportato dal settimanale, c’è qualcuno che troverebbe il comportamento del senatore civicamente riprovevole?

Con altrettanta naturalezza, molta gente tace qualcosa al fisco, ritenendo che questi non debba entrare in quello che la gente considera un suo spazio privato. Si va dalla sarta che arrotonda la magra pensione allargando pantaloni o cambiando una zip rotta, al dipendente pubblico che per pagare il mutuo il sabato si trasforma in imbianchino, ai professori che danno lezioni private, all’infermiera oberata dai turni che affida le pulizie della casa ad un’anziana pensionata senza pagare i contributi all’Inps, ai due coniugi che gestiscono una piccola rosticceria e che, a mezzogiorno, pranzano assieme ai pochi clienti senza autorilasciarsi lo scontrino. C’è anche –inaudito- chi torna a praticare il primitivo baratto.

Tutti barbari, secondo i puri e duri, che non hanno il minimo senso dello “stare insieme” e che andrebbero rieducati nei campi di lavoro. I recidivi, unica eccezione a «nessuno tocchi Caino», esecutati come in Cina.

Dai bassi redditi che denunciano si vuole per forza desumere che i negozianti rilasciano uno scontrino su cento. Secondo Il Venerdì di Repubblica n° 968-969-970 (paghi UNO prendi TRE) del 20/10/2006, pagina 46, su 8101 comuni italiani 5835 sono sotto i 5000 abitanti. Nel 93% di questi piccoli comuni (dati Formez) c’è almeno un alimentari, un bar, una tabaccheria, nel 85% c’è almeno una farmacia, nel 63% un negozio di abbigliamento, nel 58,6% un distributore di carburante e nel 51% un albergo. Quanto possono guadagnare questi esercizi? Spesso sono condotti da marito e moglie, a volte c’è anche un figlio, e il reddito va diviso per due o per tre. La fuzzy logic, poi, c’insegna che è sempre fuorviante spaccare la realtà in due con un numero secco: perché non considerare anche i comuni sotto i 6000 o sotto i 7000 e così via. Se poi consideriamo i comuni con 10000/15000 abitanti, nei quali tre alimentari si trovano nella condizione dell’unico alimentare del paese sotto i 5000, si capisce come sia alto il numero dei piccoli esercizi che stentano a vivere. Tutti sono liberi di aprire un’attività: quanti dipendenti col posto fisso sono disposti a rischiare?

Poi ci sono “quelli della partita IVA” che non rilasciano la fattura e che denunciano meno dei loro dipendenti. E’ sempre avidità di guadagno o c’è qualche ragione? Riprendiamo l’esempio della camicia acquistata in liquidazione a trenta euro (25 più 5 di IVA). Siccome non tutti posseggono la manualità necessaria (come disse l’ex ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer di coloro che hanno frequentato il liceo), capita che, dopo averla lavata nella lavabiancheria, la portano a stirare al lavasecco. Tre euro iva compresa. Essendo l’aliquota del venti per cento si pagano 0,50 euro di valore aggiunto. C’è un però. A forza di aggiungere valore il collo e i polsini si logorano e, quando dopo quaranta stirature il valore aggiunto della camicia è diventato uguale al prezzo iniziale (25 euro), la devi buttare.

Benedetti cultori della triste scienza, quello della stiratura non è un valore aggiunto, ma un tentativo di ripristino del valore originario della camicia. Lo stesso discorso vale in tante altre situazioni connesse al vasto settore della manutenzione. L’aliquota del 20% è esagerata. Poi ci si meraviglia se clienti e artigiani sono tacitamente d’accordo nell’ignorare l’esistenza della fattura. Questa stortura andrebbe corretta introducendo l’IVR, imposta sul valore di ripristino, con un’aliquota non superiore all’1%.

E’ stato detto che «al nord si evade per autodifesa, al sud si evade per disperazione». Nelle regioni del sud, purtroppo, la maggioranza della popolazione deve convivere con il fisco, con la mafia, l’‘ndrangheta, con la camorra (O’Sistema), colla paura e spesso con i rifiuti. Lì, i negozianti hanno sempre pagato il pizzo: sotto il fascismo, sotto la democrazia cristiana, nella prima e nella seconda repubblica. Una grossa fetta d’evasione fiscale è dovuta all’esistenza di questo “stato nello stato”.

CONCLUSIONI

Cento miliardi di tasse evase non sono credibili. Non è vero che metà degli italiani siano evasori incalliti. Non è vero che al sud siano tutti mafiosi. Non è vero che dall’ammontare dell’evasione dipenda il destino del Paese. Purtroppo il problema è il declino industriale, l’avere perso la chimica, l’avere perso i computer Olivetti, l’avere perso l’informatica (per liberalizzare quest’ultimo settore, il decreto Bersani vieta alle aziende degli enti locali di operare nel privato). E’ non investire in ricerca e sviluppo. E’ l’invasione dei prodotti cinesi e del software indiano.

L’evasione si riduce perseguendo un fisco amico, semplificando le norme e le procedure, correggendo le storture e smettendo di prendere di mira la ricchezza.

«I criteri di valutazione morale e quelli di valutazione sociale sono spesso divergenti. La ricchezza - che secondo i criteri di valutazione morale della cultura comunista è immorale - diventa morale secondo i criteri di valutazione sociale di una società capitalista. Confonderli è un errore. Equiparare la ricchezza individuale con l’evasione fiscale è stato devastante per l’immagine del governo. Da combattere è l’evasione fiscale; non la ricchezza». (Piero Ostellino, Corriere della Sera, 2 novembre 2006)

L’evasione a tolleranza zero, che è quella derivante dagli evasori totali, dal sommerso organizzato e dalle attività criminali, si combatte introducendo il federalismo comunale, accelerando i processi, debellando le mafie, costruendo magari un muro tutt’intorno a San Marino. Altro che cinque anni!

Il modo con cui questo governo ha redatto la finanziaria ha diviso profondamente il centrosinistra e i partiti che lo compongono. Dicono che Prodi ed Enrico Letta si siano molto arrabbiati per una dichiarazione di Riccardo Illy, presidente del Friuli Venezia Giulia, secondo la quale «c’era una fiammella di ripresa dell’economia partita dal Nord d’Italia, che il governo Prodi è riuscito a spegnere con la sua Finanziaria facendoci sopra la pipì». (Alberto Statera, AFFARI & FINANZA, 6 nov 06)

Questa finanziaria, zibaldone dalle molteplici effimere stesure, ha inferto soprattutto un duro colpo alle residue speranze di far nascere il Partito Democratico che, a forza di lavare e stirare -anche se si arrivasse ad usare il ferro da stiro Number One, con piastra centrale in veltronite e bordo laterale in rutellite- sembra avviarsi a diventare una camicia logora, senza neppure conseguire quel valore aggiunto costituito dall’adesione dei tanti possibili elettori che aspettano, sempre più trasecolati, nel limbo tra destra e sinistra. Invece del partito Nuovo auspicato da Fassino nascerà, più banalmente, soltanto un nuovo partito.


martedì 31 ottobre 2006

Google Rating

Incredibile ma vero!
Se cliccate qui potete vedere qual’era il primo sito che si presentava, ancora ieri 30 ottobre 2006, cercando su Google la parola «fallimento».
Ho salvato la pagina sul mio archivio.

Update 1 novembre 2006
Nella pagina in questione si vedeva che il primo link, sotto la parola «fallimento», era quello della biografia del Presidente Prodi. Secondo quanto si ipotizza anche nel blog LA FAVILLA le cose potrebbero essere andate così. Lo scherzo era stato ideato contro Berlusconi che, però, per qualche anno non aveva reagito per niente (così come aveva indetto un concorso per premiare il migliore dei famosi manifesti taroccati). Quando il centrosinistra ha vinto le elezioni, il sito del Governo è stato aggiornato con le biografie dei nuovi membri. Purtroppo il link su Google era rimasto. Oggi, 1 novembre, il link è stato rimosso probabilmente su richiesta di coloro che avevano ideato lo scherzo. Più che ideato, lo avevano copiato dagli americani. Infatti, se andate a cercare su Google la parola «failure» vi apparirà al primo posto la biografia di Bush Jr.


sabato 21 ottobre 2006

I veri ricchi? Dipendenti e pensionati

Sabato 21 sul VENERDI di Repubblica è stato pubblicato il grafico, visibile qui, relativo alla suddivisione dei contribuenti italiani per classi di reddito, dal quale si desume che il numero di contribuenti, nel 2003/2004, è stato di 40.581.911 (calcolando anche la percentuale dei contribuenti per ogni classe e accorpando quest’ultime in modo opportuno si può verificare che si tratta dello stesso grafico già pubblicato dalla Repubblica il 28 settembre u.s. e utilizzato in un mio precedente post).

Nella parte alta del grafico viene posta l’angosciosa domanda e viene data la risposta:



I contribuenti che denunciano più di 70.000 euro sono 643.096, cioè l’ 1,59 % del totale dei contribuenti, mentre –fra questi- i Dipendenti e pensionati sono 452.097 (il 70,3 % di 643.096), cioè l’1,11 % del TOTALE.
Se rappresentiamo con un cerchio verde il TOTALE dei contribuenti e vi riportiamo all’interno, usando la stessa scala, il cerchio rosso dei Dipendenti-pensionati, vediamo che questo quasi scompare.



Non è data la distribuzione per categorie di contribuenti per le altre classi di reddito, ma è lecito supporre che i Dipendenti-pensionati siano la maggioranza, tanto più quanto più si allargano i cerchi e ci si allontana da quello rosso.

E’ probabile che oltre i 70.000 euro ci siano, come dipendenti, alti funzionari pubblici (ad esempio, magistrati), dirigenti d’azienda (ad esempio, amministratori delegati di banche o di aziende industriali) e altre figure professionali (ad esempio i capi servizio della redazione di Repubblica). Tutta gente che è “arrivata” e che non invidia certamente gli agricoltori, gli imprenditori e i professionisti in compagnia dei quali si trova.

E’ con questo trucchetto che la Repubblica pensa di far passare il messaggio che sarebbero i dipendenti e i pensionati a guadagnare di più degli imprenditori?

Trackback: Robinik


domenica 15 ottobre 2006

Fisco amico

Dare la mancia al ristorante ... due euro

Passare una notte con Pretty Woman ... trecento euro

Leggere la Repubblica ... novanta cents

Partecipare alle primarie ... un euro

Per tutto il resto c’è VISCOcard!

È una iniziativa Fisco Amico


martedì 10 ottobre 2006

La nuova Irpef e il Partito nuovo

Qui sotto sono riportati il diagramma dell’Irpef dello scorso anno e quello proposto (ma non ancora votato) colla finanziaria 2007. I contribuenti i cui redditi sono compresi nelle zone arancione ci guadagnano, quelli delle zone grigie ci rimettono.

Riportando queste zone sul diagramma delle fasce di reddito possiamo vedere – permettetemi di usare per un attimo un linguaggio figurato- la lama del fisco penetrare nella carne viva della fascia più numerosa dei contribuenti (e chi impugna il coltello abita ai piani alti, al disopra dei 100.000 euro). Circa l’OTTANTAQUATTRO per cento non ci guadagna nulla, molti di questi pagano quattro punti in più. Soltanto un dodici per cento circa, al di sopra dei 26000 euro, risparmia qualcosa.

In realtà è inutile fare i conti della serva. La sostanza è, come scrive Mario Deaglio sulla Stampa, che si tratta di differenze di qualche caffè. Così come per Eugenio Scalfari, al tempo della riforma Tremonti, si trattava di qualche cappuccino. Personalmente direi che si tratta delle stesse differenze che ci sono fra l’inquinamento prodotto da un auto Euro4 con quello di una Euro3: cioè una finzione burocratica. Soltanto per i Due Professori si tratta della più grande redistribuzione del reddito della storia della repubblica.

Una riforma del fisco, fatta da governanti seri, deve essere ben altro.
Si deve considerare il mutato potere d’acquisto dell’euro.
Il primo gennaio 2002 l’euro valeva 1936,27 lire. Oggi vale 1000 lire.

Lo sa bene chi guarda le offerte promozionali in TV dove gli alfieri della massima convenienza, Giorgio Mastrota e Patrizia Rossetti, offrono a 436 euro materassi matrimoniali che cinque anni fa costavano 450 mila lire e a 298 euro batterie di pentole che allora costavano 300 mila lire.
Un appartamento che costava –a Bologna- 230 milioni di lire, oggi costa 230 mila euro.

Confrontando il diagramma dell’Irpef in vigore per l’ultima dichiarazione in lire con quello oggi proposto, dove si è considerato il cambio in lire secondo l’attuale potere d’acquisto, notiamo che lo scaglione di reddito con l’aliquota più alta parte da 75 milioni di lire, mentre nel 2002 partiva da 135 milioni. L’aliquota del 38% parte da 28 milioni mentre quella del 39% partiva da 60 milioni.

Sono cose che possono succedere in un paese “normale”?
In un paese normale sarebbe auspicabile che, nel determinare un’equilibrata “politica dei redditi”, anche la pressione fiscale fosse calibrata sul potere d’acquisto dei contribuenti. Il diagramma della nuova Irpef, pertanto, doveva essere ridisegnato come nel grafico riportato qui sotto.

Si può obiettare che, nell’esame fatto, non sono state considerate le diverse deduzioni e/o detrazioni a favore di questi o di quelli, ma si scoprirebbe che quei vantaggi si pagano in qualche modo (tasse locali), così come in qualche modo si pagano i “regali” che accompagnano la promozione dei materassi e delle pentole.

Si può obiettare che, purtroppo, anche i costi dello stato sono raddoppiati.
I costi della politica sicuramente. Gli stipendi dei dipendenti pubblici sono un pò aumentati ma, certamente, non raddoppiati. Ad esempio, quelli degli infermieri nella sanità, degli insegnanti nella scuola o dei poliziotti. Le pensioni sicuramente non sono aumentate: chi riscuoteva DUE MILIONI di lire, oggi riscuote 1033 euro, cioè UN MILIONE di lire (e il problema delle pensioni in atto è già risolto per metà).

Nel frattempo, con il passaggio all’euro, le aziende hanno aumentato i loro utili
(vedere questo post)
, lo Stato ha incrementato le entrate fiscali e l’Inps, anche se in misura minore, i contributi.
Il ritornello è sempre quello: se non si vuole smantellare il welfare tutte queste tasse sono inevitabili.

Nel frattempo è sempre più avvertita l’esigenza di riforme strutturali (pensioni, sanità, pubblico impiego e finanza locale). Ben vengano. Ma se la gente, ad esempio, deve pagarsi la pensione integrativa e farsi un’assicurazione sanitaria, i soldi li deve trovare. Non si possono fare le riforme e, contestualmente, conservare un fisco da stato scandinavo. Occorre riformare anche il fisco, riducendo le tasse.

Altrimenti bisognerà prendere atto che l’introduzione dell’euro, anche se in tanti l’abbiamo accolta con orgoglio e con entusiasmo, dopo cinque anni si è risolta nel più grande caso d’inflazione della storia repubblicana e nel più grande fiscal drug da quando esiste l’Irpef.

Nei prossimi anni le elezioni si giocheranno sempre più sul tema delle tasse e del federalismo fiscale. Agli elettori non interessa più di tanto sapere che nome avrà il “partito nuovo”, che “indietro non si torna”, che “senza le ali non si vola”, che “il cantiere è già aperto”, dove andranno a sedersi gli eletti a Bruxelles o di quante pagine sarà “il manifesto del Partito Democratico”.
Agli elettori interessa piuttosto sapere “di che pasta è fatto il riformismo del centro-sinistra”, quale dei due modelli di crescita possibili il Partito Democratico sceglierà. Se quello liberaldemocratico o quello socialdemocratico.
L’impostazione di questa finanziaria dimostra che per ora ha prevalso il secondo. Soltanto che invece di ritrovarci un welfare di tipo scandinavo ce ne troviamo uno da socialismo reale: in Unione Sovietica facevano la fila per il pane, in Italia facciamo la fila per l’esame del sangue.
UPDATE del 13 ottobre
Forse ha ragione chi sostiene che in Italia hanno vinto i comunisti con il consenso dei cattocomunisti.

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domenica 1 ottobre 2006

La piccola Maria

«Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, sarebbe meglio per lui che gli passassero al collo una mola da asino e lo buttassero in mare» Marco 9,42.

E’ il caso di ricordare queste parole del Vangelo di oggi al Ministro della Famiglia, al Ministro delle Pari Opportunità ed al Ministro per la Gioventù.
Certamente i comunisti non mangiavano i bambini. I cattocomunisti, però, a volte li deportano in Bielorussia.


martedì 19 settembre 2006

La vicenda Telecom

No, non intendo parlare della probabile vendita di TIM ma di una di quelle spiacevoli microvicende che capitano quotidianamente a noi utenti.
Il 19 di luglio aderisco all’offerta di avere in prova, per due mesi, Alice 20 MEGA + Alice Home TV. Con Telecom mi sono sempre trovato bene, Alice 4 MEGA funzionava a dovere e già accarezzavo l’idea di passare alla VENTI.

Siccome di notte, o quando esco da casa, ho la sana abitudine di spegnere gli apparecchi, la mattina e tutte le volte che riaccendo il computer (pur lasciando acceso di giorno il router Alice W-Gate) ritrovare la connessione via Wireless si palesa subito un’impresa (se va bene 5, 10 minuti ma, è capitato, anche un’intera mattina).
Decido di rinunciare a Home TV, disinstallo il Wireless, trasporto il router dal piano del televisore sul tavolo del computer e ristabilisco la connessione col cavetto USB.
L’operatrice del 187, il 17 agosto predispone la scheda per il tecnico che, mi spiega, verrà a ritirare il decoder TV. Sono ancora qui che l’aspetto.

Non è tutto. Mi accorgo subito che la connessione dopo 5, 10 minuti al massimo s’interrompe senza perdere “l’allineamento”, cioè le due icone dell’ADSL e del Gateway rimangono accese nella barra delle applicazioni (soltanto se si aprono le connessioni di rete nel pannello di controllo si vede che ADSL è sconnesso) e sul frontalino del W-Gate le spie Power e ADSL rimangono accese fisse. Per ricollegarmi devo riavviare il computer.
Apro un blog, leggo un post e, in genere per leggere i commenti devo riavviare il PC e riconnettermi.

Di ritorno dalle vacanze, mercoledì 13 settembre, segnalo l’inconveniente al 187. L’esperto Adsl, mi assicurano, mi richiamerà entro domani. Qualche ora dopo un’addetta della centrale mi telefona e mi conferma il contatto per l’indomani. Giovedì 14 settembre resto a casa tutto il giorno come un merlo.
Telefono di nuovo venerdì 15 settembre e fissiamo un contatto per sabato nella fascia oraria dalle 14 alle 18. Ri…merlo.

In ogni modo non mi abbatto. Con la nomina del Professor Guido Rossi a Presidente mi auguro che la serietà, oltre che al Governo, sia giunta anche in Telecom.

Comunicazione di servizio.
E’ probabile che fin che non avrò risolto questo problema, sia costretto a limitare la mia attività. Sarà difficile che riesca a visitare quotidianamente i blog della mia lista.
Grato a chi mi vorrà dare “dritte” e consigli.


domenica 10 settembre 2006

11 settembre 2001



Keith Haring Grief and Mourning September 11, 2001
[ from the Official web site of the Keith Haring Foundation ]


Vogliamo capire che la vita è tragica e che il male non è un’invenzione, e che i Cattivi esistono?
E che “persone” “senza uniforme” e “disarmate” non possono fermarli!


martedì 8 agosto 2006

Entrate fiscali 2006

E’ tutto un gongolamento. Nei primi sei mesi dell’anno, come riportato oggi dalla Repubblica, le entrate fiscali sono aumentate del 12,3 per cento. Esulta Romano Prodi: «Questa è pura lotta all’evasione, gli italiani sanno che noi non facciamo condoni. La gente è saggia, capisce che c’è serietà». Sembra di sentir risuonare il “non facciamo prigionieri”. Singolare anche il concetto che quando vince il centrosinistra la gente diventa saggia, mentre, quando governa il centrodestra, l’Italia è un paese di furbi. «Non c’è più bisogno dei tagli previsti nella finanziaria» dice Rifondazione ma il ministro Padoa-Schioppa controbatte che “il bonus Visco” non si tocca.

Il centrodestra, dal canto suo, è convinto che il boom delle entrate sia opera dell’esecutivo Berlusconi: «come possa un governo che sta su da 80 giorni avere effetti positivi sui sei mesi precedenti, te lo può spiegare solo il Mago Otelma» commenta l’ex ministro Tremonti.
Calderoli, da par suo, dipinge il governo Prodi come costituito da «Cassandre, Pinocchio, gatto e volpe guidati da Lucignolo».

A cosa è dovuto in realtà l’aumento delle entrate?
Io capisco poco di economia e di finanza ma, se leggo che l’imposta sui redditi da società ha visto lievitare i suoi gettiti del 22,6 per cento e l’IVA quasi del 10 per cento, ho il vago sospetto che nell’anno 2005 gli utili delle società siano aumentati parecchio ed ho la certezza che nel 2005 il costo della vita è anch’esso aumentato. Da qui l’aumento delle entrate. E’ ovvio che chi ha un’attività autonoma ha cercato di adeguare i propri introiti, mentre i lavoratori dipendenti e i pensionati hanno dovuto far ricorso ai loro risparmi (chi ne aveva) oppure diminuire il loro tenore di vita.

Il governo, ha ribadito Prodi, non ha nessuna intenzione di aumentare le tasse, ci deve essere «un grande patto con i cittadini: se tutti pagano, le imposte diminuiscono».
Nel frattempo, signor presidente del Consiglio, visto che presiede un governo «orientato ai consumatori», perché non ci restituisce il “fiscal drug”?
Non è complicato e non ci vuole troppo tempo: basta un Decreto legge e un Voto di fiducia.


venerdì 28 luglio 2006

Indulto 2006

Ieri la Camera ha approvato l’indulto.
Attualmente i detenuti sono circa 62 mila: 20 mila sono extracomunitari, 16 mila tossicodipendenti. Soltanto un terzo di queste persone, circa 12 mila, beneficeranno del provvedimento di clemenza, mentre saranno 50 mila i detenuti che rimarranno in carceri adatte ad ospitarne 42 mila. Per qualche anno la situazione migliorerà ma non di molto.

Non ritengo l’affollamento delle carceri un buon motivo per esercitare clemenza. Il ragazzo che ha scippato una persona anziana, magari facendola cadere a terra, merita di farsi tutti e due gli anni di pena. Ma tant’è, in Italia non c’è più la certezza della pena.
Se le carceri sono troppo affollate, in attesa che si abbiano le risorse e il tempo per costruirne delle nuove, si faccia intervenire la Protezione Civile. Se nei prefabbricati e/o nei container possono viverci per anni i terremotati, possono viverci anche i carcerati. E’ ovvio che intorno ci saranno dei recinti antievasione. Poi meglio qualche evaso che dodicimila liberi di tornare a delinquere.

Sul Corriere del 28 luglio Massimo Gaggi si chiede « come affrontare la questione, sempre più urgente, della legalità. Non è solo un problema etico: lo scarso rispetto delle regole è una palla al piede della nostra economia, l’incapacità di far rispettare le leggi è uno dei fattori che tengono gli investitori stranieri lontani dall’Italia. La corruzione è tornata ai livelli pre-Tangentopoli. Forse ancora peggio se è vero, come sembra emergere dalle inchieste in alcune Regioni, che a volte la tangente non è una percentuale del valore dell’affare ma, addirittura, un suo multiplo. Sono nodi che non si affrontano di certo appiccicando sull’indulto un’etichetta rassicurante».

Sulla Stampa del 28 luglio Michele Ainis si chiede «perché all'indulto non si è coniugata l'amnistia? Quando è cominciata la partita il ministro Mastella l'aveva promessa a chiare lettere. Eppure soltanto l'amnistia (che estingue il reato, prima ancora che la pena) avrebbe potuto liberare i giudici dai troppi fascicoli che ne ingombrano il lavoro, sfoltendo almeno in parte i 9 milioni di processi aperti che rendono la nostra giustizia un monumento all'ingiustizia, e insomma permettendogli di dedicarsi a tempo pieno ai crimini più odiosi, che tuttavia sovente rimangono impuniti. Un provvedimento d'amnistia sarebbe stato il preludio di una più generale riforma del nostro sistema penale e processuale. E del resto il programma dell'Unione lega a doppio filo la clemenza alla riforma del codice penale, della quale però fin qui non si vede neanche l'ombra. Perché?»

Sul Corriere del 28 luglio Victor Uckmar scrive a Sergio Romano.
«Caro Romano, il Regno Unito, seguendo quanto già legiferato negli Stati Uniti (Financial Times , 25 luglio 2006) inasprisce pesantemente le pene (da 10 a 14 anni di prigione) per i reati in materia finanziaria. E noi ci accingiamo ad alleviarli con l’indulto. Almeno un po’ di coerenza nell’ambito comunitario!
Victor Uckmar, Genova
Credo che lei abbia ragione. L’Unione sta diventando uno spazio giuridico comune e non dovrebbe tollerare che alcuni illeciti e reati vengano trattati in modo significativamente diverso da un Paese all’altro. Sergio Romano».

Come si vede i dubbi fra i giornalisti, i commentatori politici e gli esperti non mancano. Alcuni giornalisti, commentatori ed esperti sono stati eletti in parlamento. Cosa ci stanno a fare?


martedì 11 luglio 2006

Il cioccolato e l'IVA

Un po’ in “camuffa”, Vincenzo Visco, da quel grande semplificatore che ha sempre dimostrato di essere, ha unificato al 20 % l’IVA di alcuni prodotti e, in particolare, quella dei prodotti di «cioccolato ed altre preparazioni alimentari contenenti cacao in confezioni non di pregio, quali carta, cartone, plastica, banda stagnata, alluminio o vetro comune».

Personalmente la cosa non mi tocca, perché da tempo ho preso l’abitudine di finire la cena degustando mezzo quadretto di cioccolato amaro Lindt Excellence col 70% di cacao, NOIR EXTRA FIN, che presumo avesse già quell’aliquota.




E’ un piacere sentire il suono netto e preciso alla rottura del quadretto, valutarne la croccantezza quando si sminuzza con i denti e sentire il cioccolato fondersi tra la lingua e il palato. Senzazioni simili dovevano provare gli dei dell’Olimpo quando suggevano il nettare dalla cornucopia di Amaltea.

Il cioccolato amaro non contiene colesterolo perché non contiene materie prime di origine animale (latte in polvere). E’ un prezioso alleato della memoria, perché contiene più fosforo rispetto al merluzzo e l’acido fenico (che evita l’ispessimento delle arterie). Contiene Metilxantine, sostanza stimolante, che favorisce la concentrazione, non fa sentire la fatica e stimola l’attività respiratoria e cardiaca. Migliora l’umore, perché contiene la Fenitelamina, una sostanza che fa sentire allegri e pieni di energia. Parola del Dottor Sprüngli. Se il cioccolato amaro fosse inserito tra i farmaci di fascia A, immaginate quanto si potrebbe risparmiare sul totale delle spese sanitarie.

Invece il «governo orientato ai consumatori» preferisce aumentare l’IVA.

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Alcuni proventi annuali dell’IVA

Anno 1997: 112.274 miliardi di lire pari a 57.985 milioni di euro
Anno 1998: 126.644 miliardi di lire pari a 65.406 milioni di euro
Anno 1999: 136.434 miliardi di lire pari a 70.462 milioni di euro

(da internet)
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Il budino di Onda
A titolo di consolazione, ecco qui la ricetta
Ingredienti:

100 grammi di cacao amaro
100 grammi di zucchero
100 grammi di farina
1 litro di latte
100 grammi di burro

Mescolare cacao, zucchero e farina.
Aggiungere il latte e mettere sul fuoco mescolando bene.
Quando bolle aggiungere il burro, amalgamare e mescolare finchè addensa.
Lasciare bollire qualche minuto.
Versare in uno stampo precedentemente bagnato, lasciare raffreddare e mettere in frigo per qualche ora.

Si consiglia di utilizzare un cacao di marca che, grazie a Visco, ormai non costa di più di quello del mercato equo e solidale.

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mercoledì 28 giugno 2006

Risultati del referendum 25 giugno 2006

I RISULTATI
Gli aventi diritto al voto erano 47.129.008 ai quali vanno aggiunti i circa 2.600.000 italiani all’estero. Totale 49.729.000.

ITALIA + ESTERO
61.862 sezioni su 61.862
votanti 52,3 % pari a 26.008.267 voti
SI 38,7 % pari a 10.065.199 voti
NO 61.3 % pari a 15.943.068 voti

ESTERO
884 sezioni su 884
votanti 27,8 % pari a circa 722.800 voti
SI 52,1 % pari a circa 376.579 voti
NO 47,9 % pari a circa 346.221 voti

AMERICA MERIDIONALE
216 sezioni su 216 - votanti 34,6 %
SI 62,9 % - NO 37,1 %

AMERICA SETTENTRIONALE E CENTRALE
90 sezioni su 90 – votanti 26,1 %
SI 52,8 % - NO 47,2 %

ASIA AFRICA OCEANIA ANTARTIDE
111 sezioni su 111 – votanti 31,7 %
SI 53,4 % - NO 46,6 %

EUROPA
467 sezioni su 467 – votanti 24,7 %
SI 45,3 % - NO 54,7 %

ITALIA SETTENTRIONALE
Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia Romagna
SI 47,4 % - NO 52,6 %

ITALIA CENTRALE
Toscana, Umbria, Marche, Lazio
SI 32,3 % - NO 67,7 %

ITALIA MERIDIONALE
Abruzzi, Molise, Campagna, Puglia, Basilicata, Calabria
SI 25,2 % - NO 74,8 %

ITALIA INSULARE
Sicilia, Sardegna
SI 29,4 % - NO 70,6 %

QUALCHE COMMENTO

E adesso la festa! Il centrosinistra esulta.
Il NO ha trionfato. L’Italia non si è spaccata in due. Il progetto populista è stato sconfitto. Una valanga di NO cancella la devolution. La Carta del ’48 è salva (un po’ ammaccata, se vogliamo, a causa della riforma del Titolo V).


La campagna del cartello del NO è stata molto efficace. Basta ricordare gli articoli di Andrea Manzella, Pietro Scoppola, Gustavo Zagrebelsky, Curzio Maltese sulla Repubblica. Anche il Corriere della Sera ha dato il suo valido contribuito. Dopo un solitario articolo di Panebianco a favore del SI, sono stati pubblicati a raffica articoli dei fautori del No, ad esempio, di Franco Bassanini e Giovanni Sartori (cosa fareste senza di noi costituzionalisti… poveri gattini ciechi!) che hanno toccato tutti i tasti possibili per convincere al NO, fino al Verfassungspatriotismus, il patriottismo della Costituzione, proclamato in Germania dal filosofo Habermas e riproposto agli elettori italiani da Claudio Magris (e naturalmente la Milano che legge il Corriere ha votato NO).


Il centrodestra ha sperato di vincere. Nell’Unione erano preoccupati. Avevano una maledetta paura di perdere. Bastava leggere, ad esempio, cosa scrivevano alla vigilia dalle parti di margo, il blog della Margherita, oppure da quelle di diamoci del tu, il blog di Rifondazione.

Il fatto che la propaganda incentrata sulla diminuzione del numero dei parlamentari preoccupasse quelli del NO dimostra ancora una volta quale considerazione nutrissero certi cattolici e certi comunisti degli elettori italiani. Salvo sorprendersi, soltanto dopo, del loro saggio comportamento.

Le costituzioni non le hanno mai fatte i costituzionalisti. Le costituzioni le fanno anche gli elettori che, rozzamente, hanno votato SI, con l’intenzione di cambiare le cose in meglio.

Io ho votato rozzamente SI per riunire l’Italia, perché, purtroppo, il nostro Paese è da molto tempo che è spaccato in due. Guardate questa tabella pubblicata proprio nel giorno del referendum sulla Repubblica

Qualcuno dovrebbe spiegare come mai una legge nazionale che prevede aliquote che vanno dal 4 al 7 per mille produca l’effetto che a Bologna si paghi mediamente 25 volte di più che a Lecce. Dobbiamo pensare che se le famiglie in quella città hanno un reddito di 2.000 euro mensili, le famiglie di Bologna ne hanno uno di 50.000? Oppure che se al Sud vivono, mediamente, in appartamenti di 75 mq, al Nord si posseggono, mediamente, appartamenti da 1000 mq? Inutile chiederlo al sindaco oligarca, ma il nuovo ministro della Famiglia dovrebbe prendere a cuore la faccenda.

Io ho votato rozzamente SI perché le casse dello stato sono vuote.
Il governo Prodi ha fatto effettuare una scrupolosa rettifica (la due diligence) e ha scoperto che c’è un buco enorme (come c’era del resto nel 2001 alla formazione del governo Berlusconi). Stavolta però sarebbe molto più grande. Negli anni ‘80 e ’90, quando a un governo DC succedeva un governo DC e poi un altro governo DC sui buchi di bilancio si sorvolava, si emettevano Bot, Cct ecc e il debito pubblico lievitava. Quando una famiglia spende di più di quello che guadagna, è inevitabile che si indebiti.

I buchi continueranno ad esserci fin tanto che non si faranno riforme strutturali.
Qualsiasi governo, nel denunciare l’esistenza del “buco”, dovrebbe anche spiegare quali sono le spese del governo precedente che esso non avrebbe fatto. I cittadini hanno il diritto di sapere in che modo, quando e dove e per quali ragioni sono stati fatti i debiti. E’ un segreto di stato oppure è omertà tra politici?
Professor Sartori a chi possiamo rivolgerci?

Le entrate tributarie ammontano, ogni anno, a qualcosa come 230 miliardi di euro. Si sa che una grossa fetta di questi soldi finiscono alle mafie variamente denominate. Si sa che un’altra bella fetta è spesa per «quella corte di miracoli fatta di “dipendenti e consulenti” che vive attorno alla politica e che costa allo Stato poco meno di un miliardo di euro l’anno: la metà delle spese complessive per la politica» (Cesare Salvi e Massimo Villone).

Hai voglia fare la lotta all’evasione fiscale!

Soltanto il federalismo fiscale, chiudendo i rubinetti del finanziamento dello stato centrale, potrà essere l’antidoto risolutivo contro le mafie di tutti i generi.


venerdì 16 giugno 2006

Consorte e Sacchetti

La notizia del giorno:
«A Consorte e Sacchetti sequestrati 43 milioni»
A D'Alema l'ha comunicato, con dolcezza, Rice.


martedì 6 giugno 2006

Referendum 25 giugno 2006

L’immaginazione al potere!

Si dice che la Costituzione Italiana è una delle più belle del mondo.
Tuttavia essa non sembra più essere adatta ai tempi che corrono tanto che è stata oggetto, nell’arco degli ultimi cinque anni, di ben due riforme.

La prima del 2001, riguardante il Titolo V, per opera della maggioranza di centrosinistra e già approvata con apposito referendum confermativo.

La seconda del 2005 per opera della maggioranza di centrodestra, per la quale sono stati convocati per i giorni di domenica 25 giugno e lunedì 26 giugno 2006, i comizi per lo svolgimento del referendum costituzionale confermativo sul seguente quesito:
"Approvate il testo della legge costituzionale concernente "Modifiche alla Parte II della Costituzione" approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 18 novembre 2005?"
A differenza di quello abrogativo, il referendum confermativo non prevede il quorum, perciò la consultazione è valida qualunque sia l’affluenza alle urne e le risposte che contano sono solo il SI e il NO.

Per farsi un’idea della posta in gioco, segnalo due articoli, usciti sul Corriere della Sera (1 giugno 2006), che sostengono, il primo, le ragioni del SI di
Angelo Panebianco e, il secondo, le ragioni del NO di Michele Salvati.

Numerosi eminenti costituzionalisti hanno criticato entrambe le riforme ma, al tempo stesso, ritengono che la Costituzione del ’48 debba essere migliorata e corretta.

Augusto Barbera e Stefano Ceccanti, con l’adesione di altre più o meno autorevoli firme, hanno lanciato un appello per il «NO riformatore», con l’intento di abolire la riforma del centrodestra e, subito dopo, realizzare una «vera riforma».
Sull’altro versante l’ex ministro Tremonti, seguito a ruota da Umberto Bossi, hanno rilanciato invitando a votare SI, per procedere, poi, di comune accordo con l’Unione, alle opportune modifiche. Che fantasia!
Come si farà a distinguere e a contare i voti “senza se e senza ma” da quelli “riformatori”, Dio solo lo sa.

Queste premesse per fare una riflessione sull’altro tema all’ordine del giorno: la nascita del partito democratico. E’ stato detto che se il nuovo partito non vuole (e non deve) essere la semplice fusione tra le due componenti maggioritarie dell’Ulivo, DS e Margherita, ma vuole essere “inclusivo”, aperto cioè anche a parte di coloro che non hanno votato per l’Unione, occorre dare un segno di forte discontinuità rispetto al passato.

Non sarebbe stato meglio, allora, se, con un po’ più d’immaginazione e di coraggio, Barbera e Ceccanti avessero inventato e proposto un bel “SI democratico”?
Bossi e Tremonti avrebbero potuto rilanciare con un “NO riformatore”.
Gli elettori (in particolare quelli iscritti ai partiti) avrebbero avuto motivo di riflettere, oltre che sulle ragioni di Panebianco e di Salvati, anche sui concetti di “identità” e di “appartenenza”.

Ecco qui il testo delle modifiche alla parte II della Costituzione, soggette a referendum.
Qui, invece, le modifiche al Titolo V, apportate dal centrosinistra nel 2001.
Update ore 22,30







Per quanto mi riguarda voterò un SI. Tranquilli, però. Il mio non sarà un SI "senza se e senza ma", ma un SI pragmatico, alla stregua di coloro che voteranno il NO riformatore.
Gli italiani meritano un Parlamento con un numero ridotto di parlamentari.
Dopo il voto vorrei anche che fosse riformato l’articolo 114 (così come formulato in entrambe le riforme): «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato».
Ben cinque livelli di governo. Troppi!
E’ ora di abolire le Province.

UPDATE del 15 giugno 2006

Il professor Andrea Manzella ha elencato in un interessante articolo 10 ragioni che convincono al NO.
(Dieci no alla Grande Riforma del Polo, la Repubblica, 12 giugno2006 – non sono in grado di linkare l’articolo, perché ai servizi del giornale ci si deve abbonare. )
Senza la pretesa di controbattere alle tesi esposte dall’illustre costituzionalista (non posseggo tanta dottrina), cercherò, tuttavia, di fare un paio di commenti da uomo della strada o, se preferite, da avventore di bar.

«Questa riforma, come tutti i tentativi che negli anni l’hanno preceduta, è figlia di un’idea sbagliata: il mito della Grande Riforma Costituzionale… l’unica vera riforma l’hanno fatta gli elettori con il referendum del 1993… hanno cambiato la legge elettorale (in senso maggioritario)… Naturalmente restava e resta tutta un’opera costituzionale consequenziale da fare: meccanismi da adeguare, logiche istituzionali da sviluppare, garanzie da costruire o rafforzare».

Avendo capito che si deve alla penna del professor Manzella la stesura di pagina 9 delle 281 del programma, la domanda è sempre la stessa: ma perché il centrosinistra non ha fatto quest’opera quando era al governo? Tutti bravi dopo, ma durante? Ci troviamo invece -figlia di una idea altrettanto sbagliata- con la realtà della Piccola Riforma del Capitolo V.
Che garanzie può dare il Professor Manzella che dopo l’eventuale vittoria del No l’attuale parlamento si metterà all’opera per migliorare le due “porcate”?
(Che garanzie hanno gli elettori che, «dopo la pletorica abbuffata di viceministri e sottosegretari compiuta dal Prodi bis» il centrosinistra sarà in grado di diminuire il numero dei parlamentari?)

Personalmente, la riforma della Costituzione la voglio. Non tanto per dare una “spallata” a un governo folkloristico (i castelli di carte cadono solo a guardarli), ma per ottenere:
il rafforzamento dei poteri del premier, la fine del bicameralismo perfetto, un federalismo che mi permetta di pagare il grosso delle tasse al mio comune, una riduzione dei costi della politica con la riduzione del numero dei parlamentari e con la soppressione delle province. (Cinque livelli di governo sono troppi. Ricordo Peter F. Drucker che ne «Il potere dei dirigenti» scriveva:«non meno importante è l’esigenza che una struttura organizzativa sia articolata nel minor numero possibile di livelli direttivi» e faceva l’esempio della Chiesa cattolica:«Esiste un solo livello organizzativo tra il Papa e il più umile dei parroci: il vescovo».)

«”No” perché si deve fermare il tentativo di cambiare oltre un terzo della Costituzione con una prepotenza di metodo… Così fu, nonostante i clamori e le autocritiche, anche per il famoso Titolo V… Si cambiò allora solo… 5 articoli su 139».

Beh! Sono andato a contarli: furono cambiati 9 articoli e altri 6 furono quelli abrogati: in totale 15 articoli. Non mi pare che cambiare un nono della Costituzione si possa considerare una «modifica puntuale e parziale».

D’altra parte, entrambe le riforme furono approvate da parlamenti legittimi, con procedure corrette ed emanate con la firma del Presidente della Repubblica . Penso che gli elettori debbano privilegiare più il merito che il metodo.

Ribadisco il mio SI pragmatico. Chi vuole la riforma deve fare in modo che anche il parlamento la voglia. Solo se prevarranno i SI, il centrosinistra, che detiene la maggioranza, sarà costretto a prendere l’iniziativa.

UPDATE del 16 giugno 2006

Secondo i politically correct anche ieri Bossi ha dato di matto. Il Senatur lo ha sempre fatto fin da quando è nata la Lega e, tutte le volte, i conservatori di ogni risma a dire: «ma è una cosa ignobile, vuole spaccare l’Italia» (poi, però, gli è stato riconosciuto il merito di avere introdotto il discorso sul federalismo e, dopo le ultime elezioni, si è ammesso che esiste una questione del Nord che sarebbe bene non trascurare).

E oggi, come il solito, è stato uno spasso leggere il pezzo di Curzio Maltese (Il referendum in salsa padana, la Repubblica, 16 giugno 2006), che, dopo avere rimesso nell’armadio la costola della sinistra, descrive la Lega tout court come fascismo residuale. Cosa c’è di meglio che criminalizzare la Lega per cercare di esorcizzare la questione del Nord e per cercare di fare dimenticare la sostanza del referendum. Del resto l’azzeramento quotidiano della nostra memoria è un fenomeno che Maltese ha riconosciuto più volte:

«D’accordo che il principale compito di politici e media consiste nell’azzerare ogni mattina la memoria dei cittadini»
(Curzio Maltese, Contromano, Il venerdì di Repubblica, 8 maggio 1998)

«Il guaio di quest’epoca troppo veloce è l’aver elaborato un pensiero lento e superficiale. L’elettroshock quotidiano dell’informazione azzera ogni mattina la memoria e permette di riciclare a intervalli regolari vecchi pregiudizi con la veste di idee nuove e brillanti».
(Curzio Maltese, Contromano, Il venerdì di Repubblica n°943,14 aprile 2006)

Per cui, tanto di cappello al magistrale pezzo di satira, ma votiamo SI.

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Avevo messo qui il link a una lettera, al Corriere del 16 giugno, nella quale Mario Segni spiegava il suo NO alla riforma e alla risposta di Sergio Romano che ribatteva con il SI. Sorry, non era un link permanente.
Contrordine,: l'ho ritrovato

UPDATE 23 giugno 2006

Per convincere a votare NO, si sono toccati tutti i tasti possibili.
Giovedì 22 giugno, sulla Repubblica, il Professor Pietro Scoppola è ricorso alle Radici profonde della Costituzione di cui sottolinea tre aspetti. Il rapporto resistenza-costituzione. L’inserimento dell’Italia nella tradizione più solida del costituzionalismo europeo, che la nostra Carta arricchisce con la forte impronta sociale fondata sul principio di eguaglianza fissato nell’articolo 3. La saldatura in Italia fra Chiesa cattolica e democrazia (articolo 7).

Un dotto articolo per concludere che «la costituzione è un bene non disponibile per qualsiasi operazione di scambio politico. Lo scempio che è stato fatto della Costituzione sarebbe stato impossibile se nel profondo della coscienza popolare fosse radicato quel “patriottismo della Costituzione” nel quale si esprime oggi nei Paesi democratici più maturi il senso stesso della cittadinanza».
Si può concordare facendo, però, notare che le Radici Profonde non sono messe in pericolo dall’eventuale vittoria del SI, perché si trovano nei Principi Fondamentali e nella Parte Prima della Costituzione che la riforma non ha toccato e che rimarranno qualunque sia l’esito del referendum.


Un altro che crede di avere la bacchetta magica è Beppe Grillo: «voterò no al referendum, ma subito dopo avvierò un dibattito su questo blog sulla costituzione». Anche lui chiede una drastica ed immediata riduzione del numero dei parlamentari e la soppressione delle province. E ancora:« Siamo un Paese mummificato dalla macchina dello Stato e senza la certezza del diritto. La costituzione è in parte causa di questo osceno risultato. Va cambiata, ma in meglio

Conclusioni

Il centrodestra invita a votare SI, il centrosinistra a votare NO, anche la maggioranza dei costituzionalisti sono per il NO.
Posso capire i costituzionalisti, a patto che abbiano votato NO anche in occasione del referendum confermativo del Titolo V. Non mi convincono e NON MI FIDO degli esponenti del centrosinistra, quando dicono che dopo la vittoria del NO, migliorerebbero la Costituzione d’accordo col centrodestra.

Prima di tutto perché sono stati loro a cominciare a rompere il “giocattolo” cambiando NOVE articoli (e non soltanto cinque come ha scritto il Professor Manzella sulla Repubblica) e abrogandone 6, in totale 15, UN NONO della Costituzione: non proprio una modifica puntuale e parziale.
In secondo luogo -a prescindere dal fatto che nell’Unione non vanno d’accordo su nulla, dalla politica estera ai temi etici- quelli dell’Ulivo, dopo anni che ne parlano (mi dispiace per il Professor Salvati) non sono ancora riusciti a fondare il Partito Democratico: figuriamoci se riescono a mettersi d’accordo su un’impresa molto più grande come la Riforma della Costituzione.

Con il mio SI, non intendo dare un giudizio sulla riforma che è scontato (entrambe le riforme, del Titolo V e della Parte Seconda, sono delle “porcate”) ma, molto pragmaticamente usando anch’io una prepotenza di metodo (ammesso che il voto lo sia), finire di rompere il “giocattolo”, se non altro per una questione di par condicio. Al Parlamento il compito di procurarmene uno nuovo, sia che si usi il metodo dell’articolo 138, sia che si preferisca ricorrere allo strumento di un’apposita assemblea costituente. Non capisco perché il Professor Sartori (che giustamente, a rigore di dottrina, in questi anni non ha mai approvato nessuna legge elettorale e nessuna riforma) non si renda conto che il punto per i cittadini è quello di ottenere una riforma della costituzione adeguata ai tempi. Soprattutto in senso federalista.

Io voterò SI. Molti voteranno SI. Magari fossimo la maggioranza.


giovedì 1 giugno 2006

L'astensionismo e le percentuali

«La gente è stanca, e ha snobbato queste consultazioni. L'astensionismo è aumentato nettamente non solo rispetto alle politiche, ma anche rispetto alle amministrative precedenti.Anche qui, per dire «abbiamo vinto, hanno perso» ci vuole una buona dose di fantasia. Gli elettori si sono ben guardati dal «dare lo sfratto» al governo Prodi, come speravano i più assatanati fra i berluscones. L'Unione, per parte sua, non ha ricevuto alcuna conferma o investitura. Con un numero di votanti basso come quello registrato in questa tornata amministrativa, è praticamente impossibile stabilire se - rispetto alle politiche - sia andato avanti il centro-destra oppure il centro-sinistra.
. . . . .
L'impennata dell'astensionismo segnala anche questo: la gente ha perso la fiducia in Berlusconi, ma non l'ha ancora riposta in Prodi».
(Luca Ricolfi, La Stampa, 31 maggio 2006)

Un metodo per giudicare meglio chi è andato avanti e chi indietro ci sarebbe.
E’ singolare che Ricolfi non lo noti.
Basterebbe smettere di confrontare le percentuali ed analizzare, invece, i numeri dei voti.

Negli anni ’50 e ’60, tre quattro giorni dopo ogni tornata elettorale, i giornali pubblicavano delle tavole riassuntive con il numero dei voti raccolti da ogni partito, il numero degli aventi diritto, il numero dei voti espressi, delle schede bianche, delle schede nulle. Di fianco, ma solo di fianco, c’era una colonnina con le percentuali.
Da anni, ormai, anche i quotidiani che si proclamano indipendenti sono integrati nel sistema e parlano solo di percentuali. Fanno a gara con i politici nel disinformare i cittadini.


Facciamo un esempio
Consideriamo che in una cittadina di 125.000 abitanti si siano verificati i seguenti risultati:

alle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006:
voti validi espressi 100.000 (80% degli aventi diritto)
52.000 per la coalizione A (52,00% dei voti validi)
48.000 per la coalizione B (48,00% dei voti validi)

alle elezioni amministrative del 28-29 maggio 2006:
voti validi espressi 85.000 (68% degli aventi diritto)
48.000 per la coalizione A (56,47% dei voti validi)
37.000 per la coalizione B (43,53% dei voti validi)

Le percentuali permettono di esagerare i giudizi.
Un’avanzata strepitosa per la coalizione A: PIU’ 4,47%
Un risultato disastroso per la coalizione B: quasi il 13% in MENO rispetto alla coalizione A.
In realtà, tutte e due le coalizioni hanno perso voti rispetto alle politiche.
Alle amministrative, alla coalizione A viene a mancare l’apporto del partito del Non-voto-A, meno numeroso del partito del Non-voto-B che viene a mancare alla coalizione B.


mercoledì 31 maggio 2006

Il buon governo e l'astensione

Nel giorno in cui, nelle pagine nazionali della Repubblica, Filippo Ceccarelli tesse l’elogio dell’insostenibile «leggerezza» dei sindaci (… una leggerezza tanto più significativa al cospetto delle gravose armature e delle mazze ferrate che i leader nazionali sono costretti a indossare e brandire nei loro tornei, anche in quelli televisivi), nella cronaca locale, Andrea Chiarini ci racconta il rovescio della medaglia. L’ennesima tegola caduta sulla testa dei cittadini: è nata Bologna metropolitana. Cioè non proprio, per adesso è stato approvato dalla «bicameralina» di Palazzo d’Accursio l’allargamento della giunta da dieci a SEDICI assessori. Olè, todos caballeros!

Ecco la cronaca
«La maggioranza di centro sinistra dopo tante divisioni ritrova l’unità e con un accordo bipartisan con la Cdl vota il via libera all’aumento degli assessori che potranno passare dagli attuali dieci a un massimo di sedici, all’aumento dei fondi per i partiti rappresentati a Palazzo d’Accursio, all’abolizione del tetto di due gettoni al giorno (70 euro cadauno) in caso di più riunioni di consiglio o di commissione (*). Il provvedimento è passato all’unanimità con un dibattito ridotto al minimo, quasi sotto silenzio, ma è destinato a far nascere nuove polemiche sugli alti costi della politica anche a livello comunale».
(la Repubblica-Bologna, 30 maggio 2006)

(*) Se ci saranno tre riunioni al giorno i consiglieri riceveranno tre gettoni (210 euro), «nonostante il malcostume diffuso di politici che arrivano, firmano e se ne vanno poco dopo» (un operatore di call center guadagna 6,869 euro all’ora, in otto ore 54,95 euro, lordi).

Più assessori e più soldi ai partiti
Approvato all’unanimità

Ecco le dichiarazioni degli oligarchi
“Ma sono state fatte simulazioni sulle eventuali maggiori uscite? «Spero di sì –risponde l’assessore diessina al Bilancio Paola Bottoni- le ha fatte la segreteria generale». Marcello Napoli, segretario generale:«I costi? E chi lo sa.Non ne ho la più pallida idea perché non sono stati individuati i parametri da comparare». L’assessore Giuseppe Paruolo, Margherita, fa dell’ironia, «cos’è, una campagna moralizzatrice?», poi spiega controcorrente che «potrebbero esserci risparmi perché ci sono le premesse per una razionalizzazione dei lavori del consiglio». … L’ex assessore al Bilancio Gian Luca Galletti, deputato UDC, fa alcuni conti. «Istituire un assessorato costa circa 150-200 mila euro l’anno» è la sua stima.
(la Repubblica-Bologna, 31 maggio 2006)

Sei assessori in più, 900.000- 1.200.000 euro di costi in più
Soldi in più anche a tutti i partiti
Quando si tratta di soldi, nessun politico si astiene

Chi volesse farsi un’idea dei costi della politica, può leggere «Il finanziamento della politica» a cura di Federico Punzi per Radio Radicale

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Si sono astenuti in molti invece, domenica,
alle elezioni amministrative. Politici e sociologi non riescono a farsene una ragione e s’interrogano sul modo migliore di motivare gli elettori al voto. Fatica sprecata. Non ci vuol molto a capire che c’è una bella fetta di elettori (Eugenio Scalfari li definisce “individualisti anarcoidi”) che cerca di farsi gli “affari suoi” e che dal governo vuole meno stato e più libertà individuale. Con delle scelte di campo in politica estera ben precise. E che non gliene può fregare di meno se l’Ulivo si rafforza negli enti locali.
L’amministrazione interessa loro molto poco, sia perché sono disposti a monetizzare una certa libertà dalle incombenze della cittadinanza, sia perché consapevoli che, quando si tratta di soldi, messe da parte le differenze ideologiche, i politici tutti vanno d’amore e d’accordo e si fanno i loro pacs per estorcere i soldi a Pantalone. Questi elettori i voti li mettono in frigorifero, per tirarli fuori alle prossime politiche.

Dall’altra parte c’è il popolo delle primarie (quello di Caserta compreso) sempre ben disposto a pagare un euro a testa e a votare per quei “politici leggeri” e “non”, ai quali non gliene può fregare di meno se lievitano i costi della politica e che restano sordi agli ammonimenti di Tito Boeri, di Cesare Salvi e del Presidente Napolitano.

* * * * * * * * *

Per quanto riguarda la Repubblica, ormai non perde occasione per criticare una certa parte politica, anche a costo di alimentare l’antipolitica. Gli ordini di scuderia sono: bene Rutelli e Veltroni, male Prodi e chi non pratica il “veltronismo”. Ad esempio, Cofferati il “sindaco oligarca”.


domenica 28 maggio 2006

La famiglia

Questa mattina, alla messa delle 11,30 in San Paolo a Bologna, si celebrava un matrimonio.
Giunti alla recitazione del Padre nostro, il celebrante ha invitato gli sposi all’altare, di fianco a sé, per cantare la preghiera.
Un trattamento di riguardo ai due sposi, perché il sacerdote li conosceva?
Uno strappo alla liturgia?
(No perché, è stato ricordato, il matrimonio è un sacramento in cui gli sposi sono i ministri).
O semplicemente un segnale ideato dal Cardinale Caffarra e rivolto a certi ministri «devoti laici»?


Basso, Simoni e il manifesto di Euston

I fatti. Basso e Simoni sul Mortirolo staccano tutti e proseguono assieme fino a 4 Km dal traguardo.
A quel punto, Basso, che ha più birra in corpo, senza compiere accelerazioni vistose, stacca Simoni e va a vincere la tappa.
Sul traguardo, Basso alza in alto, con entrambe le mani, la foto del figlio Santiago, appena nato, e gli dedica la vittoria.

Le dichiarazioni (cito a memoria).
Simoni: «In discesa dal Mortirolo Basso mi ha chiesto di non staccarlo. Mi voltavo indietro e lo aspettavo. Se l’avessi immaginato mi sarei comportato di conseguenza. Ho lavorato tanto. Non ci sono più uomini».
Basso: «Non intendevo offenderlo. Gli ho solo detto che non dovevamo prenderci troppi rischi. Non ho rubato niente. Poi cercavo di guadagnare tempo, il che faceva anche il gioco di Simoni che cercava di avanzare in classifica generale».

I condizionamenti ambientali. Nella fase finale della tappa, i telecronisti danno per certo che fra i due corridori sia incorso un patto più o meno tacito per la vittoria di tappa a Simoni. Molti di coloro che stanno davanti alla TV, pertanto, si aspettano quest’esito.

Domande. Chi è stato più sincero fra Gipo e Ivan?
Quella dei radiocronisti era un’ipotesi fondata su fatti effettivamente avvenuti o una supposizione basata sulla storia del ciclismo e/o sulle preferenze personali?
Patti del genere sono validi soltanto se entrambi i corridori arrivano insieme al traguardo, o il migliore è tenuto a mettersi a ruota ed a lasciar vincere il compagno che va in crisi?
Basso poteva aspettare a dedicare la vittoria al figlio una volta sul podio a Milano?
La TV ci ha fatto vedere la tappa e conoscere le dichiarazioni dei due protagonisti. Pur ammessa la buona fede, è giusto che i telecronisti avanzino congetture che possono poi spargere veleno?

A voi la risposta.

* * * * * * * * *

Ho chiesto l’opinione di un amico sociologo. La sua risposta è stata la seguente.
Chi dà ragione a Basso è un individualista che ritiene che i più dotati debbano prevalere sempre.
Certamente ha votato centrodestra.

Chi dà ragione a Simoni è per la solidarietà: approverebbe un regolamento che dia al secondo arrivato mezzo minuto di abbuono per ogni anno di età in più del primo arrivato, solo al disotto di un certo reddito, però.
Ha certamente votato per il centrosinistra.

Chi non riesce a prendere una posizione ben definita è un liberal-socialista, probabilmentealle elezioni si è astenuto e, invece di guardare la tappa, stava leggendo il Manifesto di Euston.

Si fa per scherzare, eh!


venerdì 26 maggio 2006

Stalin di cristallo


Quello fra il 1949 e il 1952, che io ricordi, non fu un periodo di avvenimenti rilevanti in Italia. Frequentavo il liceo scientifico, traducevo l’Eneide dal latino e studiavo a memoria i cori dell’Adelchi: «Dagli atrii muscosi, dai Fori cadenti…» e «Sparsa le trecce morbide…» che contiene anche due dei più significativi versi del Manzoni, «Te collocò la provida / Sventura in fra gli oppressi…».

Il 21 dicembre 1949 l’uomo che, nella storia, ha rappresentato una delle più tragiche incarnazioni della «provvida sventura» per almeno trenta milioni di persone -come non si stanca di ricordarci Colui che ormai è ritenuto il più grande esperto di «conteggi e riconteggi» del mondo- e, aggiungo io, per gli interi popoli dell’Albania, della Bulgaria, della Cecoslovacchia, della Germania dell’Est, della Polonia, della Romania, dell’Ungheria, dell’URSS e della Yugoslavia, avrebbe celebrato il suo 70esimo compleanno.

A Bologna, alcuni giovani operai della vetreria A.Pritoni & C -che credevano con passione nell’utopia comunista- costruivano un ritratto in cristallo di Stalin, da inviare in regalo al padre di tutte le Russie. Alto 2 metri, il ritratto fu inviato all’ambasciata dell’URSS a Roma che però lo rispedì al mittente a causa del peso di oltre 2 quintali e mezzo. Nascosto per 40 anni in una cantina di via Barberia, nella sede della storica Federazione del Pci bolognese , alla fine è stato ritrovato –in seguito ad una inchiesta di Jenner Meletti di Repubblica pubblicata il 24 u.s. e ripresa il 25 nella cronaca cittadina- nella nuova casa del partito in via Beverara.

Racconta al giornale Dino Elmi, classe 1929, tagliatore di vetro in pensione: «Sì, siamo stati noi a costruire Stalin. Ma abbiamo fatto anche Togliatti ed una Falce e martello che tutti ci invidiavano, quando facevamo le sfilate alla feste dell’Unità. … Dopo il lavoro si andava al sindacato e dopo cena si andava alla sezione del PCI. E una volta all’anno si restava in fabbrica, per giorni o per mesi, per preparare opere come lo Stalin e il Togliatti di cristallo, o la Falce e martello».

I tempi cambiano.
Nel 1948 erano avvenute l’elezioni
che avevano segnato la sconfitta del Fronte Popolare dopo che si era verificata un anno prima, in casa dei socialisti, la scissione di Palazzo Barberini e la fondazione del PSLI, partito socialista dei lavoratori italiani. Deluso dall’esito uscito dalle urne, Giuseppe Saragat aveva dato la colpa “al destino cinico e baro”.
Nel 2006, Marco Ferrando fonda il Partito Comunista dei Lavoratori (e sono tre!)
Una scissione si verifica in “casa Craxi”.
Bobo, pur non essendo eletto, si consola battendo addirittura il destino: «Ho costretto i comunisti a nominarmi sottosegretario, ho vendicato tutti i socialisti» Bella tempra!


lunedì 22 maggio 2006

Sul Codice Da Vinci

Divertiti e perplessi - Il Codice Da Vinci e gli atei devoti

[Divertissement]
«Adesso che mi ci fai pensare… Vediamo, Matteo, Luca, Marco e Giovanni sono una banda di buontemponi che si riuniscono da qualche parte e decidono di fare una gara, inventano un personaggio, stabiliscono pochi fatti essenziali e poi via, per il resto ciascuno è libero e poi si vede chi ha fatto meglio. Poi i quattro racconti finiscono in mano agli amici che cominciano a sdottorare, Matteo è abbastanza realista ma insiste troppo con quella faccenda del messia, Marco non è male ma un po’ disordinato, Luca è elegante bisogna ammetterlo, Giovanni esagera con la filosofia… ma insomma i libri piacciono, girano di mano in mano, quando i quattro si accorgono di quello che sta succedendo è troppo tardi, Paolo ha già incontrato Gesù sulla via di Damasco, Plinio inizia la sua inchiesta per ordine dell’imperatore preoccupato, una legione di apocrifi fanno finta di saperla lunga anche loro… toi, apocryphe lecteur, mon semblable, mon frère… Pietro si monta la testa, si prende sul serio, Giovanni minaccia di dire la verità, Pietro e Paolo lo fanno catturare, lo incatenano nell’isola di Patmos e il poveretto incomincia ad avere le traveggole, vede le cavallette sulla spalliera del letto, fate tacere quelle trombe, da dove viene tutto questo sangue… E gli altri a dire che beve, che è l’arteriosclerosi… E se fosse andata davvero così?»

[Perplessità]
«E’ possibile pensare che (questo filosofo) considerasse la tradizione giudaica monoteista come una fase storicamente necessaria ma transitoria, attraverso la quale l’umanità potesse abbandonare l’idolatria e il politeismo, per poi passare, inizialmente con pochi “filosofi”, ad una fase definitiva di sapienza e saggezza che non hanno più bisogno di religione? E’ possibile pensare che (questo filosofo) ritenesse il giudaismo, e il monoteismo in genere, come il momento chiave della “educazione” dell’umanità in vista di una fase definitiva in cui l’umanità, “educata” dal monoteismo, non abbia più bisogno di autorità esterne (il Dio che “comanda” tramite i profeti) ma possa andare avanti con la sola sua ragione, cioè con la filosofia aristotelica?»

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Penso che qualunque ateo o agnostico sia arrivato alle proprie convinzioni facendo pensieri più o meno simili a quelli riportati nel primo brano. E penso che un libro, che vende 50 milioni di copie e di cui è fatta una trasposizione cinematografica, possa influenzare la gente più di tanti altri (ad esempio, «La profezia di Celestino» di James Redfield destò molte meno preoccupazioni).

Mi sembra ovvio constatare che, a distanza di otto secoli –tanti ne sono passati dalla morte di quel filosofo- l’educazione dell’umanità è ben al di là da venire.
Così, mentre la Chiesa Cattolica si preoccupa di impedire che le religioni vengano sempre più confinate nel privato, gli «atei devoti» (con realismo politico) diventano fautori integrali di una civiltà basata sui valori cristiani, poiché ritengono che a forza di contestare e reprimere le riserve etiche che vengono in gran parte da quella tradizione sia molto pericoloso e indebolisca la nostra società, con conseguente crisi di eticità e di significato.

Per questo, mentre l’Opus Dei si defila elegantemente (come ci ha raccontato Gianni Riotta sul Corriere), gli atei devoti rimangono i più tenaci critici de “Il Codice Da Vinci” di Dan Brown.

Per quanto mi riguarda ho letto il “romanzetto per sprovveduti” tre anni fa, ma non credo che andrò a vedere il film (forse quest’estate, al mare, se ci sarà l’occasione). Mi ha avvinto per la trama, soprattutto per l’implicazione della matematica ( guai chi mi tocca Fibonacci e la sezione aurea), mentre rimasi indifferente sul fatto della Maddalena.
Nella mia libreria figura anche «Notte e giorno d’intorno girando…» di Vittorio Sgarbi, ma, purtroppo per lui, non credo arriverà a tre milioni di copie.

* * * * * * * * * *

Il divertissement è tratto da:
Umberto Eco, Il pendolo di Foucault, 4 HESED, 30

Le perplessità, dovute a Mosè Maimonide, filosofo ebraico che nel 1190 circa scrisse «La guida dei perplessi», sono tratte da:
Franco Reistano, Storia della filosofia, vol.2, UTET


sabato 20 maggio 2006

Il governo Prodi due

Numeri, giudizi, previsioni

Il governo Prodi due comprende:
1 presidente
2 vicepresidenti/ministri
6 ministri femmine
17 ministri maschi
2 viceministri/sottosegretari femmine
8 viceministri/sottosegretari maschi
12 sottosegretari femmine
51 sottosegretari maschi

Totale 99 poltrone, 20 femmine, 79 maschi.
L’equivalente di nove squadre di calcio.
Lavoro nella norma per gli intercettatori. Più gravoso per l’unico capitano.
La coesione potrebbe essere pari a quella di un mucchio di ghiaia.
Più facili le sassate delle «scosse».

Se si nominassero ulteriori 45 vicesottosegretari, si arriverebbe a 144 poltrone.
Prodi batterebbe così il record (101) detenuto da Andreotti e, nello stesso tempo, visto il suo interesse per i giochi esoterici, si metterebbe in regola anche con la serie di Fibonacci (*).

Basterebbe poi una piccola modifica della Costituzione, per dare al Capo dello Stato il potere di nominare tanti vicesenatori a vita quanti sono i senatori a vita, con il criterio di nominare una viceS femmina se il SaV è maschio e al contrario se il SaV è femmina.
Uno dei primi potrebbe essere Mike Buongiorno: lui non lava i vetri a nessuno.
Per questa ragione, sono convinto che otterrebbe anche il gradimento di Cofferati e di tutti i Ranger del Texas.

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Giudizio politico. C’è stato lo spacchettamento d’alcuni ministeri: le competenze non sono ancora ben chiarite. Si corre il rischio di avere, tra i diversi ministeri, lo stesso numero di conflitti sorti tra Stato e Regioni con la modifica del Titolo V della Costituzione apportata dal precedente governo di Centrosinistra. A proposito di «serietà al governo!»

Quanto durerà il governo Prodi due?
A questa domanda il tavolino a tre gambe, interpellato assieme ad alcuni amici, non ha battuto colpo. Richiesto invece se, nell’eventualità di una caduta di Prodi, fosse stato possibile un altro governo, la risposta è stata un po’ sibillina: A NA PO, A NA PO … (**)

Quanto durerà, invece, la legislatura?
Secondo Piero Ostellino del Corriere (dichiarazione a La7) almeno il tempo necessario perché maturi il diritto alla pensione dei neo parlamentari: 35 mesi – Aprile 2009. Però!
Forza Senatori: tenete botta!

* * * * * * * * * *

P.S. Se qualcuno avesse bisogno di un viceportaborse può contattarmi liberamente, sono disponibile (anche contratto a progetto).

* * * * * * * * * *

(*) La serie di Fibonacci: 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, 233, 377, …
(**) In Via Anapo si trova l’abitazione privata romana di C.A. Ciampi.


 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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