IL BLOG DI SERGIO VIVI



mercoledì 18 aprile 2007

Dittatura della maggioranza e legge elettorale

Essendo in pieno svolgimento il dibattito sulla riforma della legge elettorale, sarebbe anche il caso di non trascurare quell’aspetto particolare che va sotto il nome di dittatura della maggioranza. Molti ricorderanno ancora il ricorso a questo argomento da parte dell’opposizione del centrosinistra, sul finire della scorsa legislatura, quando il centrodestra fece approvare con la forza dei numeri la sua riforma costituzionale.

«Questa è la dittatura della maggioranza» tuonò Giuliano Amato per definire il progetto di riforma costituzionale della Casa della Libertà (la Repubblica, 21 gennaio 2004).
La Casa delle Libertà, con il suo progetto di riforma costituzionale, «sta creando le premesse per una moderna e pericolosissima dittatura di maggioranza, anzi del primo ministro stesso» dichiarò il leader dell’Unione Romano Prodi, che aggiunse: «Prima di tutto e avanti a tutto abbiamo un dovere essenziale al quale adempiere: fare tutto ciò che è in nostro potere per avvisare il nostro popolo dei pericoli che incombono su di noi. Batterci in ogni modo perché nessuno possa dire domani che non sapeva, che non vedeva, che non capiva» (Corriere della Sera, 11 marzo 2005).
Allo stesso argomento si ricorse in occasione dell’approvazione della “legge Gasparri” sulle telecomunicazioni.

Adesso che è al governo e che cura personalmente l’iter delle modifiche, è bene che Prodi “adempia il dovere essenziale”, “faccia tutto quello che è in suo potere” per scongiurare che il pericolo si ripresenti nel prossimo futuro e dimostri “che sa, che vede e che capisce”.
Più che altro, preoccupa il fatto che, una volta avvenuta la fondazione, il Partito Democratico possa ottenere, alle prossime elezioni, una maggioranza così schiacciante, tale da fare impallidire quella ottenuta dalla Casa della Libertà nel 2001 e che, pertanto, il problema della DdM possa riproporsi.

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Anch’io, nel mio piccolo, sto ragionando sulla riforma elettorale (vedere il banner in testa al blog). Penso, ad esempio, che sarebbe più giusto assegnare un premio di maggioranza - per permettere la governabilità- assegnando un voto di peso maggiore ai deputati del gruppo maggioritario che sostiene il governo, invece che un premio in seggi. Ho proposto la formula:
P x SM = Sm + 40
da cui:
P = (Sm + 40) / SM
dove:
P = Peso del voto dei deputati del gruppo parlamentare maggioritario
SM = Numero dei seggi del gruppo maggioritario
Sm = Totale dei seggi dei gruppi minoritari
40 = Maggioranza prefissata (espressa in numero di seggi virtuali)

Esempi di calcolo
Supponiamo, per semplicità, che si costituiscano alla Camera dei deputati sempre tre gruppi parlamentari composti come segue:

275, 257, 98
P = [(257 + 98) + 40] / 275 = 1,44
Rapporti di forza alla camera
275 x 1,44 > 396 vs 355 > +41

315, 221, 94
P = [(221 + 94) + 40] / 315 = 1,12
Rapporti di forza alla camera
315 x 1,13 > 355,95 vs 315 > +40,95

335, 203, 92
P = [(203 + 92) + 40] / 335 = 1,00
Rapporti di forza alla camera
335 x 1,00 > 335 vs 295 > +40

355, 185, 90
P = [(185 + 90) + 40] / 355 = 0,89
Rapporti di forza alla camera
355 x 0,89 > 315,95 vs 275 > meno 40,95

Nei primi due casi il peso del voto risulta maggiore di 1.

Nel terzo caso in cui il gruppo maggioritario ha conquistato 40 seggi (maggioranza prefissata) in più dell’opposizione –come in tutti i casi simili (ad esempio 299,299, 32) il peso del voto è uguale a 1. Ci possono essere, cioè, dei casi in cui non scatta nessun premio.

Nel quarto caso in cui il gruppo maggioritario ha conquistato oltre 40 seggi in più dell’opposizione il peso del voto risulta inferiore a 1.

Cioè la formula permette di mantenere i rapporti di forza alla camera intorno ai 40 seggi virtuali prefissati (le piccole differenze dal valore 40 sono dovute all’approssimazione del calcolo).

Come si vede questo meccanismo di regolazione della maggioranza previene anche l’instaurarsi di una «dittatura della maggioranza» , facendo sì che per l’approvazione di leggi che richiedono una maggioranza qualificata necessiti l’accordo con l’opposizione.

La formula non si riesce ad applicare soltanto nel caso in cui vengano costituiti soltanto due gruppi parlamentari di 315 deputati ciascuno. In questo caso o si fanno le larghe intese o si trova un criterio –ovviamente arbitrario- per attribuire la vittoria a un gruppo piuttosto che all’altro.

E’ stato fissato il valore di 40 per la maggioranza, ma non è detto che sia quello ottimale (ammesso che ci sia un valore ottimale).



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Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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