IL BLOG DI SERGIO VIVI



sabato 27 ottobre 2007

Il partito della partecipazione e con metà donne

Per la carica di segretario nazionale erano in lista cinque uomini e una donna: ha vinto un uomo.

Per la carica dei segretari regionali sono risultati eletti:
16 uomini (10 d’area DS, 5 d’area Margherita, 1 indipendente),
3 donne (1 d’area DS, 2 d’area Margherita)
Trentino non pervenuto.

Oggi Walter Veltroni, proclamato segretario del Partito Democratico (Nuovo), nel discorso all’assemblea costituente di Milano ha annunciato «l’insediamento di tre commissioni chiamate a lavorare alla bozza dello statuto, del manifesto dei valori e del codice etico, da presentare entro il 31 gennaio e da portare al vaglio di una nuova assemblea entro il 28 febbraio. A farne parte cento delegati, metà uomini e metà donne, per ognuna, “indicati dai candidati alla carica di segretario, proporzionalmente ai componenti eletti nell’assemblea collegati a ciascun candidato” come recita il dispositivo proposto da Veltroni e approvato, con qualche perplessità, dall’assemblea» (il Velino d’oggi).
Cioè, i tre documenti basilari saranno scritti da trecento persone.
Cosa ci stiamo a fare qui? Si sono chiesti gli altri 2500 costituenti destinati a rimanere ai margini.
Beh! Semplice, ad approvare all’unanimità quanto deciso al vertice. Una decisione è molto più importante se approvata da 2800 persone piuttosto che da 300.
A parte che anche una commissione di cento persone per scrivere un manifesto o un codice etico può definirsi, come minimo, elefantiaca.


sabato 20 ottobre 2007

La prigione dorata

Questa mattina, se non mi avesse messo di buon umore la visione, su MTv, del video clip “The Sweet Escape” dove la solare, bionda e luminosa Gwen Stefani, vestita col classico abito a righe, fugge da una prigione tutta dorata (d’oro le sbarre, d’oro le pareti, d’oro le manette), mi sarei arrabbiato di brutto nel leggere le notizie (sulla Repubblica, poi su alcuni blog) concernenti la riforma dell’editoria e di Internet predisposta dal sottosegretario Riccardo Franco Levi.

Secondo la riforma allo studio, tutti i blogger italiani dovranno iscriversi al ROC (il Registro degli Operatori di Comunicazioni): subire cioè delle restrizioni che equivalgono a rinchiuderli in una prigione per niente dorata.

Per i politici evidentemente i blogger hanno esagerato.
Non solamente Beppe Grillo, quando s’intestardisce a chiedere conto dei 98 miliardi di euro di imposte non pagate dai Monopoli di Stato, ma anche tanti altri blogger, come per esempio Phastidio, che dovrebbe smettere di dare fastidio criticando il modo con cui si stanno buttando via 400/500 milioni di euro nella vicenda del Ponte sullo Stretto.
Anche il Ministro Di Pietro dovrebbe smettere di scrivere che quello del governo “è un comportamento da talebani, a quelli non piacevano i Budda e li hanno buttati giù per motivi ideologici”.

[Purtroppo l’ideologia stenta a morire. Sergio Cofferati un mese dopo essersi insediato a Palazzo d’Accursio fece abbattere le “gocce di Guazzaloca” perché non piacevano alla sinistra. L’unica cosa concreta che ha fatto … poi solo chiacchiere. Tanto che Gianfranco Pasquino, reclamando le primarie per il prossimo candidato sindaco, su Repubblica-Bologna d’oggi, afferma: «… l’attuale capo del governo cittadino non è esattamente il migliore che potremmo avere (e che vorremmo riavere) e … la città di Bologna merita di più»].

Provvedimenti come l’istituzione del ROC fanno venire in mente la censura che vigeva negli anni cinquanta, quando Oscar Luigi schiaffeggiava nei bar le signore troppo scollate, e in televisione le Kessler erano obbligate ad indossare calze nere coprenti.
Oggi, però, mi sembra che si vogliano censurare più le opinioni che i costumi: divertitevi pure, ma non pensate. E’ sintomatico un articolo del Corriere della Sera, di qualche giorno fa, in cui s’informano i lettori dell’esistenza d’alcuni siti molto particolari. Naturalmente il giornale lo fa per una giusta causa: contribuire alla rovina della "Hollywood a luci rosse".

Nella classifica mondiale sulla libertà di stampa l’Italia è al quarantesimo posto, dietro Paesi come l’Ecuador, il Cile e la Corea del Sud.
Di quanti posti scenderemmo, se fossimo costretti a chiudere i blog?


sabato 13 ottobre 2007

Vocazione maggioritaria

Alcuni autorevoli membri dei DS non hanno seguito i loro compagni nell’avventura del Partito Democratico e si sono scissi. A loro il leader del PD potrebbe rivolgere un’esortazione di questo tenore (tra parentesi alcune modifiche lessicali per aggiornarla ai nostri tempi):

«Se saremo all’altezza del compito che la realtà italiana ci propone, trascineremo dietro la gloriosa bandiera del socialismo rivoluzionario e democratico (dietro al glorioso simbolo del ramoscello d’ulivo), le classi lavoratrici (le classi dei contribuenti e consumatori). Perché non basta aver restituito ai lavoratori (ai contribuenti e consumatori) lo strumento della loro emancipazione. Occorre che tutti i lavoratori (i contribuenti e consumatori) intendano che il nostro Partito è il loro partito, che i nostri ideali sono i loro ideali. Iniziando questo duro cammino, il nostro pensiero fraterno si rivolge ai compagni che non hanno creduto di unirsi a noi, perché convinti di poter ancora lottare per i comuni ideali in quella che avrebbe dovuto essere, e non è più, la casa di tutti i socialisti. Siamo certi che li ritroveremo e l’approvazione che un giorno ci verrà da loro, cancellerà il ricordo di un distacco amaro».

No, non è un brano del discorso di Walter Veltroni al Lingotto, ma è la conclusione del discorso che Giuseppe Saragat tenne a Palazzo Barberini il 9 gennaio 1947, sessanta anni fa. Saragat non ha ancora ottenuto l’ambita approvazione per il semplice fatto che il PD lo ha scavalcato a destra.
Altre storie, altre cause, altre imprese.

Veltroni garantisce che il Partito Democratico nasce con una vocazione maggioritaria.
Sicuramente sarà eletto dal voto di uno o due milioni d’elettori. Io penso che non sarà per niente un flop, anzi non mi stupirei se domani gli elettori fossero anche più di cinque milioni (con conseguente clamore di fanfare). Tanto più saranno i voti, tanto prima Veltroni dovrà portare il PD, da solo, alle elezioni per dimostrare che quella vocazione può realizzarsi.

Nel 1948 la Democrazia Cristiana ebbe il 48,5% di voti, il Fronte Democratico Popolare di Nenni e Togliatti il 31% e Unità Socialista di Saragat il 7%. La sua coraggiosa e lungimirante scelta contribuì ad impedire in Italia la vittoria delle sinistre e la formazione di un governo marxista e filo-sovietico (evento che avrebbe costretto anche il giovane Veltroni a diventare comunista, suo malgrado, e gli avrebbe impedito di vedere tanti bei film americani).
Oggi per essere maggioritari occorrono tredici milioni di voti.
I promotori del PD sottolineano il coraggio della loro scelta. Purtroppo con le scelte coraggiose (a volte disperate) il destino si rivela spesso “cinico e baro”.


Premio Nobel per la pace

Al Gore ha vinto il Nobel per la pace e “rinasce addirittura come presidente del mondo”.
Gli ambientalisti esultano, Hillary Clinton si congratula e Bush è contento.
I critici, quelli che si chiedono cosa ha fatto Al Gore per la pace, indaghino. Può darsi che, negli ultimi anni, anche la Fondazione Nobel sia ricorsa alla pratica degli appalti e dei subappalti e abbia affidato la selezione dei candidati e il giudizio finale al comitato che assegna i premi IG Nobel.
Premi assegnati annualmente alle ricerche scientifiche di dubbia fondatezza o che contengono aspetti divertenti o poco seri. Ad esempio, in passato, il premio è andato allo studio teso a provare che «i buchi neri soddisfano tutte le caratteristiche tecniche che li renderebbero il luogo dove si trova l'Inferno». (Vedere Wikipedia: premio Ig Nobel)


 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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