IL BLOG DI SERGIO VIVI



sabato 21 aprile 2007

Non può mica fare tutto lui

ATTENZIONE
A SEGUITO DI VARIAZIONI NORMATIVE FISCALI

QUESTO CUD 2007
SOSTITUISCE QUELLO PRECEDENTEMENTE INVIATO

Quante persone hanno letto, in questi giorni, questa avvertenza.
Le norme dell’ultima finanziaria hanno introdotto, a quanto pare -oltre alla libertà per i comuni di innalzare l’aliquota dell’addizionale Irpef- anche il pagamento dell’acconto annuale.
Probabilmente a causa dei ritardi con cui molti degli 80.000 comuni hanno deliberato l’aliquota dell’addizionale per l’anno in corso, i sostituti d’imposta (enti previdenziali ed aziende) che hanno inviato –a termine di legge- prima del 15 marzo un primo CUD basato sulle aliquote del 2006, sono stati successivamente costretti a inviarne un secondo basato su quelle del 2007.

Così, alla mia famiglia, sono arrivati due certificati INPDAP (uno datato 2 gennaio, l’altro 28 febbraio) e due certificati INPS (31 dicembre e 30 marzo - recapitato però l’11 aprile). Sola e unica differenza l’importo della casella 7-bis [Acconto 2007 dell’Addizionale comunale all’Irpef]: 31 euro in più nel primo caso, 34 euro in più nel secondo.

Un sacco di gente ha fatto il lavoro due volte, Caf compresi, dato che hanno cominciato ad accettare i modelli 730 intorno al 20 marzo.
Chi avesse già consegnato il modello e avesse già ottenuto il visto di conformità, cosa deve fare?
Elementare Watson: il “cittadino lavoratore” o il “cittadino pensionato” dovrà perdere un’altra mattina e spendere 2 euro di bus -circa il 6% delle cifre in ballo- per recarsi al CAF una seconda volta.

Perché quando fanno le leggi non pensano alle conseguenze?
Quanto viene a costare questo pasticcio?
Perché dobbiamo continuare a subire un’Amministrazione così scalcinata?
E’ questa «la serietà al governo» che Prodi ci aveva promesso?

Anche se –è giusto concederlo- non può mica fare tutto lui.


giovedì 19 aprile 2007

Occhio ai numeri: se li conosci li eviti

Interessante dossier sui “costi della politica” sulla Repubblica del 14 aprile 2007 a pagina 9:

«In Italia o vinci la lotteria o ti butti in politica. Il risultato è lo stesso: una vita al riparo dalle difficoltà economiche. Questo devono aver pensato gli oltre 400mila cittadini che oggi vivono di politica: deputati, assessori, consiglieri locali e consulenti. Un esercito che costa alle casse dello stato oltre tre miliardi di euro, all’anno».

Chiunque leggendo la seconda cifra e pensando agli stipendi dei parlamentari non può che esclamare: cavolo!
E’ successo anche a me di recriminare sui costi della politica ma, se i dati riportati nell’articolo sono veri, non posso che fare ammenda.

Tre miliardi di euro diviso 400mila persone dà una media di 7.500 euro all’anno, 625 euro al mese. Meno di un contrattista a progetto. Per fortuna ho fatto il metalmeccanico.


Queste esagerazioni capitano spesso, in tutti i campi: ad esempio, quando si parla di evasione fiscale o dei guadagni dei lavoratori autonomi.


mercoledì 18 aprile 2007

Dittatura della maggioranza e legge elettorale

Essendo in pieno svolgimento il dibattito sulla riforma della legge elettorale, sarebbe anche il caso di non trascurare quell’aspetto particolare che va sotto il nome di dittatura della maggioranza. Molti ricorderanno ancora il ricorso a questo argomento da parte dell’opposizione del centrosinistra, sul finire della scorsa legislatura, quando il centrodestra fece approvare con la forza dei numeri la sua riforma costituzionale.

«Questa è la dittatura della maggioranza» tuonò Giuliano Amato per definire il progetto di riforma costituzionale della Casa della Libertà (la Repubblica, 21 gennaio 2004).
La Casa delle Libertà, con il suo progetto di riforma costituzionale, «sta creando le premesse per una moderna e pericolosissima dittatura di maggioranza, anzi del primo ministro stesso» dichiarò il leader dell’Unione Romano Prodi, che aggiunse: «Prima di tutto e avanti a tutto abbiamo un dovere essenziale al quale adempiere: fare tutto ciò che è in nostro potere per avvisare il nostro popolo dei pericoli che incombono su di noi. Batterci in ogni modo perché nessuno possa dire domani che non sapeva, che non vedeva, che non capiva» (Corriere della Sera, 11 marzo 2005).
Allo stesso argomento si ricorse in occasione dell’approvazione della “legge Gasparri” sulle telecomunicazioni.

Adesso che è al governo e che cura personalmente l’iter delle modifiche, è bene che Prodi “adempia il dovere essenziale”, “faccia tutto quello che è in suo potere” per scongiurare che il pericolo si ripresenti nel prossimo futuro e dimostri “che sa, che vede e che capisce”.
Più che altro, preoccupa il fatto che, una volta avvenuta la fondazione, il Partito Democratico possa ottenere, alle prossime elezioni, una maggioranza così schiacciante, tale da fare impallidire quella ottenuta dalla Casa della Libertà nel 2001 e che, pertanto, il problema della DdM possa riproporsi.

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Anch’io, nel mio piccolo, sto ragionando sulla riforma elettorale (vedere il banner in testa al blog). Penso, ad esempio, che sarebbe più giusto assegnare un premio di maggioranza - per permettere la governabilità- assegnando un voto di peso maggiore ai deputati del gruppo maggioritario che sostiene il governo, invece che un premio in seggi. Ho proposto la formula:
P x SM = Sm + 40
da cui:
P = (Sm + 40) / SM
dove:
P = Peso del voto dei deputati del gruppo parlamentare maggioritario
SM = Numero dei seggi del gruppo maggioritario
Sm = Totale dei seggi dei gruppi minoritari
40 = Maggioranza prefissata (espressa in numero di seggi virtuali)

Esempi di calcolo
Supponiamo, per semplicità, che si costituiscano alla Camera dei deputati sempre tre gruppi parlamentari composti come segue:

275, 257, 98
P = [(257 + 98) + 40] / 275 = 1,44
Rapporti di forza alla camera
275 x 1,44 > 396 vs 355 > +41

315, 221, 94
P = [(221 + 94) + 40] / 315 = 1,12
Rapporti di forza alla camera
315 x 1,13 > 355,95 vs 315 > +40,95

335, 203, 92
P = [(203 + 92) + 40] / 335 = 1,00
Rapporti di forza alla camera
335 x 1,00 > 335 vs 295 > +40

355, 185, 90
P = [(185 + 90) + 40] / 355 = 0,89
Rapporti di forza alla camera
355 x 0,89 > 315,95 vs 275 > meno 40,95

Nei primi due casi il peso del voto risulta maggiore di 1.

Nel terzo caso in cui il gruppo maggioritario ha conquistato 40 seggi (maggioranza prefissata) in più dell’opposizione –come in tutti i casi simili (ad esempio 299,299, 32) il peso del voto è uguale a 1. Ci possono essere, cioè, dei casi in cui non scatta nessun premio.

Nel quarto caso in cui il gruppo maggioritario ha conquistato oltre 40 seggi in più dell’opposizione il peso del voto risulta inferiore a 1.

Cioè la formula permette di mantenere i rapporti di forza alla camera intorno ai 40 seggi virtuali prefissati (le piccole differenze dal valore 40 sono dovute all’approssimazione del calcolo).

Come si vede questo meccanismo di regolazione della maggioranza previene anche l’instaurarsi di una «dittatura della maggioranza» , facendo sì che per l’approvazione di leggi che richiedono una maggioranza qualificata necessiti l’accordo con l’opposizione.

La formula non si riesce ad applicare soltanto nel caso in cui vengano costituiti soltanto due gruppi parlamentari di 315 deputati ciascuno. In questo caso o si fanno le larghe intese o si trova un criterio –ovviamente arbitrario- per attribuire la vittoria a un gruppo piuttosto che all’altro.

E’ stato fissato il valore di 40 per la maggioranza, ma non è detto che sia quello ottimale (ammesso che ci sia un valore ottimale).



domenica 15 aprile 2007

Le banche, Telecom e Tronchetti Provera


La notizia è di sabato 7 aprile:14 miliardi di utili (+26%) per le prime otto banche italiane.
Diconsi UTILI NETTI dopo le tasse.
Una mezza finanziaria.
Tre volte i 4 miliardi e 600 milioni di euro circa che AT&T e America Movil hanno offerto per l’acquisto dei due terzi di Olimpia, la società che controlla Telecom Italia.
Anche se su di me non piove mai, è una magnifica notizia. E’ il segnale che l’economia italiana regge. Che anche le aziende devono aver guadagnato, se hanno potuto alimentare tale flusso di denaro verso le banche (e, di conseguenza, verso il fisco le cui entrate sono in aumento anche nel 2007).

La notizia arriva mentre è in pieno svolgimento la vicenda Telecom.
Come sanno anche i sassi, attualmente il padrone di Telecom è Marco Tronchetti Provera.
Secondo Pietro Calabrese, direttore di Panorama, “un uomo corretto e perbene e il capitalismo nostrano non è che pulluli di esemplari simili”.
Secondo Eugenio Scalfari, fondatore della Repubblica, al contrario, il rappresentante di un capitalismo straccione, un “predatore” a danno di un azionariato diffuso, il cosiddetto “parco buoi”.
Fossimo in Russia il Nostro sarebbe già stato condannato ai lavori forzati e deportato in Siberia, dove Afef l’avrebbe voluto sicuramente seguire, così come la bellissima Gruscenka era pronta a seguire l’amato Dimijtri Karamàzov.

Ma davvero Tronchetti Provera è il padrone e il solo responsabile degli attuali guai di Telecom?

Guardiamo il grafico 1

Appare chiaramente che Tronchetti Provera è il legittimo padrone della Gpi con il 61% delle azioni. Lo è anche della Camfin, avendo Gpi il 50,1% di questa società, e Tronchetti Provera può, pertanto, disporre dell’intero 19,63% investito in Pirelli & C.
In Pirelli & C, è stato costituito un patto di sindacato.
Da una parte, secondo Scalfari, quattro rappresentanti del capitalismo straccione (Tronchetti Provera, Benetton, Moratti e Lucchini) con il 25,84%, dall’altra sei nobili aziende bancarie e assicurative con il 20,36% di capitale (tanto indifferenti al denaro che, non appena la BCE aumenta il tasso di sconto, un minuto prima hanno già aumentato le rate dei mutui-casa di 100 euro, lasciando fermi allo zero-virgola i tassi creditori dei loro clienti).
In Olimpia il potere è nelle mani del patto di sindacato di Pirelli & C.
Si vede anche che le banche -maestre nel rastrellare denaro- hanno partecipazioni dappertutto: ad esempio, nella Camfin che controlla Pirelli & C, ma anche in questa che controlla Olimpia che controlla Telecom Italia e, da ultimo, anche in Telecom.

E’ lapalissiano che se sono predatori i rappresentanti dei “capitalisti straccioni”, lo sono anche le banche.
Tutto quello che ha fatto Tronchetti Provera, lo ha fatto perché le banche hanno trovato conveniente lasciarlo fare.

Ha scritto sul Corriere del 12 aprile Francesco Giavazzi:
“Per mantenere il controllo in mani italiane, il governo auspica che un gruppo di banche e fondazioni, senza alcuna esperienza nelle telecomunicazioni, facciano un’offerta analoga.
L’assurdità, come ha osservato Alessandro Penati su la Repubblica del 5 aprile, è che queste stesse istituzioni sono corresponsabili degli errori della gestione attuale, perché fino a ieri erano soci di Pirelli in Olimpia o siedono ancora nel sindacato che controlla Pirelli. Se qualcuno è disposto a pagare il 30% in più per il controllo di un’azienda, può avere due ragioni per farlo: o crede di riuscire a migliorarne la gestione (come gli olandesi con Antonveneta), oppure vuole ricavarne dei benefici privati. Quando il governo oggi auspica l’impegno di banche che hanno condiviso, seppur indirettamente, la gestione di Telecom è evidentemente pronto ad accordare loro questi benefici: ad
esempio la garanzia che nessuno metterà in discussione la governance autoreferenziale delle fondazioni che controllano la maggior parte del sistema finanziario italiano e nominano gli amministratori delle banche”.


Nei grafici 2 e 3 sono elencati in dettaglio i denari investiti rispettivamente in Pirelli & C ed in Telecom Italia.

Come finirà l’affare Telecom?
I problemi posti sono due:
la difesa dei piccoli azionisti,
lo scorporo e il potenziamento della rete.

Il primo lo considero un falso problema. Comperare azioni non è un obbligo per nessuno. Lo si fa, a lungo termine, per cercare di non fare perdere potere d’acquisto ai propri risparmi. Se non si vuole rischiare si comperano Bot e Cct, o Pronti contro termine.
Ma è poi vero che i piccoli azionisti vogliono essere difesi?
Né il Fondatore né il Comico hanno spiegato chiaramente in cosa consista la truffa ai loro danni. Vedremo, comunque, quante deleghe riuscirà a raccogliere Beppe Grillo fra le decine di migliaia di lettori del suo Blog.
Secondo la Consob, però, Grillo non avrebbe ottemperato -almeno fino al 3 aprile scorso- agli adempimenti previsti dagli artt. 136 e ss. del D.Lgs. n. 58/98 e degli artt. 132-138 del Regolamento Consob n. 1971/99 in materia di sollecitazione o di raccolta di deleghe di voto, che è un’attività riservata alle associazioni di piccoli azionisti rispondenti ai requisiti di cui all’art. 141 del TUF … bla, bla … bla.
Come si vede, un bel sbarramento.
E’ curiosa questa contraddizione: in politica si depreca l’esistenza dei troppi partitini e si auspica lo sbarramento per stroncarne il potere di veto. In economia si vogliono difendere i piccoli azionisti, però si permette ogni tipo di sbarramento (vedi gli adempimenti richiesti a Grillo) per impedire loro di votare in assemblea.
Gli sbarramenti sono sempre antidemocratici, in economia come nelle leggi elettorali.
Se si vogliono eliminare le scatole cinesi, si riformi il diritto societario invece di recriminare sul comportamento del singolo.

Innovazione della rete. E’ un compito di natura eminentemente tecnica che può essere affrontato soltanto da un’azienda a guida industriale. Non certamente dalle banche.
C’è il rischio di fare scelte riduttive: è meglio realizzare la dorsale nazionale con le fibre ottiche oppure con i ponti radio? Non sappiamo cosa ci riserva la tecnologia nel prossimo futuro.
Certamente non si potrà stendere una fibra ottica fra la terra e la luna.
Il telefono satellitare è già una realtà. Permette comunicazioni bidirezionali. Se si implementa l’oggetto con le potenzialità di un personal computer, ecco fatta l’internet satellitare che renderebbe inutile una dorsale a fibre ottiche.Oggi costerebbe troppo ma, come si sa, se diventa un consumo di massa i costi si abbassano rapidamente.
Se il potenziamento della rete non è compito delle banche, a maggior ragione non lo è della mano pubblica, specialmente sotto la guida di un governo di centrosinistra come l’attuale.
Hanno cancellato il ponte sullo stretto, la tirano per le lunghe con la TAV. Discutono tutti i giorni come spendere il “tesoretto” (grisbi, in francese), ma sanno che, dopo aver distribuito qualche briciola “alle fasce più deboli”, servirà a malapena a pagare le pesantissime penali alla società che si erano aggiudicati gli appalti del ponte e delle diverse tratte della TAV.


giovedì 12 aprile 2007

La sorpresa nell'uovo

Per la prima volta, quest’anno, ho trovato nell’uovo di Pasqua una sorpresa degna di questo nome.
L’uovo naturalmente era un Lindor da 550 grammi della Lindt, cioccolato di cui io sono ghiotto.
Ecco l’oggetto:




Si tratta di una luce per leggere a letto senza disturbare il partner.

Se poi si ha la fortuna di avere un letto con la testata di cuoio non c’è neppure bisogno di staccare e riattaccare la molletta ai fogli del libro quando si volta pagina. La si fissa al cuoio una volta per tutte.



Così, quando non voglio disturbare, spengo la lampada sul comodino e accendo la Lindt, snodabile, con un fascio di luce direzionale e concentrato sulla pagina, che lascia la stanza completamente al buio.




venerdì 6 aprile 2007

Ricordo di Dino Gavina


Con Dino Gavina, che nel biglietto da visita si dichiarava di professione “sovversivo”, scompare una delle persone che, nella seconda metà del secolo scorso, fecero di Bologna una città viva e un po’ cosmopolita.
Per tanti della mia generazione un altro pezzo del loro mondo che se ne va.
Ricordo ancora il senso di trepidazione con cui entrai, la prima volta, in quel luogo speciale e un po’ magico che è stato il negozio Simon di via Altabella.

Per chi fosse interessato, segnalo la rievocazione fatta su
design-italia
La foto (ingrandire) sul sito ritrae Dino Gavina, Achille e Pier Giacomo Castiglioni accanto alla poltrona San Luca sotto i portici di San Luca a Bologna nel 1960.
Nella foto in testa al post, alcuni pezzi della collezione Ultramobile.



lunedì 2 aprile 2007

Salari, pressione fiscale e promesse

In Italia abbiamo i salari (e ovviamente le pensioni) tra più bassi d’Europa.
Lo pubblicava venerdì 30 marzo la Repubblica.

Salario medio annuo lordo per lavoratore
dati in euro 2004 (Crescita dei salari dal 2000 al 2005 in %)


Danimarca ------- 42.484 --- (+16,0)
Germania -------- 41.046 --- (+11,7)
Gran Bretagna --- 39.765 --- (+27,8)
Olanda ----------- 37.026 --- (+21,3)
Belgio ------------ 35.578 --- (+15,9)
Norvegia ---------- (n.d.) ---- (+25,6)
Svezia ------------ 32.457 --- (+7,7)
Finlandia --------- 31.539 --- (+21,1)
Irlanda ----------- 30.170 ---- (n.d.)
Valore medio ---– 30.148 --- (+17,7)
Francia ----------- 29.549 --- (+17,5)
ITALIA ------------ 22.053 --- (+13,7)
Spagna ----------- 19.928 --- (+17,2)
Grecia ------------ 17.360 ---- (n.d.)
Portogallo -------- 12.969 --- (+16,6)

Come si vede siamo un paese molto virtuoso: il salario medio italiano è il 73,1 % di quello medio europeo, ed esattamente la metà di quello danese (49,6 %).
La crescita dei salari dal 2005 al 2006 è superiore soltanto a quello della Germania che, però, ha un salario medio quasi doppio. La Svezia è, come sempre, un caso a sé.
I dipendenti, a partire dall’introduzione dell’Euro, hanno goduto di un aumento dei salari del 13,7 % contro una perdita del
potere d’acquisto del 40 % (un euro uguale mille lire).
Per i pensionati gli aumenti sono stati la metà.


In compenso paghiamo più tasse che nel resto d’Europa.
Nel Bollettino Economico relativo al primo trimestre diffuso oggi, ancora una volta la Banca d’Italia denuncia l’incremento della pressione fiscale e sollecita una riduzione delle tasse. Via Nazionale rileva che la pressione fiscale supera “quella media dell'euro e si colloca in prossimità dei valori massimi storici”.

Come ho già scritto in questo post "In un paese normale sarebbe auspicabile che, nel determinare un’equilibrata “politica dei redditi”, anche la pressione fiscale fosse calibrata sul potere d’acquisto dei contribuenti”.

Per il bene dell’Italia.
Programma di Governo 2006-2011
Pagina 203 di 281


“In questi anni si è realizzato un drammatico impoverimento del potere d’acquisto dei redditi medio-bassi. Ma è anche stato riconosciuto un vantaggio fiscale alla rendita piuttosto che ai redditi prodotti dalle imprese. Dobbiamo invertire questa situazione attraverso una politica fiscale che realizzi:

il sostegno alle responsabilità familiari […] ;

la restituzione del fiscal drag;

la uniformità del sistema di tassazione delle rendite finanziari […]”


A quando il lieto evento?


 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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