IL BLOG DI SERGIO VIVI



venerdì 10 agosto 2007

I saldi di luglio


Tempo di vacanze, tempo di saldi.
Tra quelli di fine luglio rientrano a pieno diritto anche quelli proposti dalla politica.
Uno dei temi che ha spopolato sui media in questo periodo è quello della “frammentazione politica” vista come la causa che blocca le riforme e impedisce ai “buoni” governi di decidere. «A causa della forza elettorale delle estreme».

Dopo avere osservato che «un governo che dia troppo spazio alle posizioni estreme è necessariamente destinato al fallimento» Angelo Panebianco (sul Corriere della Sera del 17 luglio 2007) afferma che «salvare il bipolarismo non è una fissazione da politologi. Significa voler salvare una cosa molto concreta: la possibilità per gli elettori di mandare via i governi e le maggioranze di cui sono insoddisfatti».

A sostegno della sua tesi, il professore fa il seguente esempio:
«Fu proprio perché non c’erano bipolarismo né possibilità di alternanza che i governi della Prima Repubblica, nel corso degli anni, sicuri della loro impunità, poterono scaricare sulle spalle delle generazioni successive un immenso debito pubblico».

E’ il caso di ricordare che il grosso del debito pubblico si è accumulato a partire dagli anni ottanta, negli ultimi quindici anni circa della Prima Repubblica, fino a raggiungere il 102% del Pil.
Nella Seconda Repubblica, dopo alcuni governi di centrodestra e alcuni di centrosinistra, in presenza di bipolarismo e di effettiva alternanza, il debito pubblico non solo non è diminuito, ma è ulteriormente lievitato al 106%.
Non sembra che l’attuale bipolarismo sia stato una panacea contro quel fenomeno.

«Che fare allora? Come salvare capra e cavoli? Ricette miracolose non ce ne sono. Bisogna darsi da fare con quel che c’è. E l’unica cosa che c’è (o è possibile che ci sia) è la riforma elettorale».

Anche Giovanni Sartori vuole far fuori i “nanetti”, come chiama i piccoli partiti. Però, secondo il professore (Corriere della Sera del 20 luglio 2007), il bipolarismo vigente finora in Italia «è un unicum molto diverso dagli altri bipolarismi. Il nostro è un bipolarismo rigido, ingessato … In tutte le altre democrazie, invece, il bipolarismo è flessibile e aperto; il che vuol dire che ogni polo si adatta alle circostanze e si apre, occorrendo, a soluzioni “allargate”».

«… mentre il bipolarismo flessibile può funzionare comunque vadano le elezioni … il bipolarismo all’italiana si fonda sull’originalissima idea che le elezioni lo devono servire producendo ogni volta una maggioranza largamente autosufficiente. … E se producono dei pareggi? In tal caso sbagliano gli elettori, ed è il sistema elettorale che li deve costringere al bipolarismo».
«La verità è che a livello elettorale una distribuzione dualizzata tipo “destra-o-sinistra” è normale, è fisiologica, in tutte le democrazie. …E la riprova del fatto che il bipolarismo sia fisiologico è data dalla constatazione che tutte le democrazie occidentali sono bipolari quale che sia il sistema elettorale. Il punto è, allora, che il bipolarismo all’italiana è una costruzione del tutto artificiale, artificiosa e innecessaria».

C’è anche chi mette in dubbio che neppure il taglio delle estreme renderebbe possibile l’attuazione delle riforme: «… è tutto da dimostrare che “il taglio delle ali estreme” e governi centristi siano in grado di attuare le riforme impopolari che i governi inglesi hanno adottato e alle quali Sarkozy pare accingersi». (Michele Salvati sul Corriere della Sera del 18 luglio 2007)
Tanto più che «i poteri di veto sono esercitati non solo all’estrema destra e all’estrema sinistra ma anche all’estremo centro e forse sono più pericolosi di quelli delle altre estreme». Così il leader referendario Giovanni Guzzetta (la Repubblica del 27 luglio 2007),

Salvatore Vassallo (sul Corriere della Sera del 21 luglio 2007) scrive:
«Anche nel centrosinistra si va affermando quindi l’idea, condivisibile, che il bipolarismo debba essere ripensato su basi nuove, evitando patti pre-elettorali capestro tra forze troppo eterogenee».
Vassallo, dopo avere esposto quelle che per alcuni settori del centrosinistra sono le virtù del sistema elettorale tedesco, bolla questo sistema come quello che permetterebbe al “partito di centro” [Casini, Mastella, Montezemolo (forse), Di Pietro e Pezzotta (con il gradimento del cardinal Ruini)] di godere di una rendita di posizione spropositata.
«Se si vuole ripensare il bipolarismo su nuove basi … serve un sistema elettorale proporzionale che tenda, per suoi meccanismi interni, a sovra-rappresentare i partiti più grandi … Chi evoca il sistema tedesco come soluzione per superare il referendum, lavora insomma a un imbroglio».

Dalla proposta in dieci punti (e vai coi decaloghi!) che Walter Veltroni ha inviato al Corriere della Sera il 24 luglio 2007.
Terzo punto: «riformare la legge elettorale, in modo da ridurre la assurda frammentazione (eh, te pareva!) e favorire un bipolarismo basato su competitori coesi programmaticamente e politicamente. Il governo sarebbe così capace di assicurare l’attuazione del programma … E infine la ricostruzione di un rapporto fiduciario tra elettori ed eletti, mediante la previsione per legge di elezioni primarie per la selezione dei candidati».
Le primarie? Ve le raccomando! Con le opinabili regole previste per il “14 ottobre”. Non sarebbe molto più semplice inserire sulla scheda elettorale alcune righe vuote sulle quali gli elettori potessero esprimere le loro preferenze, scelte da una lista la più numerosa possibile? Sarebbero elezioni con primarie embedded.
Ma chi nomina il voto di preferenza, anche se si chiama Walter, muore.

* * * * * *

Pur affermando quasi tutti la necessità di porre fine alla frammentazione dei partiti, le conclusioni di questi autorevoli interventi sono:

è necessaria una riforma elettorale;

non vale la pena di salvare l’attuale bipolarismo;

il bipolarismo flessibile (l’unico buono, non quello di Prodi) non dipende dal sistema elettorale impiegato;

il taglio delle estreme non è una garanzia per l’attuazione delle riforme;

è meglio un sistema elettorale proporzionale;

è bene presentarsi alle elezioni con coalizioni coese;

gli elettori devono potere selezionare chi siederà in parlamento.

* * * * * *

Dato che il maggiore esperto di ingegneria costituzionale si guarda bene dal suggerire una soluzione (compiacendosi di stroncare quella che viene di volta in volta adottata), spetta a noi cittadini chiedere quello che desideriamo.

Chiedere è lecito, rispondere sarebbe doveroso. Cari politici di destra, di centro e di sinistra, molti italiani rivogliono il voto di preferenza e non sono più disposti a seguirvi in nessuna suite di costosi hotel e a calarsi le mutande. Tanto più se, oltre a pagare a qualche singolo individuo una misera marchetta con i nostri soldi, ci fate pagare anche la lussuosa accommodation.
Non è antipolitica questa, ma cronaca quotidiana letta sul Corriere o su Repubblica.


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Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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