IL BLOG DI SERGIO VIVI



domenica 15 aprile 2007

Le banche, Telecom e Tronchetti Provera


La notizia è di sabato 7 aprile:14 miliardi di utili (+26%) per le prime otto banche italiane.
Diconsi UTILI NETTI dopo le tasse.
Una mezza finanziaria.
Tre volte i 4 miliardi e 600 milioni di euro circa che AT&T e America Movil hanno offerto per l’acquisto dei due terzi di Olimpia, la società che controlla Telecom Italia.
Anche se su di me non piove mai, è una magnifica notizia. E’ il segnale che l’economia italiana regge. Che anche le aziende devono aver guadagnato, se hanno potuto alimentare tale flusso di denaro verso le banche (e, di conseguenza, verso il fisco le cui entrate sono in aumento anche nel 2007).

La notizia arriva mentre è in pieno svolgimento la vicenda Telecom.
Come sanno anche i sassi, attualmente il padrone di Telecom è Marco Tronchetti Provera.
Secondo Pietro Calabrese, direttore di Panorama, “un uomo corretto e perbene e il capitalismo nostrano non è che pulluli di esemplari simili”.
Secondo Eugenio Scalfari, fondatore della Repubblica, al contrario, il rappresentante di un capitalismo straccione, un “predatore” a danno di un azionariato diffuso, il cosiddetto “parco buoi”.
Fossimo in Russia il Nostro sarebbe già stato condannato ai lavori forzati e deportato in Siberia, dove Afef l’avrebbe voluto sicuramente seguire, così come la bellissima Gruscenka era pronta a seguire l’amato Dimijtri Karamàzov.

Ma davvero Tronchetti Provera è il padrone e il solo responsabile degli attuali guai di Telecom?

Guardiamo il grafico 1

Appare chiaramente che Tronchetti Provera è il legittimo padrone della Gpi con il 61% delle azioni. Lo è anche della Camfin, avendo Gpi il 50,1% di questa società, e Tronchetti Provera può, pertanto, disporre dell’intero 19,63% investito in Pirelli & C.
In Pirelli & C, è stato costituito un patto di sindacato.
Da una parte, secondo Scalfari, quattro rappresentanti del capitalismo straccione (Tronchetti Provera, Benetton, Moratti e Lucchini) con il 25,84%, dall’altra sei nobili aziende bancarie e assicurative con il 20,36% di capitale (tanto indifferenti al denaro che, non appena la BCE aumenta il tasso di sconto, un minuto prima hanno già aumentato le rate dei mutui-casa di 100 euro, lasciando fermi allo zero-virgola i tassi creditori dei loro clienti).
In Olimpia il potere è nelle mani del patto di sindacato di Pirelli & C.
Si vede anche che le banche -maestre nel rastrellare denaro- hanno partecipazioni dappertutto: ad esempio, nella Camfin che controlla Pirelli & C, ma anche in questa che controlla Olimpia che controlla Telecom Italia e, da ultimo, anche in Telecom.

E’ lapalissiano che se sono predatori i rappresentanti dei “capitalisti straccioni”, lo sono anche le banche.
Tutto quello che ha fatto Tronchetti Provera, lo ha fatto perché le banche hanno trovato conveniente lasciarlo fare.

Ha scritto sul Corriere del 12 aprile Francesco Giavazzi:
“Per mantenere il controllo in mani italiane, il governo auspica che un gruppo di banche e fondazioni, senza alcuna esperienza nelle telecomunicazioni, facciano un’offerta analoga.
L’assurdità, come ha osservato Alessandro Penati su la Repubblica del 5 aprile, è che queste stesse istituzioni sono corresponsabili degli errori della gestione attuale, perché fino a ieri erano soci di Pirelli in Olimpia o siedono ancora nel sindacato che controlla Pirelli. Se qualcuno è disposto a pagare il 30% in più per il controllo di un’azienda, può avere due ragioni per farlo: o crede di riuscire a migliorarne la gestione (come gli olandesi con Antonveneta), oppure vuole ricavarne dei benefici privati. Quando il governo oggi auspica l’impegno di banche che hanno condiviso, seppur indirettamente, la gestione di Telecom è evidentemente pronto ad accordare loro questi benefici: ad
esempio la garanzia che nessuno metterà in discussione la governance autoreferenziale delle fondazioni che controllano la maggior parte del sistema finanziario italiano e nominano gli amministratori delle banche”.


Nei grafici 2 e 3 sono elencati in dettaglio i denari investiti rispettivamente in Pirelli & C ed in Telecom Italia.

Come finirà l’affare Telecom?
I problemi posti sono due:
la difesa dei piccoli azionisti,
lo scorporo e il potenziamento della rete.

Il primo lo considero un falso problema. Comperare azioni non è un obbligo per nessuno. Lo si fa, a lungo termine, per cercare di non fare perdere potere d’acquisto ai propri risparmi. Se non si vuole rischiare si comperano Bot e Cct, o Pronti contro termine.
Ma è poi vero che i piccoli azionisti vogliono essere difesi?
Né il Fondatore né il Comico hanno spiegato chiaramente in cosa consista la truffa ai loro danni. Vedremo, comunque, quante deleghe riuscirà a raccogliere Beppe Grillo fra le decine di migliaia di lettori del suo Blog.
Secondo la Consob, però, Grillo non avrebbe ottemperato -almeno fino al 3 aprile scorso- agli adempimenti previsti dagli artt. 136 e ss. del D.Lgs. n. 58/98 e degli artt. 132-138 del Regolamento Consob n. 1971/99 in materia di sollecitazione o di raccolta di deleghe di voto, che è un’attività riservata alle associazioni di piccoli azionisti rispondenti ai requisiti di cui all’art. 141 del TUF … bla, bla … bla.
Come si vede, un bel sbarramento.
E’ curiosa questa contraddizione: in politica si depreca l’esistenza dei troppi partitini e si auspica lo sbarramento per stroncarne il potere di veto. In economia si vogliono difendere i piccoli azionisti, però si permette ogni tipo di sbarramento (vedi gli adempimenti richiesti a Grillo) per impedire loro di votare in assemblea.
Gli sbarramenti sono sempre antidemocratici, in economia come nelle leggi elettorali.
Se si vogliono eliminare le scatole cinesi, si riformi il diritto societario invece di recriminare sul comportamento del singolo.

Innovazione della rete. E’ un compito di natura eminentemente tecnica che può essere affrontato soltanto da un’azienda a guida industriale. Non certamente dalle banche.
C’è il rischio di fare scelte riduttive: è meglio realizzare la dorsale nazionale con le fibre ottiche oppure con i ponti radio? Non sappiamo cosa ci riserva la tecnologia nel prossimo futuro.
Certamente non si potrà stendere una fibra ottica fra la terra e la luna.
Il telefono satellitare è già una realtà. Permette comunicazioni bidirezionali. Se si implementa l’oggetto con le potenzialità di un personal computer, ecco fatta l’internet satellitare che renderebbe inutile una dorsale a fibre ottiche.Oggi costerebbe troppo ma, come si sa, se diventa un consumo di massa i costi si abbassano rapidamente.
Se il potenziamento della rete non è compito delle banche, a maggior ragione non lo è della mano pubblica, specialmente sotto la guida di un governo di centrosinistra come l’attuale.
Hanno cancellato il ponte sullo stretto, la tirano per le lunghe con la TAV. Discutono tutti i giorni come spendere il “tesoretto” (grisbi, in francese), ma sanno che, dopo aver distribuito qualche briciola “alle fasce più deboli”, servirà a malapena a pagare le pesantissime penali alla società che si erano aggiudicati gli appalti del ponte e delle diverse tratte della TAV.


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Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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