IL BLOG DI SERGIO VIVI



domenica 14 febbraio 2010

Kazuhide Takahama

E’ morto a Bologna il 10 Febbraio scorso, all’età di 80 anni, l’architetto Kazuhide Takahama.
Giapponese d’origine ma bolognese d’adozione è stato uno dei primi collaboratori di Dino Gavina in quella che è stata chiamata L’Avventura del Design.
Il giovane architetto giapponese giunge in Italia nel 1957, invitato da Gavina che lo aveva conosciuto in occasione della X Triennale di Milano nel 1954.

Il primo progetto è il divano “Naeko” (1957). Seguono tre divani (1965): “Marcel”, “Raymond” e “Suzanne” che, assieme al “Malitte” di Sebastian Matta (1966), «sono la prima organica e compiuta esperienza della corretta utilizzazione del poliuretano tagliato a grossi blocchi ….. ricchi di eccezionali valori funzionali e figurativi, in forte coerenza con il principio della produzione seriale e di una austerità luterana, implicita nella tradizione razionalista interpretata da Gavina». (1)

Nel 1968, quando Gavina costituisce la nuova azienda, la Simon International, il primo progetto imprenditoriale è l’operazione Ultrarazionale.

Una collezione straordinaria di mobili che impiegano l’acciaio, il vetro, il legno, il marmo e l’applicazione della lacca di serie. Assieme a Carlo Scarpa, principale artefice delle opere, Takahama interpreta nel migliore dei modi una delle tante idee di Gavina: «nobilitare (con la lacca) un banale pannello, che è l’unico semilavorato disponibile per la produzione di mobili in serie …».

In uno dei suoi volantini/manifesto Dino Gavina, racconta, infatti, come,
……….
Aiutato da due ciotole laccate (una rossa e una nera)
Che vedevo ogni mattina in casa,
cominciai a pensare che nella lacca antica c’era l’idea moderna
che poteva dare un preciso carattere al nostro periodo.
La lacca vive da secoli, è già dentro di noi,
nel ricordo di una grande civiltà.
……….
Dopo anni di lavoro,
dai primi risultati al perfezionamento
……….
Siamo riusciti a produrre per la prima volta in serie
Una laccatura molto simile, nel risultato, a quella cinese antica,
con il vantaggio di una resistenza a prova di secoli.
Il successo dei modelli laccati ha piano piano
Investito il mercato mondiale
Aggiungendo un’altra folgorante “palma” al prestigio del mobile italiano. ……….

Sono così nati la sedia
Kazuki il tavolo Antella, e la credenza Bramante, mobile modernissimo, dai riferimenti classici, studiato per dare massimo risalto alla lacca.

Nella foto il Bramante e la sedia Gaja (riflesso sulle porte s’intravede il tavolo Sarpi di Carlo Scarpa)
Altre opere di Takahama sono visibili nel
sito della Simon.

(1) Virgilio Vercelloni L’avventura del design: Gavina, Jaca Book 1987 pagina 15, 16.


venerdì 12 febbraio 2010

La sanità in bancarotta

La salute della sanità è importante almeno quanto la nostra salute individuale.
Qui a fianco la copertina di
“La sanità in bancarotta” di Arnold Kling.
«La sanità americana e quella dei paesi europei sembrano molto diverse, ma hanno qualcosa in comune: navigano a vista, verso una probabile bancarotta. …
… Il problema che ci dobbiamo porre», scrive Giampaolo Galli nella sua prefazione, «è dunque se siano o meno urgenti e necessarie riforme molto incisive volte a responsabilizzare la domanda e a spostare verso il settore privato, profit e no profit, quantomeno una parte del finanziamento del servizio sanitario».
Salvare la sanità, servirebbe anche per liberare le nuove generazioni dal
debito pubblico.


giovedì 11 febbraio 2010

I cordoni della borsa

Qualche sera fa, ho sentito a Ballarò il professor Luigi Spaventa affermare che il governo ha fatto bene a serrare i cordoni della borsa; che, in fatto di pensioni, siamo messi meglio degli altri Paesi per merito delle riforme Amato e Dini; che in fatto di tasse non c’è differenza coi governi di centrosinistra e che il problema più tragico riguarda il mercato del lavoro dove i giovani non hanno speranza.

Finora eravamo abituati a sentire soltanto “i megafoni” del centrodestra urlare lodi sperticate all’azione dell’esecutivo, alle quali facevano da controcanto gli strepiti, ancora più assordanti, degli oppositori. Sentire un economista di fama internazionale, collaboratore di Lavoce.info, già Presidente della CONSOB, ma soprattutto già Ministro del Bilancio nel governo Ciampi del 1993-94, esprimere giudizi equilibrati sull’operato del governo, ha destato la piacevole sensazione di vivere, una volta tanto, in un paese normale.
Perfino Repubblica, che qualche giorno fa considerava Berlusconi
la fabbrica del debito, ne ha dovuto rendere conto.


mercoledì 10 febbraio 2010

Oddio, tra Cinzia e Flavio, Bologna è senza sindaco!

Vediamo di capire cosa è emerso dalla lettura dei giornali delle ultime settimane.

PRIMO. Delbono non era per niente obbligato a dare le dimissioni a causa della fine di un suo rapporto sentimentale. Ci sono varie scuole di pensiero sul rapporto pubblico/privato dei comportamenti di chi ricopre cariche elettive.
Si va dall’assolutoria formula di Adorno che, in “Minima moralia”, scrive che in materia d’etica sessuale “l’accusatore ha sempre torto”. Alla pragmatica considerazione di Beniamino Placido nella lettera del 1990 alla figlia Barbara, (pubblicata lunedì scorso da Repubblica): «Gli uomini (tutti gli uomini e tutte le donne: anche noi, non solo “gli altri”) sono fatti anche di miti, di pulsioni profonde e inconfessabili, di ambizioni, di interessi». Per finire con il giudizio di Ludwig Feuerbach: «Per un’anima che veramente ama Dio l’amore per la donna è impossibile – è un adulterio». Da quel tempo, era il 1841, pare che soltanto il religiosissimo Sören Kierkegaard, per ottemperare a questo precetto, abbia rotto traumaticamente il suo fidanzamento, pentendosene amaramente per il resto dei suoi giorni.
Non si può chiedere ai politici di fare voto di castità.
Non si possono
reprimere i propri sensi, tanto più per il partito, che non è Dio.

SECONDO. Non è vero che Delbono ha fatto il gesto nobile di rassegnare le dimissioni. Si è arreso, invece, per ben due volte all’ultimatum del Partito Democratico, non certamente per dimostrare che “Loro” sono diversi. La prima dichiarazione resa dal Sindaco era stata: «non mi dimetto neanche se rinviato a giudizio» e, com’era solito dire Mike Bongiorno, la prima risposta è quella che vale. Ha ceduto una prima volta perché messo sotto pressione da Errani e da Prodi; la seconda, quando, nottetempo, la lobby dei costruttori l’aveva convinto a ritirarle.
Noi cittadini n’eravamo all’oscuro ma, in Regione, possiamo immaginare che la cosa fosse risaputa. Errani non poteva non sapere. Prodi non poteva non sapere. Anche in Via Altabella sapevano.
Se hanno chiesto le dimissioni, è perché c’era dell’altro.

TERZO. Nessuno aveva il diritto di mettere il dito tra i due (ex) innamorati. Guazzaloca consigliò alla Signora di rivolgersi o in procura, oppure al confessore. Al contrario, Cazzola se ne uscì con la frase: «Le porto i saluti della signora Cinzia», che scoperchiò la pentola.
Non l’avesse pronunciata, la Magistratura non sarebbe intervenuta e la vita sarebbe continuata come prima: la signora Cracchi a lavorare da qualche parte, il signor Divani a farsi, indisturbato, i suoi affari e il CUP 2000 “a risparmiare” (Repubblica del 9/2/10), mentre i suoi dirigenti non sarebbero stati chiamati a dare spiegazioni su assunzioni ed appalti.

QUARTO. La signora Cracchi dice: «L’ho fatto soltanto per riavere il mio lavoro, che non è quello del CUP. Ho sempre fatto un lavoro di segreteria politica». Noi non sappiamo se il trasferimento in regione sia stato un desiderio di Lui, di Lei o d’entrambi. La signora, ad ogni modo, era libera di non accettarlo e di rimanere a fare la “segretaria politica” in Comune.

* * * * * *
Adesso Bologna è senza Sindaco.
Inutile cercare di chi sia la colpa.
Di chi ha scelto il candidato Delbono?
Del centrodestra che, se avesse presentato un solo candidato, avrebbe potuto vincere le elezioni?
(Con tutto il rispetto per l’imprenditore Cazzola, soltanto Giorgio Guazzaloca era in grado di ripetere l’exploit del 1999).
Di Cazzola che ha scoperchiato la pentola?
Di Delbono che si è dimesso con tre giorni di ritardo?
Di Maroni, di Cicchitto e del centrodestra che, lecitamente in politica, sfrutta un vantaggio insperato?

Bologna resterà senza Sindaco e senza Consiglio comunale fino al 2011. In tanti si stanno stracciando le vesti per l’onta inflitta alla città dall’arrivo del Commissario prefettizio. Pensando alla paralisi dei pubblici appalti.

Possiamo anche capire che i Consiglieri abbiano fretta di tornare ad incassare i gettoni di presenza. Purtroppo, devono comprendere che ci sono “le finestre elettorali”, come ci sono –dopo averne raggiunto il diritto- “le finestre per accedere alla pensione” e come ci sono “le finestre di circolazione” per i possessori di un’auto Euro0 od Euro1. Tutte conseguenze di com’è intesa la flessibilità, tanto declamata da Lor’ Signori.

Non chiedetevi che cosa potrà fare il Commissario per la città, ma che cosa potrete fare voi per Bologna.
La signora Mantovani, ad esempio, anche se non è più assessore, non perderà le sue capacità di creatrice d’eventi. Potrà benissimo preparare i festeggiamenti in piazza per il capodanno 2011. Gianni Morandi, Lucio Dalla ed Andrea Mingardi saranno ben lieti di darle una mano. I professori della lista Bologna 2014 e gli undicimila cittadini consapevoli che hanno finora aderito all’appello di Repubblica, per le elezioni subito, potranno farsi promotori di una colletta per pagare l’esibizione di qualche guest star nazional-popolare, magari Adriano il molleggiato che, notoriamente, s’accontenta di un cachet modesto.
Io, l’ultimo dei cittadini, m’impegno fin d’ora a parcheggiare, una volta il mese, fuori della mia zona ma entro le strisce blu (sperando che se ne trovino ancora in giro), per contribuire, col pagamento della giusta contravvenzione, a superare la cifra che il sindaco ha messo, anche quest’anno, a bilancio per pareggiare i conti comunali.


martedì 9 febbraio 2010

La spesa pubblica

Nell’articolo “Se ci si accontenta del meno peggio” (la Repubblica d’oggi) Tito Boeri critica il governo perché, aumentando le tasse e tenendo fermi i cordoni della borsa, ha evitato che il deficit di bilancio crescesse come in altri paesi oggi nell’occhio del ciclone. Tremonti poteva ottenere lo stesso risultato migliorando la distribuzione della spesa pubblica, assorbita per due terzi da sole tre voci: pensioni, oneri sul debito pubblico e autonomie locali (leggi sanità). Boeri sottolinea questo difetto degli italiani: l’incapacità cronica d’intervenire sulla composizione della spesa pubblica.

Qualche tempo fa, il Professore spiegava in un altro articolo i modi per tassare i più ricchi. Spieghi anche, per favore, come interverrebbe Lui sulla spesa pubblica.
Io mi chiamo fuori.


Veltroni azionista

Oggi su Repubblica, Walter Veltroni scrive un appassionante ed accorato commento alla lettera, resa nota ieri e scritta nel febbraio 1990, da Beniamino Placido alla figlia.
Sostiene Veltroni che gli elementi degli azionisti oggi s’incontrerebbero e si fonderebbero con quelli delle culture del personalismo cristiano, della solidarietà, del comunitarismo … del riformismo socialista, che hanno dato vita al PD.
Ecco svelato il vero significato del nome: Partito D azione.
Ecco spiegato perché tanti ritengono che il partito democratico non esista più.

«Provarci sempre, non cedere mai. Senza paura di fare. Senza paura di sbagliare»: Veltroni ha ripreso a volare.


venerdì 5 febbraio 2010

la Repubblica AFFARI & FINANZA

E’ sempre interessante leggere la Repubblica. Utilizzando, ad esempio, i dati riportati nel servizio di pagina 2 e 3 del supplemento AFFARI & FINANZA N. 4 di lunedì 1 febbraio 2010 (e pochi altri trovati in internet) è stato possibile rappresentare, nel seguente grafico, l’evoluzione del DEBITO PUBBLICO italiano, dal 1994 in poi, mettendo in evidenza, come fa Repubblica, i contributi dei vari governi.

Il 1994 è considerato l’inizio della seconda repubblica perché, quell’anno, entrò in vigore la legge elettorale maggioritaria che produsse un radicale cambiamento del Parlamento.
Si può vedere che, il 10 maggio del 1994 quando entra per la prima volta a Palazzo Chigi, Berlusconi EREDITA un debito pubblico di 959 miliardi d’euro, pari al 115,7 del Pil (31 dicembre 1993).
Dal 1994 fino al 2004 il Debito, in percentuale del Pil, ha cominciato a scendere: 121,8 (Berlusconi) – 121,5 – 120,9 – 118,1 – 114,9 – 113,7 con i governi del centrosinistra; 109,2 – 108,8 – 105,7 – 104,4 – 103,8 - con il governo Berlusconi. Poi 105,8 nel 2005 (Berlusconi) – 106,5 nel 2006 (Berlusconi, Prodi) – 103,5 nel 2007 (Prodi) – 105,7 nel 2008 (Prodi, Berlusconi) – 115,1 nel 2009 (Berlusconi). In termini assoluti, invece, dal 1965 il Debito non ha mai cessato di crescere fino ad arrivare, oggi, a 1.800 miliardi d’euro.


I redattori di Affari & Finanza, nel loro servizio molto ben documentato, mostrano, tuttavia, soltanto una parte del grafico (di fianco alla foto di Berlusconi in prima pagina) che, completato con i dati della tabella a pagina 2, sarebbe questo qui sotto. Pubblicano, separatamente, il grafico del Rapporto Debito/Pil in % e quello del Rapporto Deficit/Pil in %, mentre tralasciano di mostrare il grafico del Debito pubblico in valori assoluti.

Sommando le cifre, si vede che il debito pubblico accumulato dai governi Berlusconi è stato superiore a quello accumulato dai governi Dini, Prodi Uno, D’Alema, Amato e Prodi Due: 430 miliardi di euro contro 349. Il confronto peggiora ulteriormente a svantaggio del centrodestra se i debiti accumulati sono rivalutati al 2009: 261 miliardi contro 80 del centrosinistra.
Quello che si vuole dimostrare è che Berlusconi non può lamentarsi e dire: «Se non avessi trovato questo debito pubblico…», essendo lui stesso l’artefice del disastro.

I redattori del servizio ignorano del tutto quanto successo prima del 1994, vale a dire, il debito accumulato negli ultimi quindici anni della Prima Repubblica (1980-1994) –grande come un macigno- e che questa ha lasciato in eredità alla Seconda ed alla generazione d’italiani nati dopo il 1978.
Paiono anche ignorare che nel 2008, in corrispondenza del quarto governo Berlusconi, è iniziato quel processo che va sotto il nome di CRISI ECONOMICA GLOBALE, che costituisce per lo meno un’attenuante per i 135 miliardi di debito accumulati nel 2009.

Ignorano anche che, in termini assoluti, il Debito non ha mai cessato di crescere e, con questi chiari di luna, si prevede che proseguirà così ancora per molti anni, soprattutto perché, essendo previsto un aumento del tasso d’interesse, aumenteranno gli interessi sul debito da pagare.
Il povero Berlusconi, pertanto, da qui al 2013, può aspettarsi almeno di accumulare altri 200 miliardi di debito; se poi dovesse vincere anche le prossime elezioni … sai che pacchia per i giornalisti di Repubblica.

Tutto quanto detto, assieme a stelloncini che strillano: «Il trucco è prendere i soldi dalle tasche degli italiani senza farsene accorgere», ha permesso d’intitolare lo scoop: «Berlusconi, la fabbrica del debito».

* * * * * *
Più serio il Rapporto / Scudo Fiscale (alle pagine 39, 40, 41) che permette di correggere l’opinione che questo strumento fosse l’ennesima infamia.
«Il fisco sorride: nuovi miliardi in arrivo… I conti definitivi si faranno alla fine ma è certo che la sanatoria ha funzionato meglio di quella francese», il che è tutto dire.


martedì 2 febbraio 2010

Posta in arrivo

Certamente hanno un bello spirito d’iniziativa questi personaggi, che usano con tanta fantasia la lingua italiana.


 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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