IL BLOG DI SERGIO VIVI



sabato 31 marzo 2007

I vantaggi del Caf

E’ tempo di presentare il Modello 730 per la dichiarazione dei redditi.
Per fortuna ci sono i CAF.
Non tutti sanno che questi centri sono di due tipi.
I Caaf (Centri autorizzati di assistenza fiscale) sono strutture costituite dai sindacati dei lavoratori, oppure dalle associazioni sindacali di categoria fra imprenditori, presenti nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, istituite da almeno dieci anni. (DLgs 490/98)
I Caf (Centri di assistenza fiscale) sono invece formati da soggetti legalmente abilitati alla professione di avvocato, consulente del lavoro, dottore commercialista, ragioniere e perito commerciale, regolarmente iscritti ai rispettivi albi professionali.

A norma del Decreto 24 marzo 2005 del Ministero dell’economia e delle finanze, per ciascuna dichiarazione modello 730/2004 elaborata e trasmessa, ai Caf spetta un compenso, a carico del bilancio dello Stato, valutabile per il 2007 in 15 euro (più dei supplementi a carico degli assistiti –ogni Caf ha le sue tariffe- se il Modello viene consegnato da compilare e a seconda dell’assistenza richiesta).

Nel 2006 i Modelli 730 elaborati dai Caf sono stati dell’ordine di 11 milioni e 500mila per un compenso statale totale di 172 milioni e 500mila euro.
(Cifra ricavata su questo sito
dove è riportato che il Caf Cisl, che da solo cura quasi il 20% di tutti i 730 presentati in Italia, ha raccolto due milioni 300mila dichiarazioni).

Per spartirsi la torta dei compensi, statali e non, i Caf usano oramai le più raffinate tecniche di advertising e di marketing.
Se le Acli fanno ricorso a principi di solidarietà cristiana offrendosi di “aiutarti a programmare le tue scadenze fiscali e ad affrontarle serenamente”,


altri, come la Coldiretti, offrono una card piena di sconti per l’acquisto di corsi di lingue, crociere, elettrodomestici, computer e … chi più ne ha più ne metta.

Altri ancora –oltre alla carta vantaggi- offrono l’estrazione a sorte (ogni dichiarazione un numero) di favolosi premi, tra cui una Nuova Opel Astra Twin Top Enjoy e crociere sul Nilo per coppie di viaggio in lussuosi hotel a 5 stelle.




Poche sere fa, ad Otto e mezzo, il Ministro Bersani, intento a dare un’anima al nascente Partito Democratico, ha affermato che non va più bene parlare soltanto di “lavoratori” ma che, invece, è ora di cominciare a parlare di “lavoratori e cittadini”. Ottimo proponimento. Ma come si può parlare di “cittadini” se lo Stato è il primo a non fidarsi e spende 172 milioni di euro per far eseguire un controllo burocratico sui 730 dei dipendenti e dei pensionati?


Nasce prima la fiducia o la cittadinanza?
Per instaurare una effettiva “cittadinanza”, lo Stato per primo deve fidarsi della gran parte dei cittadini onesti, altrimenti questi continuano a percepirlo come ostile e a sentirsi sudditi. Tra l’altro, quest’anno, il Ministro Visco vuole pure sapere cosa abbiamo pagato di ICI l’anno scorso. Ma cosa gliene importa? L’ICI è una tassa (la più iniqua) pagata ai Comuni. Cos’è questa commistione: è così che il centrosinistra intende il federalismo fiscale?

In un processo l’imputato è considerato innocente fino alla sentenza definitiva. A maggior ragione la presunzione di onestà dei cittadini deve valere fino a prova contraria. I Caf sono carrozzoni che costano e non servono.
Ritengo che sarebbe una cosa possibile lasciare compilare, al dipendente o al pensionato che lo desidera, il Modello Unico da spedire, come si faceva prima del 1993, all’Agenzia delle Entrate e, contestualmente, spedire una copia del Quadro RN al proprio sostituto d’imposta che, in base alle risultanze dei righi RN29 (Imposta a debito) e RN30 (Imposta a credito), effettuerebbe le trattenute o i rimborsi dovuti. In seguito il Fisco farebbe i controlli ritenuti opportuni, come faceva prima del 1993.

Sempre poche sere fa, c’è stata una discussione sul blog di Jimmomo,
fra il serio e il faceto, sulla proposta dei deputati radicali di riformare l’articolo 1 della Costituzione. Anche con questa proposta si intenderebbe privilegiare il cittadino sul lavoratore.
Anch’io ho lasciato un commento ma, considerando la vicenda dei Caf, avrei dovuto dire che l’Italia sta diventando una repubblica fondata sulle lotterie.


venerdì 30 marzo 2007

... e Amato boccia il premio di maggioranza

Intervenendo al convegno sul “Bipolarismo mite” organizzato dall’intergruppo per la sussidiarietà ...
Continua


sabato 24 marzo 2007

Al diavolo l'ora legale

Secondo gli studi presentati al congresso annuale della Società europea di urologia, per oltre quattro milioni di italiani il “rapporto” non supera i tre minuti.
Il comico Paolo Rossi, ospite di Fazio a “Che tempo che fa”, faceva argutamente osservare che tutti quegli italiani, con lo scatto dell’ora legale, questa notte potrebbero prolungarlo ad un’ora. Iniziando alle due meno un minuto, il rapporto terminerebbe magicamente alle tre e due minuti.

Ah! Gli effetti dell’ora legale. Peccato che le ore di luce rimangono le stesse.
Personalmente, sono sempre stato contrario al provvedimento.
Per la prima volta, quest'anno, non sposterò in avanti le lancette (nel corso del 2006 mia figlia si è sposata e mia moglie è andata in pensione). Mi limiterò a prendere atto che i negozi e gli uffici anticipano l’apertura e la chiusura di un’ora.


Condurrò una vita illegale, cioè solare, alla faccia del sole che ride.
Al diavolo l’ora legale e i suoi finti benefici!


Update
Leggete di Guido Ceronetti L'ora di Marte


mercoledì 7 marzo 2007

Partitini e cespugliotti

In un articolo sul Corriere del 6 marzo 2006, Giovanni Sartori prende di mira i «nanetti» (partitini, partitucci e cespugliotti), considerati responsabili dell’ingovernabilità del Paese (opinione condivisa da molti) e, a proposito della nuova legge elettorale, afferma: ”Lo sa anche il mio gatto che i nanetti combatteranno a morte qualsiasi riforma sensata, visto che qualsiasi riforma sensata ne deve richiedere la decapitazione. Pertanto se l’accordo risulterà gradito ai nanetti vorrà dire che il nuovo sistema elettorale sarà pessimo”.

Sulla Repubblica, lo stesso giorno, Tito Boeri e Massimo Bordignon si chiedono: “Se ci sono tanti partiti, non sarà semplicemente perché è la frammentazione della società italiana a richiederlo? … Ma non sarà che questa frammentazione parlamentare risponda semplicemente ad una maggiore dispersione nelle preferenze dell’elettorato italiano rispetto ad altri Paesi europei? … Ma in fondo che male c’è? Perché mai dovrebbe essere un problema avere 23 partiti in parlamento e 11 nella maggioranza di governo, se questo ci rende felici?
Sono ovviamente domande retoriche. Per Boeri e Bordignon tanti partiti sono un male non soltanto perché rendono difficile la governabilità, ma anche perché alcuni studi dimostrerebbero che la spesa pubblica e il deficit di bilancio sono più elevati nei paesi con sistemi elettorali proporzionali. Ben venga, quindi, il sistema tedesco con soglia di sbarramento al 5%

Il pluralismo è una risorsa solo a parole?
Nell’immediato dopoguerra il Partito d’Azione era un piccolo partito. Dopo la scissione i Palazzo Barberini il Partito Socialdemocratico era un piccolo partito (destino cinico e baro!). Nel 1953 Unità Popolare di Parri e Calamandrei e Alleanza Democratica Nazionale erano piccoli partiti (ma causarono il fallimento della legge truffa: la coalizione di centro perse per 54.000 voti). Il Partito Repubblicano Italiano e i Radicali sono sempre stati piccoli. Oggi la Lega Nord è al limite del 5% in campo nazionale, l’Italia dei Valori circa al 2%.
Tutti nanetti o cespugliotti passabili di decapitazione?

Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale (Art. 49). Tutti gli elettori sono eleggibili a deputati o a senatori (Art. 56 e 58). I partiti che raccolgono voti sufficienti a produrre quozienti interi hanno diritto all’assegnazione di seggi.

Quello italiano è un sistema parlamentare (ce lo ricorda ad ogni occasione l’On. Tabacci).

Se si vuole assicurare la governabilità, si può assegnare ai parlamentari che sostengono il governo un voto più pesante di uno, atto a garantire la maggioranza, ma solo nel voto di fiducia al governo, non legato però all’approvazione di una specifica legge.
Ci si troverebbe nelle stesse condizioni del sistema presidenziale americano, dove il Presidente, anche se con le elezioni di medio termine perde la maggioranza alle Camere, mantiene tutti i suoi poteri.
Da noi il Presidente del consiglio e il governo rimarrebbero in carica, ma dovrebbero proporre leggi condivisibili con la maggioranza parlamentare.

Non è una questione di felicità. Molta gente, a volte, vota scheda bianca perché vorrebbe il partito che non c’è.


sabato 3 marzo 2007

Riforma elettorale

Urge una nuova legge elettorale.
Aiutiamo i politici a scriverla.
Io ci ho provato: cliccate qui.


 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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