IL BLOG DI SERGIO VIVI



sabato 24 ottobre 2009

Le primarie di Repubblica

Destino cinico e baro. Io mi piazzai al 191esimo posto. Il mio amico Alberto, con cui avevo scommesso che l’avrei surclassato, mi batté con ben 53 preferenze a 20.
Tutti e due avemmo la soddisfazione di arrivare davanti a personalità come Angelo Panebianco, Massimo D’Alema e Vittorio Sgarbi, ma Alberto, il sacrilego, ebbe l’impudenza di superare perfino Silvio, come si può vedere dallo stralcio di classifica sotto riportato:


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Le primarie indette come gioco da Repubblica nel gennaio 1994, poco prima delle amministrative per l’elezione del Sindaco di Bologna, potrebbero essere un modello nel caso si volesse istituzionalizzare per legge questo sistema.
Nessuna regola. Tutti potevano votare: bastava saper scrivere un nome ed avere i soldi per il francobollo.
Tutti erano candidati, senza bisogno di raccogliere firme. Naturalmente i partiti e le associazioni potevano promuovere loro candidature e pubblicizzarle.
Nessun bisogno di firmare dichiarazioni di qualsiasi sorta.
Non erano primarie di partito e nemmeno di coalizione.
Erano PRIMARIE CONGIUNTE.
Ogni elettore aveva a disposizione un’unica scheda (nel 1994 il giornale la stampò per più giorni, ma a questo si può benissimo ovviare) per votare il suo candidato, a qualunque partito appartenesse. Questo fatto limitò molto il pericolo d’inquinamento del voto. Se votavi per un nome di un partito avversario perdevi la possibilità di votare per un nome del tuo partito preferito.
Eventuali inquinatori di uno schieramento sarebbero stati, in parte, neutralizzati dagli inquinatori dell’altro. Dall’esito della votazione ogni partito, volendo, ebbe la possibilità di scegliere il proprio candidato alla carica in gioco.

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Dai dati riportati nella classifica completa, si può vedere che su circa 12.000 schede i nomi votati furono circa 900, dei quali circa la metà non ottenne più di 2 preferenze.
In una primaria non c’è, in ogni modo, nessun problema di voto disperso, essendo unico il posto in gioco (quello di sindaco, nel caso specifico).

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Proprio tutta un’altra cosa rispetto alle primarie di domani del Partito Democratico.

Qui la classifica completa.


giovedì 22 ottobre 2009

La stagionata quinta domanda

Articolo 27 della Costituzione
L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

Evidentemente per la Repubblica vale il contrario:
L'imputato non è considerato innocente sino alla sentenza definitiva.


giovedì 15 ottobre 2009

Speciale primarie

Buona idea!
Dopo averli lavati, stendeteli al sole … del passato.


domenica 11 ottobre 2009

Il pronto soccorso ortopedico dell'Ospedale Maggiore di Bologna

IL FATTO

Anche a me è capitato di accompagnare un infortunato al pronto soccorso.

A Dio piacendo, può capitare a tutti un incidente.
Tardi un attimo, alla partenza, a sorreggerti al corrimano del bus, perdi l’equilibrio, cadi pesantemente a sedere ed avverti subito forti dolori.
Tu non lo sai ancora, ma ti sei fratturato il soma di L1.

Il Pronto soccorso ortopedico dell’Ospedale Maggiore ti accetta, con codice verde, alle 11,56 del 14 luglio.
Alle 13,30 circa il dottor C ti dice: «La mando a fare una lastra, ci vediamo dopo». Tu non lo sai ancora ma, quel giorno, il dottore C non lo rivedrai più.

Tra le 13:35 e le 14:15 sei in coda in Radiologia. Alle 14:15 ti sottoponi ad una RX Rachide Lombo Sacrale ed alle 15:05 è pronto il dischetto con il referto.
Tu non lo sai ancora, ma il tuo referto rimarrà, per sette ore, dimenticato da qualche parte.

Alle 15 circa sei di nuovi in attesa al P.S. ortopedico.
Non hai il minimo dubbio che le cose procedano per il meglio, almeno finché vedi intorno a te pazienti giunti insieme con te.
T’illudi e pensi: «Non c’è male, se non alle quattro, alle cinque sono fuori».

Alle 19,30 il P.S. chiude.
Conti ancora tredici pazienti in attesa, ai quali si aggiungono alla spicciolata, provenienti dalla radiologia, quelli arrivati al P.S. tra le 17,30 circa e le 19,30. Diciamo un’altra dozzina. In tutto venticinque. Che valgono, però, per cinquanta, dato che dalle 20 rimangono in servizio un solo dottore ed un solo assistente.

Alle 21,40 rimasto solo della tua batteria, ti allarmi e chiedi lumi all’infermiera: «Il paziente 779330? Finché non ci perviene la sua lastra non possiamo chiamarlo».
A questo punto ti rendi conto che la “sfiga” è sempre in agguato.

Chi lavora sa che una dimenticanza del genere può sempre capitare. Recita una delle varianti della Legge di Murphy: «se qualcosa può andare storto, lo farà nel momento peggiore possibile». Non finisce mai di stupire, però, l’assoluto rispetto che l’infinita bontà di Dio ha per il libero arbitrio degli uomini. Degli operatori sanitari nel caso specifico.
A quanto pare, il sistema di funzionamento del P.S. non prevede nessun monitoraggio di questo tipo d’errori. Senza quella dimenticanza avremmo atteso un’ora e mezzo di meno.

Pochi minuti dopo le 22 ti chiamano ed alle 22,17 ti stampano il referto con la prognosi. Tutto è bene quel che finisce bene. In fin dei conti, in meno di mezza giornata (9 ore e 21 minuti), hai saputo cosa ti era successo, cadendo. E ti rendi conto che quell’attesa non è niente rispetto alla cura che ti aspetta: 23 giorni d’immobilità assoluta, supino, a letto.
Dipende, però, da caso a caso.

LA RIORGANIZZAZIONE

Dal 10 agosto scorso la rete ortopedica bolognese è stata oggetto di una riorganizzazione: il pronto soccorso del Maggiore funziona ininterrottamente 24 ore mentre di giorno sono attive anche le emergenze del Rizzoli e del Sant’Orsola.
Lo scopo era di razionalizzare il servizio e di migliorarlo. Invece …

«Una giornata “un po’ più critica del solito”, la definisce Giovanni Gordini, il direttore del dipartimento di Emergenza e Urgenza dell’Ausl: almeno un’ottantina di richieste … più accessi di quelli che si verificano mediamente nelle 24 ore anche rispetto a quanto accadeva nei mesi passati.»

Dall’articolo
Comunicazione e relazioni con il cittadino
Relazioni con i media
Comunicazione e relazioni con il cittadino Azienda USL di Bologna


leggiamo, tra le altre, queste cifre (dati 2008):
«L’Ospedale Maggiore dispone di 654 posti letto, distribuiti su 42 unità operative, vi lavorano circa 2.300 operatori, 420 dei quali medici, 1.000 infermieri, 320 addetti all’assistenza di base, 220 tecnici sanitari.
Il Pronto Soccorso (generale e ortopedico) ha accolto oltre 80.000 cittadini, 16.000 dei quali successivamente ricoverati. I codici rossi sono stati circa 1.400, i gialli 17.000, i verdi oltre 40.000».

420 medici diviso 42 unità operative fanno in media 10 dottori per unità.
1000 infermieri, fanno 24 infermieri per u.o.
220 tecnici sanitari fanno 5 per u.o.
Oltre 80.000 pazienti diviso 365 giorni fanno in media 220 richieste giornaliere.
Sarebbe interessante sapere quante di queste mediamente hanno fatto giornalmente capo al p.s. ortopedico: 10, 50 o 100?

Ce lo dice quest’altro articolo, dove leggiamo:
«Il Pronto Soccorso Ortopedico dell’Ospedale Maggiore registra attualmente, nella fascia oraria 8 – 20, circa 21.000 accessi all’anno, ai quali fanno seguito 1150 ricoveri. …………..
..... Il Pronto Soccorso Ortopedico dell’Istituto Ortopedico Rizzoli registra oggi circa 46.000 accessi all’anno, dei quali circa 16.000 in fascia oraria notturna, 20-8. Quest’ultimo è il volume di attività che verrà trasferito presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Maggiore durante le ore notturne, a seguito della estensione della copertura di attività alle 24 ore e della cessazione dell’accettazione notturna presso il Pronto Soccorso dell’Istituto Ortopedico Rizzoli, nella fascia oraria 20-8».

Quindi finora il Maggiore aveva una media giornaliera di 57 accessi (21.000 diviso 365 giorni).
Dopo il 10 agosto avrà una media giornaliera di 101 accessi [(21.000 + 16.000) diviso 365], supponendo che il Rizzoli continui ad avere i restanti 30.000 accessi.
Se un’ottantina di richieste rende critica una giornata, l’impressione è che nel 2009 le “giornate critiche” saranno piuttosto numerose.

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Alle lamentele dei pazienti si aggiungono le preoccupazioni degli operatori sanitari …

Gli operatori del pronto soccorso, in una lettera inviata alla caposala, denunciano la «criticità del sistema» … «quanto successo la notte tra il 14 e il 15 settembre (con richieste più numerose del solito) … non è stato un episodio sporadico, ma una crisi del sistema che rappresenta un sintomo di un collasso annunciato, che ha creato non poco malumore (è un eufemismo) nell’utenza che, come al solito, scarica la sua rabbia con chi si trova davanti: noi infermieri ma anche gli ausiliari».
I rappresentanti della Cgil e delle Rsu sostengono che «l’azienda Usl ha sottostimato la pressione sui lavoratori con l’apertura del nuovo pronto soccorso ortopedico. C’è un generale aumento di prestazioni …».

Non c’è da meravigliarsi. Per preparare la transizione, la Direzione Sanitaria non aveva fatto altro che aggiungere una stanza al P.S. togliendola al contiguo Ambulatorio Colonna (quello che effettua i successivi controlli medici) ed aumentare di qualche unità il personale addetto.

IL RIMEDIO

La Repubblica dà martedì 6 ottobre la notizia, in quinta di cronaca, che l’assessore provinciale alla Sanità, nelle vesti di presidente della conferenza socio-sanitaria, ha chiesto alla direzione del Maggiore di presentare un piano per far calare i tempi d’attesa al pronto soccorso.
Un piano cui «dovrà essere affiancata una valutazione sull’organico da effettuare anche con i sindacati».

C’è poco da valutare. Qualsiasi metodo di programmazione (ad esempio il CPM, Critical Path Method), insegna che per dimezzare i tempi necessari a conseguire un obiettivo occorre raddoppiare le risorse. Per passare da un’attesa di 10 ore ad una di 5 invece di 10 medici ce ne vogliono 20, e il problema non può ancora dirsi risolto.

Sabato 10 ottobre, la Repubblica riporta (I e II di cronaca) la risposta dei dirigenti dell’Ausl: «I responsabili del Maggiore sono convinti che l’attuale emergenza non dipenda tanto dalla chiusura del P.S. del Rizzoli … ma da aumento di pazienti superiore alle aspettative».
Ma come? Si meravigliano come se una moltitudine di persone si fossero messe d’accordo per fare loro un dispetto, quando i 101 pazienti giornalieri di media risultano dai dati che loro stessi hanno fornito in diverse occasioni.
E promettono anche l’avviamento «dell’iter per l’assunzione di nuovo personale –due medici di medicina generale, un ortopedico (leggasi UNO), tre infermieri, un tecnico di radiologia». Meno di un ortopedico in più nei tre turni giornalieri. Come il solito, la montagna ha partorito il topolino.

IL WELFARE

A questo punto vorrei fare alcune semplici riflessioni, senza entrare in quella giungla di leggi e decreti emanati in sede nazionale e regionale che regolano il servizio sanitario (tirando ad esempio in ballo i Livelli Essenziali d’Assistenza - LEA).

Quel pomeriggio di luglio, abbiamo visto e sentito di tutto e di più.
Abbiamo avuto la netta sensazione che la gente, che pure dovrebbe essere consapevole di trovarsi in una delle migliori sanità regionali, non accetti un’attesa d’otto ore. Viene fuori l’individuo con le sue esigenze “particolari” che, carico di rabbia, giudica il servizio indegno di un paese civile.
Verso le 20 un paziente esasperato ha urlato all’infermiera: «E’ da mezzogiorno che sono qui, ho la gamba gonfia, quanto tempo debbo ancora aspettare. Vergogna! Vergogna! Vergogna! …». L’infermiera, un minuto dopo, forse per consolarlo: «Ne ha ancora tre davanti».

A partire dal dopoguerra, in Italia, come negli altri stati europei, ha preso piede il modello di welfare detto "universalistico". I diritti derivano dalla cittadinanza: alcuni servizi sono offerti gratis a tutti i cittadini dello Stato senza nessuna differenza (negli ultimi anni estesi a chiunque viva qui). Il guaio è che, da più di una generazione ormai, la gente è stata abituata a considerare i servizi gratuiti come dei diritti ormai acquisiti ed irrinunciabili.
Convinzione, quest’ultima, che contrasta con i comportamenti quotidiani delle persone che si abituano in fretta ai nuovi stili di vita, e cercano di prendersi tutti i vantaggi possibili. In una situazione come quella del pronto soccorso che capita una volta tanto, molta gente, per fare prima, avrebbe volentieri pagato 100 o 200 euro o l’effettivo costo della prestazione. Persone, magari, appena tornate da una crociera o che hanno appena acquistato l’ultima versione del BlackBerry e che reputano normale pagare l’assicurazione della macchina, le rate del SUV e l’abbonamento a Sky. Tutti costoro considerano la gratuità del servizio un niente in confronto al disagio della lunga attesa.

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Considerando anche altri aspetti del welfare nel suo complesso, si ha l’impressione che quelle forze politiche che si battono a spada tratta per la conservazione della situazione attuale -strette tra l’incudine di risorse insufficienti ad assicurare servizi di qualità ed il martello della rabbia degli utenti- siano quelle destinate a pagare di più sul piano del consenso. La gente si sente più tradita da queste forze, che da altre più “liberiste”. La mano invisibile di Adam Smith funziona anche nel mercato elettorale. Le motivazioni individuali di tanti (come insegna Friedrich A. von Hayek) portano ad un esito inintenzionale: la vittoria di una parte piuttosto dell’altra.
Si potrebbe ribaltare un detto in auge nella prima repubblica, affermando: gli italiani sono liberali, ma non lo sanno.
Forse è per questo che il centrosinistra fatica sempre più ad affermarsi.


lunedì 5 ottobre 2009

Piccoli annunci

A.A.A.A.A.A.A. Splendida donna, naturale eleganza, due gocce di chanel n.5… e via! Già esibitasi in televisione (anche secondo canale), uso sapiente della perifrastica, scevra da lodi, no scudo fiscale, sì intercettazioni, valuta candidature per le prossime regionali. Massima riservatezza.


venerdì 2 ottobre 2009

Ci sono cascati un'altra volta

E’ bastato che abbia stretto la mano a monsignor Vecchi, perché il sindaco Delbono suscitasse qualche sconcerto in alcuni suoi elettori duri e puri.
A me pare che cardinali, monsignori e preti, in quanto cittadini italiani con diritto di voto, possano esternare le loro opinioni in piena libertà. Schierarsi a favore di un costruttore di stadi, se lo ritengono opportuno per tutelare i loro legittimi interessi, ed agire come qualsiasi altra lobby.

Capisco anche come per gli elettori d’origine DS venga naturale criticare un sindaco d’area Margherita (cioè cattolico popolare). Difficilmente accade il contrario. Nel 2004, quando fu eletto Sergio Cofferati che aveva condotto la sua campagna elettorale all’insegna della “partecipazione dei cittadini” –accantonandola di brutto, una volta eletto- furono ancora gli illusi dei DS a prendere d’assalto la rubrica “lettere” di Repubblica.

Sembra paradossale ma pare che, questo diverso comportamento, sia dovuto al fatto che gli ex democristiani siano molto più laici degli elettori ex Pci-Pds-Ds.

Come si sa, la politica è l’arte del possibile. Se, per essere sicuri di vincere, si sceglie un candidato invece di un altro, un prezzo da pagare c’è sempre. Inutile protestare. D’altra parte erano stati avvertiti che l’amalgama non era riuscito (e probabilmente acqua e olio sono destinati a rimanere separati). Ma, a quanto pare, ci sono cascati un’altra volta.


 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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