IL BLOG DI SERGIO VIVI



venerdì 30 novembre 2007

Gli incontri di Veltroni


Sono iniziati gli incontri di Veltroni con le forze politiche dell’opposizione per vedere di trovare un accordo sui punti A, B e C oggetto delle auspicabili riforme. Si è capito subito che da parte dei leader dell’ex Casa della Libertà si è d’accordo, ma solo in parte, con Veltroni su un singolo punto, diverso però da leader a leader.
Si è anche capito subito che Fini è d’accordo con Casini sui punti A e B ma non sul punto C; Casini, a sua volta, è d’accordo con Berlusconi sui punti B e C ma non sul punto A; Berlusconi, infine, è d’accordo con Fini sui punti A e C ma non sul punto B.

Da bravi politici, si è comunque ottimisti: vale a dire, è più facile che scoppi la pace in Medio Oriente piuttosto che si trovi la quadra sulla legge elettorale.
Questo ci fa capire come andrebbero meglio le cose in Italia, quando fossero rimasti soltanto i sei o sette partiti che hanno voglia di fare, e fossero spazzati via per sempre le centinaia di “nanetti e cespugliotti” che infestano il panorama politico nazionale.

Il punto capitale è la nuova legge elettorale. Tutti propongono il loro modello preferito: francese, tedesco, spagnolo, tedesco corretto al Cardenal Mendoza, con o senza premio di maggioranza, con o senza sbarramento, con l’asticella ad altezza variabile (l’ideale sarebbe definirla una volta noti i risultati delle elezioni).

L’obiettivo, per i due maggiori partiti, è quello di trovare un marchingegno atto a realizzare la loro “vocazione maggioritaria”, una legge, cioè, che consenta di governare (a quello dei due che otterrà un voto in più dell’altro) con non più di quel 33% di voti circa cui ciascuno dei due può, al momento, ambire.

Un sistema può essere il doppio turno alla francese: ci sono tot candidati, i primi due vanno al ballottaggio, gli altri a casa subito. Un secondo sistema consiste nella suddivisione in circoscrizioni territoriali molto piccole (modello spagnolo). Vince il candidato che ottiene più voti, gli altri voti sono azzerati e non si recuperano più. Entrambi i sistemi sono l’applicazione del concetto “divide et impera”. Soltanto che l’impero non è mai stato ritenuto una forma di governo democratica.

Un ulteriore sistema è dare un premio di maggioranza non più alla coalizione vincente ma al partito che ottiene più voti. Sembra difficile ma, invece, no. Basta arrivare al referendum. Berlusconi nega di volere arrivare a questo. Figurarsi Veltroni: per lui le regole del gioco si fanno col consenso di tutti … ma anche col referendum. E se il consenso tarda ad arrivare, il referendum non può aspettare e la colpa non è di nessuno.

E’ la soluzione più probabile e, nello stesso tempo, la peggiore. Dalla porcata di Calderoni si passerebbe a una porcata perfezionata, per di più imposta a furore di popolo con un referendum che nessuno si azzarderebbe a contestare.

Alle elezioni verrebbe chiesto agli elettori di scegliere tra PD1 e PD2 come ai tempi di Mike quando, a Lascia o raddoppia, faceva la domanda di spareggio.



Un altro governo è possibile

E’ di moda, tra i blogger, formare il governo migliore.
Propongo un governo di salute nazionale, di larghe intese (anzi ecumeniche), di soli 12 ministri (non è mica facile) più il Presidente.

Presidente del Consiglio dei Ministri: Guido Ceronetti
Ministro dell’Interno: Nichi Vendola
Ministro degli Esteri: Antonio Martino
Ministro della Difesa: Daniela Santanchè
Ministro della Giustizia e
dei Rapporti col Parlamento per la Riduzione
dei Costi della Politica: Cesare Salvi
Ministro del Lavoro: Jeremy Rifkin
Ministro della Sanità e della Ricerca scientifica: Umberto Veronesi
Ministro della Cultura dell’Istruzione
del Turismo e dello Spettacolo: Camillo Ruini
Ministro dell’Economia e delle Finanze: Mario Monti
Ministro delle Infrastrutture
delle Attività Produttive
e delle Comunicazioni: Linda Lanzillotta
Ministro dell’Ambiente e delle Politiche Agricole: Alberto Mingardi
Ministro delle Politiche Comunitarie e del Commercio Estero: Emma Bonino
Ministro dei Rapporti col Parlamento
per l’Eliminazione degli Sprechi e
per il Disboscamento e
la Sistemazione delle Leggi in Vigore: Luca Ricolfi

Si tratta di fermarsi sull’orlo del baratro e di risalire la china.


martedì 20 novembre 2007

Il modello proporzionale

«Roma, 19 nov (Velino) - “Benissimo” il dialogo, ma non solo sulla legge elettorale: sul tavolo ci sono anche “una discussione sulle riforme
istituzionali e un intervento sui regolamenti parlamentari”. E lo sforzo sui tre temi dovrà caratterizzare l’attività parlamentare del 2008. Così Walter Veltroni replica - al termine di una riunione dell’esecutivo del Pd - ai segnali di Silvio Berlusconi, che ieri, annunciando la nascita del Partito delle libertà, ha aperto al confronto sulla legge elettorale».

Dopo Veltroni, anche Berlusconi apre al proporzionale. Benissimo, non devono fare nessun sforzo: nella mia bozza di legge elettorale (vedere il link in Primo Piano in alto nella sidebar) c’è il proporzionale, con il massimo della rappresentanza; c’è la riforma istituzionale (l’abolizione del Senato, la riduzione del numero dei parlamentari); c’è l’intervento sui regolamenti (formazione dei gruppi parlamentari); c’è, soltanto se necessario, il premio di maggioranza (col voto pesante) per consentire la governabilità; c’è, se necessario, il voto leggero per limitare la dittatura della maggioranza; c’è la massima libertà di candidarsi (rendendo inutili le offensive e ridicole quote rosa). Può accontentare partiti grandi e piccoli, senza precludere la strada verso un vero bipolarismo.


sabato 3 novembre 2007

Ghe pensi mi


Le vie di mezzo non usano più?
Non si poteva utilizzare quella norma che limitava per due anni l’immigrazione dei rumeni, come hanno fatto gli altri paesi europei?
Va bene essere i paladini per l’abolizione della pena di morte, ma dobbiamo sempre essere i primi della classe?
Perché dobbiamo sempre prendere su di noi tutti i mali del mondo? Come se ne avessimo i mezzi.


 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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