domenica 5 agosto 2007
Le lettere di Veltroni
Rispondendo alla lettera aperta del 30 luglio di Mario Pirani, a Lui indirizzata, Walter Veltroni sulla Repubblica di oggi scrive tra l’altro:
«… il nostro paese si va frammentando. … Ma anche la politica è così, oggi. La frammentazione è diventata parossistica, con partiti talvolta pura proiezione di leader più o meno ambiziosi. Partiti piccoli. Piccolissimi, talvolta persone che hanno nelle loro mani il destino del paese».
Quello della frammentazione sta diventando un luogo comune.
Io so di molti partitini o giornali di partitini che incassano contributi dallo Stato, ma che in parlamento non ci sono o non contano un fico secco. Se invece Veltroni si riferisce alla sinistra cosiddetta radicale, è vero che il destino del paese, col governo Prodi, è spesso nelle mani del PRC, del PdCI e dei Verdi. Ma è stato l’Ulivo che ha fatto una coalizione di 232 pagine con questi partiti che, messi assieme, sono dell’ordine di grandezza di quel che rimane dei DS e della Margherita. Se i cosiddetti grandi partiti (Ulivo e coalizione di destra) volevano privilegiare il bene del Paese alla conquista del potere, potevano benissimo estromettere le estreme e sfidarsi cavallerescamente: chi vinceva prendeva il premio di maggioranza e governava coeso.
Dice ancora Veltroni:
«Penso cioè ad una democrazia che funzioni, con un sistema elettorale che faccia votare gli italiani, e scegliere il governo, sulla base di due proposte chiare e coese programmaticamente».
Scegliere tra due proposte chiare e programmaticamente coese, implica un sistema elettorale che riduca a non più di tre i partiti in parlamento. Il sistema dovrebbe prevedere, matematicamente, uno sbarramento del 35%.
Secondo la Costituzione in vigore gli elettori votano non per eleggere il governo, ma per scegliere ed eleggere i deputati.
Dice anche:
«Poche, mirate innovazioni alla parte seconda della Carta e una nuova legge elettorale che restituisca ai cittadini il potere di scegliere il governo e al governo la possibilità di decidere».
Peccato che l’Art. 49 si trovi nella prima parte della Costituzione. E permetta, ad esempio, a Sabino Pezzotta di fare il suo Partito della Famiglia. A Mussi e Salvi di fare la Cosa Rossa. A Flavio Briatore di fare il Partito del Lusso. A Francesco Storace di fare la Destra. A Daniele Capezzone … ecc ecc. Senza contare che il presidente emerito Oscar Luigi Scalfaro, supporter di Veltroni, assieme all’Associazione “Salviamo la Costituzione” ha proposto di innalzare il quorum previsto dall’Art. 138 al fine di salvaguardare da possibili cambiamenti l’impianto di fondo della Costituzione (Corriere della Sera, 17 luglio 2007).
Ancora Veltroni:
«La politica deve saper ospitare, dentro di sé e nelle istituzioni, le energie migliori del paese. … Ricordo un Parlamento in cui sedevano anche Natalia Ginzburg e Leonardo Sciascia, Claudio Napoleoni, Roberto Ruffilli e Gartano Arfè».
Veltroni ha esposto il suo programma al Lingotto, ha fatto pubblicare un decalogo sul Corriere ed ha risposto a Pirani. In nessuna di queste tre occasioni ha dichiarato di volere il ripristino del voto di preferenza agli elettori, mostrando di preferire il meccanismo delle primarie. Meccanismo, stando alle primarie del 14 ottobre, pilotato dai partiti e con assurde regole di esclusione.
L’unico metodo democratico è quello, nella cabina elettorale, di poter scegliere non un candidato ma alcuni candidati, non da una lista locale ma da una lista nazionale. Solo così sarà possibile vedere seduti in Parlamento le migliori energie del paese.
E infine:
«La politica si deve nutrire della bellezza dell’apertura, della competizione delle idee».
Chissà se qualcuno gli ha detto che l’ufficio tecnico ha bocciato le candidature di Pannella e Di Pietro a leader del PD.
«… il nostro paese si va frammentando. … Ma anche la politica è così, oggi. La frammentazione è diventata parossistica, con partiti talvolta pura proiezione di leader più o meno ambiziosi. Partiti piccoli. Piccolissimi, talvolta persone che hanno nelle loro mani il destino del paese».
Quello della frammentazione sta diventando un luogo comune.
Io so di molti partitini o giornali di partitini che incassano contributi dallo Stato, ma che in parlamento non ci sono o non contano un fico secco. Se invece Veltroni si riferisce alla sinistra cosiddetta radicale, è vero che il destino del paese, col governo Prodi, è spesso nelle mani del PRC, del PdCI e dei Verdi. Ma è stato l’Ulivo che ha fatto una coalizione di 232 pagine con questi partiti che, messi assieme, sono dell’ordine di grandezza di quel che rimane dei DS e della Margherita. Se i cosiddetti grandi partiti (Ulivo e coalizione di destra) volevano privilegiare il bene del Paese alla conquista del potere, potevano benissimo estromettere le estreme e sfidarsi cavallerescamente: chi vinceva prendeva il premio di maggioranza e governava coeso.
Dice ancora Veltroni:
«Penso cioè ad una democrazia che funzioni, con un sistema elettorale che faccia votare gli italiani, e scegliere il governo, sulla base di due proposte chiare e coese programmaticamente».
Scegliere tra due proposte chiare e programmaticamente coese, implica un sistema elettorale che riduca a non più di tre i partiti in parlamento. Il sistema dovrebbe prevedere, matematicamente, uno sbarramento del 35%.
Secondo la Costituzione in vigore gli elettori votano non per eleggere il governo, ma per scegliere ed eleggere i deputati.
Dice anche:
«Poche, mirate innovazioni alla parte seconda della Carta e una nuova legge elettorale che restituisca ai cittadini il potere di scegliere il governo e al governo la possibilità di decidere».
Peccato che l’Art. 49 si trovi nella prima parte della Costituzione. E permetta, ad esempio, a Sabino Pezzotta di fare il suo Partito della Famiglia. A Mussi e Salvi di fare la Cosa Rossa. A Flavio Briatore di fare il Partito del Lusso. A Francesco Storace di fare la Destra. A Daniele Capezzone … ecc ecc. Senza contare che il presidente emerito Oscar Luigi Scalfaro, supporter di Veltroni, assieme all’Associazione “Salviamo la Costituzione” ha proposto di innalzare il quorum previsto dall’Art. 138 al fine di salvaguardare da possibili cambiamenti l’impianto di fondo della Costituzione (Corriere della Sera, 17 luglio 2007).
Ancora Veltroni:
«La politica deve saper ospitare, dentro di sé e nelle istituzioni, le energie migliori del paese. … Ricordo un Parlamento in cui sedevano anche Natalia Ginzburg e Leonardo Sciascia, Claudio Napoleoni, Roberto Ruffilli e Gartano Arfè».
Veltroni ha esposto il suo programma al Lingotto, ha fatto pubblicare un decalogo sul Corriere ed ha risposto a Pirani. In nessuna di queste tre occasioni ha dichiarato di volere il ripristino del voto di preferenza agli elettori, mostrando di preferire il meccanismo delle primarie. Meccanismo, stando alle primarie del 14 ottobre, pilotato dai partiti e con assurde regole di esclusione.
L’unico metodo democratico è quello, nella cabina elettorale, di poter scegliere non un candidato ma alcuni candidati, non da una lista locale ma da una lista nazionale. Solo così sarà possibile vedere seduti in Parlamento le migliori energie del paese.
E infine:
«La politica si deve nutrire della bellezza dell’apertura, della competizione delle idee».
Chissà se qualcuno gli ha detto che l’ufficio tecnico ha bocciato le candidature di Pannella e Di Pietro a leader del PD.
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