IL BLOG DI SERGIO VIVI



sabato 24 settembre 2005

Sistema elettorale

In questi giorni, si è fatto un gran parlare di riforma elettorale.
In Italia il sistema elettorale maggioritario, secondo alcuni osservatori politici, avrebbe fatto cilecca perché non è stato in grado di garantire la governabilità a causa dei disaccordi tra i partiti della coalizione al governo. Nel polo della CdL c’è chi chiede di tornare al proporzionale.
In Germania a fallire sarebbe stato, invece, il proporzionale.
Insomma, non esisterebbe un sistema elettorale perfetto in grado di stabilire la governabilità.

La governabilità si ha, al massimo grado (ma non in modo assolutamente certo), quando sono verificate due condizioni: 1) che la forza politica al governo abbia la maggioranza assoluta sia alla Camera sia al Senato. 2) che la forza politica al governo sia costituita da un solo partito.

Un sistema che soddisfa le suddette condizioni è il seguente.

A) Si divide l’Italia in 315 circoscrizioni. L’elettore vota, su un’unica scheda, il simbolo di partito cui è collegato il candidato per il Senato e due candidati per la Camera. Noti i risultati, si stila per ogni partito una graduatoria nazionale dei candidati al Senato e delle coppie di candidati alla Camera in base al quoziente “voti ottenuti/elettori della circoscrizione” moltiplicato per mille.

B) Ogni candidato può presentarsi solo alla Camera o solo al Senato, in una sola circoscrizione. Un partito può presentarsi anche in una sola circoscrizione.

C) I partiti per essere ammessi alle elezioni non devono raccogliere firme, ma ciascun candidato deve versare a fondo perduto una tassa pari ad un dodicesimo del reddito lordo dell’anno precedente alla data delle elezioni con un massimo da prefissare. Chi non ha avuto reddito deve versare un minimo da prefissare.

D) Al partito che ottiene più voti, in ambito nazionale, è assegnato il 51% dei seggi sia alla Camera sia al Senato. Sono eletti i candidati (e le coppie) col più alto quoziente a prescindere dalla circoscrizione.

E) I rimanenti seggi sono suddivisi in modo proporzionale ai voti ottenuti tra tutti i partiti ammessi alle elezioni. Sono eletti i candidati (e le coppie) col più alto quoziente a prescindere dalla circoscrizione.

F) Ogni partito si presenta da solo alle elezioni, non sono ammesse coalizioni.

G) Se un partito cambia nome diventa un nuovo partito. Se più partiti stabiliscono di fondersi, mantenendo il nome di uno dei partiti originari, quello risultante diventa un nuovo partito per chi proviene dai partiti che hanno rinunciato al loro nome.

H) Chi stato eletto in un partito non può essere eletto in un nuovo partito prima che siano trascorsi cinque anni dall’adesione al nuovo partito.

I) I parlamentari eletti non possono cambiare gruppo parlamentare. Chi si trovasse in dissenso col proprio partito non è obbligato a dimettersi, può ovviamente votare contro. Chi si dimette o chi muore è sostituito dal primo dei non eletti dello stesso partito.

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La suddivisione in circoscrizioni non è fatta per soddisfare il criterio di rappresentanza, ma solo a scopo organizzativo.

E’ ora di smetterla con la storiella che ci si candida per spirito di servizio. Chi vuole governare deve pagare un tributo secondo le sue possibilità. In questo modo si limita anche il proliferare dei partiti.

I protagonisti sono i partiti. Il sistema descritto è proporzionale con premio di maggioranza.
A tutti i partiti che ottengono almeno un quoziente è assicurato il diritto di tribuna (Minimo due deputati e un senatore).

Avendo il partito di governo la maggioranza assoluta, scompaiono le cosiddette verifiche.

La possibilità che un gruppo di parlamentari del partito di maggioranza entri in disaccordo col proprio partito e decida di votare contro (la maggioranza è solo del 51%) attenua il pericolo di dittatura della maggioranza. Quest’ultima sarà indotta a ricercare l’appoggio dei partiti affini.

Dato che gli italiani, quando vanno a votare -così come quando vanno allo stadio- ci vanno per vincere, è lecito supporre che il sistema evolverebbe ben presto verso il bipolarismo fra i due maggiori partiti. Le regole G) e H) attenuano il pericolo che questi due partiti diventino dei contenitori dove si può trovare di tutto, dando luogo a troppe correnti che causerebbero gli stessi difetti dei governi di coalizione.

Qualcuno obietterà che il premio di maggioranza penalizza troppo i partiti perdenti e che non è democratico. Bisogna intendersi. Se si vuole la governabilità non c’è altro metodo. Se si vuole la democrazia, cioè il proporzionale puro, bisogna accettare il rischio dell’ingovernabilità.

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Se questo sistema fosse stato adottato in Germania, Frau Angela Merkel sarebbe il nuovo cancelliere e il parlamento tedesco sarebbe composto come sotto riportato (si sono considerati ottenuti da un solo partito i voti di Altri (3,9%) perché la reale distribuzione non è stata resa nota dalla stampa italiana), dove la prima cifra è la percentuale di voti (P) ottenuta, la seconda i seggi ottenuti col sistema attuale, la terza cifra (Ns) i seggi ottenuti se ci fosse stato il premio di maggioranza del 51% per il partito vincente e l’ultima cifra la differenza in seggi:

CDU-CSU 35,2% / 225 / 312 / +87
SPD 34,3% / 222 / 159 / -63
FDP 9,8% / 61 / 46 / -15
LINKE 8,7% / 54 / 40 / -14
VERDI 8,1% / 51 / 38 / -13
Altri 3,9% / 0 / 18 / +18

Totali 100% / 613 / 613 / 0

Dove, per i perdenti:
Ns = (613-312) x P / (34,3+9,8+8,7+8,1+3,9)
Ns = 301 x P / 64,8


 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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