IL BLOG DI SERGIO VIVI



giovedì 25 giugno 2009

Buon lavoro al Sindaco di Bologna



Il sindaco, appena eletto, è Flavio Delbono


martedì 23 giugno 2009

Referendum: fallimento o ineluttabilità

Luca Ricolfi (su Panorama N.26 del 25 giugno 2009) ha calcolato che “il partito del disincanto”, al netto di quanti si astengono per forza maggiore, ammonta oramai a più del 30%. Considerando che alle elezioni europee del 7 giugno scorso (votanti 65,05%) il Pdl in termini di aventi diritto al voto ha ottenuto il 22,9% ed il Pd il 17%, si vede che il partito di chi sceglie di non andare a votare è il più grande di tutti, più o meno 15.000.000 di persone.
Chiamarlo partito è improprio. E’ piuttosto un serbatoio di voti congelati di gente schifata (spesso per sacrosante ragioni) dalla politica, che fa una scelta radicale e rinuncia alla maggiore espressione del diritto di cittadinanza: il voto.

Alle elezioni europee del 7 giugno scorso ha votato il 65,05% degli elettori.
La Lega Nord ha avuto il 10,20% dei voti espressi, cioè il 6,63% degli aventi diritto.
Il referendum, pertanto, è partito con un capitale massimo di possibili elettori del 58,87% di fronte al 50% più UNO necessari per raggiungere il Quorum.
A quelli della Lega Nord occorre aggiungere gli elettori convinti dal “Comitato amici della Costituzione per l’astensione al referendum”. Per quanti pochi siano stati (1%?) il tesoretto di cui potevano disporre i sostenitori del referendum era minore di un misero 7%.
La maggioranza degli elettori non fa certamente questi calcoli, ma in qualche misura li intuisce. Se aggiungiamo che si è scelta ad arte la data del primo giorno d’estate, non meraviglia che molti elettori si siano convinti dell’inutilità del loro voto fino al punto che neanche la loro metà (il 23%) si è recato ai seggi.

Con questo stato di cose i pifferai dell’astensione non hanno bisogno di nessun flauto magico, o mistico, per rendere nullo un referendum. E’ un esito ineluttabile e non un fallimento clamoroso come sostiene la Lega Nord.
E’ il meccanismo che non è più adeguato alla situazione italiana.
Supponiamo che per attraversare un incrocio occorrano quattro secondi: il verde del semaforo sarà fissato attorno a sei secondi. Se, per qualsiasi motivo, la strada fosse allargata tanto da comportare un tempo d’attraversamento di sei secondi, un assessore alla mobilità farebbe correttamente cambiare il tempo del verde ad otto secondi.
Chi è che dovrebbe adeguare il meccanismo del referendum per renderlo operante? Il Parlamento, ovvio. Ma il Parlamento è in mano ai partiti che se ne guardano bene dal farlo. Per i politici meno voce hanno gli elettori e meglio è. Si lascia alla gente il minimo di parola, quella appena sufficiente a tenere in vita il simulacro della sovranità del popolo attraverso elezioni ogni tot anni.
L’elettorato attivo rimane stretto fra il partito dell’astensione e la casta.

L’articolo 75 della Costituzione italiana che sancisce l’istituto del referendum rimane, comunque valido. Basterebbe una leggina di tre articoli per riportarlo a nuova vita:
1 - il quorum, stabilito di volta in volta dalla Corte Costituzionale, è uguale alla metà della percentuale dei votanti delle precedenti elezioni per la Camera dei deputati;
2 - la scheda è unica e riporta i quesiti dei diversi referendum in forma di semplici domande formulate dalla Corte Costituzionale;
3 - tutti i referendum si tengono nella giornata delle elezioni per la Camera dei deputati.


sabato 20 giugno 2009

Per il loro bene

Dunque, vediamo: Berlusconi non ci piace. E ci mancherebbe, dato quello che da sempre vomita contro i Magistrati. Ma neppure Franceschini ci piace. Era (è) un cattocomunista come Prodi, in fondo. Ma le folle per le piazze delle città italiane sono quelle di sostenitori dell’uno o dell’altro. Quindi, che vogliamo fare? Semplice: salviamo le manifestazioni come vibrante esempio di aspirazione alla democrazia (almeno pensiamo), ma ci dichiariamo schifati da ognuno dei due. E quindi, chi sono i veri manifestanti che dovremmo sostenere, se per ora nelle piazze ci sono solo quelli di Berlusconi e di Franceschini? Un terzo gruppo, un gruppo che sia autenticamente “liberale”. Bene, ma chi, esattamente?

Una terza via: gli esuli (magari quelli di noiseFromAmerika). D’accordo, ma se sul terreno non sono rappresentati che facciamo, li sosteniamo contro gli altri due, magari con una dichiarazione solenne di Obama, che per ciò stesso verrebbe preso per pazzo? Ricordate l’iracheno Ahmed Chalabi? Era perfetto per essere adorato dai wilsoniani di tutto il mondo. Esule, ribattezzato “il George Washington dell’Iraq” da quel gruppo di esagitati guidato da Perle, Frum e Wolfowitz. Lui era il vero “liberale”, su cui far convergere tutte le nostre speranze di rinascita democratica per l’Iraq del dopo-tirannide. Sfortunatamente, al momento di deporre nell’urna le prime schede libere, gli iracheni non se lo filarono manco de pezza, e il nostro George Washington di Mesopotamia cadde rapidamente in disgrazia anche agli occhi del Dipartimento di Stato. Capita, quando ci si ostina a non comprendere che non tutto il mondo la pensa come noi. E quindi, che dobbiamo fare con ’sti benedetti italiani? Beh, per prima cosa accusiamo Obama, che non c’entra una mazza con quanto è accaduto e sta accadendo (malgrado gli Stati Uniti siano notoriamente onnipotenti sulla terra e riescano ad ottenere sempre ciò che vogliono) perché, nell’ordine:

1 - Non si è preventivamente pronunciato contro l’antidemocratico Berlusconi;
2 - Non si è preventivamente pronunciato a favore dell’antidemocratico Franceschini;
3 - Non si è successivamente pronunciato contro l’antidemocratico Franceschini;
4 - Ha pronunciato parole di odiosa “equi-lontananza” dai due competitor;
5 - Non capisce il popolo italiano, probabilmente perché “usa strumenti di analisi realista”, qualunque cosa ciò significhi;
6 - Non ha ancora trovato un Ahmed Chalabi da designare “George Washington di Roma” per tentare di fargli prendere lo zero virgola qualcosa per cento di voti, ma che almeno sia “liberale”, come da esami del sangue fatti a Foggy Bottom, Langley e dintorni;
7 - Sta osservando il progressivo logoramento del regime senza essere ancora intervenuto per ricompattarlo provvidenzialmente;
8 - Non ha ancora bombardato gli italiani. Per il loro bene, s’intende.

E poi? Poi vedremo, un banner non si nega a nessuno.

Chiedo scusa a Phastidio per l’arbitraria parafrasi ed ai redattori di nFA per il gratuito accostamento.
Mi rendo conto che le due situazioni sono diverse e che il paragone è alquanto forzato (almeno fino alla vittoria del SI nel referendum e fino a quando qualche ministro di questo governo non si metta in testa che anche l’Italia dovrebbe dotarsi dell’atomica).
Era solo per far capire che tutto il mondo è paese.


Qui il post originale: Per il loro bene by Phastidio
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venerdì 19 giugno 2009

I tre referendum elettorali del 21 giugno - 2

Anche questa mattina, ad Omnibus, si è continuato a parlare dei tre modi di votare: SI, NO, ASTENSIONE, trascurando di parlare del quarto modo possibile, l’ANNULLAMENTO DELLA SCHEDA.

Io posso capire il SI dei sostenitori del bipartitismo, che riceverebbe un potente avallo dalla vittoria del SI. Anche se ci sono fautori di bipartitismi diversi: ad esempio i Radicali che lo vorrebbero basato sui collegi uninominali all’inglese e che, per questo invitano a votare NO.

Mi sembrano invece prive di forza tutte le altre motivazioni:
- votare SI per costringere il Parlamento a cambiare la legge elettorale (posizione ufficiale del PD),
- votare NO perché ne uscirebbe una porcata rafforzata che consegnerebbe il Paese a Berlusconi per i prossimi vent’anni (Ferrero di Rifondazione),
- astenersi, cioè far fallire il referendum (Comitato per l’Astensione) per non peggiorare la porcata e per non “santificare” il NO, che congelerebbe la legge in vigore (ma anche non raggiungere il quorum “santificherebbe" il NO).

Chi invece crede che il bipartitismo non sia il toccasana per risolvere i guai che affliggono il Paese, chi pensa che si troverebbe a disagio per dover scegliere l’uno o l’altro contenitore, chi pensa che la rappresentanza politica non possa escludere nessuna parte, anche se piccola, chi desidera che sia ripristinato il voto di preferenza, chi vuole fare pressione per cambiare la legge elettorale, chi desidera un’evoluzione verso un maggior tasso di democrazia diretta, chi vuole salvare l’istituto del referendum, non può che recarsi a votare per cercare di raggiungere il quorum ed annullare la scheda per evitare che la vittoria del SI o del NO congeli la porcata e la super porcata per gli anni a venire.


giovedì 18 giugno 2009

Il ballottaggio a Bologna

Domenica ci sarà il ballottaggio tra il gentiluomo Flavio Delbono e lo spietato Alfredo Cazzola. Pesanti gli scambi d’accuse tra i due.
Mai una campagna amministrativa ha dato tanto lavoro ad una Procura della Repubblica.
In mezzo ci sono gli elettori che, rapiti –quelli del nocciolo duro- dai bei discorsi politicamente corretti dei loro campioni, difficilmente si rendono conto che le elezioni si fanno per accaparrarsi il potere e fare affari. Il loro compito è solo di consegnare la “matta” ad uno dei due contendenti, poi zitti per altri cinque anni: è la partecipazione, bellezza!
Gli affari sono Romilia, chi costruisce il Civis o il Metrò (se i privati o le cooperative), chi gestisce la multiutility ecc. … mentre tutto, per i cittadini, continua come prima con le cose più antipatiche: strisce blu a pagamento dappertutto, Rita, Sirio, bollette dell’acqua che aumentano quando, invece, la luce ed il gas diminuiscono, Bollini Blu, targhe alterne, divieti di circolazione.

Mentre Delbono davanti alle accuse dell’avversario s’indigna, Cazzola si lamenta di essere stato lasciato solo. Quelli del Pdl non lo difendono e Berlusconi non si farà né vedere, né sentire.
Se nel 1999 fu il centrosinistra a sbagliare cavallo, temo che nel 2009 sia stato il centrodestra.
Giorgio Guazzaloca avrebbe avuto molte più probabilità di battere Delbono, che a questo punto vincerà con almeno il 58%.


martedì 16 giugno 2009

I tre referendum elettorali del 21 giugno 2009

E’ opinione diffusa che ai tre referendum del 21 giugno 2009 il quorum non sarà raggiunto, che, anche nel caso vinca il SI, le conseguenze saranno assai limitate e che, dopo il voto, difficilmente si troverà una maggioranza per una nuova legge elettorale.
Vale la pena, comunque, di confrontare le varie opinioni che, in questi giorni, si sono espresse.
Ci limitiamo ai primi due quesiti che mirano ad eliminare il premio di coalizione per sostituirlo col premio di lista.
Le posizioni assunte sono trasversali. Si possono trovare sostenitori del SI o del No nello stesso schieramento. Così come numerosi sono i pifferai dell’astensione, già all’opera per cercare di superare la storica impresa del Cardinale Ruini.

Gli intenti dei promotori
1 - Ridurre la frammentazione partitica
2 - Superare le coalizioni e avviare il bipartitismo
3 - Fare pressioni sul Parlamento per cambiare la legge elettorale

Secondo alcuni commentatori le coalizioni sono un problema già superato, secondo altri è inutile illudersi che la legge elettorale possa essere cambiata.

Ha scritto
Luciano Violante : «Ora, però, il superamento di quel tipo di coalizioni è avvenuto per via politica. Nel 2008 Veltroni, con coraggio, si coalizzò con la sola Idv e Berlusconi lo seguì stringendo un patto solo con la Lega. E' difficile pensare che si possa tornare alle carovane di un tempo: i primi a ribellarsi sarebbero gli elettori. Perciò, guadagnati per via politica i vantaggi che si volevano conseguire attraverso il referendum, bisogna fare i conti con i danni». (Luciano Violante, Un rischio la vittoria del sì, La Stampa, 16 aprile 2009).

Ha scritto
Angelo Panebianco: «Ma, si obietterà: alle ultime elezioni, nonostante la leg­ge in vigore, la frammentazione partitica è stata drasticamente ridotta. E’ vero ma la causa è sta­ta esclusivamente una decisione politica: la scel­ta di Walter Veltroni di sbarazzarsi dell'antica co­alizione di centrosinistra e di puntare sul «parti­to a vocazione maggioritaria» (Angelo Panebianco, Referendum, antidoto ai troppi partiti, Corriere della Sera, 13 giugno 2009).

Ha scritto
Sandro Brusco: «Io ho sostenuto i referendum elettorali con l'obiettivo di stimolare l'iniziativa parlamentare per un cambiamento della legge elettorale. Credo questo fosse l'obiettivo principale per molti altri, nel movimento referendario. L'obiettivo è già fallito, indipendentemente da quale sarà l'esito del referendum. Davamo tutti per scontato che i nostri politici non avrebbero discusso la legge elettorale senza uno stimolo esterno. Era meno ovvio che avrebbero fatto carte false per non discuterla anche in presenza del referendum. …..
Quindi, l'obiettivo principale del referendum è fallito, e nemmeno c'è da illudersi che una vittoria del SI condurrà a una riforma successiva. La domanda che resta da porsi quindi è: qual è il male minore, il porcellum attuale o il porcellum con rossetto che uscirebbe dai referendum?»
(Sandro Brusco, Referendum elettorali: perché voterò SI, FLG-NoisefromAmerika, 17 maggio 2009).

Per Violante occorre ora limitare i danni, per Panebianco completare l’opera per scongiurare la frammentazione partitica, per Brusco scegliere il male minore.

I quattro modi di votare:
1 - Votare SI
2 - Votare NO
3 - Non andare al seggio oppure (nel caso dei ballottaggi amministrativi) non ritirare la scheda
4 - Votare scheda bianca od annullarla


Perché votare SI
Il Comitato Promotore
, ovviamente, per conseguire gli obiettivi prefissati.

Sofia Ventura,
Referendum, dieci motivi per il SI, Libertiamo.it, 13 giugno 2009.
La collaboratrice di Libertiamo.it e di Fare Futuro elenca dieci punti a favore del SI:
1 - Rendere Pdl e Pd non ricattabili da Lega e Idv,
2 - Permettere a Pdl o Pd di governare da solo,
3 - Costruire due grandi contenitori caratterizzati da solidi patti federativi,
4 - Perché il referendum è l’unico modo per cambiare la legge,
5 - Consolidare l’attuale bipolarismo e impedire il ritorno della frammentazione,
6 - Impedire la “scelta” di candidati attraverso le rinunce “strategiche” dei pluri-eletti,
7 - Per non delegittimare l’istituto del referendum,
8 - Reagire ai pifferai dell’astensione,
9 - Fare intendere alle oligarchie dei partiti che i cittadini “capiscono benissimo”
10 - Perché la libertà è “partecipazione”.

Ha scritto Panebianco: «Ma ora Veltroni è fuori gioco e anche il partito a vocazione maggioritaria è stato messo in soffitta. Alle prossime elezioni il Partito democratico tornerà, presumibilmente, a una più tradiziona­le politica delle alleanze (ed è plausibile che, per diretta conseguenza, si manifestino tendenze di­sgregative anche a destra). La legge elettorale in vigore tornerà allora a sviluppare le sue letali tossine, alimenterà di nuovo la frammentazione partitica. Se non si fa qualcosa (e l'unico «qual­cosa » possibile è, al momento, il referendum) il sistema politico italiano sarà di nuovo tra pochi anni, come è stato negli ultimi decenni (fino al 2008), il più frammentato dell'Europa occidenta­le».

Dopo avere esaminato le conseguenze di una vittoria del SI e concluso che «la distinzione tra ''coalizione di liste elettorali'' e ''lista elettorale'' è alla fine assai meno netta di quel che può apparire a prima vista, per l'elementare ragione che i partiti rivedono la propria strategia elettorale a seconda della legge» … ed aver dimostrato che Berlusconi non otterrebbe più potere, perché non sarebbe sicuro di vincere se corresse da solo, ma sarebbe costretto a presentare una lista unica assieme alla Lega (una “bicicletta”), per superare le “biciclette” o i “tricicli” messi in campo dallo schieramento avverso, Brusco ha scritto:
«Visto che alla fine non cambia molto, perché votare SI? Per quel che mi riguarda, per due ragioni.
La prima è che è bene sfrondare i partitini, e questo è un risultato che con il referendum si otterrebbe. Nella lunga tradizione proporzionalista italiana si è vista una lunga sfilza di partitini la cui unica funzione era regalare una fettina di potere a politici normalmente di scarso livello. Il PdCI di Diliberto, l'UDEUR di Mastella e il MpA di Lombardo sono solo alcuni tra gli esempi recenti. Questi partitini fanno danni, aumentano la conflittualità nei governi unicamente per ragione di visibilità e per accrescere le rendite dei loro dirigenti, e non apportano nulla di utile in termine di idee. È bene che scompaiano. È vero, i partitini non sono il problema principale della politica italiana, sono solo un problema minore. Ma visto che c'è l'occasione per dar loro un colpo è bene usarla.
La seconda ragione è che è bene che i politici continuino ad aver paura dei referendum. Si tratta di iniziative che normalmente sono al di fuori del loro controllo e che possono essere usate per fare pressione. Certo, è un'arma spuntata. Il referendum è solo abrogativo, quindi il suo scopo è limitato. In questo caso, per esempio, si è solo potuto lavorare di fino per produrre un porcellum con il rossetto, anziché proporre un sistema maggioritario. Inoltre i risultati referendari possono essere facilmente aggirati o ignorati, come è accaduto con i referendum sulla privatizzazione Rai o sul ministero dell'agricoltura. Lo stesso, un'arma spuntata è meglio di nessuna arma. Una vittoria del SI, dopo una lunga serie di referendum andati ''buchi'' per mancanza di quorum, servirebbe a dare l'avviso alla casta che i cittadini non sono totalmente inermi.
Non è molto, lo so. Ma, ripeto, poco è meglio che niente».

Perché votare NO
Ha scritto Violante: «Già oggi non gli elettori, ma i capi dei partiti, caso unico nel mondo avanzato, hanno il potere di scegliere i componenti del Parlamento. Il referendum conferma questa loro prerogativa e anzi la potenzia perché mette nelle mani di un solo uomo, il capo del partito vincente, chiunque esso sia, la scelta della maggioranza assoluta dei parlamentari. ..…
Il Parlamento diventerebbe una protesi del governo, anzi del presidente del Consiglio, chiunque esso sia. ..…
Il bipartitismo non è una bestemmia, ma esige un sistema elettorale che dia ai cittadini la possibilità di scegliere i propri parlamentari e regole democratiche in tutti i principali partiti. Queste condizioni oggi non ci sono e pertanto il bipartitismo che verrebbe fuori dal referendum consoliderebbe in realtà le attuali oligarchie».

Alessandro Marchetti su Libertiamo.it avanza due obiezioni: «Sofia Ventura sostiene (al punto 3): “Con il nuovo sistema per garantirsi la vittoria il Pdl dovrebbe comunque costruire accordi con le varie componenti che si riconoscono nel centrodestra e la prospettiva sarebbe allora quella di un grande contenitore, magari caratterizzato da solidi patti federativi (es. Cdu-Csu), necessariamente più plurale e democratico”. Ma non è lo stesso? Se l’intenzione del comitato referendario è quella di evitare di assegnare il premio di maggioranza alla coalizione di partiti, secondo la logica di cui sopra le coalizioni uscirebbero dalla porta e rientrerebbero dalla finestra. ….
La seconda domanda rientra nella dimensione dell’opportunità politica di uno voto favorevole: c’è il rischio, qualora dalle urne uscisse una vittoria dei sì, che i principali partiti spingano, come le esperienze precedenti ci insegnano, affinché si vada ad elezioni anticipate? ….. In questo senso già Gianfranco Rotondi, che è ministro del Governo Berlusconi, si è espresso in modo netto: «Recependo il quesito referendario, la correzione (alla legge elettorale attuale, nda) avverrebbe nel giro di poche settimane e fatta la Finanziaria si potrebbe tornare al voto nel 2010». ….. (Rotondi) è in grado persino di ipotizzare cosa accadrebbe nel centrodestra in caso di vittoria del Si: «Resta questa legge con l’emendamento referendario. E al massimo si farà qualche correzione per permettere alla Lega e all’Udc di non patire un danno nel caso in cui facciano scelte che le escludono dal premio di maggioranza». Dunque, comunque vada, tutti in barca. Nanetti ed estremisti inclusi» (Alessandro Marchetti, Una replica a Ventura da uno che vota no, ma vota,Libertiamo.it, 13 giugno 2009).

Perché astenersi
Il Comitato amici della Costituzione per l'astensione al referendum (promotori Stefano Passigli, Franco Bassanini e l'Udc Bruno Tabacci ) invita a disertare il voto o a non ritirare la scheda in caso di ballottaggio perché il sì non cancellerebbe il porcellum, anzi rischierebbe, «se possibile», di peggiorarlo, e con il premio di maggioranza trasformerebbe una minoranza in maggioranza «incrinando i principi della democrazia rappresentativa».
Mentre, se vincesse il NO, l’attuale legge verrebbe “santificata” dal voto degli elettori, il che impedirebbe per sempre di cambiarla con una nuova.

Perché votare ed annullare la scheda
1 - Per affermare che il porcellum attuale (se vincesse il NO) o quello corretto (se vincesse il SI) sono comunque inaccettabili,
2 - Per impedire lo scioglimento del parlamento dopo un’eventuale vittoria del SI,
3 - Per chiedere una nuova legge elettorale, magari scrivendolo sulla scheda,
4 - Per salvare l’istituto del referendum.

In difesa dell’istituto del referendum
Ha scritto
Michele Ainis: «… dietro le quinte del referendum elettorale … c’è … una partita istituzionale … importante … eppure nessuno ci fa caso. Qui la posta in gioco non tocca gli equilibri interni di partiti e coalizioni, non tocca nemmeno la fisionomia della legge elettorale. No, il responso delle urne deciderà la sopravvivenza stessa del referendum, della seconda scheda che i costituenti posero in mano agli italiani. Dal 1997 in poi abbiamo consumato 21 referendum, ma hanno fatto cilecca l’uno dopo l’altro. Niente quorum, niente messa nella chiesa vuota di fedeli. Se adesso si ripeterà la diserzione, la prossima messa servirà per celebrare un funerale, quello dell’unico strumento di democrazia diretta contemplato nel nostro ordinamento. ….. Potremmo domandarci quale istinto masochista ci spinga a rinunziarvi, quando lo strumento ottiene viceversa un successo crescente in tutto il mondo (dei circa 1.500 referendum fin qui celebrati a livello nazionale, oltre la metà si è svolta negli ultimi 25 anni). Quando nel Regno Unito Gordon Brown sta per indirne uno allo scopo di far scegliere ai suoi concittadini la nuova legge elettorale».
Ainis censura, soprattutto, i pifferai dell’astensione:«Insomma se il singolo elettore - pur non offrendo certo un esempio di civismo - può disertare il voto, chi organizza l’astensione si pone al di fuori della legalità costituita. Eppure gli appelli non si contano, dalla Lega al Comitato per l’astensione (dove ahimé spicca un corteo d’intellettuali)» (Michele Ainis,Referendum al capolinea, La Stampa, 13 giugno 2009).

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Guida ai referendum


giovedì 11 giugno 2009

Nato sotto il segno della Radiomarelli

Dal 1930 al 1940 ci fu un gran fervore di studi intorno alla radiotelegrafia in Italia, che poteva contare su scienziati di livello internazionale. Continuava i suoi esperimenti Guglielmo Marconi. A Torino era in piena attività il Laboratorio Ricerche dell’EIAR. Al Regio Istituto Elettrotecnico e delle Comunicazioni dell’Accademia Navale di Livorno, il professor Ugo Tiberio –dopo uno stop and go imposto dall’ottusità di chi decideva- realizzava il radar Gufo per la Marina Militare.
La società milanese SAFAR, diretta dall’ingegner Arturo V. Castellani, produceva –in anticipo sui tempi- piccole serie di televisori a scansione meccanica, basata sul disco di Nipkow.

Un’altra azienda che entrò nel settore fu la Fabbrica Italiana Magneti Marelli.
La FIMM, negli anni 20 e 30 era partner, per l’Europa, dell’americana Bosch Magneto Corporation nel settore della componentistica per auto. Quando la Bosch, nel 1925 iniziò la produzione di radio, creando la divisione American Bosch Radio, la Marelli dapprima ne distribuì i prodotti in Italia poi, nel 1929, si mise in proprio e fondò la Radiomarelli. Più tardi, per ovviare ai dazi e alle tasse che gravavano sulle valvole, fondò la FIVRE (Fabbrica Italiana Valvole Radio Elettriche).

All’interno della Magneti Marelli fu creato il Laboratorio Centrale Radio che, intorno alla metà degli anni trenta, oltre alle apparecchiature riceventi, si dedicò allo studio dei mezzi di diffusione del segnale. Francesco Vecchiacchi, già allievo e collaboratore di Giancarlo Vallauri, è considerato il pioniere dei ponti radio. Sotto la sua direzione, fu progettata e realizzata la prima campata del ponte ad onde corte Milano-Monte Cimone, tratta prolungata poi fino al Terminillo e quindi a Roma. Il ponte, dopo la fine della guerra, fu rimesso in efficienza, ampliato e migliorato tanto da far "passare" ben sette comunicazioni telefoniche simultanee.

* * * * * *
Ho raccolto queste essenziali notizie perché, qualche giorno fa, ho ritrovato in fondo ad un cassetto alcuni vecchi documenti della radio che conservo ancora, come un cimelio, in un angolo della sala.
L’apparecchio fu acquistato da mio padre il capodanno del 1934, esattamente 67 giorni prima della mia nascita, nella bottega di Vasco Bettelli, sotto i portici di Piazza Piccola a Sassuolo, alla sinistra guardando il Campanone.
Il core business della ditta era, allora, “elettricità, idraulica, termosifoni”. Per questo considerò naturale estendere la vendita a queste nuove meraviglie della tecnologia.


Il modello è il Damayante della Radiomarelli (cliccare sulla foto per vedere le altre immagini).
Nei primi tempi l’altoparlante era esterno alla radio. Quando si decise d’incorporarlo, il mobile della radio assunse la forma di una consolle: anche la Damayante aveva questa struttura, così come l’aveva il modello Bosch 48 degli americani. Come si può vedere, però, nella Damayante risalta già il design italiano.

* * * * * *
La radio, secondo i miei ricordi da bambino, era stata posta accanto ad una finestra nell’ampio locale dove di giorno si viveva, di fianco alla parete dove si trovava la cucina economica.
Immagino che possedere la radio in quegli anni desse le stesse sensazioni che si è provato, in seguito, con l’avvento della televisione e d’internet oggi.
Si potevano ascoltare, comodamente in casa, le canzonette del Trio Lescano e d’Alberto Rabagliati, le puntate dei Quattro moschettieri di Nizza e Morbelli, il giornale radio e, soprattutto, i concerti sinfonici e le opere liriche. Mio padre era un appassionato melomane (assieme alla mamma, era solito frequentare “le stagioni” del Comunale di Reggio o di quello di Modena). Nella libreria, assieme alla Divina Commedia illustrata da Gustavo Dorè e alle pubblicazioni del Touring Club Italiano, aveva collezionato, disposti in bell’ordine, circa duecento libretti d’opera, per lo più editi da Ricordi.
A partire dal 1940 l’ascolto di Radio Londra, in seconda serata, divenne per tanti italiani un seguitissimo approfondimento del giornale radio.
Fu soltanto nei primi anni del dopoguerra che io presi piena coscienza della presenza della radio: le mie trasmissioni preferite erano Botta e Risposta, condotta da Silvio Gigli, e i concerti di musica leggera con l’orchestra di Pippo Barzizza.

* * * * * *
Avrò avuto dodici anni quando, volendo sapere come funzionasse quella scatola magica, andai a leggere tutti i capitoli del “Libro delle invenzioni” sull’Enciclopedia dei Ragazzi Mondadori, senza però riuscire a soddisfare la mia curiosità. Fu anche per questo motivo che, dopo il liceo, m’iscrissi ad Elettrotecnica Correnti Deboli che comprendeva i corsi di Radiotecnica e di Telecomunicazioni.
Terminati gli studi, dopo aver risposto a diversi annunci del Corriere ed aver affrontato alcuni colloqui, mi ritrovai a lavorare, negli anni sessanta, in un’azienda di telecomunicazioni di Cassina de’ Pecchi.
Si trattava della GTE Italia, sussidiaria dell’americana General Telephon and Electronics che aveva acquisito la Divisione Ponti Radio della Magneti Marelli continuandone l’attività.

Nell’ambito del Laboratorio Centralizzato “Francesco Vecchiacchi” fui inserito, ultima ruota del carro, nel gruppo che lavorava al progetto del “paramp” cioè dell’“amplificatore parametrico” impiegato per ricevere il segnale proveniente dai satelliti di telecomunicazione. Caratteristica rilevante: per aumentare il rapporto segnale-disturbi il paramp era tenuto al freddo all’interno di un contenitore pieno d’azoto liquido. I primi esemplari furono installati presso la stazione Telespazio nella conca del Fucino (per telecomunicazioni civili), ma anche presso le basi militari degli americani, situate lungo il tropico del Cancro (ad es. in Birmania), che spiavano l’Unione Sovietica.

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Nel 1934 la Damayante costò milleseicento lire. Oggi un televisore LCD 40” Full HD, con digitale terrestre incorporato, costa intorno a 1500 euro. Se è vero che lo stipendio medio di un comune mortale ammontava, a quei tempi, a circa 300 lire, ne consegue che, mentre la TV oggi costa circa uno stipendio e mezzo di un lavoratore precario, allora occorrevano più di cinque stipendi per la radio.
Negli anni trenta non esisteva l’IVA: sulle ricevute soltanto marche da bollo da venti e cinquanta centesimi. Chissà come faceva il Duce a far quadrare i conti senza incassare l’Iva? Forse tenendo accesa la luce del suo ufficio per tutta la notte.

Può sembrare che, allora, la vita fosse più cara. L’esempio della radio non è però il più appropriato: nel ‘34 gli abbonati alla radio in Italia erano solo 300.000 contro i 4 milioni della Gran Bretagna. In genere, una famiglia riusciva a vivere contando soltanto sul reddito dell’uomo, mentre la donna curava la casa (lavorando almeno quanto l’uomo o di più). L’organizzazione domestica se n’avvantaggiava e la vita era meno stressante. Oggi una famiglia, per tirare avanti, deve avere due stipendi: è vero che la donna “si realizza”, ma non è libera di scegliere se farlo o no.

Negli anni 30, le necessità erano diverse e lo erano anche i consumi. Nella mia famiglia, ad esempio, non si andava in ferie ma, tutti gli anni, si faceva il vino e s’ingrassava il maiale.
In autunno –ed era una gran festa- nel cortile di casa arrivavano i contadini con i loro carri, si pigiava l’uva e si metteva il vino a fermentare in due grossi tini (uno per il bianco, l’altro per il rosso) posti in cantina. Poi, con la luna giusta s’imbottigliava. Con l’occasione si rimboccava con nuovo mosto cotto la botticella più grande dell’aceto balsamico, dalla quale era stato spillata una parte del prodotto per passarla, in successione, nelle botticelle più piccole.
Un’altra festa era quando si uccideva e lavorava il maiale per ricavarne prosciutti e salumi vari.
Il vino si beveva (a noi bambini era concesso assaggiarlo), ad esempio, mangiando prosciutto affettato a mano accompagnato dallo gnocco fritto o dalle strie. Un’alternativa ai salumi era un patriottico insalatone tricolore: peperone verde, cipolla e pomodoro. La vigilia di Natale, il mattino, si apriva la spongata di Brescello e, a cena si mangiava il risotto con la trifola. Agli ospiti si offriva nocino e sassolino. Mio padre praticava anche la caccia (possedeva due doppiette). Nella camera buia che fungeva da dispensa c’era sempre una scorta di bottiglie d’olio d’oliva (acquistato da una rinomata azienda ligure), sacchi di pasta, sacchetti di sfoglia all’uovo tirata a mano da mia madre, farina, zucchero, caffè …

A cambiarci la vita furono lo scoppio della guerra ed il trasferimento a Bologna, dove la mamma, rimasta vedova, aveva trovato un impiego. Niente più vino: non c’era più il cortile con le aiuole di fiori e neppure la gran cantina col soffitto a volte. Niente più maiali da ingrassare. Vendute le doppiette Beretta. Interrotto, al settimo anno mi pare, l’invecchiamento dell’aceto balsamico: non c’era più il solaio.
Le scorte residue –diventate clandestine, perché considerate accaparramento- alleviarono la fame del terribile 1942.
Ci era rimasta la Radiomarelli.

* * * * * *
Un giorno imprecisato, sicuramente quando il caffè al bar costava 30 lire, vendetti i libretti d’opera a 35 lire l’uno al mio amico Paolo, appassionato d’opera lirica, che lavorava alla Weber. Oggi quest’azienda non costruisce più carburatori (sette milioni quelli prodotti nel 1992), ma centraline elettroniche per auto, dopo essere stata acquisita … da chi? Dalla Magneti Marelli. Lo stabilimento si trova a cento metri da casa mia.


martedì 9 giugno 2009

Risultati comunali 2009 a Bologna

Alle quattro della notte arriva il verdetto: è ballottaggio tra Delbono e Cazzola.
Determinanti i voti dei quartieri Colli e Santo Stefano, scrutinati per ultimi come se si volesse esorcizzare l’esito infausto. Questi i risultati:

Candidato Voti % Voti liste collegate %

Flavio Delbono 112.131 49,40 107.781 50,52

Alfredo Cazzola 66.058 29,10 61.206 28,69

Giorgio Guazzaloca 28.785 12,68 26.022 12,20

Giovanni Favia (lista Beppe Grillo) 7.428 3,27 6.821 3,20

Gianfranco Pasquino 4.448 1,96 3.779 1,77

Valerio Monteventi 3.625 1,61 3.553 1,67

Giuseppina Tedde 1.086 0,48

Michele Terra 897 0,40

Massimiliano Mazzanti 728 0,32

Stefano Morselli 598 0,26


Giulio Tam 435 0,20

Leonardo Tucci 414 0,18

Michele Laganà 314 0,14


lunedì 8 giugno 2009

Risultati europee 2009 a Bologna

Il Partito democratico a Bologna va poco oltre il 40%, con una perdita di oltre 9 punti rispetto al voto alla Camera dei deputati del 2008.
Il Popolo della libertà è fermo al 27%, confermando il voto delle politiche.
L’Italia dei Valori vola quasi all’8,8%.
La lista Pannella-Bonino sfonda il 5%.
In aumento anche la Lega Nord al 5,9%
L’Unione di centro al 4,4%.
Sotto la soglia del 4% tutte le altre formazioni.

Questo il quadro generale del responso delle urne nel Comune di Bologna, secondo i dati definitivi delle elezioni per il Parlamento europeo resi noti dal ministero dell’Interno su internet (elezioni2009.interno.it), con il totale delle 449 sezioni scrutinate.

Se questi risultati si confermassero anche per le comunali, si aprirebbe la possibilità del ballottaggio.
Pd più IDV fanno il 48,8%, ma occorre vedere quanto sarà eroso questo valore dalle liste che sono rimaste fuori dall'Unione di Delbono, in particolare da quella del Professor Pasquino, non presente alle europee.


Risultati elezioni europee 2009

Risultati elezioni europee 2009
Scrutinio candidati: 63816 sezioni su 64328
Percentuale votanti: 65.04% (a chiusura delle operazioni) 8154 enti su 8154


Lista Voti % Seggi

IL POPOLO DELLA LIBERTA' 10.797.762 35,26 -

PARTITO DEMOCRATICO 8.002.376 26,13 -

LEGA NORD 3.126.313 10,2 -

DI PIETRO ITALIA DEI VALORI 2.449.348 7,99 -

UNIONE DI CENTRO 1.994.904 6,51 -

RIFOND.COM. - SIN.EUROPEA - COM.ITALIANI 1.037.152 3,38 -

SINISTRA E LIBERTA' 956.931 3,12 -

LISTA MARCO PANNELLA - EMMA BONINO 742.681 2,42 -

LA DESTRA-MPA- PENSIONATI -ALL.DI CENTRO 681.375 2,22 -

FIAMMA TRICOLORE 244.430 0,79 -

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI 166.258 0,54 -

FORZA NUOVA 146.499 0,47 -

SVP 143.027 0,46 -

LIBERAL DEMOCRATICI - MAIE 71.171 0,23 -

VALLEE D'AOSTE 32.896 0,1 -

AUTONOMIE LIBERTE' DEMOCRATIE 27.062 0,08 -


dati aggiornati alle: 11:15:33 del 08/05/2009
percentuale votanti aggiornata alle: 08:06:25 del 08/05/2009



RISULTATI PRECEDENTI CONSULTAZIONI - 12 GIUGNO 2004

Lista Voti % Seggi

UNITI NELL'ULIVO 10.105.836 31,07 24

FORZA ITALIA
6.806.245 20,93 16

ALLEANZA NAZIONALE 3.736.606 11,49 9

RIF.COM. 1.969.776 6,05 5

UDC 1.914.726 5,88 5

LEGA NORD 1.613.506 4,96 4

FED.DEI VERDI 803.356 2,47 2

COMUNISTI ITALIANI 787.613 2,42 2

LISTA EMMA BONINO 731.536 2,24 2

DIPIETRO OCCHETTO 695.179 2,13 2

SOCIALISTI UNITI 664.463 2,04 2

A.P. UDEUR 419.173 1,28 1

ALTERNATIVA SOCIALE 400.626 1,23 1

PART.PENS. 374.343 1,15 1

FIAMMA TRICOLORE 237.058 0,72 1

PRI I LIBERAL SGARBI 233.144 0,71 -

P.SEGNI SCOGNAMIGLIO 172.556 0,53 -

ALL.LOMB.AUT. 160.101 0,49 -

LISTA CONSUMATORI 160.066 0,49 -

AB.SCORP.VERDI VERDI 158.988 0,48 -

SVP 146.357 0,45 1

PAESE NUOVO 78.003 0,23 -

NO EURO 70.220 0,21 -

MOV.IDEA SOC. RAUTI 47.171 0,14 -

UV 29.598 0,09 -


mercoledì 3 giugno 2009

Promozioni commerciali

Secondo i sondaggi, dovrebbe essere un successo. Chissà?


 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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