Ha scritto il professor Mario Deaglio:
«… gli italiani hanno gradualmente perso coscienza di un fatto fondamentale, e cioè che il settore pubblico continua (e anzi accelera) la propria tendenza a spendere più di quanto incassa e, più in generale, che il paese sta vivendo sopra i propri mezzi e non potrà farlo molto a lungo»
(La Stampa, Evasori dalla realtà, 14 novembre 2006).
Una pensione di 2.723.000 lire pari a 1.406 euro del 2001 è aumentata nel 2006 a 1.561 euro.
Non c’e che dire: un bell’aumento del 11 %, dovuto alle annuali perequazioni automatiche basate sui livelli dell’«inflazione programmata». Allora si continua a spendere? Vorrei tranquillizzare il professore. Chi era in pensione al momento dell’introduzione dell’euro ha già cominciato a smettere.
Il Prof. Deaglio, nei giorni della presentazione della Finanziaria 2007, scrisse un articolo in cui esprimeva in “numero di tazzine di caffè” le differenze che la finanziaria avrebbe comportato per i contribuenti. Anni prima Eugenio Scalfari aveva usato “i cappuccini”. Avendo, pertanto, l’avallo di due così eminenti personalità, è lecito analizzare la suddetta pensione prendendo come moneta di riferimento “la tazzina di caffè”. I dettagli del calcolo si possono vedere nella tabella sottostante:
Si potrebbe obiettare che, prendendo come riferimento il costo di qualche altro bene, si otterrebbero risultati diversi. Per esempio, con il prezzo della frutta e verdura o della carne, oppure di una cena al ristorante, oppure con i prezzi delle abitazioni. Ormai, vox populi, 1 euro uguale 1.000 lire.
Siccome il tasso di cambio euro / lira (1936,27) è una costante e gli indici di perequazione variano di poco sotto ad un valore massimo, il meccanismo ha funzionato nello stesso identico modo per tutti coloro che erano in quiescenza all’atto dell’introduzione dell’euro, qualunque fosse l’importo della loro pensione. Per cui si può affermare:
Se non la Patria, almeno gli enti previdenziali sono mezzi salvati.
Questi continuano, infatti, ad incassare i contributi, con aliquote immutate, dai lavoratori dipendenti (gli stipendi dei quali sono aumentati un po’ più delle pensioni e, col tempo, destinati ad aumentare ancora) e paga pensioni ferme al 2001.
Si è trattato di una vera riforma strutturale, anche se occulta. Il risultato, infatti, è lo stesso di quello che si sarebbe ottenuto se nella finanziaria del 1997 si fosse proposto di abbassare gradualmente tutte le pensioni, del 30 %, nei cinque anni successivi. Con la differenza che il povero Presidente del Consiglio avrebbe fatto la fine di Giulio Cesare, e il suo Ministro delle Finanze n’avrebbe letto l’orazione funebre sulla soglia di Palazzo Chigi.
Va da sé che la colpa di quanto successo -per il centrodestra- è del governo Prodi che non ha imposto il cambio con l’euro a 1500 lire, mentre -per il centrosinistra- è del governo Berlusconi che non ha controllato gli aumenti dei prezzi. Il fatto resta la diminuzione del potere d’acquisto che per i pensionati è senza rimedio. La colpa, ovviamente, non è di nessuno.
E’ il MERCATO bellezza!
L’attuale generazione di pensionati subisce questa vicissitudine come altre generazioni hanno subito la guerra del ’40, o beneficiato del miracolo economico del ’60, o come i giovani subiscono la precarietà attuale.
Il mercato, che non teme l’impopolarità, è il riformista più efficace che esista: appena trova un varco non c’è diga che tenga.
Per settant’anni è stato imbrigliato in Unione Sovietica poi … è dilagato.
I comunisti cinesi, con la saggezza che contraddistingue questo popolo da cinquemila anni, hanno capito e si sono adeguati. Bertinotti, quando ha visitato il rosso impero, è rimasto basito. Tornato in patria, si è convertito anche lui al mercato … delle poltrone. Tra l’incomprensione dei suoi militanti.
Con la globalizzazione, le politiche dei governi nazionali sono destinate a perdere rilevanza sempre di più. Si possono affannare fin che vogliono ma, assieme ad una più o meno buona amministrazione, finiscono per produrre molte rotture di scatole ai cittadini e qualche immancabile “nefandezza”.
Pur consapevoli che, prima o poi, ci sarà restituito il fiscal drag [pagina 203 delle 281 del programma dell’Unione] e fiduciosi che quanto incassato dalla lotta all’evasione sarà tramutato in riduzione delle tasse [finanziaria 2007], lasciateci evadere dalla realtà per gustare in pace le ultime tazzine di caffè … macchiato caldo, per favore, e con una spruzzatina di cacao!
1 commento:
2 commenti recuperati:
monarchico ha detto...
bellissimo articolo, che l'ho letto tutto in un fiato, dall'inizio alla fine.
Hai ragione, il cambio della moneta è stata una occulta riforma strutturale che, come al solito, è stata pagata dal povero popolo.
La destra dice che la colpa è di Prodi che non ha fissato il cambio lira-euro a 1500, mentre la sinistra scarica la colpa a berlusconi che non ha vigilato l'aumento dei prezzi.
Che reality !
La nomenklatura del Potere repubblicano che opprime gli italiani è il duo destra-sinistra che litigano tra loro per prendere voti ma poi insieme umiliano gli italiani.
La riduzione del potere dell'acquisto del 40% chiede vendetta.
Quando gli italiani smetteranno di farsi prendere in giro dal sistema repubblicano ?
saluti
25 novembre, 2006 23:45
Sergio Vivi ha detto...
Leonardo stabilì che le proporzioni umane sono perfette quando l’ombelico divide l’uomo in modo aureo. Sebbene il presidente Ciampi abbia voluto l’uomo di Vitruvio sul retro dell’euro, sembra che la regola non valga per le monete. La tazzina di caffè avrebbe rappresentato meglio la realtà.
Comunque, grazie monarchico.
s.vivi
26 novembre, 2006 17:59
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