mercoledì 10 febbraio 2010
Oddio, tra Cinzia e Flavio, Bologna è senza sindaco!
Vediamo di capire cosa è emerso dalla lettura dei giornali delle ultime settimane.
PRIMO. Delbono non era per niente obbligato a dare le dimissioni a causa della fine di un suo rapporto sentimentale. Ci sono varie scuole di pensiero sul rapporto pubblico/privato dei comportamenti di chi ricopre cariche elettive.
Si va dall’assolutoria formula di Adorno che, in “Minima moralia”, scrive che in materia d’etica sessuale “l’accusatore ha sempre torto”. Alla pragmatica considerazione di Beniamino Placido nella lettera del 1990 alla figlia Barbara, (pubblicata lunedì scorso da Repubblica): «Gli uomini (tutti gli uomini e tutte le donne: anche noi, non solo “gli altri”) sono fatti anche di miti, di pulsioni profonde e inconfessabili, di ambizioni, di interessi». Per finire con il giudizio di Ludwig Feuerbach: «Per un’anima che veramente ama Dio l’amore per la donna è impossibile – è un adulterio». Da quel tempo, era il 1841, pare che soltanto il religiosissimo Sören Kierkegaard, per ottemperare a questo precetto, abbia rotto traumaticamente il suo fidanzamento, pentendosene amaramente per il resto dei suoi giorni.
Non si può chiedere ai politici di fare voto di castità.
Non si possono reprimere i propri sensi, tanto più per il partito, che non è Dio.
SECONDO. Non è vero che Delbono ha fatto il gesto nobile di rassegnare le dimissioni. Si è arreso, invece, per ben due volte all’ultimatum del Partito Democratico, non certamente per dimostrare che “Loro” sono diversi. La prima dichiarazione resa dal Sindaco era stata: «non mi dimetto neanche se rinviato a giudizio» e, com’era solito dire Mike Bongiorno, la prima risposta è quella che vale. Ha ceduto una prima volta perché messo sotto pressione da Errani e da Prodi; la seconda, quando, nottetempo, la lobby dei costruttori l’aveva convinto a ritirarle.
Noi cittadini n’eravamo all’oscuro ma, in Regione, possiamo immaginare che la cosa fosse risaputa. Errani non poteva non sapere. Prodi non poteva non sapere. Anche in Via Altabella sapevano.
Se hanno chiesto le dimissioni, è perché c’era dell’altro.
TERZO. Nessuno aveva il diritto di mettere il dito tra i due (ex) innamorati. Guazzaloca consigliò alla Signora di rivolgersi o in procura, oppure al confessore. Al contrario, Cazzola se ne uscì con la frase: «Le porto i saluti della signora Cinzia», che scoperchiò la pentola.
Non l’avesse pronunciata, la Magistratura non sarebbe intervenuta e la vita sarebbe continuata come prima: la signora Cracchi a lavorare da qualche parte, il signor Divani a farsi, indisturbato, i suoi affari e il CUP 2000 “a risparmiare” (Repubblica del 9/2/10), mentre i suoi dirigenti non sarebbero stati chiamati a dare spiegazioni su assunzioni ed appalti.
QUARTO. La signora Cracchi dice: «L’ho fatto soltanto per riavere il mio lavoro, che non è quello del CUP. Ho sempre fatto un lavoro di segreteria politica». Noi non sappiamo se il trasferimento in regione sia stato un desiderio di Lui, di Lei o d’entrambi. La signora, ad ogni modo, era libera di non accettarlo e di rimanere a fare la “segretaria politica” in Comune.
* * * * * *
Adesso Bologna è senza Sindaco.
Inutile cercare di chi sia la colpa.
Di chi ha scelto il candidato Delbono?
Del centrodestra che, se avesse presentato un solo candidato, avrebbe potuto vincere le elezioni?
(Con tutto il rispetto per l’imprenditore Cazzola, soltanto Giorgio Guazzaloca era in grado di ripetere l’exploit del 1999).
Di Cazzola che ha scoperchiato la pentola?
Di Delbono che si è dimesso con tre giorni di ritardo?
Di Maroni, di Cicchitto e del centrodestra che, lecitamente in politica, sfrutta un vantaggio insperato?
Bologna resterà senza Sindaco e senza Consiglio comunale fino al 2011. In tanti si stanno stracciando le vesti per l’onta inflitta alla città dall’arrivo del Commissario prefettizio. Pensando alla paralisi dei pubblici appalti.
Possiamo anche capire che i Consiglieri abbiano fretta di tornare ad incassare i gettoni di presenza. Purtroppo, devono comprendere che ci sono “le finestre elettorali”, come ci sono –dopo averne raggiunto il diritto- “le finestre per accedere alla pensione” e come ci sono “le finestre di circolazione” per i possessori di un’auto Euro0 od Euro1. Tutte conseguenze di com’è intesa la flessibilità, tanto declamata da Lor’ Signori.
Non chiedetevi che cosa potrà fare il Commissario per la città, ma che cosa potrete fare voi per Bologna.
La signora Mantovani, ad esempio, anche se non è più assessore, non perderà le sue capacità di creatrice d’eventi. Potrà benissimo preparare i festeggiamenti in piazza per il capodanno 2011. Gianni Morandi, Lucio Dalla ed Andrea Mingardi saranno ben lieti di darle una mano. I professori della lista Bologna 2014 e gli undicimila cittadini consapevoli che hanno finora aderito all’appello di Repubblica, per le elezioni subito, potranno farsi promotori di una colletta per pagare l’esibizione di qualche guest star nazional-popolare, magari Adriano il molleggiato che, notoriamente, s’accontenta di un cachet modesto.
Io, l’ultimo dei cittadini, m’impegno fin d’ora a parcheggiare, una volta il mese, fuori della mia zona ma entro le strisce blu (sperando che se ne trovino ancora in giro), per contribuire, col pagamento della giusta contravvenzione, a superare la cifra che il sindaco ha messo, anche quest’anno, a bilancio per pareggiare i conti comunali.
PRIMO. Delbono non era per niente obbligato a dare le dimissioni a causa della fine di un suo rapporto sentimentale. Ci sono varie scuole di pensiero sul rapporto pubblico/privato dei comportamenti di chi ricopre cariche elettive.
Si va dall’assolutoria formula di Adorno che, in “Minima moralia”, scrive che in materia d’etica sessuale “l’accusatore ha sempre torto”. Alla pragmatica considerazione di Beniamino Placido nella lettera del 1990 alla figlia Barbara, (pubblicata lunedì scorso da Repubblica): «Gli uomini (tutti gli uomini e tutte le donne: anche noi, non solo “gli altri”) sono fatti anche di miti, di pulsioni profonde e inconfessabili, di ambizioni, di interessi». Per finire con il giudizio di Ludwig Feuerbach: «Per un’anima che veramente ama Dio l’amore per la donna è impossibile – è un adulterio». Da quel tempo, era il 1841, pare che soltanto il religiosissimo Sören Kierkegaard, per ottemperare a questo precetto, abbia rotto traumaticamente il suo fidanzamento, pentendosene amaramente per il resto dei suoi giorni.
Non si può chiedere ai politici di fare voto di castità.
Non si possono reprimere i propri sensi, tanto più per il partito, che non è Dio.
SECONDO. Non è vero che Delbono ha fatto il gesto nobile di rassegnare le dimissioni. Si è arreso, invece, per ben due volte all’ultimatum del Partito Democratico, non certamente per dimostrare che “Loro” sono diversi. La prima dichiarazione resa dal Sindaco era stata: «non mi dimetto neanche se rinviato a giudizio» e, com’era solito dire Mike Bongiorno, la prima risposta è quella che vale. Ha ceduto una prima volta perché messo sotto pressione da Errani e da Prodi; la seconda, quando, nottetempo, la lobby dei costruttori l’aveva convinto a ritirarle.
Noi cittadini n’eravamo all’oscuro ma, in Regione, possiamo immaginare che la cosa fosse risaputa. Errani non poteva non sapere. Prodi non poteva non sapere. Anche in Via Altabella sapevano.
Se hanno chiesto le dimissioni, è perché c’era dell’altro.
TERZO. Nessuno aveva il diritto di mettere il dito tra i due (ex) innamorati. Guazzaloca consigliò alla Signora di rivolgersi o in procura, oppure al confessore. Al contrario, Cazzola se ne uscì con la frase: «Le porto i saluti della signora Cinzia», che scoperchiò la pentola.
Non l’avesse pronunciata, la Magistratura non sarebbe intervenuta e la vita sarebbe continuata come prima: la signora Cracchi a lavorare da qualche parte, il signor Divani a farsi, indisturbato, i suoi affari e il CUP 2000 “a risparmiare” (Repubblica del 9/2/10), mentre i suoi dirigenti non sarebbero stati chiamati a dare spiegazioni su assunzioni ed appalti.
QUARTO. La signora Cracchi dice: «L’ho fatto soltanto per riavere il mio lavoro, che non è quello del CUP. Ho sempre fatto un lavoro di segreteria politica». Noi non sappiamo se il trasferimento in regione sia stato un desiderio di Lui, di Lei o d’entrambi. La signora, ad ogni modo, era libera di non accettarlo e di rimanere a fare la “segretaria politica” in Comune.
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Adesso Bologna è senza Sindaco.
Inutile cercare di chi sia la colpa.
Di chi ha scelto il candidato Delbono?
Del centrodestra che, se avesse presentato un solo candidato, avrebbe potuto vincere le elezioni?
(Con tutto il rispetto per l’imprenditore Cazzola, soltanto Giorgio Guazzaloca era in grado di ripetere l’exploit del 1999).
Di Cazzola che ha scoperchiato la pentola?
Di Delbono che si è dimesso con tre giorni di ritardo?
Di Maroni, di Cicchitto e del centrodestra che, lecitamente in politica, sfrutta un vantaggio insperato?
Bologna resterà senza Sindaco e senza Consiglio comunale fino al 2011. In tanti si stanno stracciando le vesti per l’onta inflitta alla città dall’arrivo del Commissario prefettizio. Pensando alla paralisi dei pubblici appalti.
Possiamo anche capire che i Consiglieri abbiano fretta di tornare ad incassare i gettoni di presenza. Purtroppo, devono comprendere che ci sono “le finestre elettorali”, come ci sono –dopo averne raggiunto il diritto- “le finestre per accedere alla pensione” e come ci sono “le finestre di circolazione” per i possessori di un’auto Euro0 od Euro1. Tutte conseguenze di com’è intesa la flessibilità, tanto declamata da Lor’ Signori.
Non chiedetevi che cosa potrà fare il Commissario per la città, ma che cosa potrete fare voi per Bologna.
La signora Mantovani, ad esempio, anche se non è più assessore, non perderà le sue capacità di creatrice d’eventi. Potrà benissimo preparare i festeggiamenti in piazza per il capodanno 2011. Gianni Morandi, Lucio Dalla ed Andrea Mingardi saranno ben lieti di darle una mano. I professori della lista Bologna 2014 e gli undicimila cittadini consapevoli che hanno finora aderito all’appello di Repubblica, per le elezioni subito, potranno farsi promotori di una colletta per pagare l’esibizione di qualche guest star nazional-popolare, magari Adriano il molleggiato che, notoriamente, s’accontenta di un cachet modesto.
Io, l’ultimo dei cittadini, m’impegno fin d’ora a parcheggiare, una volta il mese, fuori della mia zona ma entro le strisce blu (sperando che se ne trovino ancora in giro), per contribuire, col pagamento della giusta contravvenzione, a superare la cifra che il sindaco ha messo, anche quest’anno, a bilancio per pareggiare i conti comunali.
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