IL BLOG DI SERGIO VIVI



sabato 25 luglio 2009

Il Superenalotto

Io non sono sano di mente. Almeno a dare ascolto al professor Piergiorgio Odifreddi, che considera tale chi perde un solo secondo con il Superenalotto (La Repubblica, 23 luglio 2009). Infatti, perdo il tempo occorrente per andare a giocare tre volte la settimana.
Sono anche sciocco perché credo nella dea bendata e perché mi sottopongo alla “tassa sulla stupidità” che lo Stato impone sui giochi. Bene che vada, se dovessi vincere 100 milioni sarò stato sciocco come Pascal che sosteneva che «conviene credere (nell’esistenza di Dio) perché c’è poco da perdere e molto da guadagnare».

Odifreddi sostiene che, se non impossibile, è altamente improbabile vincere il sei a causa degli oltre 622 milioni di combinazioni.
Il superenalotto consiste nell’indovinare la “combinazione semplice” di k numeri su n (con k<=n).

La formula generale è: C n,k = n (n-1) … (n-k+1) / k!
Nel caso del superenalotto: C 90,6 = 90 (90-1) ... (90 – 6 + 1) / 6!
C 90,6 = 90*89*88*87*86*85 / 6*5*4*3*2*1
C 90,6 = 448.282.533.600 / 720 = 622.614.630 (s.e.)

E’, comunque, tutto relativo: la probabilità calcolata sopra è immensamente più piccola della probabilità che tutte le molecole d’ossigeno, in una camera chiusa che misuri 4 x 4 x 3 metri, in un certo istante, vadano a radunarsi in un angolo delle dimensioni di 10 x 10 x10 cm.

Chi gioca non vuole per forza fare sei.
Si vincono discrete cifre anche con il cinque.
Nel 2009 ci sono già state –in sette mesi- 19 vincite con “5+”, per un importo di 15.736.755 euro equivalenti a circa 14 Premi Nobel.
Il Professore si dovrebbe convincere che è più facile incassare un milione giocando al superenalotto che concorrendo al Premio Nobel. Dovrebbe anche considerare queste vincite, da matematico e da ateo, come si dichiara, come una prova dell’esistenza della fortuna molto più concreta della prova ontologica d’Anselmo sull’esistenza di Dio.

* * * * * *
Oltre che sciocco e insano di mente, presento «un rapporto problematico con il gioco a rischio di trasformarsi in una vera e propria dipendenza»; addirittura potrei essere «coinvolto nella sua deriva patologica, cioè in una vera e propria dipendenza», come l’1-3% della popolazione.

E’ quanto sostiene l’avvocato Carlo Rienzi, fondatore del Codacons, che ha presentato un ricorso al tribunale di Roma e chiesto di congelare il jackpot del Superenalotto, al fine di arginare la pericolosissima febbre da gioco che sta investendo il nostro paese.

Io gioco al Superenalotto, tutti i mesi, 13 euro della mia pensione, a fronte dei 29 euro che spendo per la Repubblica (che leggo dalla fondazione … e di cui, però, da un pezzo non ascolto i “consigli per gli acquisti”). Escludo d’essere gioco-dipendente.
Perché dovrei vedermi ridurre il premio, se vinco?
Perché, di fronte alle percentuali delle vittime della strada o degli infortuni sul lavoro, Rienzi non chiede la chiusura delle autostrade il sabato e la domenica o l’abolizione del lavoro tout court?

Noi anziani, che non abbiamo più un avvenire davanti, abbiamo bisogno di qualche sogno. A volte, immaginiamo –bovaristicamente- di realizzare in poco tempo cose che non abbiamo fatto (o non siamo stati capaci di fare) in passato: le idee non mancano e una barca di soldi aiuterebbe.

Quel “rompiscatole” di Rienzi (come lui stesso si definisce nell’intestazione del suo blog) faccia il suo mestiere. Pensi ad ottenere, se ci riesce, una riduzione della tassa sulla stupidità. Oppure venga a Bologna ad interessarsi della
"bolletta dell'acqua" che sta diventando più pesante di quelle del gas, della luce e del telefono.


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Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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