IL BLOG DI SERGIO VIVI



martedì 16 giugno 2009

I tre referendum elettorali del 21 giugno 2009

E’ opinione diffusa che ai tre referendum del 21 giugno 2009 il quorum non sarà raggiunto, che, anche nel caso vinca il SI, le conseguenze saranno assai limitate e che, dopo il voto, difficilmente si troverà una maggioranza per una nuova legge elettorale.
Vale la pena, comunque, di confrontare le varie opinioni che, in questi giorni, si sono espresse.
Ci limitiamo ai primi due quesiti che mirano ad eliminare il premio di coalizione per sostituirlo col premio di lista.
Le posizioni assunte sono trasversali. Si possono trovare sostenitori del SI o del No nello stesso schieramento. Così come numerosi sono i pifferai dell’astensione, già all’opera per cercare di superare la storica impresa del Cardinale Ruini.

Gli intenti dei promotori
1 - Ridurre la frammentazione partitica
2 - Superare le coalizioni e avviare il bipartitismo
3 - Fare pressioni sul Parlamento per cambiare la legge elettorale

Secondo alcuni commentatori le coalizioni sono un problema già superato, secondo altri è inutile illudersi che la legge elettorale possa essere cambiata.

Ha scritto
Luciano Violante : «Ora, però, il superamento di quel tipo di coalizioni è avvenuto per via politica. Nel 2008 Veltroni, con coraggio, si coalizzò con la sola Idv e Berlusconi lo seguì stringendo un patto solo con la Lega. E' difficile pensare che si possa tornare alle carovane di un tempo: i primi a ribellarsi sarebbero gli elettori. Perciò, guadagnati per via politica i vantaggi che si volevano conseguire attraverso il referendum, bisogna fare i conti con i danni». (Luciano Violante, Un rischio la vittoria del sì, La Stampa, 16 aprile 2009).

Ha scritto
Angelo Panebianco: «Ma, si obietterà: alle ultime elezioni, nonostante la leg­ge in vigore, la frammentazione partitica è stata drasticamente ridotta. E’ vero ma la causa è sta­ta esclusivamente una decisione politica: la scel­ta di Walter Veltroni di sbarazzarsi dell'antica co­alizione di centrosinistra e di puntare sul «parti­to a vocazione maggioritaria» (Angelo Panebianco, Referendum, antidoto ai troppi partiti, Corriere della Sera, 13 giugno 2009).

Ha scritto
Sandro Brusco: «Io ho sostenuto i referendum elettorali con l'obiettivo di stimolare l'iniziativa parlamentare per un cambiamento della legge elettorale. Credo questo fosse l'obiettivo principale per molti altri, nel movimento referendario. L'obiettivo è già fallito, indipendentemente da quale sarà l'esito del referendum. Davamo tutti per scontato che i nostri politici non avrebbero discusso la legge elettorale senza uno stimolo esterno. Era meno ovvio che avrebbero fatto carte false per non discuterla anche in presenza del referendum. …..
Quindi, l'obiettivo principale del referendum è fallito, e nemmeno c'è da illudersi che una vittoria del SI condurrà a una riforma successiva. La domanda che resta da porsi quindi è: qual è il male minore, il porcellum attuale o il porcellum con rossetto che uscirebbe dai referendum?»
(Sandro Brusco, Referendum elettorali: perché voterò SI, FLG-NoisefromAmerika, 17 maggio 2009).

Per Violante occorre ora limitare i danni, per Panebianco completare l’opera per scongiurare la frammentazione partitica, per Brusco scegliere il male minore.

I quattro modi di votare:
1 - Votare SI
2 - Votare NO
3 - Non andare al seggio oppure (nel caso dei ballottaggi amministrativi) non ritirare la scheda
4 - Votare scheda bianca od annullarla


Perché votare SI
Il Comitato Promotore
, ovviamente, per conseguire gli obiettivi prefissati.

Sofia Ventura,
Referendum, dieci motivi per il SI, Libertiamo.it, 13 giugno 2009.
La collaboratrice di Libertiamo.it e di Fare Futuro elenca dieci punti a favore del SI:
1 - Rendere Pdl e Pd non ricattabili da Lega e Idv,
2 - Permettere a Pdl o Pd di governare da solo,
3 - Costruire due grandi contenitori caratterizzati da solidi patti federativi,
4 - Perché il referendum è l’unico modo per cambiare la legge,
5 - Consolidare l’attuale bipolarismo e impedire il ritorno della frammentazione,
6 - Impedire la “scelta” di candidati attraverso le rinunce “strategiche” dei pluri-eletti,
7 - Per non delegittimare l’istituto del referendum,
8 - Reagire ai pifferai dell’astensione,
9 - Fare intendere alle oligarchie dei partiti che i cittadini “capiscono benissimo”
10 - Perché la libertà è “partecipazione”.

Ha scritto Panebianco: «Ma ora Veltroni è fuori gioco e anche il partito a vocazione maggioritaria è stato messo in soffitta. Alle prossime elezioni il Partito democratico tornerà, presumibilmente, a una più tradiziona­le politica delle alleanze (ed è plausibile che, per diretta conseguenza, si manifestino tendenze di­sgregative anche a destra). La legge elettorale in vigore tornerà allora a sviluppare le sue letali tossine, alimenterà di nuovo la frammentazione partitica. Se non si fa qualcosa (e l'unico «qual­cosa » possibile è, al momento, il referendum) il sistema politico italiano sarà di nuovo tra pochi anni, come è stato negli ultimi decenni (fino al 2008), il più frammentato dell'Europa occidenta­le».

Dopo avere esaminato le conseguenze di una vittoria del SI e concluso che «la distinzione tra ''coalizione di liste elettorali'' e ''lista elettorale'' è alla fine assai meno netta di quel che può apparire a prima vista, per l'elementare ragione che i partiti rivedono la propria strategia elettorale a seconda della legge» … ed aver dimostrato che Berlusconi non otterrebbe più potere, perché non sarebbe sicuro di vincere se corresse da solo, ma sarebbe costretto a presentare una lista unica assieme alla Lega (una “bicicletta”), per superare le “biciclette” o i “tricicli” messi in campo dallo schieramento avverso, Brusco ha scritto:
«Visto che alla fine non cambia molto, perché votare SI? Per quel che mi riguarda, per due ragioni.
La prima è che è bene sfrondare i partitini, e questo è un risultato che con il referendum si otterrebbe. Nella lunga tradizione proporzionalista italiana si è vista una lunga sfilza di partitini la cui unica funzione era regalare una fettina di potere a politici normalmente di scarso livello. Il PdCI di Diliberto, l'UDEUR di Mastella e il MpA di Lombardo sono solo alcuni tra gli esempi recenti. Questi partitini fanno danni, aumentano la conflittualità nei governi unicamente per ragione di visibilità e per accrescere le rendite dei loro dirigenti, e non apportano nulla di utile in termine di idee. È bene che scompaiano. È vero, i partitini non sono il problema principale della politica italiana, sono solo un problema minore. Ma visto che c'è l'occasione per dar loro un colpo è bene usarla.
La seconda ragione è che è bene che i politici continuino ad aver paura dei referendum. Si tratta di iniziative che normalmente sono al di fuori del loro controllo e che possono essere usate per fare pressione. Certo, è un'arma spuntata. Il referendum è solo abrogativo, quindi il suo scopo è limitato. In questo caso, per esempio, si è solo potuto lavorare di fino per produrre un porcellum con il rossetto, anziché proporre un sistema maggioritario. Inoltre i risultati referendari possono essere facilmente aggirati o ignorati, come è accaduto con i referendum sulla privatizzazione Rai o sul ministero dell'agricoltura. Lo stesso, un'arma spuntata è meglio di nessuna arma. Una vittoria del SI, dopo una lunga serie di referendum andati ''buchi'' per mancanza di quorum, servirebbe a dare l'avviso alla casta che i cittadini non sono totalmente inermi.
Non è molto, lo so. Ma, ripeto, poco è meglio che niente».

Perché votare NO
Ha scritto Violante: «Già oggi non gli elettori, ma i capi dei partiti, caso unico nel mondo avanzato, hanno il potere di scegliere i componenti del Parlamento. Il referendum conferma questa loro prerogativa e anzi la potenzia perché mette nelle mani di un solo uomo, il capo del partito vincente, chiunque esso sia, la scelta della maggioranza assoluta dei parlamentari. ..…
Il Parlamento diventerebbe una protesi del governo, anzi del presidente del Consiglio, chiunque esso sia. ..…
Il bipartitismo non è una bestemmia, ma esige un sistema elettorale che dia ai cittadini la possibilità di scegliere i propri parlamentari e regole democratiche in tutti i principali partiti. Queste condizioni oggi non ci sono e pertanto il bipartitismo che verrebbe fuori dal referendum consoliderebbe in realtà le attuali oligarchie».

Alessandro Marchetti su Libertiamo.it avanza due obiezioni: «Sofia Ventura sostiene (al punto 3): “Con il nuovo sistema per garantirsi la vittoria il Pdl dovrebbe comunque costruire accordi con le varie componenti che si riconoscono nel centrodestra e la prospettiva sarebbe allora quella di un grande contenitore, magari caratterizzato da solidi patti federativi (es. Cdu-Csu), necessariamente più plurale e democratico”. Ma non è lo stesso? Se l’intenzione del comitato referendario è quella di evitare di assegnare il premio di maggioranza alla coalizione di partiti, secondo la logica di cui sopra le coalizioni uscirebbero dalla porta e rientrerebbero dalla finestra. ….
La seconda domanda rientra nella dimensione dell’opportunità politica di uno voto favorevole: c’è il rischio, qualora dalle urne uscisse una vittoria dei sì, che i principali partiti spingano, come le esperienze precedenti ci insegnano, affinché si vada ad elezioni anticipate? ….. In questo senso già Gianfranco Rotondi, che è ministro del Governo Berlusconi, si è espresso in modo netto: «Recependo il quesito referendario, la correzione (alla legge elettorale attuale, nda) avverrebbe nel giro di poche settimane e fatta la Finanziaria si potrebbe tornare al voto nel 2010». ….. (Rotondi) è in grado persino di ipotizzare cosa accadrebbe nel centrodestra in caso di vittoria del Si: «Resta questa legge con l’emendamento referendario. E al massimo si farà qualche correzione per permettere alla Lega e all’Udc di non patire un danno nel caso in cui facciano scelte che le escludono dal premio di maggioranza». Dunque, comunque vada, tutti in barca. Nanetti ed estremisti inclusi» (Alessandro Marchetti, Una replica a Ventura da uno che vota no, ma vota,Libertiamo.it, 13 giugno 2009).

Perché astenersi
Il Comitato amici della Costituzione per l'astensione al referendum (promotori Stefano Passigli, Franco Bassanini e l'Udc Bruno Tabacci ) invita a disertare il voto o a non ritirare la scheda in caso di ballottaggio perché il sì non cancellerebbe il porcellum, anzi rischierebbe, «se possibile», di peggiorarlo, e con il premio di maggioranza trasformerebbe una minoranza in maggioranza «incrinando i principi della democrazia rappresentativa».
Mentre, se vincesse il NO, l’attuale legge verrebbe “santificata” dal voto degli elettori, il che impedirebbe per sempre di cambiarla con una nuova.

Perché votare ed annullare la scheda
1 - Per affermare che il porcellum attuale (se vincesse il NO) o quello corretto (se vincesse il SI) sono comunque inaccettabili,
2 - Per impedire lo scioglimento del parlamento dopo un’eventuale vittoria del SI,
3 - Per chiedere una nuova legge elettorale, magari scrivendolo sulla scheda,
4 - Per salvare l’istituto del referendum.

In difesa dell’istituto del referendum
Ha scritto
Michele Ainis: «… dietro le quinte del referendum elettorale … c’è … una partita istituzionale … importante … eppure nessuno ci fa caso. Qui la posta in gioco non tocca gli equilibri interni di partiti e coalizioni, non tocca nemmeno la fisionomia della legge elettorale. No, il responso delle urne deciderà la sopravvivenza stessa del referendum, della seconda scheda che i costituenti posero in mano agli italiani. Dal 1997 in poi abbiamo consumato 21 referendum, ma hanno fatto cilecca l’uno dopo l’altro. Niente quorum, niente messa nella chiesa vuota di fedeli. Se adesso si ripeterà la diserzione, la prossima messa servirà per celebrare un funerale, quello dell’unico strumento di democrazia diretta contemplato nel nostro ordinamento. ….. Potremmo domandarci quale istinto masochista ci spinga a rinunziarvi, quando lo strumento ottiene viceversa un successo crescente in tutto il mondo (dei circa 1.500 referendum fin qui celebrati a livello nazionale, oltre la metà si è svolta negli ultimi 25 anni). Quando nel Regno Unito Gordon Brown sta per indirne uno allo scopo di far scegliere ai suoi concittadini la nuova legge elettorale».
Ainis censura, soprattutto, i pifferai dell’astensione:«Insomma se il singolo elettore - pur non offrendo certo un esempio di civismo - può disertare il voto, chi organizza l’astensione si pone al di fuori della legalità costituita. Eppure gli appelli non si contano, dalla Lega al Comitato per l’astensione (dove ahimé spicca un corteo d’intellettuali)» (Michele Ainis,Referendum al capolinea, La Stampa, 13 giugno 2009).

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Guida ai referendum


1 commento:

MISERY ha detto...

Dopo i risultati di questo referendum mi sento semplicemente di dire che mi VERGOGNO di essere italiana. Italiani dove siete quando vi viene data la possibilità di dire la vastra? Quando davvero possiamo decidere di cambiare le cose? Tutti si lamentano poi quando si tratta di fare cose concrete viene fuori la vera indole menefreghista e pressapochista dell'italiano. Il governo che abbiamo non è altro che lo specchio del popolo che siamo! UNA BARZELLETTA...che non fa ridere!!!!

 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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