IL BLOG DI SERGIO VIVI



venerdì 8 maggio 2009

Corvi e veleni a Bologna. Molto rumore per nulla


La vicenda non si svolge a Messina, come nella commedia di William Shakespeare, ma a Bologna alla vigilia delle elezioni amministrative. Vigilia ricca come mai d’elementi farseschi, giocosi ma, a volte, poco edificanti.
Ci sono tutti gli ingredienti di una spy story. Un ex agente segreto squattrinato che vuole fare un favore ad un amico, un commerciante di diamanti che si tramuta in corvo e sparge veleni, un sospettato mandante che”non poteva non sapere” e il movente: farla pagare cara ad un avversario, reo di avere commesso qualche torto alla propria parte politica.

I protagonisti e i fatti in poche parole (secondo le cronache della Repubblica del 7 maggio 2009).

Alfredo Cazzola (candidato sindaco sostenuto da Pdl e Lega). All’inizio della campagna elettorale, essendosi dichiarato d’accordo a sottoporre ad un chek-up medico tutti i candidati sindaco, in nome della trasparenza verso gli elettori, si attira il disappunto di Guazzaloca, guarito da poco da una grave malattia. Il 25 aprile ha una “discussione” con Gianluca Galletti (candidato per l’Udc alla presidenza della Provincia) nella centralissima via degli Orefici. Seguita da querela reciproca.

Un ex agente dei servizi segreti che, occasionalmente, si presta, come diciamo da noi, a fare qualche “ciappino”. Si accontenta di 100 euro (per questo mi ricorda Philip Marlowe, l’eroe di Raymond Chandler, che lavorava per soli 25 dollari il giorno). Compra il biglietto del treno e si reca, senza risultati, a Torino. Allora si fa inviare dai colleghi di Catania (senza specificare di essere ormai in pensione) una visura fatta al terminale giudiziario della loro Procura, che riporta il patteggiamento concordato dai legali di Cazzola con il procuratore aggiunto di Torino, per utilizzo di false fatturazioni, avvenuto il 7 aprile 1999.

Alberto Vannini (braccio destro di Guazzaloca), titolare d’oreficerie e rappresentante della categoria, soprannominato per l’occasione il Corvo, comincia a spargere veleno infilando il documento sotto la porta del consigliere comunale Valerio Monteventi (lista Bologna Città Libera – sinistra radicale) che, come se fosse il direttore del Corriere della Sera, non gli sembra vero di poterlo rendere pubblico.
Il fatto è per certi versi illegale e la Procura di Bologna apre un’inchiesta ancora in corso.
E’ anche stupido -spiega la Repubblica- perché la notizia del patteggiamento era già apparsa sulla stampa nel dicembre del 1999 e tanto valeva infilare sotto la porta la rassegna stampa di quei giorni.

Su questa vicenda (che si ridurrà a violazione della privacy e pubblicazione arbitraria di atti giudiziari) ma che ha ricordato un fatto vero, ieri la Repubblica ha montato un caso: ben cinque pagine di cronaca. Naturalmente, gli interessati cercano di portare acqua al loro mulino. «Questa è gente predisposta ad azioni di natura delinquenziale» ha dichiarato Alfredo Cazzola «io ho la fedina penale pulita» (sorvolando sul patteggiamento che gli inflisse una pena di mesi 11 e giorni 20, per altro mai scontati). L’alfiere del centrodestra si aspetta, pertanto, le dimissioni dei colpevoli e chiede il ritiro di Guazzaloca dalla competizione. Flavio Delbono (Pd) per ora tace: siede sulla riva del fiume sperando di vedere passare i cadaveri dei suoi avversari.

Paradossalmente, anche se Vannini fosse costretto a fare un passo indietro, a rimetterci, sul piano dell’immagine, sarà proprio Cazzola: a Bologna, quella vicenda, non la ricordavano neanche gli impiegati del Motor Show, tutti gli altri semplicemente l’ignoravano. Avrà ben poca influenza sull’esito delle elezioni.
Guazzaloca, nonostante tutto, rimane davanti nei sondaggi e, a chi gli chiede se l’Udc l’appoggerà, fa presente che il partito dell’amico Casini in città non ha più del 3,5%, perciò Lui, avendo il 27,9% del favore popolare, è il vero candidato civico e l’unico che può battere, per la seconda volta, il centrosinistra, dopo essere passato con lode alla storia la prima volta.


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Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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