IL BLOG DI SERGIO VIVI



venerdì 22 febbraio 2008

Poveri vecchi

1. «E’ un povero vecchio».
Così, nella polemica sorta sull’invito d’Israele alla Fiera del libro di Torino, hanno replicato al filosofo Gianni Vattimo che aveva protestato contro l’avvenimento avvolgendosi in una bandiera palestinese.
Se si tiene conto che Vattimo è il padre del “pensiero debole” è facile –per chi non è pratico dell’evidente parentela «fra le posizioni “deboliste” di Vattimo e l’ermeneutica di Gadamer, il decostruzionismo di Derida, l’archeologia genealogica di Foucault, e la “conversazione” post-filosofica e antifondazionalista di Rorty (Franco Restaino)» - associare a quella del pensiero anche una debolezza della mente dell’autore.
Per cui “vecchio” cessa di essere un’annotazione anagrafica per diventare un rafforzativo di povero (misero).

2. A chi lo ha escluso dalle liste del PD Ciriaco De Mita ha ricordato la lezione di Cicerone:
«è singolare augurare alle persone lunga vita e poi quando sono avanti con gli anni considerarle un peso».

3. Per fortuna si sentono anche opinioni contrarie. Oggi, su Repubblica-Bologna, Edmondo Berselli lancia la candidatura di “nonno Romano” a sindaco di Bologna (se “papà Sergio” non fa il bis).
«Alzi la mano chi sostiene ragionevolmente che Bologna può permettersi che le doti politiche e di governo del Professore restino inutilizzate, o finiscano tutte a vantaggio di qualche organismo europeo e internazionale».

4. Toh! Mi rendo conto che anch’io sono diventato vecchio. Come elettore ho alle spalle un sacco di legislature. La prima volta che ho votato correva l’anno 1956. Accadde in uno spogliatoio della piscina dello Stadio Comunale (ex Stadio Littoriale, ora Stadio Renato Dall’Ara).
E’ bene che mi dimetta da elettore, oppure è meglio che sfrutti, ancora una volta, la mia "esperienza politica"?
Vorrei soprattutto evitare che, se esprimessi la mia preferenza per Pompeo, Cesare replicasse che sono un “povero vecchio”. Viceversa se mi pronunciassi per Cesare.
Magari voto Antonio. Ci penserò!


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Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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