IL BLOG DI SERGIO VIVI



lunedì 26 settembre 2011

Perchè i partiti non si tolgono dalle sc| |hede?

Rileggiamo alcuni articoli e commi della Costituzione

L’art.49: «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale ».

L’art.56: «…Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età.»

L’art.58: «…Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno.»

L’art.67: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.»

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Dal punto di vista giuridico, i partiti politici in Italia sono organizzazioni private che si configurano come associazioni non riconosciute e godono quindi dell’ampia libertà d’azione che è prevista dal codice civile per queste associazioni. Non sono persone giuridiche e pertanto non sono sottoposti ai controlli statali che il codice civile prevede per tali enti.
«L’attività dei partiti acquista rilevanza pubblica, dal punto di vista giuridico, in due momenti: a) quando essi depositano, presso il Ministero dell’Interno, le liste dei candidati e i contrassegni di lista per le elezioni; b) quando formano i gruppi parlamentari.»
Si tratta, però, d’adempimenti burocratici richiesti dai regolamenti in vigore. Regolamenti che possono essere cambiati, in ogni momento, da qualsiasi calderoli.

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La Costituzione parla chiaro: al Parlamento sono eleggibili “gli elettori”, non “i partiti”.
I secondi dovrebbero avere il ruolo di duplice figura, prima come “organizzatori del consenso” e poi di "ponte" fra popolo, Camere e Governo. In effetti, i partiti si sono impossessati del Parlamento.

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Già nella prima metà degli anni Cinquanta il professor Giuseppe Maranini conia l'espressione "partitocrazia" e afferma, in un articolo del 1952, che «la forma di governo creata dalla nostra Costituzione così come da altre costituzioni continentali, approda ad una forma esplicita di partitocrazia, e non di governo parlamentare. La nostra Costituzione vieta ogni mandato imperativo, che leghi il rappresentante alla volontà degli elettori; ma allo stesso tempo la Costituzione e le leggi elettorali creano i presupposti di un ben più temibile mandato imperativo, il quale subordina gli eletti ai loro veri committenti, i quali non sono più gli elettori bensì le direzioni dei partiti. Il Parlamento controlla il Governo ma le direzioni di partito controllano il Parlamento e, attraverso il Parlamento, il Governo; se poi direzione di partito e governo s'identificano, il controllato diventa controllore, con evidente eversione di ogni schema di governo parlamentare.»

Più di mezzo secolo fa il professor Maranini aveva lucidamente previsto come sarebbe andata a finire (e oggi non si stupirebbe più di tanto).
In oltre mezzo secolo, il Parlamento non ha mai approvato una legge di regolamentazione giuridica dei partiti.
«L'articolo 49 della Costituzione italiana, con la sua generica formulazione segnerà una parziale sconfitta di chi aveva avvertito l'esigenza di una disciplina più puntuale. La Carta repubblicana del 1947, infatti, sembra configurare il "metodo democratico" più come una regola di condotta nelle relazioni fra i partiti che come un principio generale che valga anche al loro interno. Fenomeni come il cd. "centralismo democratico" dimostreranno come nessuna norma giuridica abbia mai permesso alle minoranze interne ai partiti di far valere le proprie ragioni senza subire - in taluni casi - accuse di "frazionismo" ed espulsioni.»

Non è parso vero ai partiti italiani di approfittare di questa libertà d’azione.
Fino all’apoteosi del “porcellum”, quando il partito del predellino, quello a vocazione maggioritaria, il partito di romaladrona ed altri più piccoli hanno definitivamente usurpato la sovranità che appartiene al popolo, occupando il Parlamento con manipoli di “nominati” (…potevo fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli…). Incuranti del crollo del “ponte” che dovrebbe unire popolo e governo, anzi provocandolo essi stessi.

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Come tornare al dettato costituzionale e restituire la sovranità ai legittimi detentori?
Primo. Basterebbe cambiare i regolamenti elettorali, disponendo che non siano più i partiti a depositare le liste dei candidati, ma ciascun candidato a depositare autonomamente la propria candidatura.
Che potesse farlo qualsiasi elettore indipendentemente dall’associazione ad un partito.
Senza necessità di raccogliere firme.
Unico adempimento: il versamento di una tassa (regolata per legge) a fondo perduto, per ridurre le candidature velleitarie.
Secondo. Basterebbe abolire il deposito dei contrassegni di lista.

Ci sarebbe un’unica piccola scheda elettorale –uguale in tutto il territorio nazionale- contenente cinque righe sulle quali scrivere da uno a cinque nomi dei candidati che s’intendono votare, tratti dalle liste dei nomi depositati.
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Soltanto una volta eletti, i deputati (o senatori) dovranno aderire ad un gruppo parlamentare, che potrà assumere qualsiasi nome (del partito che li ha sostenuti, della coalizione di partiti; o anche gruppo della mucca assassina od altro).
Più semplice di così!

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Naturalmente i partiti continuerebbero ad esercitare la loro funzione d’organizzatori del consenso attorno ai propri programmi, a rendere pubbliche e a propagandare sul territorio le liste dei candidati che sostengono. In più ci sarebbero liste di candidati indipendenti. Soltanto che sulle schede non ci sarebbero simboli.

Obiezione: cacciati fuori della porta, i partiti rientrerebbero dalla finestra.
Per di più, sarebbe un gioco da ragazzi per i partiti organizzare le cinquine da eleggere, distribuite sul territorio.

Eh, no! Ci sarebbero delle belle differenze.
Dal punto di vista degli elettori, che –non più suggestionati da simboli, e da scritte “pinco pallino presidente”- sarebbero obbligati a pensare per scegliere almeno un nome.
Dal punto di vista degli eletti, il cui legame col partito sarebbe molto indebolito, per cui potrebbero sottrarsi più facilmente al vincolo di mandato imposto dal partito stesso.
Non c’è programma di partito sottoscritto che tenga: l’interesse della Nazione potrebbe più facilmente prevalere su quello del partito.
Per quanto riguarda “le cinquine”, è bene notare che gli iscritti ai partiti sono fortemente diminuiti rispetto ai tempi della prima repubblica; non sarebbe facile inseguire moltitudini d’elettori nelle loro case per ammaestrarli.

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Si può anche far finta di niente e continuare col porcellum o col matarellum.
Ci si deve ricordare, però, che –in internet- è nato il Movimento 5 stelle di Grillo.
Ci si deve ricordare che il numero di astenuti –nelle ultime consultazioni- si è avvicinato al 30%.
Ci si deve ricordare che prima o poi, come a Berlino, potrebbero arrivare i pirati.

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Quanto proposto potrebbe essere il tassello di Una nuova legge elettorale  


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Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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