IL BLOG DI SERGIO VIVI



domenica 31 gennaio 2010

Due trilioni d'auguri agli italiani nati dopo il 1978

Una storia dei conti pubblici italiani ad usum Delphini (3900 parole circa)

Sommario. Il prodotto interno lordo. Le entrate fiscali e la spesa pubblica. Il deficit ed il debito pubblico. Intollerabilità del debito pubblico. Composizione della spesa pubblica. Lo stato sociale. La spesa pubblica in Italia ed in Europa. Come ridurre il debito pubblico. Efficacia del Servizio sanitario universale. Le misure proposte. Giovani spetta a voi scegliere!


2010, anno sedicesimo della Seconda Repubblica: come siamo messi con i conti e con il debito pubblico accumulato durante la Prima Repubblica?
Da profani, proviamo a dare un’occhiata ai numeri.

IL PRODOTTO INTERNO LORDO
Il PIL è, tuttora, la misura più usata della ricchezza di una nazione.
Il prodotto interno lordo, è «il valore di mercato di tutti i beni e servizi finali prodotti in un paese in un dato periodo di tempo» (per chiarire i termini della definizione
si può vedere QUI). Una valutazione della ricchezza italiana si ha, pertanto, confrontando il nostro PIL con quello degli altri paesi.
Nella tabella sottostante (Nota 1) i PIL dei primi 22 paesi, quelli dell’Unione Europea e quello del Mondo nel 2008; come si vede l’Italia occupa tuttora la settima posizione nel mondo e la quarta nell’Unione Europea.


(Per ottenere i valori in euro dividere gli importi per 1,47076 valore medio del cambio euro/dollaro USA nel 2008 – Per la precisione dei dati vedere la nota 0).

E’ consuetudine esprimere le principali voci della contabilità nazionale come percentuali del PIL.
Oggi, è diventato di moda criticare il Pil come indicatore della ricchezza. Si propongono altre misure del benessere, come l’Indice della felicità. È stato fatto notare che, secondo quest’indice, l’Italia si troverebbe, nel mondo, ad un imbarazzante primo posto. Un indice talmente alto che si potrebbe sciogliere il parlamento, licenziare il governo, chiudere gli ospedali e le scuole, e vivere felici in una pacifica, sana e selvaggia anarchia. Restiamo coi piedi per terra.


LE ENTRATE FISCALI E LA SPESA PUBBLICA
Fin dalle sue origini, lo stato-nazione si è assunto il compito di assicurare il diritto (prima di tutto quello di proprietà) la giustizia, l’ordine pubblico e la sicurezza contro le aggressioni esterne. Sono queste le funzioni dello stato minimo del liberalismo classico. Ulteriori servizi forniti: le strade, le ferrovie, le poste, le scuole elementari. Con l’introduzione dello stato sociale (welfare state) ci si è proposti di fornire servizi e garantire diritti considerati essenziali per un tenore di vita accettabile (istruzione superiore, pensioni, assistenza sanitaria …).

Tutti questi servizi –unitamente all’indispensabile, a volte esorbitante, spesso inefficiente e corrotta burocrazia- richiedono ingenti risorse finanziarie, che provengono in buona parte dal prelievo fiscale sul reddito e che danno luogo alla spesa pubblica.
Nei diagrammi qui sotto sono rappresentate le serie storiche della spesa pubblica e delle entrate fiscali dal 1861 al 2001, tratti dal paper presentato da Francesco Salsano e T. Erika Uberti per la XX Riunione scientifica SIEP all’Università di Pavia
“Economia della Tassazione Sistemi tributari, pressione fiscale, crescita” 25-26 settembre 2008" (Nota 2)


Nei primi cinquant’anni dello stato italiano, la spesa pubblica si è mantenuta inferiore al 13% circa del PIL e, di solito, coperta dalle entrate. In seguito, ci sono stati dei picchi fino al 34% nei periodi intorno alla guerra 1915-18 e a quella del 1940-45.
Il periodo che più c’interessa è quello del dopoguerra.
Nel 1951 la legge Vanoni, denominata perequazione tributaria, che abbassò le aliquote su cui pagare le imposte dei redditi, portò ad un introito più che doppio. Per la prima volta i contribuenti furono obbligati a presentare la dichiarazione annuale unica dei redditi. Fu, forse, l’unica dimostrazione che abbassare le tasse allargando la platea dei contribuenti giova al fisco.
Aumentò, contestualmente, la spesa (anche a causa di catastrofi naturali, come l’alluvione del Polesine del novembre 1951).

Dal 1951 la spesa pubblica prende a salire fino a superare, intorno al 1993 il 55% del PIL.
«Negli anni ‘50 e ’60 l’espansione della spesa è stata essenzialmente caratterizzata dall’estensione di alcuni servizi e prestazioni sociali, con il connesso aumento dell’occupazione pubblica, dall’allungamento del ciclo scolastico obbligatorio, alla creazione della scuola materna statale, alla progressiva introduzione di un sistema pensionistico universale. Inoltre l’incremento di spesa pubblica di circa 10 punti, avvenuto fra il 1969 e il 1980, deve essere attribuito in larga misura alla spesa sanitaria (in questi anni viene emanata la legge che istituisce il servizio sanitario nazionale) e alla spesa pensionistica» (dal paper di F. Salsano e T. E.Uberti).

IL DEFICIT E IL DEBITO PUBBLICO
Purtroppo, nel dopoguerra, la linea della spesa è sempre stata sopra di quella delle entrate.
L'ammontare della spesa pubblica non coperta dalle entrate costituisce il deficit o disavanzo pubblico (annuale). Al contrario, quando le entrate superano le spese si ha un surplus o avanzo pubblico.
In figura 2 (dal paper di Salsano, Uberti – Nota 2) la serie storica del disavanzo dal 1861 al 2001.


Dal 1952 al 1970 il disavanzo è rimasto sotto il 4,5% del Pil. Il minimo è stato toccato nel 1960. Nel 1961, col primo governo di centrosinistra inizia lentamente a crescere. Il massimo (-12,5%) è toccato nel 1984 sotto il governo Craxi. Sul piano economico, considerando l’effetto integrale, è stato peggio che essere in guerra (sul piano umanitario non c’è paragone).
Il disavanzo è tornato sotto i livelli del 1970 soltanto dopo l’ingresso nell’euro.


Riconosciute le buone intenzioni –nel bene come nel male- si può affermare che la madre del “profondo rosso” è stata la politica di centrosinistra, tesa alla costruzione dello stato sociale.
Occorre notare che, più si estende il welfare, più aumentano i costi della sua gestione politica. La CASTA pretende le sue prebende, legali e no. Purtroppo, il sottoprodotto dello stato sociale è stato TANGENTOPOLI, che ha provocato il passaggio dalla prima alla seconda repubblica e che ha partorito il partito di Di Pietro, con cui, quotidianamente il PD deve fare i conti. La pietra dello scandalo è stata la Sanità.

La presenza del deficit pone la questione della sua copertura. Questa avviene solitamente con l'emissione di titoli di stato, come BOT e CCT, che va a costituire il debito pubblico (che si accumula con gli anni), sul quale lo stato emittente paga degli interessi. L’eventuale avanzo, che si ha prima del pagamento degli interessi sul debito, è denominato avanzo primario (il pagamento degli interessi può trasformare l’avanzo di un dato anno in disavanzo).

La serie storica del Debito Pubblico dal 1965 al 2006 è disponibile sulla “Lettera”
del Club Ambrosetti del Gennaio 2007 (Nota 3) da cui sono state estratte le seguenti righe:

Anno……Governo in carica……….Debito pubblico…Rapporto Debito/PIL
Milioni di euro
1965……Moro………………................……..……7.555………….….35,02%
1970……Rumor Rumor Colombo…........….14.350………………40,68%
1978……Andreotti……………….…............…..81.324………………61,12%
1980….Cossiga Cossiga Forlani…..…117.131…………57,59%
1982……Spadolini Spadolini Fanfani......185.489………………64,50%
1983……Fanfani Craxi……….…..........…….234.181………………69,93%
1984……Craxi……………...............…………..284.825……………..74,40%
1985……Craxi……………….…..............……..346.005………………80,50%
1987……Craxi Fanfani Goria…….........……460.418………….….88,60%
1990……Andreotti………………..............……663.831………………94,70%
1991……Andreotti Andreotti…….........……750.798…….……….98,00%
1992……Andreotti Amato…….…..........……847.596……….….105,20%
1993……Amato Ciampi…………............……959.111……….….115,60%
1994…Ciampi Berlusconi……...…...1.006.672………..121,50%
1995……Dini…………………..............…...1.148.570…………...…121,20%
1996……Dini Prodi………….…...........…..1.210.697……...………120,60%
1997……Prodi…………….……...........…....1.238.126……......…118,10%
1998……Prodi D’Alema……...........……..1.245.511……...……114,90%
1999……D’Alema D’Alema….........….….1.282.032…….…..…113,70%
2000……D’Alema Amato……….........…..1.300.106………….…109,20%
2001……Amato Berlusconi…........………1.357.376…….………108,70%
2002……Berlusconi…………...........………1.367.169……….…….105,55%
2003……Berlusconi…………...........………1.392.285……….…….104,26%
2004……Berlusconi……………...........……1.442.994…….……….103,90%
2005……Berlusconi Berlusconi….....…..1.510.826…….……….106,60%
2006……Berlusconi Prodi……........……..1.601.483……….…….107,60%


Dal sito de Il Sole 24 ORE.com (Nota 4) ricaviamo:
2007……Prodi…………………..............……1.598.975……….……..103,50%
2008……Prodi Berlusconi………........…..1.663.637…….………..105,80%

Mentre i primi calcoli per il 2009 (Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera.it del 23 dicembre 09) danno:
2009……Berlusconi…………...........………1.800.000………..…….117,00%

Da questi dati si può ricavare il seguente grafico 3 semplificato



Negli ultimi quindici anni della Prima Repubblica (dal 1980 al 1994) –dominati dai governi di centrosinistra e dall’alleanza politica del CAF (Craxi, Andreotti, Forlani) - il rapporto Debito/PIL è raddoppiato.
Nel 1992, per contenere il debito, il governo Amato vara –opportunamente- una finanziaria “lacrime e sangue” (con la perla del “prelievo notturno” del sei per mille dai conti correnti bancari). Per entrare nell’euro, il 30 dicembre 1996 è approvata la tassa per l’Europa di Prodi.
Il 31 dicembre 1998 è fissata la parità irrevocabile tra lira ed euro (1 euro = 1936,27 lire).
Dal 1994 al 1999 il debito oscilla di tre o quattro punti attorno al 115%.
Il 1 gennaio 2002 si passa all’euro.
Dal 2000 al 2008 il debito si mantiene sotto il 110%.
Nel 2009, il valore stimato del 117% -causato dalla crisi economica globale- ci riporta agli anni che vanno dal 1994 al 1999.


Per rispondere alla domanda iniziale, si può affermare che in sedici anni di seconda repubblica il debito non è mai sceso sotto il 100% del Pil.
Questo è lo stato dell’arte: il debito pubblico è di 1,8 bilioni di euro, pari a 2,6 trillions of US dollars.

* * * * * *

INTOLLERABILITA’ DEL DEBITO PUBBLICO
Il 13 ottobre 2009, all’Università di Roma “La Sapienza” il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha dichiarato (Nota 5) che occorre intervenire nella spesa pubblica, riportando sotto controllo il debito ormai intollerabile ma, al tempo stesso ha stigmatizzato che “c’ è un’ enorme difficoltà a modificare l’ ordine delle voci della spesa pubblica, che si sono venute incorporando attraverso comportamenti pluridecennali“. E, di conseguenza, vi è una speculare difficoltà “a introdurre priorità che modifichino quelle che, essendo state riconosciute come tali, si sono oramai sedimentate“.

Ovviamente il Presidente -che in quell’occasione stava spezzando una lancia in favore della ricerca scientifica- non dice su quali voci e come intervenire. Questo è un compito che spetta al governo ed ai partiti. Napolitano, da politico navigato qual è, certifica però, con le sue parole, l’impotenza a fronteggiare il debito accumulato. È una dichiarazione di resa.
L’attuale classe politica non farà mai nessuna riforma della spesa. Il peso immenso accumulato durante la Prima Repubblica finirà per scaricarsi sulle spalle delle generazioni successive al 1978.
La spesa per gli interessi corrisposti viene indicata come servizio del debito: oggi i giovani non sono altro che i “servitori” –nel senso, meno nobile- del debito. Si parla di CINQUE / SETTE punti del PIL assorbiti per gli interessi. Risorse che si potrebbero impiegare per finanziare le scelte strategiche e gli investimenti per lo sviluppo.

COMPOSIZIONE DELLA SPESA PUBBLICA
La “classificazione internazionale della spesa pubblica per funzione” è denominata COFOG (acronimo di Classification Of Function Of Government), e recepita dall’Unione Europea secondo il Sistema dei Conti Europei SEC95 (Nota 6).
Le spese sono suddivise in 10 Divisioni (Funzioni di I livello), articolate al loro interno in Gruppi (Funzioni di II livello per un totale di 68) e successivamente in Classi (Funzioni di III livello per un totale di 110).

Le DIVISIONI e alcune voci di spesa
01 SERVIZI GENERALI DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
parlamento, consigli regionali, provinciali, comunali, aiuti economici a paesi in via di sviluppo, ricerca di base e applicata, pagamento interessi del debito pubblico.
Facciamo notare che –andando per esclusione- in questa divisione dovrebbero essere compresi i rimborsi elettorali ai partiti, di cui però non sembra esserci traccia in tutta la classificazione.
02 DIFESA
forze armate, servizi segreti, missioni di pace all’estero.
03 ORDINE PUBBLICO E SICUREZZA
polizia, protezione civile, tribunali, carceri.
04 AFFARI ECONOMICI
commercio con l’estero, collocamento lavoro, energia, trasporti, comunicazioni, turismo.
05 PROTEZIONE DELL’AMBIENTE
trattamento rifiuti, acque reflue, riduzione inquinamento.
06 ABITAZIONI E ASSETTO TERRITORIALE
piani regolatori, approvvigionamento idrico, illuminazione stradale.
07 SANITA’

fornitura farmaci e ausili medici agli assistiti del SSN, prestazioni a pazienti non ospedalizzati, ospedali, laboratori, case di cura, prevenzione.
08 ATTIVITA’ RICREATIVE CULTURALI E DI CULTO
servizi sportivi e ricreativi in genere, musei, teatri, celebrazioni pubbliche, sostegno ai servizi radiotelevisivi e di editoria, pagamento del clero, sovvenzioni a sindacati e partiti politici (che siano una manifestazione culturale i rimborsi elettorali ai partiti?)
09 ISTRUZIONE
scuola materna ed elementare, istruzione secondaria inferiore e superiore, università, servizi ausiliari

10 PROTEZIONE SOCIALE
indennità per malattia o infortunio, pensioni d’invalidità, di vecchiaia e di reversibilità, assegni familiari, orfanotrofi, sussidi di disoccupazione, cassa integrazione, indennità in denaro o natura a vittime di calamità naturali.

Sebbene si tratti di una classificazione tecnica –e, pertanto, neutrale- essa può essere assunta come la rappresentazione di “una lista della spesa” -lunga ad occhio più di 15.000 parole- che denota l’insostenibile pesantezza dello stato moderno nella vita degli individui, considerati incapaci di badare a se stessi (un senso di protezione mutuato dalle religioni: dallo stregone del villaggio agli attuali culti monoteisti).



A forza di volere garantire tutto, in Italia, si è finito per non assicurare nemmeno i servizi dello stato minimo (18/20 anni per arrivare alla sentenza definitiva; stupri e rapine in villa, stile arancia meccanica, all’ordine del giorno).

LO STATO SOCIALE
«Il 1942 fu l'anno in cui, nel Regno Unito, la sicurezza sociale compì un decisivo passo avanti grazie al cosiddetto Rapporto Beveridge, stilato dall'economista William Beveridge, che introdusse e definì i concetti di sanità pubblica e pensione sociale per i cittadini.
…... Fu la Svezia nel 1948 il primo paese ad introdurre la pensione popolare fondata sul diritto di nascita. Il welfare divenne così universale ed eguagliò i diritti civili e politici acquisiti, appunto, alla nascita. Nello stesso periodo l'economia conobbe una crescita esponenziale del PIL mentre il neonato Stato sociale era alla base dell'incremento della spesa pubblica.
..….Tuttavia negli anni ottanta e novanta i sistemi di welfare entrarono in crisi per ragioni economiche, politiche, sociali e culturali al punto che oggi si parla di una vera e propria crisi del Welfare State. Di fronte alla crisi dello Stato sociale e dei ceti medi (visibili in questi anni) alcuni economisti sostengono la necessità di diminuire la spesa pubblica ed il prelievo fiscale.
..…. Si sostiene allo stesso tempo l'idea di affidare (in tutto o in parte) a gestori privati, ritenuti più efficienti, servizi come le pensioni (fondi pensione privati), la sanità e l'istruzione». (da Wikipedia)


Indubbiamente, lo stato sociale ha elevato il livello di civiltà. Occorre, però, trovare quel giusto punto d’equilibrio, che lo renda sostenibile. Fra lo stato minimo e quello che ti garantisce dalla culla alla tomba, c’è un’infinita gamma di possibilità. Il caso estremo è stato quello dell’Unione Sovietica: sulla carta, la costituzione del 1977 garantiva tutto e di più.
In Italia si è esagerato.Due casi limite. Sono stati costituiti i CAAF ed i CAF per fornire gratis (mica sempre) il commercialista ai lavoratori dipendenti. Sono stati costituiti i Centri unificati di prenotazione sanitaria, i CUP (all’onore della cronaca in questi giorni), che servono –ai residenti di Bologna- a decidere se noleggiare un’auto blu con autista, per fare l’ecodoppler a Vergato (38 Km), oppure se fare l’esame in città ricorrendo all’attività libera professionale.

LA SPESA PUBBLICA IN ITALIA ED IN EUROPA
Un confronto della spesa pubblica dei principali paesi europei, relativa al 2004, si può vedere nella sottostante tabella (mancano le spese concernenti “Abitazioni e Assetto territoriale” ed “Attività Ricreative, Culturali e di Culto”, inserite probabilmente nell’Ambiente e nell’Istruzione, mentre le spese della Sanità sono state incluse nella Protezione Sociale).



Spendiamo di più della media europea per i Servizi Generali a causa degli interessi sul debito, per la Sanità e per le Pensioni. Spendiamo di meno per l’Istruzione.

COME RIDURRE IL DEBITO PUBBLICO
Ogni tanto viene pubblicato un dotto e ben argomentato “libro verde” (Nota 7) sulla revisione della spesa (spending review), che si conclude di solito con l’affermazione che la sfida consiste nello “spendere meglio”. Secondo la mia opinione, occorre “spendere meno”.
L’obiettivo minimo è di dimezzare, nell’arco di una decina d’anni, il rapporto Debito/PIL per rientrare, almeno, nel 60% fissato dal Trattato di Maastricht. A questo scopo, occorre un taglio drastico di almeno CINQUE PUNTI di Pil l’anno.

Per effettuarlo, ci sono due modi ed un solo criterio di scelta.
Primo modo: siccome le divisioni cofog sono dieci, si taglia ciascuna di esse di 0,5 punti.
Più facile a dirsi che a farsi. Sarebbero coinvolti tutti i ministri, ciascuno dei quali in più divisioni, con un complicato intreccio d’esigenze.
Le spese per la Difesa andrebbero aumentate: le missioni all’estero delle Forze Armate sono fra le poche attività che danno credito al Paese.
Per l’Ordine Pubblico mancano i soldi per la benzina delle pantere della polizia.
Per l’Ambiente occorrono altri soldi per ridurre l’emissione di CO2, richiesta dalle varie Kioto e Copenhagen; o per pagare le multe nel caso non ci riuscissimo.
Non parliamo dell’Educazione, per carità di patria.
Sotto gli Affari Economici sono compresi ben nove gruppi di spesa (tra cui le attività connesse ad agricoltura, energia, trasporti, comunicazioni).
Questo modo è impraticabile.

Secondo modo: taglio drastico di tutti i cinque punti in una sola divisione scelta tra Servizi Pubblici Generali, oppure Pensioni, oppure Sanità, secondo il seguente


Criterio di scelta: guardando all’efficacia del servizio ed alla possibilità di fornire in cambio un’alternativa.

E’ illusorio potere intervenire sui servizi pubblici generali, in particolare sui costi della politica. Questi servizi comprendono, tra l’altro, gli aiuti ai paesi in via di sviluppo (siamo appena stati accusati da Bill Gates di tirchieria e d’inadempienza, perché non riusciamo a portare i fondi allo 0,51% del Pil come stabilito in sede internazionale; attualmente siamo allo 0,22%). Comprendono anche la Ricerca (povera cenerentola) e gli interessi sul debito, che si riducono solo riducendo il debito stesso.


I pensionati hanno già dato. (Nota 8) Con la riforma Dini da quest’anno si va in pensione col metodo contributivo. Per chi è andato in pensione prima dell’introduzione dell’euro (1 gennaio 2002) ha già provveduto l’attuale potere d’acquisto (1 euro = 1.000 lire) a diminuire, di fatto, le pensioni (l’Inps, invece, incassa la stessa percentuale di contributi su stipendi che, anche se di poco, si sono rivalutati annualmente più delle pensioni). Si potrà ancora lavorare, come in Europa, sull’innalzamento dell’età pensionabile, ma questo è un provvedimento che darà i suoi frutti nel tempo.

Generalmente, per efficacia s’intende la capacità di raggiungere un determinato obiettivo, mentre per efficienza la capacità di raggiungerlo al minor costo possibile.
Il sistema pensionistico non è efficiente ma è, in qualche modo, efficace: i soldi, pochi e maledetti, arrivano tutti i mesi.
Il servizio sanitario non è efficiente, a causa della gestione clientelare da parte dei politici e delle truffe perpetrate nel suo ambito; tanto meno è efficace perché non soddisfa i bisogni dei cittadini, essendo accessibile con gran difficoltà. (Sia chiaro che si parla dell’accesso al servizio, non della qualità delle prestazioni; gli operatori sono, nella maggioranza dei casi, encomiabili e molte strutture raggiungono livelli d’eccellenza).
Basta vedere i titoli dei giornali di questi giorni



Per non parlare del Pronto Soccorso a Bologna come a Milano.
Dovendo scegliere, è quindi meglio toccare il Servizio sanitario che, al contrario delle Pensioni, consente delle alternative.


EFFICACIA DEL SERVIZIO SANITARIO UNIVERSALE
Il Servizio sanitario nazionale (istituito con la legge 883 del 1978 e riformato tre volte coi DL 502/92, 517/93 e 229/99) è un sistema pubblico di carattere universalistico che garantisce l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini ed, attualmente, a chiunque si trovi sul territorio nazionale.

È veramente indispensabile un SSN di tipo universalistico?
Poiché nulla meglio delle vicende individuali getta luce sui fenomeni collettivi, cerco di rispondere guardando al mio caso personale. Da giovane, salvo qualche sporadica visita del medico (per avere il certificato di malattia da consegnare all’azienda) posso affermare di non avere avuto particolari benefici dal servizio, pur pagando i contributi. Nel 1991 (avevo la partita Iva) sono arrivato a pagare per la Tassa della Salute lire TREMILIONISESSANTATREMILA.

A settant’anni, quando ho dovuto iniziare a curare i malanni dell’età, ho sbattuto contro la mancanza di disponibilità del servizio (nella tecnica l’availability è uno dei principali parametri dell’affidabilità di un sistema).
Così negli ultimi sei anni, per tutelare la mia salute, sono ricorso un paio di volte all’Attività Libera Professionale ed una alla Day Surgery presso un centro specializzato privato.
C’è da dire che il Pubblico gestisce molto bene il servizio ALP. All’Ospedale Maggiore, nel 2004 ho pagato, per una camera doppia uso singolo, euro 310 a notte (però, nei giorni nei quali non mi tenevano a dieta, avevo diritto ad una fetta di “torta ALP” (sic!).
Ho potuto farlo perché sono ricco? No, magari appartenessi al 6% della fascia più ricca dei contribuenti. Semplicemente perché ho un’assicurazione sanitaria integrativa (pressappoco del costo della RCA per l’auto) che mi rimborsa circa il 65% delle spese mediche.

«Nel 2005 la spesa sanitaria pubblica e privata, in Italia, è stata del 8,9% del Pil. Quella pubblica del 6,8%. Quasi l’83,0% della spesa privata italiana è di tipo “out-of-pocket”, cioè spesa diretta delle famiglie (uno dei valori più alti fra i paesi dell’UE a 15) mentre solo una piccola quota è finanziata da assicurazioni e fondi sanitari integrativi». (Nota 7) Vale a dire che le famiglie potrebbero già disporre del 1,75% del Pil [(8,9-6,8)*0.83] per stipulare assicurazioni sanitarie.
Credo siano tanti, come me, che non si dispererebbero se l’universalità del SSN fosse abolita.

Obiezione: come si fa a proporre l’abolizione del servizio sanitario proprio quando in America Barack Obama cerca disperatamente di estenderlo?
«Obama non vuole imitare l'Europa e non
pensa a un sistema con ospedali pubblici e assistenza diretta.
…… La riforma di Obama oggi in discussione alla Camera si pone l'obiettivo di riscrivere le regole dell'intero sistema, ma senza trasferire responsabilità al settore pubblico. Obama vorrebbe creare un nuovo programma governativo per offrire polizze a basso prezzo a tutti gli americani che vogliano prenderle in considerazione. Il nuovo soggetto romperebbe il monopolio delle compagnie di assicurazione private, forzando un abbassamento dei premi per le polizze. L'insieme delle misure previste da Obama per assicurare virtualmente tutti gli americani comporterebbero un investimento complessivo da mille miliardi di dollari in 10 anni» (dalla Repubblica.it del 7 novembre 2009).

Sarebbe un atto sacrilego se fossero l’Italia e l’Europa ad imitare Obama?
D’altra parte, l’articolo 32 della costituzione italiana, inserito nella prima parte, quella che non si può toccare, recita:
«La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. …».

Le cure gratuite agli indigenti, non a tutti indiscriminatamente: il carattere universalistico del Servizio sanitario nazionale può benissimo essere eliminato.

LE MISURE PROPOSTE
A - Smantellamento del carattere universalistico del sistema sanitario con abolizione delle AUSL e dei CUP.
B - Istituzione di un sistema d’assicurazione sanitaria obbligatoria.
C - Reintroduzione dell’ICI per tutti, per consentire ai comuni l’assistenza agli anziani.
Lascio agli esperti definire come attuare queste misure. Con polizze singole o valide per tutto il nucleo familiare; come trattare i bambini, le donne in maternità, gli anziani e i portatori di malattie croniche; se esonerare i pensionati, che abbiano superato un’età prefissata, dal pagamento dell’ICI per l’abitazione principale.

D – Trasformazione dell’addizionale Irpef regionale in Tassa del debito.
Fotografia al 31 dicembre 2008 della spesa sanitaria delle regioni.
Fissare, rispetto al totale della spesa sanitaria, la percentuale del debito di ciascuna regione (Federalismo Oblige!). Potranno essere apportati dei coefficienti correttivi, sulla base di considerazioni obiettive.
La tassa del debito sarà pagata da tutti i contribuenti (e versata al Tesoro), con aliquote correlate al debito della regione di residenza, per tanti anni fintanto che il debito sarà sceso al 50% del PIL. Poi, si deciderà il da farsi.

GIOVANI SPETTA A VOI SCEGLIERE!
Si tratta di stipulare un nuovo patto generazionale, in modo che anche coloro che hanno oggi più di quarant’anni contribuiscano al pagamento del debito. L’unico onere nuovo, rispetto a qualche anno fa, è il costo dell’assicurazione. Giudicate voi giovani se il gioco vale la candela.
L’attuale classe politica non farà mai nessuna riforma per ridurre il debito. Il centrosinistra perché non è nel suo Dna. Il centrodestra perché una riforma del genere non sarebbe popolare come abolire l’Ici.
Vi racconteranno che è sufficiente spendere meglio. Secondo l’appartenenza politica: eliminando gli sprechi, facendo la lotta all’evasione, tassando i più ricchi, diminuendo i costi della politica, facendo pagare più Iva e meno Irpef, applicando due sole aliquote Irpef, utilizzando l’avanzo primario. Tutti provvedimenti che, presi uno per volta, non bastano. Molti dei quali con risultati non prevedibili né misurabili. Da perseguire in ogni caso (secondo le preferenze di chi governa) allo scopo di rilanciare l’economia e lo sviluppo e, contestualmente, diminuire le tasse per le persone e le imprese.

Diffidate di chi vi propone “un’idea di paese”, “un buon progetto” e simili discorsi astratti. Indignatevi pure, vestitevi di viola o di qualunque altro degli United Colors of Benetton ma studiate anche i numeri. Pretendete che i partiti mettano nero su bianco, nei loro programmi elettorali, come intendono affrontare la riduzione del debito.
Magari mettetevi in proprio: costituite un vostro Partito dell’Impossibile!


NOTE
Nota 0 – Precisione dei dati
(Nota 4) Cercando i dati in internet, ci si accorge che i numeri sono un po’ ballerini a seconda della fonte (Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, CIA World Factbook) e ad operazioni di riclassificazione di dati nella Contabilità Nazionale. Occorre anche tener conto dell’unità di misura. In particolare occorre prestare attenzione, quando si parla di bilioni e di trilioni, perché le due parole hanno valore diverso se pronunciate negli Stati Uniti e dagli appartenenti della comunità scientifica (USA), oppure negli altri paesi europei e del mondo (Europa).

1.000.000 = 1 million (USA) = 1 milione (Europa)
1.000.000.000 = 1 billion (USA) = mille milioni = 1 miliardo (Europa)
1.000.000.000.000 = 1 trillion (USA) = mille miliardi = 1 bilione (Europa)
1.000.000.000.000.000 = 1 quadrillion (USA) = mille bilioni (Europa)
1.000.000.000.000.000.000 = 1 quintillion (USA) = 1 trilione (Europa)

Nota 1 – Tabella PIL 2008
http://siteresources.worldbank.org/DATASTATISTICS/Resources/GDP.pdf

Nota 2 – Serie storica Spesa pubblica, Entrate fiscali e Saldi di bilancio in Italia
http://www-3.unipv.it/websiep/2008/200831.pdf

Nota 3 – Serie storica Debito pubblico in Italia
http://www.ambrosetti.eu/_modules/download/download/it/documenti/lettereclub/LetteraClub_gen2007_V.pdf

Nota 4 – Debito pubblico 2007, 2008.
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2009/03/debito-pubblico-bankitalia.shtml?uuid=1ab76778-0fb9-11de-b9ea-de541d8bafb5

Nota 5 – Dichiarazioni del Presidente Napolitano alla Sapienza
http://www.mondofinanzablog.com/2009/10/13/spesa-pubblica-napolitano-accusa-il-debito-e-intollerabile/#more-2663

Nota 6 – Sistema dei conti europei SEC95
www.istat.it/strumenti/definizioni/cofog.pdf

Nota 7 – Libro verde sulla spesa pubblica
http://www.mef.gov.it/doc-finanza-pubblica/documenti/18827/28_libro%20verde.pdf

Nota 8 – Quelle pensioni così povere
http://www.corriere.it/editoriali/10_gennaio_06/fracaro-pensioni-fisco-poveri_9427495c-fa8c-11de-80cb-00144f02aabe.shtml

Nota 9 – Sanità, l’abc della riforma Obama
http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/esteri/obama-presidenza-12/scheda-riforma/scheda-riforma.html


1 commento:

Anonimo ha detto...

Complimenti, davvero eccellente e molto utile per noi uomini qualunque.

 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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