martedì 24 marzo 2009
Libertiamo o scherziamo?
Libertiamo o scherziamo? di Michele Boldrin e Mario Seminerio
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La prima volta, per le amministrative del 1956, votai per l’Alleanza Radicale Repubblicana. Memorabile ed entusiasmante il comizio di Niccolò Carandini e di Cino Macrelli al cinema-teatro Astra di Bologna. Alle politiche del 1958 contribuii a dare l’unico quoziente nazionale al Pri di Ugo La Malfa.
Bei tempi. Nonostante ci fossero i piccoli partiti, la proporzionale ed il voto di preferenza, dagli anni 50 ai 70, si verificò il “miracolo economico”, segno che l’economia è, in un certo qual modo, autonoma dalla politica. Di fatto, come più volte ha affermato Giovanni Sartori anche allora c’era il bipartitismo.
Nel 1992 mi sono vaccinato contro l’astensionismo annullando le schede.
Alle ultime elezioni, senza neanche bisogno di turarmi il naso, visto l’odore lasciato dal governo dell’Unione, ho seguito la mandria “peggiore”.
La differenza, nel tempo, è che allora all’ipotetica mappa politica in cui un elettore provava a posizionarsi, corrispondeva una mappa reale dei partiti che occupavano tutti e quattro i quadranti.
Oggi troviamo solo due punti sul piano. Un Pd1 dove sono costretti a coabitare riformisti (pochi), post-comunisti (molti) e cattolici democratici; ed un Pd2 dove pochissimi liberali cercano di coabitare con molti cattolici conservatori e pochi post-craxiani che la fanno da padrone.
Si può affermare che la probabilità d’addottare politiche “liberali” sia molto maggiore per il PD di quanto lo sia per il costruendo PdL. Ma questo soltanto in teoria: alla luce del principio d’accountability è tutto un altro paio di maniche.
Nel 1948, quando iniziai ad interessarmi allo sport, Gino Bartali vinse il Tour ed io diventai un suo tifoso. L’anno dopo, mio fratello, più giovane di me di un anno, lo diventò di Fausto Coppi.
Naturalmente tutte le volte che, successivamente, Bartali arrivando secondo dietro Coppi, affermava che, se ci fossero stati altri dieci km, avrebbe vinto lui, io mi trovavo d’accordo.
Così come nello sport, anche in politica si rimane segnati dalle prime esperienze.
Michele e Mario possono continuare a lungo l'interessante discussione, ma è evidente che i loro “animal spirits” si sono formati sui lati opposti dell’asse destra-sinistra.
P.S. Ho trovato ingeneroso l’epiteto “utili idioti” anche se pronunciato in modo affettuoso. Nel caso del PCI eravamo alla presenza di un partito che sosteneva il totalitarismo sovietico. Nel caso attuale dobbiamo pensare che il PdL sia destinato a sfociare in un totalitarismo fascista? Aspettiamo.
“Utili ingenui”mi sembrerebbe più appropriato, ammesso e non concesso che lo siano.
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La prima volta, per le amministrative del 1956, votai per l’Alleanza Radicale Repubblicana. Memorabile ed entusiasmante il comizio di Niccolò Carandini e di Cino Macrelli al cinema-teatro Astra di Bologna. Alle politiche del 1958 contribuii a dare l’unico quoziente nazionale al Pri di Ugo La Malfa.
Bei tempi. Nonostante ci fossero i piccoli partiti, la proporzionale ed il voto di preferenza, dagli anni 50 ai 70, si verificò il “miracolo economico”, segno che l’economia è, in un certo qual modo, autonoma dalla politica. Di fatto, come più volte ha affermato Giovanni Sartori anche allora c’era il bipartitismo.
Nel 1992 mi sono vaccinato contro l’astensionismo annullando le schede.
Alle ultime elezioni, senza neanche bisogno di turarmi il naso, visto l’odore lasciato dal governo dell’Unione, ho seguito la mandria “peggiore”.
La differenza, nel tempo, è che allora all’ipotetica mappa politica in cui un elettore provava a posizionarsi, corrispondeva una mappa reale dei partiti che occupavano tutti e quattro i quadranti.
Oggi troviamo solo due punti sul piano. Un Pd1 dove sono costretti a coabitare riformisti (pochi), post-comunisti (molti) e cattolici democratici; ed un Pd2 dove pochissimi liberali cercano di coabitare con molti cattolici conservatori e pochi post-craxiani che la fanno da padrone.
Si può affermare che la probabilità d’addottare politiche “liberali” sia molto maggiore per il PD di quanto lo sia per il costruendo PdL. Ma questo soltanto in teoria: alla luce del principio d’accountability è tutto un altro paio di maniche.
Nel 1948, quando iniziai ad interessarmi allo sport, Gino Bartali vinse il Tour ed io diventai un suo tifoso. L’anno dopo, mio fratello, più giovane di me di un anno, lo diventò di Fausto Coppi.
Naturalmente tutte le volte che, successivamente, Bartali arrivando secondo dietro Coppi, affermava che, se ci fossero stati altri dieci km, avrebbe vinto lui, io mi trovavo d’accordo.
Così come nello sport, anche in politica si rimane segnati dalle prime esperienze.
Michele e Mario possono continuare a lungo l'interessante discussione, ma è evidente che i loro “animal spirits” si sono formati sui lati opposti dell’asse destra-sinistra.
P.S. Ho trovato ingeneroso l’epiteto “utili idioti” anche se pronunciato in modo affettuoso. Nel caso del PCI eravamo alla presenza di un partito che sosteneva il totalitarismo sovietico. Nel caso attuale dobbiamo pensare che il PdL sia destinato a sfociare in un totalitarismo fascista? Aspettiamo.
“Utili ingenui”mi sembrerebbe più appropriato, ammesso e non concesso che lo siano.
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