IL BLOG DI SERGIO VIVI



venerdì 28 aprile 2006

Lussi



kisses! - Urinoir en céramique
Designer : MEIKE VAN SCHIJNDEL

http://www.sopha.fr > Sopha Industries > Wc

Moh, soorbole ... che lusso!


Unione vs. Rifondazione

Chi, tra Cofferati e Prodi, riuscirà a centrare meglio l’obiettivo?

Come si sa, c’è maretta tra Unione e Rifondazione.
Per cercare di neutralizzare i prevedibili «ricatti» di Bertinotti si stanno seguendo due strategie.

Quella della «legalità», portata avanti ormai da qualche tempo, dal sindaco di Bologna Sergio Cofferati con l'intento di prendere di petto la questione.
Ieri le prime tre pagine della cronaca di Bologna di Repubblica erano interamente dedicate al durissimo scontro sulla legalità. I titoli:

Cofferati-Prc, aria di divorzio
La maggioranza si spacca sul Cpt e sui fischi di Milano


Le due sinistre separate in casa

Il sindaco: “Vuoti di memoria sui giudici”
I neocomunisti: “Abbiamo solo fatto una critica politica”


Caronna (segretario dei DS): “la crisi non è chiusa quindi l’addio è possibile”

Ugo Boghetta, dirigente del Prc: “A Bologna è Cofferati l’unico problema nazionale”

Da parte sua, il consigliere indipendente di Rifondazione (vicino ai Movimenti) si è presentato in Consiglio con una maglietta: «Non mi avrete mai come volete voi» che citava i 99 Posse.

Oggi da segnalare il durissimo giudizio dell’ex sindaco Guido Fanti (del correntone) alla direzione bolognese dei DS: «Quanto offerto dalla società politica bolognese è da irresponsabili … si sono scritte pagine e pagine sui giornali sulla questione della minaccia di rottura con il Prc sulla vicenda dell’autoriduzione del prezzo della mensa di alcuni studenti. Per me è incredibile, mi pare di sognare, anche perché abbiamo offerto su un piatto d’argento ai nostri avversari la possibilità di attaccarci sull’impossibilità del centrosinistra di governare e tutto questo mentre Prodi sta facendo il Governo. Dobbiamo dare un’energica inversione di rotta».

La seconda strategia è quella dell’«accordo di programma» perseguita con serenità da Romano Prodi. C’è, dice, il tomo di 282 pagine prodotto dalla FABBRICA DEL PROGRAMMA e sottoscritto da tutti i leader dell’Unione (in più, c’è il sostegno di Prodi alla candidatura di Bertinotti a Presidente della Camera). Soltanto che quel testo non sembra inconfutabile. Tutti si sentono, come Accursio, in diritto di apporre le loro glosse che, probabilmente, finiranno per superare le pagine del programma stesso.

Vedremo quale delle due strategie darà più frutti.


sabato 22 aprile 2006

La filovia protetta

------------------- Le strade sono dei cittadini -----------------
----------------- Il Comune non le può requisire ---------------
-------------------- Non siamo mica in guerra ------------------

Il progetto della filovia protetta 14 prevede l’istituzione di una seconda corsia preferenziale –in aggiunta a quella già esistente- in Via Andrea Costa, tra la rotonda Fulvio Bernardini (Bar Stadio) e Porta Sant’Isaia, con l’obiettivo dichiarato di risparmiare 7 minuti lungo il percorso di 13 chilometri dalla Barca al Pilastro (o da Borgo Panigale a San Lazzaro?) e di avere meno inquinamento. Alla seconda corsia si oppongono i commercianti che accusano l’assessore alla mobilità Zamboni di voler «massacrare» via Andrea Costa, mostrandosi poco inclini a ritenere la FAV bolognese (Filobus Alta Velocità) il miglior progetto nel campo delle infrastrutture dopo la TAV della Valle di Susa.

Per percorrere i circa 400 metri dal bar Stadio alla porta, alla velocità urbana di 50 Km/ora, occorrono circa 30 secondi. Poi ci sono tre semafori (90 sec), tre fermate (90 sec), sei fra decelerazioni, accelerazioni e tre frenate (90 sec). Totale 5 minuti. Più o meno come adesso.

Il 18 aprile su la Repubblica, a pagina 47, si legge: «In Italia sono sempre più le aziende costrette a chiudere i battenti, sfiancate, impotenti. In un anno dal 2004 al 2005, le imprese che hanno dichiarato fallimento sono aumentate del 3,4%, sfiorando così quota 10.000. Sono per la precisione 9.969. Ad abbandonare definitivamente l’attività sono stati soprattutto i negozi, grandi e piccoli. Un’impresa su quattro tra tutte quelle costrette lo scorso anno a portare i libri in tribunale lavorava proprio nel settore del commercio, in sofferenza per il calo dei consumi».

L’assessore assicura che ascolterà proposte alternative purchè rispettino «la filosofia che sta alla base del progetto». Ma l’impossibilità, per le auto, di fermarsi anche temporaneamente dà certo da pensare.

C’è, poi, chi, ritenendo questa strada un’isola felice, un insieme di piccole comunità, mette in guardia dal minarne l’esistenza. «Purtroppo quest’amministrazione, come tante altre in passato, è responsabile della chiusura dei cinematografi ubicati in centro. Non c’è da parte dell’amministrazione un senso di tolleranza per le attività commerciali del centro in generale e dei cinema in particolare. … Si ricorda che i cinema aperti di sera, così come i bar e i ristoranti, sono luci accese contro il buio e il degrado e che per tale motivo dovrebbero essere aiutati e non danneggiati» (Alessandro Moranti Berselli, cinema Chaplin, Repubblica-Bologna, 19 aprile 2006). Questo vale anche per gli esercizi commerciali di Via Andrea Costa e per quelli di tutte le altre isole felici della città e questo vale anche di giorno.

Purtroppo è pericoloso cambiare le abitudini della gente. Se un bar frequentatissimo chiude, quando, poco dopo, qualcuno lo riapre si accorge ben presto che i clienti non ci sono più. Hai voglia rinnovare gli arredi, mettere il televisore con Sky, l’aria condizionata, costruire davanti al locale un elegante dehors. I clienti si sono trasferiti da altre parti e non tornano più indietro. Per questo non regge l’esempio, fatto dall’assessore, della Via Zamboni, prima riaperta al traffico dal Sindaco Guazzaloca, per ovviare al degrado, poi subito richiusa per mancanza di risultati.

Ricordi personali

«Ciascuno acquista senso nel suo esistere soltanto attraverso la ragnatela di riferimenti simbolici e di memorie che gli trasmettono valori essenziali di una specifica cultura locale»
(Ulderico Bernardi, Avvenire, 19 aprile 2006)

Nella primavera del 1942, feci il primo viaggio della mia vita. Dovendo trasferirci da Sassuolo a Bologna, percorremmo la Strada dei Castelli, passando da Maranello e da Vignola, e ci fermammo, con l’ultimo camion di masserizie, al Dazio del Ghisello (il trasloco vero e proprio era già avvenuto). Mentre mia madre con mio fratello più grande espletava le dovute formalità (riuscendo a fare passare per vino un’ottantina di bottiglie d’olio d’oliva mescolate a quelle del vino bianco), io e l’altro mio fratello andammo a leggere il nome della strada: Via Duca d’Aosta (così si chiamava Via Andrea Costa prima della fine della guerra).

Fu la prima strada di Bologna che imparai a conoscere e a percorrere. L’ ho percorsa per una vita e la percorrerò, presumo, ancora per i prossimi vent’anni, magari col filobus ad alta velocità. Abitando a quei tempi in via Dal Lino, all’inizio la percorrevo per andare alle elementari Costanzo Ciano mentre, per andare alle medie di Piazza San Domenico, prendevo l’11 e scendevo dal tram in corsa alla curva di piazza Galvani. Sempre coll’11 fino alla porta Sant’Isaia per andare al Righi.
La domenica, invece, la percorrevo a piedi con i miei amici, per andare al cinema.

Il ritrovo era al bar del CRAL a cento metri dallo Stadio.

Il CRAL era anche Casa del Popolo, Sezione del PCI, del PSI, del PSIUP, della FGCI, della FGSI, dell’ANPI, d’Italia-URSS, d’Italia-Cina, insomma un vero centro di pluralismo.
Era stato costruito con pochi soldi e molto lavoro volontario. Anche noi “cinni”, qualche volta, avevamo dato una mano andando a recuperare pietre usate alla Stazione della Funivia, rasa al suolo da un bombardamento, pietre che i muratori, nel tardo pomeriggio, pulivano dall’intonaco con la martellina e mettevano a bagno nell’acqua facendole ridiventare nuove.

Al CRAL si facevano ovviamente le assemblee politiche, ma questo riguardava soltanto la stragrande maggioranza dei frequentatori. Tutti erano bene accolti, a patto di non mettere in discussione il fatto che l’URSS era il paradiso in terra o che Saragat era il traditore della classe operaia, pena una lunga paternale … che nemmeno a Mosca le guide, tanto care a
Gianni Guelfi, ti impartivano (sulla guerra vittoriosa di Stalin sul nazismo) prima di portarti a visitare la tomba di Lenin.

Al CRAL giocavamo a ping pong e, il giovedì sera, guardavamo Lascia e Raddoppia ammassati nella saletta della televisione. Ma il CRAL era soprattutto il Giardino delle Rose, una “balera alla Filuzzi” dove imperava sovrano il Trio di chitarra, contrabbasso e organetto bolognese del Maestro Leonildo Marcheselli. Terminate le danze, via su per i colli in vespa o in galletto anche senza l’accompagnamento dei Luna Pop.
Il Maestro, più che novantenne, lo si vedeva sbucare in Andrea Costa da via Rappini, dove abitava, ancora qualche anno fa.

Quanti esami ho preparato, nelle sere d’estate, al suono di valzer, tanghi e mazurche! Ricordo che una domenica sera ero impegnato sul teorema di Mohr (Scienza delle costruzioni / sulle sollecitazioni delle travi appoggiate a due estremi). Non avevo voglia di applicarmi. Dalla finestra spalancata su San Luca entravano una leggera brezza e la musica dell’organetto. Indugiai a lungo su quelle due pagine leggendole più volte. Capitò che all’esame mi chiesero proprio quel teorema e mi portai a casa un bel 22 al primo colpo.

Partendo dal CRAL, imboccavamo via Andrea Costa per dirigerci verso il cinema. Se non ci fermavamo all’Olimpia le mete erano il Nosadella, il Sordomuti, oppure in centro il Contavalli o l’Odeon. Tutti cinema rigorosamente di seconda o terza visione. In un certo periodo fu in auge anche il Teatro Apollo, citato da Fellini, per via dell’avanspettacolo.
A volte la “balla” dei più grandi, giunti in Via Barberia -quasi davanti alla federazione- svicolava per le stradine a sinistra, certi del fatto che Totò non aveva ancora cercato casa.

Una volta compimmo, salvo una leggera deviazione, tutto il percorso previsto attualmente per il bus 14 -andata e ritorno a piedi- per andare al Moderno in Via Venturoli a vedere «I crociati» un film del 1935 di Cecil B. De Mille con Loretta Young.


Il Morandini Zanichelli Editore
Spronato dall'amata consorte Berengaria di Navarra, prigioniera del Saladino, Riccardo Cuor di Leone parte per la crociata che dovrebbe essere la terza. Storicamente inattendibile, artisticamente inetto, stravagante nell'ambientazione, macchinoso nell'impianto spettacolare. Ha una vispa battaglia di Acra. Cercate di identificare Mischa Auer e Ann Sheridan.

Balle! A noi il film piacque moltissimo. Eravamo di bocca buona noi del Lino, mica come quelli di Saragozza, che senza un sottofondo di musica jazz non partivano nemmeno per una gita scolastica.

Purtroppo il tempo ha inferto alla strada alcuni colpi. Uno è stato la chiusura del Bar Europa, sede di allegre brigate e protagonista, con una propria squadra di calcio, degli indimenticabili Palii notturni estivi dei bar che attiravano allo stadio tanta gente quanta ne attirava una partita di campionato. Un secondo, la perdita della baracchina dei gelati dei “Baffi”. Singolare il modo in cui avvenne. Una notte una macchina raddrizzò la curva a destra (per chi viene dallo stadio), abbattè la cabina della Telecom davanti alla Chiesa di San Paolo, la cabina fece da trampolino all’auto che decollò da terra andandosi a posare 15 metri più avanti sul tetto del chiosco, facendolo crollare.

Il Comune non dette più il permesso per riaprirla con la scusa che il posto era pericoloso. La cabina del telefono, invece, fu prontamente ripristinata. Evidentemente per Telecom si può anche rischiare! Così, da molte estati, la gente invece di uscire per andare a mangiare il gelato dai “Baffi” se ne sta rintanata in casa a farsi plagiare dalla TV, poi magari, si tura il naso (come consigliato da Indro Montanelli nel 1976 per evitare il sorpasso del PCI di Berlinguer ai danni della DC di Zaccagnini) e va a votare per il Cavaliere.

Anche il CRAL non c’è più. Al suo posto due palazzine quasi identiche alle due costruite dove sorgeva il cinema Moderno.

Nonostante tutto, in Andrea Costa si vive a lungo. Nell’ultimo bollettino parrocchiale (Aprile-Agosto 2006) nell’elenco degli addii [ Requiescant in pace! ] su 33 nomi si contano 21 ultra ottantenni: un 80, un 81, due 82, un 85, due 86, un 88, un 89, un 90, tre 93, un 94, quattro 95, un 98, un 99, un 101. Che cosa volete che ce ne importi del filobus veloce!

Torniamo alla vicenda della doppia corsia.

Che cosa delibererà, alla fine delle discussioni, la Giunta Comunale?
Finirà che il Sindaco, ascoltato più o meno attentamente il parere dell’Assessore alle Attività Produttive, confermerà quanto deciso dall’Assessore alla Mobilità. D’altra parte Cofferati ha ben altro a cui pensare.

Giovedì 13 aprile Pierluigi Bersani è andato a scambiare con Lui qualche idea. Non hanno certamente parlato della FAV. Probabilmente del modo migliore di contrastare Rifondazione. O, ancora, avranno valutato se sia giunto il momento di trasformare una risorsa della sinistra in una risorsa dei DS (magari la segreteria del partito?). Questo partito ha un grosso problema. Il 17% di voti, che alla fine degli anni 80 rappresentava per Bettino Craxi l’obiettivo da raggiungere, rappresenta invece per i DS la perdita di rilevanza che stanno pericolosamente subendo nella politica italiana. E’ un partito che si va ossificando. In Italia è il destino di tutti i riformisti.

Ha scritto la Sibilla Cumana: «Sul territorio il manicheismo attecchisce molto meno. Il famoso confine tra le due Italie sbiadisce. Il sindaco di Bologna è di sinistra, eccome se lo è, ma quel confine l’ha fatto scavallare con i fatti e i comportamenti» (Eugenio Scalfari nel suo articolo di fondo di domenica 16). Ha tutta l’aria di un’investitura.
Anche le chiese politiche si stanno secolarizzando ed è naturale che i “fedeli” restino legati alla ortodossia. A sinistra c’è ancora voglia di gusti forti che solo Rifondazione e Comunisti Italiani sembrano esaudire. Chi meglio del “cinese” può cercare di arginare quella perdita?

Da parte sua l’Assessore Zamboni, da un po’ di tempo, stando alle cronache, sembra in preda a dubbi amletici. Per rimanere fedele alla politica della legalità dello «scavallatore» si è dimesso da Rifondazione. Ha deliberato il blocco del traffico il giovedì, ma il 9 febbraio l’ha sospeso attirandosi le ire dei “comitati”. Ha deliberato i lavori di asfaltatura di via Lame (asfalto al posto dei cubetti di porfido) poi, di fronte alle proteste dei cittadini, li ha sospesi. Il bello è che se la prende coi bolognesi. Viviamo in una strana città, dice, «vogliono gli autobus più veloci, ma se tenti di farlo dicono che non serve più». Inoltre, proprio in questi giorni, è stato “interrogato” dalla componente DS del Consiglio che, dopo un lungo periodo di sofferto e silenzioso appoggio alla Giunta, ha deciso di uscire da questa «sudditanza psicologica … e di farsi sentire di più».

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Tutti abbiamo un auto, anche gli ambientalisti. La maggioranza dei cittadini utilizza il mezzo privato che è sempre meno uno status symbol e sempre più uno strumento di lavoro. I percorsi dei mezzi pubblici sono rigidi, non portano da per tutto, sono insufficienti. Con la doppia corsia preferenziale non sarebbe possibile neanche la fermata temporanea. L’auto permette la flessibilità. La mia opinione è che nelle strade, se la larghezza è sufficiente, devono sempre esserci, su di un lato, le strisce bianche per il parcheggio.

Segnali di ripresa dopo il taglio delle stime dell’Fmi
Energia e automobili spingono il fatturato
Aumento del 6,3%, ritmo doppio per l’estero
Sempre a febbraio 2006, rispetto allo stesso mese di un anno fa, il fatturato ha segnato gli aumenti più marcati per … la produzione di mezzi di trasporto (11,1%) …
(Corriere della Sera, 21 aprile 2006)

Non si può dire «comperate l’automobile e lasciatela in garage». Demonizzare l’auto rende antipatici. Non occorre che lo dica Luca Ricolfi.
Il sindaco Dozza –comunista, eccome se lo era, ma bolognese come Guazzaloca- non avrebbe mai fatto un torto del genere ai commercianti e ai cittadini, di nessuna strada.

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Proposta alternativa.
Poiché l’Assessore si dice disposto ad ascoltare, faccio una proposta alternativa.
Come si sa una corsia preferenziale è per la maggior parte del tempo inutilizzata.
Perché non si «banalizza» quella esistente?

Dal dizionario De Mauro (CO comune, TS tecnico-specialistico):
banalizzàre v.tr.
1CO rendere banale, semplificare eccessivamente o arbitrariamente: b. una questione, un problema, b. una teoria
2 TS ferr., attrezzare una linea ferroviaria in modo che su ogni binario si possa circolare nei due sensi di marcia

Quando due mezzi si incontrano quello che marcia nel senso del traffico privato si porta al centro della strada, poi rientra. I privati saranno ben lieti di agevolare la manovra.
Le fermate in un senso e nell’altro saranno sfasate di 30 metri.
Rispetto alla situazione attuale, sposterei soltanto la corsia preferenziale dall’altro lato della strada, perché i marciapiedi, nel complesso, mi sembrano più larghi.


lunedì 17 aprile 2006

Rimborsi elettorali


Chissà come sarà contento Beppe Grillo che il partito del «portatore nano» è il primo della lista?

I costi della politica


venerdì 14 aprile 2006

Un pò di felicità




Questo annuncio di Hera (società partecipata da numerosi Comuni dell’Emilia Romagna) è apparso oggi su “la Repubblica – Bologna” in III pagina.

Come si vede la gioiosa macchina della felicità è già in moto.

Primi destinatari gli anziani ai quali il tempo urge di più.
Per trattare allo stesso modo il nonno del professionista e quello dell’operaio non si parla di «sepolcri» (quelli celebrati dal Foscolo negli endecasillabi sciolti del famoso carme dedicato all’amico Pindemonte) ma di più politicamente corretti «posti/salma».

Per quanto mi riguarda, io aspetto ancora un po’ … in attesa della multiproprietà.
Non mi dispiacerebbe essere sepolto un anno a Bologna, un altro al Cimitero degli Inglesi di Roma, magari a fianco di John Keats e di Percy Bysshe Shelley, un altro ancora al Père Lachaise di Paris.


giovedì 13 aprile 2006

Risultati elettorali 2

Il pronostico da me fatto domenica mattina si è rivelato completamente sbagliato.
Mi sono avvicinato ai numeri, specie al Senato, ma ho invertito il perdente con il vincitore.
D’altra parte, fammi indovino che ti farò ricco.


E’ evidente che, varando la nuova legge elettorale, la Casa delle Libertà ha giocato d’azzardo. Per l’ultimo duello, il Cavaliere ha imposto una mano di poker. Purtroppo per lui, Berlusconi, servito con una coppia d’assi, ha chiesto tre carte ma è rimasto con i due assi. Mentre Prodi, sempre fortunato, ha aggiunto un sette a quello che gli era stato servito assieme a una coppia di otto. E’ inutile recriminare di che sia la colpa della sconfitta. Se degl’Italiani all’estero (pare ci fosse un’unica lista di CS contro tre o quattro liste del CD, con conseguente dispersione dei voti) oppure dell’industriale Panto che in Veneto ha sottratto voti al CD. Sono stati compiuti errori da entrambe le coalizioni.

Ora tutti i partiti dell’Unione –alla Camera- possono vantare il loro contributo determinante per la vittoria. Ma, se si eccettua Rifondazione (41 seggi), per i più piccoli, il numero di seggi ottenuto (sebbene amplificato dal premio di maggioranza) non supera i 18. Siccome la maggioranza è di 63 seggi, Prodi, per imperare, dovrà imparare a dividere (compito non facile per chi, invece, si propone di unire).

Più difficile la governabilità al Senato, dove i seggi sono 158 a 156. Il premio di maggioranza è stato applicato regione per regione, altrimenti, con la prima formulazione della legge, la maggioranza sarebbe andata al CD, 173 a 142.

Come si vede, in queste elezioni, il ruolo determinante è stato svolto dalla fortuna.
Niente di male, se pensiamo che nell’Atene di Pericle il ricorso al sorteggio per la nomina dei governanti era cosa normale.


martedì 11 aprile 2006

Elezioni politiche 2006

Prime impressioni

Titola, questa mattina, la Repubblica:«Nella notte vince Prodi».
Titolo per me controproducente perché viene immediato pensare «La befana vien di notte … con le scarpe tutte rotte». Quando si dice «continuiamo a farci del male».
A pagina 7 una profonda riflessione del Professore su un dato di cui non ci eravamo resi conto: «Questo è un Paese spaccato».
Ancora in prima pagina: «E alle 3 il Professore disse: ora sono felice».

Calderoli ha detto che la nuova legge elettorale è una «porcata».
Prodi ha promesso anche a noi un po’ di felicità.
I bolognesi che, provenienti da Via Cavalieri Ducati (i fondatori dell’omonima casa), percorrono la Via Felicina sanno che alla fine di questa stradina si troveranno a passare accanto al Salumificio Alcisa dove la zia di Alessandra Mussolini girò il celebre film «La mortadella»).
Forse era inevitabile, date tutte queste coincidenze, che «la porcata» producesse il più gustoso dei salumi.

Questa mattina la succursale del Liceo Righi, dove ho votato, era chiusa per la disinfestazione.
Non sarà micca per tutti quei cog…. e quei caz…. che si sono recati alle urne. Per fortuna (della democrazia) sono stati tanti (e siamo stati bravi quanto gli iracheni).

Prima riflessione: più dei politici HANNO VINTO GLI ITALIANI.


domenica 9 aprile 2006

Risultati elettorali

Il mio pronostico

Il pronostico per la Camera dei Deputati è presto fatto.
L’Italia è un paese diviso in due.
La differenza tra le due coalizioni non risulterà più di 500.000 voti.
Prodi ha già battuto una volta Berlusconi. Le probabilità che si ripeta sono minori del 50%.
La nuova legge elettorale («la porcata») è stata fatta a questo scopo.
I “non votanti” del referendum sulla legge n° 40/2004 "oggi votano".

Negli ultimi quindici anni si è sempre verificata l’alternanza.
E’ lecito aspettarsi che, prima o poi, il ciclo s’interromperà.


Da giorni i risultati dei sondaggi non sono più resi pubblici.
Ci sono, però, persone che li conoscono. Ad esempio i direttori dei giornali.

Scrive questa mattina Eugenio Scalari: «Uso ancora con trepida incertezza la particella dubitativa “se”. L’evidenza della situazione in cui il paese è stato portato dalla pessima squadra che l’ha guidato negli ultimi cinque anni farebbe infatti supporre che in favore del cambiamento si conti domani una valanga di voti. Temo invece che l’auspicata vittoria sia risicata, tanta è stata la violenza emotiva con la quale l’anomalia berlusconiana ha risvegliato gli antichi malanni e vizi nazionali».

Diavolo di un Cavaliere! Mi sporco le mani e dico che
la Casa delle Libertà avrà almeno cento voti in più dell’Unione
e si accaparrerà 340 deputati contro 290 dell’opposizione.

Il mio pronostico per il Senato della Repubblica è fatto in base alla tabella sottostante, che è utilizzata «as a rule of thumb».
Le quantità rappresentanti il 55% sono approssimate, forse anche sbagliate. I totali delle colonne non sono stati verificati. I pronostici regione per regione sono fatti al solo scopo di arrivare ad una possibile ripartizione finale dei seggi, contando anche sul fatto che gli errori in parte si compensano.

Pronostico Pronostico
Regioni N° 55%N° Unione C.Libertà
Valle d’Aosta 1 (1) 1 0
Piemonte 22 12 10 12
Lombardia 47 26 17 30
Trentino A Ad 7 4 4 3
Veneto 24 13 13 11
Friuli Ven Giu 7 4 4 3
Liguria 8 4 5 3
Emilia Rom 21 11 15 6
Toscana 18 10 12 6
Umbria 7 4 4 3
Marche 8 4 5 3
Lazio 27 14 12 15
Abruzzo 7 4 3 4
Molise 2 1 1 1
Campania 30 16 13 17
Puglia 21 11 12 9
Basilicata 7 4 3 4
Calabria 10 5 4 6
Sicilia 26 14 10 16
Sardegna 9 5 5 4
Circ Estere 6 (6) 3 3
Totali 315 173 156 159


Come si vede assegno una vittoria risicata alla Casa della Libertà per 159 a 156.

Saranno decisivi i Senatori a vita.
Situazione ideale per il Senatore Cossiga che potrà così esibirsi nei suoi esercizi d’alta politica.


sabato 8 aprile 2006

Animal spirits

Outing politico di un settuagenario

Mi sono affacciato, per la prima volta, alla vita politica e ho formato i miei “animal spirits” in alcune date ben precise.

21 aprile 1945. Ho 11 anni. Bologna è dichiarata città aperta e la gente si mette al sicuro all’interno delle mura. Con la mia famiglia ci siamo sistemati in una stanza degli uffici dove lavora mia madre. Da questo osservatorio privilegiato, un balconcino del palazzo dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni sul fianco destro della basilica di San Petronio, vedo il sorgere di un’alba molto speciale. Verso le sei del mattino tre persone con un labaro attraversano una piazza Maggiore deserta (allora piazza Vittorio Emanuele II) e vanno a prendere possesso di palazzo d’Accursio. Poco dopo, dietro le colonne del palazzo del Podestà, spuntano i soldati polacchi del generale Anders. Alle dieci del mattino l’apoteosi degli americani in un tripudio di folla.
E’ la fine di un incubo: da quel giorno per me gli americani sono e resteranno i Liberatori.

Il 27 maggio 1956, alle elezioni amministrative, voto per la prima volta. Scelgo l’Alleanza Radicale Repubblicana (simbolo: testa di donna con berretto frigio). Memorabile ed entusiasmante il comizio di Niccolò Carandini e di Cino Macrelli al cinema-teatro Astra.

Giugno 1956. L’Espresso pubblica in due puntate il rapporto KRUSCEV, titolando « Ecco il più terribile documento umano che sia mai stato scritto da un uomo politico»

23 ottobre 1956. Inizia la rivolta ungherese. All’università leggiamo i resoconti di Indro Montanelli e guardiamo le foto di John Sadovy, Michael Rougier, Erich Lessig, Rolf Gillhausen sullo Special pubblicato da Time-Life (digitanto questi nomi su Google, qualche foto si dovrebbe trovare).
Faccio la mia scelta di campo definitiva: non si può essere comunisti.

Alle politiche del 1958, nella circoscrizione Bologna-Ferrara-Ravenna-Forlì, riusciamo a conquistare per Ugo La Malfa l’unico quoziente nazionale, salvando così la presenza del PRI in parlamento (il quoziente ottenuto permette il recupero, coi resti, di qualche altro seggio).

Autunno 1969. Inizia l’autunno caldo per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici.

Lavoro da alcuni anni alla GT&E (adesso Siemens) di Cassina de’ Pecchi. Stipendio netto di settembre ’69: 176.000 lire. Ogni pasto al ristorante toscano mi costa 1.400 lire, l’affitto mensile del miniappartamento a Cernusco sul Naviglio 20.000 lire.
Lavoro -ultima ruota del carro- al progetto del Paramp (amplificatore parametrico), apparecchiatura che serve per la ricezione del segnale proveniente dai satelliti e utilizzato, oltre che dalla Telespazio nelle stazioni della piana del Fucino, dagli americani nelle stazioni terrestri situate lungo l’equatore e collegate ai satelliti che spiano l’URSS.

(Realizzo, a distanza di tempo, che io e miei colleghi, pendolari tra Milano e Bologna, Reggio E., Rovigo, Firenze, Roma, Napoli, Bari e Palermo, eravamo i fruitori di una specie di delocalizzazione: gli americani progettavano e fabbricavano qui, a costi minori, molti prodotti sfruttando il fatto che le Università italiane formavano dei buoni tecnici. Adesso tocca agli indiani e ai cinesi. Anche la globalizzazione sfrutta il principio dei vasi cominicanti: il lavoro passa dove costa meno).

Il primo sciopero è indetto, un pomeriggio, per l’ultima mezzora di lavoro.
Al termine dell’orario i cattivi, per uscire, sono costretti a passare lungo un corridoio formato da due file di buoni e sono coperti d’insulti. Essendo abituato alla bonomia dei compagni emiliani, la cosa mi sorprende e mi riporta alla memoria l’episodio del film “Per chi suona la campana”, dove un gruppo di sventurati è fatto passare lungo un corridoio di persone che a randellate li fanno precipitare in un burrone. Scopro, in seguito, che i più combattivi non sono quelli della CGIL bensì quelli della CISL.
Senza rendermene conto, ho fatto conoscenza con i cattocomunisti.

Sempre in quegli anni mi capitava di vedere, la sera o nei pomeriggi del sabato, a Milano, i cortei dei gruppi extraparlamentari come, ad esempio, Servire il Popolo che percorrevano le strade attorno a Piazza del Duomo. Mentre cercavo di metabolizzare il fatto di essere diventato in una sola mezzora -nonostante una vita, mediocre sì, ma rispettosa degli altri- “un topo di fogna”, osservavo tra me e me: «Ecco gli eredi di Stalin!».

«Ma lui aveva paura di noi.
Credeva alla grandezza della meta
ma non che i mezzi
dovessero esser degni della grandezza dei fini.
Vedeva lontano, conosceva le leggi della lotta.
Ha lasciato, sul pianeta, molti eredi.»

Evghenij Evtuscenko “Gli eredi di Stalin”.
Alcuni versi (da Il Giorno – pagina 6 – 21 novembre 1962)

Negli anni successivi (ero rientrato a Bologna nel giugno 1970) mi barcameno tra PRI, Radicali e, una volta, anche Socialisti. Un must è, però, il voto alle comunali –fino che si candida- per il mio Prof di Storia e Filosofia, repubblicano, mazziniano nonché ex partigiano. La mia linea di condotta è niente voto al PCI ed al MSI, ma neanche alla DC che con Oscar Luigi censura i film e le trasmissioni TV. Col tempo, la mia bestia nera diventa la burocrazia. Una mattina in fila per rinnovare il bollo auto all’Aci. Nella denuncia dei redditi, da presentare in triplice copia devi scrivere ventisette volte il tuo codice familiare, quello di tua moglie e quello di tua figlia. Idem per la denuncia della moglie. Spesso alle elezioni amministrative annullo la scheda per protesta. La prima volta contro l’istituzione dell’ora legale: ci sono le regole dei fusi orari e le regole, come c’insegnano i Verdi, devono essere sempre rispettate.

Anno 1992. Da anni raccolgo gli editoriali di Eugenio Scalfari. In uno di questi, in piena tangentopoli, scrive che «questi partiti (o questi politici) vanno mandati a casa tutti». Poco dopo, però, pubblica un articolo di Lord Ralph Dahrendorf dove si dice che soltanto l’affermazione di “un vecchio partito” renderà possibile il superamento della crisi. Non sono sicuro che questo fosse l’intendimento di Dahrendorf, ma per me rappresenta lo “sdoganamento” del PCI da parte di Repubblica (quella volta Number One non reclama nessuna tessera). Naturalmente non sono d’accordo. Da qui inizia il mio distacco dalla linea del giornale. A me della faida Berlusconi-Debenedetti, mediatore Ciarrapico (Andreotti), per la proprietà della Mondadori non me ne può fregare di meno.
Mi sento come il mitico Cipputi che chiede «e il mio animal spirit?» e si sente rispondere: «il suo animal spirit se lo ficchi in tasca, a lei non competono gli animal spirits, a lei compete la moderazione e la responsabilità».
Comunque sia, in quell’occasione, prendo per buono il consiglio di Scalfari e, alle elezioni politiche, «faccio lega con chi mi lega».

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Soltanto in questi anni ho appreso che tra “la bella gioventù” che sfilava in quei cortei avrei potuto vedere, tra gli altri, Gad Lerner, Paolo Mieli, Lanfranco Pace, Renato Mannhaimer e Barbara Pollastrini. Non mi sembra che alcuni di questi, i suoi spiriti animali se li sia mai ficcati in tasca. Perché dovrei farlo io?

Venendo alle politiche 2006 osservo che nell’Unione si trovano Rifondazione Comunista, i Comunisti Italiani, gli ex-comunisti DS (complessivamente un buon 60% dell’Unione) e c’è anche Oscar Luigi. Mentre nella Casa delle Libertà gli ex missini sono, al massimo, il 15%. Peccato che ci sia anche il 5% dell’UDC. Per la Rosa nel Pugno non posso votare, rischierei di fare eleggere con i resti uno dei Verdi.
Se voterò privilegerò il divertimento e la creatività. Preferirò il “Cavalier Banana” ad Oscar Luigi e quel “delinquente” di Tremonti al “grande semplificatore” Vincenzo Visco.


 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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