IL BLOG DI SERGIO VIVI



venerdì 10 giugno 2011

Democrazia è partecipazione. Sempre?

La Costituzione
Parte I - Diritti e doveri dei cittadini
Titolo IV - Rapporti politici

Articolo 48
Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge

Parte II - Ordinamento della Repubblica
Titolo I - Il Parlamento Sezione II - La formazione delle leggi

Articolo 75
E` indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum.

* * * * *
«I referendum nel nostro ordinamento prevedono un “quorum” il che li differenzia da un’ordinaria elezione … (col quorum) si volle evitare che una minoranza organizzata potesse organizzare con facilità un movimento per abrogare una legge sulla base di interessi particolari. (C. Augias, la Repubblica, 10 giugno2011, pagina 34)

Andare a votare ad un referendum è un dovere?
L’articolo 48 recita: Il suo esercizio (del voto) è dovere civico.
E’ chiaro che si riferisce all’esercizio del voto nell’ambito delle elezioni politiche ed amministrative. Si deduce dalla lettura dell’articolo 75, che dichiara approvata la proposta soggetta a referendum soltanto se ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto: se cioè si è raggiunto il quorum.
E’ sancito il diritto di partecipare. E’ sottintesa la libertà di non partecipare, senza nessuna censura morale. E’ sancito il diritto di far fallire il referendum cercando di abbassare il quorum.

D’altra parte, perché dovremmo recarci alle urne per soddisfare qualsivoglia fisima sia pure di cinquecentomila (o qualche milione che fossero) di nostri concittadini. Il referendum se lo giochi chi è interessato. Gli altri hanno il diritto di essere lasciati in pace.
Si è naturalmente liberi di considerarlo, a livello personale, un dovere civico.

Conciliare il diritto con il dovere non sarebbe poi tanto difficile. Basterebbe aggiungere sulle schede del referendum alle due caselle del Sì e del No una terza casella “Non partecipo”. Si separerebbe così l’astensione fisiologica da quella disinteressata all’esito del quesito. I promotori la smetterebbero di gridare all’imbroglio e si potrebbe calcolare il quorum in modo più corretto.
Io, che il12/13 giugno 2011 avrei barrato la terza casella, avrei potuto dire, come il Presidente Napolitano «ho fatto il mio dovere d’elettore».
Un altro conto è affermare apoditticamente «il voto è un diritto ma anche un dovere». Si tratta di un’affermazione moralistica tesa a strumentalizzare la partecipazione, che è sì democrazia, ma che non può essere costrizione.

I Padri costituenti non potevano pensare a tutto. La Costituzione, soprattutto la seconda parte è emendabile. Potremmo aspettarci un simile colpo d’ala dai nostri parlamentari? Da almeno trent’anni, a parte un discreto numero d’eccezioni, che non trovano credito nel discorso politico, i rimanenti sono incompetenti come sette. Se avessero saputo fare di conto, non avremmo il debito pubblico tra i quattro più alti del mondo. Evidentemente è stata dribblata, in molteplici occasioni, la regola che richiede la copertura di una spesa, con modi da fare impallidire la finanza creativa di certi ministri.

Poiché la conciliazione tra diritto e dovere in teoria esiste, perché allora io dovrei pormi un problema di coscienza? A votare, questa volta, non ci vado. Punto e basta. I Soloni che pontificano sulla “libertà di coscienza” –siano egregi giornalisti, siano cattolici adulti- vadano a quel paese.
Che cosa cambia se quella terza casella c’è oppure no? Proprio niente.

Perché non vado?
A causa della politica sulla gestione dell’acqua di Ato 5 Bologna che, arrogantemente, vuole dettarmi uno stile di vita intonato ad un’etica dell’igiene che non mi piace.
L’astensione sull’acqua si trascina dietro anche quelle sul nucleare e sul legittimo impedimento. Non vorrei che, per avere ritirato queste due schede, passassi per votante anche sull’acqua. Sono il tipo che non si fida.


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Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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