IL BLOG DI SERGIO VIVI



mercoledì 29 settembre 2010

L'Italia futura - 3

Dobbiamo proprio lasciare che il Paese rischi il default a causa del debito pubblico?
È di questi giorni la notizia della Banca d’Italia che il debito ha toccato i 1.838 miliardi di euro. Vale a dire l’importo di diecimila jackpots del Superenalotto da 183 milioni di euro.
E dire che basterebbe un taglio di cinque punti di PIL annuo per dimezzare, nell’arco di una decina d’anni, il rapporto Debito/Pil e rientrare almeno nel 60% fissato dal Trattato di Maastricht.
Non essendo ritenuti efficaci i tagli lineari, è giocoforza ricorrere al taglio di un’unica voce della spesa pubblica. Una possibilità consisterebbe nel riformare radicalmente il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), abolendone il carattere “universalistico” ed introducendo l’assicurazione sanitaria obbligatoria.


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Prima di dire come, vediamo che opinione si fanno i cittadini che vengono a contatto con il SSN, riportando alcuni episodi recenti ma che ricorrono regolarmente durante tutto l’anno in ogni regione italiana.

Prima lettera



Non sia mai che i cittadini possano percepire il sistema sanitario come un inganno. Un giorno dopo la pubblicazione di questa lettera, sullo stesso giornale è apparsa la notizia che alla signora era stato trovato il posto. Miracoli delle “disposizioni dall’alto”, come suole dirsi: si trova sempre una struttura che, avendo programmato dieci ecografie per mattina, può fare anche l’undicesima. L’assessore (il politico) chiama il direttore (da lui nominato), il direttore chiama il “primario”, questi da disposizioni ai sottoposti che, sebbene oberati di lavoro, non possono fare altro che obbedire (magari mugugnando). Merito anche della signora che ha inviato il suo reclamo al giornale giusto.
Per uno che reclama, ci sono altri cento che “non capiscono ma si adeguano”. Se tutti protestassero, i politici si troverebbero «in brache di tela» e l’inganno diventerebbe più palese.

Seconda lettera



L’estensore di questa lettera avanza il sospetto che quella delle “agende chiuse” sia un espediente voluto per favorire altri interessi. Purtroppo non è così. Dalle normali prestazioni al pronto soccorso è tutto un disastro: «Sanità, le liste d’attesa restano eterne. Tempi biblici per visite e tac» (titolo su Repubblica Bologna del 15 gennaio 2010); «Pronto soccorso ortopedico in tilt» (titolo su Repubblica Bologna del 27 settembre 2009); «La protesta degli infermieri al Maggiore. Al pronto soccorso lavoro estenuante» (titolo su Repubblica Bologna del 29 settembre 2009). Siamo di fronte ad una reale carenza di personale (e di mezzi) che i sindacati di categoria non si stancano più di segnalare.

Ecco l’ultima segnalazione

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Entrambi gli estensori delle prime lettere pongono l’accento su due aspetti.
I costi ed il diritto.
«Io pago già sotto forma di tasse proprio per poter avere dei servizi. Per che cosa sto pagando invece?».
«… la salute è un diritto e visto le tasse che si pagano è assurdo pagare due volte».

I COSTI
Il grosso del finanziamento del SSN deriva dall’Irap, dall’Addizionale regionale Irpef e dal Fondo per fabbisogno sanitario ex decreto legislativo 56/2000 (Federalismo fiscale: Iva e Accise).
In più, ogni ASL incassa i ticket normali delle visite e degli esami e quelli maggiorati di coloro che ricorrono all’attività libera professionale. Inoltre, i pazienti che si avvalgono dell’ALP per un’operazione chirurgica, oltre all’equipe medica, all’affitto della camera ed agli esami pre-operatori, pagano l’uso della sala operatoria, della strumentazione e dei medicinali (sono le voci DRG delle fatture – nota 1). Evidentemente tutti questi soldi non bastano per fornire un servizio efficiente ed efficace per i pazienti normali. Bisognerebbe alzare la pressione fiscale dall’attuale 43% a circa il 50% (come avviene in Danimarca e Svezia) e forse non basterebbe. In altre parole, per una prestazione in tempi brevi si finisce per pagare il suo costo reale, mentre per la prestazione con la lista d’attesa si paga un prezzo politico più basso.


I DIRITTI
Ci sono due tipi di diritti.
La vita, la libertà, la proprietà, la libertà d’opinione ed altri, la cui osservanza si realizza semplicemente senza che nessuno intervenga sono detti diritti negativi, od anche libertà negative, od anche libertà da … interferenze dello stato. Si considerano validi in ogni tempo ed in ogni luogo.
La sanità e, in genere, i diritti garantiti dallo stato sociale (il Welfare), la cui attuazione richiede risorse, sono detti diritti positivi, od anche libertà positive, od anche liberta di … avere qualcosa. Dipendono dalle circostanze, dai luoghi e, quando attuati, possono esserlo con diverso grado.


Come abbiamo visto dalle lettere il nostro SSN non soddisfa né i pazienti, né gli operatori
Prendiamo, per esempio, un uomo di 60 anni che, a causa della prostata, comincia a svegliarsi poco dopo essersi addormentato. Va in bagno, torna a letto ma, dopo dieci minuti, ha ancora bisogno e, poiché la cosa si ripete, non riesce a chiudere occhio. Il mattino si alza che è intronato e va a lavorare stanco morto. Questo per tre notti ogni quattro. L’uomo si rivolge all’Ospedale Maggiore e si sente dire: «la mettiamo in lista, ci vorrà un anno, prima dell’intervento». Prendiamo la legge che eleva l’età pensionabile a 65 anni. Mettiamo che l’uomo sia un autista d’autobus, o un manovratore di treni, od un operatore di una pressa. Che cosa succede se causa un incidente? Ovvio, gli fanno il test dell’alcol e della droga per vedere se è colpevole.

Quell’uomo che si reputava fortunato perché non pagava il medico e lo sciroppo della tosse, dopo esperienze del genere (l’attesa per l’intervento), comincia a vedere il SSN con occhi diversi.
È il caso di continuare a pagare delle tasse per un servizio comunemente non disponibile?
Se le prestazioni non sono disponibili nel momento in cui ti servono, questo fa sì che il sistema sanitario diventa inaffidabile e quello che passa per un diritto positivo si tramuta in un diritto “negato”. Questo è un primo motivo per riformare radicalmente il SSN.

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Le cose potrebbero migliorare soltanto con un aumento delle risorse umane (e strumentali).
Invece cosa succede?
Siccome il Welfare attuale non ha i soldi per pagare tutti i dottori che sarebbero necessari ecco che l’accesso alla facoltà di medicina è programmato «tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo» (Legge n. 264 del 2 agosto 1999 del I governo D’Alema). In barba all’articolo 4 della Costituzione che, al secondo capoverso, recita: «Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società».
Con la programmazione, non c’è più universalismo che tenga. Che cosa è servito, negli anni passati, abolire la “scuola di classe”, istituire la scuola media unica e consentire l’accesso a tutte le facoltà universitarie a chiunque avesse un diploma di scuola secondaria per, poi, chiudere la porta alla maggioranza degli aspiranti con un marchingegno cretino?

Chissà se Albert Schweitzer e Gino Strada sarebbero diventati dottori se avessero dovuto superare la stupida lotteria dei quiz.
Anche il diritto positivo allo studio (della medicina) diventa un diritto “negato”.

Il mondo è bello perché è vario. Mentre la Cina assomiglia sempre più agli Stati Uniti e perfino Cuba (buon’ultima) imbocca questa strada, l’Europa privilegia il modello dell’ex Unione Sovietica, dalla quale sembra avere importato interi container di “socialismo reale”.

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C’e un secondo motivo per riformare radicalmente il SSN. Il welfare degli stati europei è troppo generoso, mentre molti altri paesi ne sono privi del tutto. Lo ha spiegato bene, qualche settimana fa, Eugenio Scalfari. Ricorrendo alla legge fisica dei vasi comunicanti ha esposto, nella prima parte di un editoriale, un teorema in base al quale diventa inevitabile che i paesi, che hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità, rinuncino a dei privilegi in favore dei paesi più svantaggiati. Quindi occorre fare delle scelte.
Preferite perdere la pensione oppure l’assistenza sanitaria?
Preferite continuare a sognare e rischiare di perderle entrambe?
Perché è questo che intende dire Scalfari, se le sue parole hanno un senso.

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Il SSN è ormai uno strumento logoro, inefficiente ed inaffidabile.
Non soltanto in Emilia Romagna. Abbiamo letto tutti delle truffe perpetrate da parte di case di cura private ai danni dei pazienti e della regione Lombardia. Per limitarci ai due modelli di sanità considerati i migliori d’Italia.
Il SSN serve ormai soltanto alla casta burocratica che lo controlla, come ci ricorda il seguente articolo (del quale mostriamo solo il titolo per via della “riproduzione riservata”), dove si dà notizia dello scontro in atto per le nomine dei direttori generali di sei ospedali ed Ausl in Emilia Romagna.



Alla fine dell’anno scade anche il mandato dei 45 direttori sanitari di Asl e aziende ospedaliere della Lombardia. Si prevedono scambi di cortesia fra la Lega e Comunione e Liberazione.

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Un ulteriore motivo per riformare radicalmente il SSN deriva dal corollario del teorema di Scalfari (seconda parte dell’editoriale). «Anche all’interno di un singolo paese deve valere la legge dei vasi comunicanti». Non possono più esserci bicchieri quasi pieni ed altri quasi vuoti, ma tutti devono raggiungere lo stesso livello. Non c’è ragione che il proprietario di un’auto da 50.000 euro, oppure la signora in grado di acquistare una borsetta da 4.500 euro, ottengano gratis lo sciroppo della tosse o l’aspirina.
David Cameron, impegnato in una rigorosa revisione della spesa pubblica del Regno Unito, in un suo recente articolo su Repubblica, ha fatto l’esempio dei risparmi ottenuti da una linea aerea sopprimendo un’oliva dall’aperitivo offerto ai passeggeri.
Quante “olive” si potrebbero risparmiare nella sanità italiana, se si abolisse il carattere universalistico del SSN?

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Per abbattere il debito pubblico si dovrebbe:

1 - Smantellare il carattere universalistico del sistema sanitario, sciogliendo le USL, le ASL, le AUSL (ed anche i CUP).
Ogni ospedale ritorni ad essere un’azienda autonoma amministrata da una decina d’impiegati.

2 – Istituire un sistema d’assicurazione sanitaria obbligatoria.
Essendo l’attuale spesa sanitaria il 6,8% del Pil, l’obiettivo è di risparmiarne il 5% e di utilizzare il rimanente 1,8% per provvedere –tramite i comuni che, col federalismo, disporranno anche dell’imposizione autonoma delle tasse- ai malati cronici, agli anziani indigenti ed alle fasce di reddito più basse.


3 – A parità d’imposizione fiscale, lo Stato trasferirà il 73% degli attuali fondi di finanziamento del SSN alla Banca d’Italia, che li utilizzerà per rastrellare titoli di stato sul mercato e che distruggerà subito.
Così, per tanti anni fintanto che il debito sarà sceso al 50% del PIL. Poi, si vedrà il da farsi.


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In questi giorni l’edizione locale del Corriere.it ha proposto ai lettori il tema:
«Bologna: cosa salvare? E cosa buttare?»
Si potrebbe radere al suolo Palazzo d’Accursio divenuto, dopo l’età aurea dei Glossatori, simbolo ormai vuoto d’antichi e vecchi conformismi.
Al suo posto si potrebbero edificare due torri cilindriche, di vetro e cemento, alte come San Petronio, che si compenetrino leggermente, sulle cui pareti si specchierebbero la basilica, il Palazzo del Podestà e la statua del Nettuno, creando effetti suggestivi.
Et voilà il nuovo ospedale “Le Gocce Maggiori”.
Ai primi piani di una delle torri troverebbe posto, opportunamente insonorizzato, un auditorium per rappresentazioni teatrali, musicali e per convegni e congressi. In modo da rallegrare un po’ l’ambiente. Bologna, pur sempre turrita, diventerebbe meno fosca ed il centro riprenderebbe nuova vita.

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Al bando le divagazioni futuriste.
La riforma del SSN avrebbe anche l’immenso vantaggio di togliere di mezzo il grosso macigno rappresentato dalla determinazione dei costi standard nella sanità, e spianare la strada ad un federalismo meno costoso. Non sarebbe in ogni modo, per i cittadini, un’operazione a costo zero, ma piuttosto onerosa almeno per i primi anni.
Resta il fatto che, soltanto dopo che il debito pubblico sarà abbattuto, si potrà cominciare a parlare d’Italia futura.


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NOTA 1)
DRG acronimo di “Diagnosis-Related Group” -equivalente in italiano”Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi (ROD) - è lo strumento che serve a classificare i ricoveri ospedalieri ed a calcolare le tariffe con le quali sono retribuiti gli ospedali, per l’attività di cura. Introdotto in Italia nel 1995, il sistema è stato creato dal prof. Fetter dell’università di Yale nel 1983.
E’ un sistema isorisorse: descrive l’assistenza al paziente partendo dal principio che malattie simili, in reparti ospedalieri simili, comportano orientativamente lo stesso consumo di risorse materiali e umane, alle quali si fa corrispondere una data tariffa calcolata.
In pratica, sono i costi standard nella sanità.

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