Si prevede di rafforzare le norme anti-scalate abbassando l’attuale “soglia di comunicazione” dal 2% al 1% (finora chiunque rastrelli un pacchetto di azioni del 2% di una società quotata deve comunicarlo alla Consob, che rende pubblico il fatto). Questo per abbassare il livello di opacità del mercato.
La seconda misura è di allargare le maglie della cosiddetta “passivity rule”.
Attualmente, la legge impone ai manager di una società oggetto di Opa (offerta pubblica d’acquisto) di astenersi dal compiere azioni che possono contrastare il conseguimento dell’offerta, a meno che non siano autorizzate dall’assemblea ordinaria o straordinaria.
Se ci sarà una modifica normativa, i manager italiani potranno difendersi da un’Opa (senza perdere tempo a convocare assemblee) ricorrendo a contromisure come la conversione di azioni di risparmio in azioni ordinarie, oppure la cessione di asset ed altre ancora.
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Le “nostre aziende” sono veramente nostre?
Tempo fa, tanto per fare un esempio, calcolai – in questo post- che dopo la costituzione di Telco la Telecom è posseduta per il 23,6 % da Telco, per l’1,3 % da Pirelli & C e per il 75,1 % dal mercato. Come sia formato quel 75 % non lo sappiamo: dentro potrebbero esserci un bel po’ di stranieri. Però quel 75 % non vale, perché chi comanda è Telco col suo patto di sindacato, che comprende –guarda caso- il 32,26 % della spagnola Telefonica.
Per impadronirsi di Telecom, Telco spese 4,1 miliardi di euro. Oggi, dopo lo tsunami delle borse, si potrebbe comprare il 50,1 % di Telecom con 10-15 miliardi di euro.
Si rafforzino pure le norme anti-scalate, ma non ce ne sarebbe bisogno se chi vuole comandare in un’azienda, possedesse la maggioranza delle azioni. E’ molto conveniente comandare possedendo meno di un quarto delle azioni.
Basta con le scatole cinesi. Basta con la furbizia dei patti di sindacato.
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Vale ancora qualcosa la globalizzazione? Esiste ancora il mercato?
Vogliamo ancora che affluiscano nuovi capitali nel nostro paese?
Certamente un’Opa può essere ostile all’attuale management di un’impresa ma non è detto che lo sia per la nostra economia. Ieri i libici sono diventati i secondi azionisti di Unicredit, e le azioni della banca si sono subito rivalutate.
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