IL BLOG DI SERGIO VIVI



martedì 14 ottobre 2008

Disegno di legge delega sul federalismo fiscale

Il 3 ottobre 2008 il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al disegno di legge delega sul federalismo.
Sebbene non si siano viste differenze tra le giunte di centrosinistra e quelle di centrodestra nel confronto sul testo elaborato da Roberto Calderoli e poi adottato dall’esecutivo, tuttavia non sono mancate le critiche (scontate) da parte dell’opposizione, nonché i dubbi (sacrosanti) da parte dei commentatori politici.
In particolare ne ha parlato con la consueta perizia Luca Ricolfi sulla Stampa di sabato 4 ottobre. Le sue argomentazioni sono state fatte proprie anche da Eugenio Scalfari (la Repubblica, 5 ottobre 2008).

Nell’articolo di Ricolfi -in cui si dà per scontato che le regioni meridionali sono le più inefficienti e quelle con il più alto tasso d’evasione- si dimostra che proprio queste regioni trarranno vantaggio, dal passaggio dalla spesa storica ai costi standard, perché finiranno per ottenere un aumento delle risorse nonostante finora abbiano dimostrato di non saperle usare.

Per Scalfari la costruzione di un «costo standard è un’operazione da far tremare i polsi al più attrezzato cervellone, qualcosa non molto dissimile dalla macchina di accelerazione della particelle nucleari costruita a Ginevra per simulare il “Big Bang”».
Dato che la contabilità a costi standard è –un esempio tra tanti- il criterio di controllo della spesa pubblica adottato dalla Corte dei Conti, se diamo retta al Fondatore, delle due l’una: o la Corte prende sempre lucciole per lanterne oppure i suoi consiglieri sono tutti dei premi Nobel.

Un secondo dubbio riguarda la “perequazione” fra regioni con diversa capacità fiscale.
«Nella bozza Calderoli, e più in generale nelle discussioni sul federalismo, si parla di capacità fiscale nonché del dovere dei territori forti (ad alta capacità fiscale) di «aiutare» i territori deboli (a bassa capacità fiscale). C’è un piccolo problema, però: non si chiarisce mai se per capacità fiscale si intende il gettito potenziale di un territorio oppure il suo gettito effettivo».
Anche sotto questo punto di vista, ad avvantaggiarsene sarebbero le regioni più inefficienti.

E’, pertanto, forte il dubbio che si possa arrivare ad un progetto federale serio e «non si può escludere che, fra una decina di anni, questa “vittoria storica” ci appaia come una vittoria di Pirro, o addirittura come una beffa», poiché «le simulazioni mostrano che se, come probabile, i ministri del rigore saranno sopraffatti, il federalismo comporterà un aumento anziché una diminuzione della spesa pubblica».

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Sono anch’io convinto che il federalismo ci costerà di più. Niente di nuovo sotto il sole.
C’è stato, in passato, qualche mutamento istituzionale o qualche riforma che gli italiani hanno avuto gratis?

Lasciamo stare l’Unità d’Italia che è avvenuta più di un secolo fa: chi ha avuto, ha avuto, ha avuto … chi ha dato, ha dato, ha dato, cantano a Napoli.

Prendiamo le Regioni. Quando, finalmente, furono istituite ci fu chi sostenne l’abolizione delle province, diventate ormai inutili. Continuiamo tuttora a pagarne i presidenti, i consiglieri e tutta la burocrazia che ci sta dietro.

Prendiamo l’introduzione dell’Euro. I percettori di reddito fisso (pensioni e stipendi) in pochi anni hanno perso il QUARANTA PER CENTO del potere d’acquisto. Idem i risparmiatori che avevano qualche lira da parte. Eppure a nessuno viene in mente di dire che l’euro è stata una cattiva riforma, soprattutto nelle circostanze che si stanno vivendo in questi giorni.

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Perché qualsiasi riforma, in Italia, fa aumentare la spesa pubblica?
Purtroppo non è necessario leggere gli “Elementi di scienza politica” (1896) di Gaetano Mosca, oppure “La nuova classe” (1957) di Milovan Gilas (due anni di carcere soltanto per la pubblicazione del libro) e nemmeno “La casta – così i politici italiani sono diventati intoccabili” (2007) di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, per scoprire che tutto il mondo è paese.

In particolare, «Mosca nella sua analisi sul potere politico, critica la tripartizione aristotelica delle forme di governo (Monarchia, Oligarchia, Democrazia). Egli sostiene che esiste una sola forma di governo e di classe politica, cioè, l'oligarchia. Mosca fa tale affermazione perché sostiene che in ogni società vi sono due classi di persone: i governanti (che sono le elite che hanno il potere politico) ed i governati (il resto della società). Secondo Mosca la elite al potere è organizzata in modo tale da mantenere a lungo la propria posizione e tutelare i propri interessi, anche utilizzando i mezzi pubblici a sua disposizione» (Wikipedia).

Insomma, il vero e più grave conflitto d’interessi è quello fra la casta politica e il potere legislativo di cui si è impossessata. Dicono che fanno il bene del Paese, ma si fanno pagare elevati interessi.

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D’altra parte, esiste un modello di federalismo perfetto?
A livello mondiale i paesi che si sono dotati di strutture federali non sono più di una ventina. Tra questi, la Svizzera, la Germania, l’Austria, la Federazione russa, gli Stati Uniti, il Canada, l'Australia, il Brasile e l’India.
Il federalismo svizzero è il più antico ed è quello più portato ad esempio. Eppure gli svizzeri non mancano d’interrogarsi sulla validità del loro modello, tanto che hanno già organizzato due Conferenze Nazionali sul federalismo.
La prima a Friburgo nel settembre 2005.
«Constatato che è in atto un’evidente caduta di tensione della cultura federalista (si ha talvolta l’impressione che taluno consideri il federalismo un lusso!) … si prende, comunque, atto che il federalismo appare anzi in grado di positivamente correggere, salvaguardando e valorizzando in modo costruttivo i poteri locali, gli eccessi negativi della globalizzazione in atto» (Luigi Pedrazzini, Consigliere di Stato, Dipartimento delle istituzioni).
La seconda conferenza a Baden nel marzo 2008.
L’interrogativo principale discusso è stato, non a caso, "Quanto federalismo può sopportare ancora la Svizzera?" Si è constatato, infatti, che da garante di stabilità e coesione nazionale, il sistema federale sta diventando un po' un freno allo sviluppo del paese nel 21esimo secolo.
Insomma, nessun modello di governo rimane immutabile nel tempo ma necessita, ogni tanto, di essere sottoposto a manutenzione.

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In conclusione, il federalismo ci costerà di più. Il modello proposto non è il migliore possibile. Mantiene ben SETTE livelli di governo: stato, regione, provincia o città metropolitana, comunità montane, comuni, circoscrizioni, quartieri. La moltiplicazione delle poltrone.

Dovremmo, per questi motivi, rinunciare al federalismo?
Sarà pure un lusso, ma intanto introduciamolo, così come abbiamo istituito le regioni, così come abbiamo introdotto l’euro. Poi, col tempo e con la paglia maturano anche le nespole.
Nel frattempo, come elettori, smettiamo di votare per province e quartieri, annullando le schede o meglio rifiutandole.
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3 commenti:

zac ha detto...

Mi sa che tra la produzione industriale e quella delle poltrone ci sia un collegamento inversamente proporzionale.
Meno le aziende producono, più i cadreghini aumentano.
Ci preoccupiamo di quanti lavoratori servano per pagare la pensione ad ogni pensionato, non ci chiediamo quanti lavoratori servano per pagare la burocrazia: ogni lavoratore, quanti burocrati deve mantenere?
... E per lavoratore intendo operai, impiegati, precari, artigiani, commercianti, professionisti, pensionati che investono i risparmi di una vita...
Una certa burocrazia è necessaria al buon funzionamento di uno Stato, ma c'è una soglia oltre la quale diventa parassitismo.

Sergio Vivi ha detto...

Molto ben detto.
Sono del tutto d'accordo.
Ciao

Anonimo ha detto...

Credo che nessuna persona sana di mente possa affermare che il federalismo fiscale sia un sistema perfetto. Come ogni attività umana è soggetto a fallimenti ed errori. Tanto per capirci, anche in campo squisitamente politico i limiti di una democrazia sono evidenti: una testa un voto e ogni voto ha lo stesso valore. Non è certo un sistema perfetto, tuttavia è il miglior sitema che abbiamo!
Avvicinare la politica ai cittadini, correlando i costi con i "risutati" è l'unico modo per avere una gestione delle risorse più efficiente.

 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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