Sono iniziati gli incontri di Veltroni con le forze politiche dell’opposizione per vedere di trovare un accordo sui punti A, B e C oggetto delle auspicabili riforme. Si è capito subito che da parte dei leader dell’ex Casa della Libertà si è d’accordo, ma solo in parte, con Veltroni su un singolo punto, diverso però da leader a leader.
Si è anche capito subito che Fini è d’accordo con Casini sui punti A e B ma non sul punto C; Casini, a sua volta, è d’accordo con Berlusconi sui punti B e C ma non sul punto A; Berlusconi, infine, è d’accordo con Fini sui punti A e C ma non sul punto B.
Da bravi politici, si è comunque ottimisti: vale a dire, è più facile che scoppi la pace in Medio Oriente piuttosto che si trovi la quadra sulla legge elettorale.
Questo ci fa capire come andrebbero meglio le cose in Italia, quando fossero rimasti soltanto i sei o sette partiti che hanno voglia di fare, e fossero spazzati via per sempre le centinaia di “nanetti e cespugliotti” che infestano il panorama politico nazionale.
Il punto capitale è la nuova legge elettorale. Tutti propongono il loro modello preferito: francese, tedesco, spagnolo, tedesco corretto al Cardenal Mendoza, con o senza premio di maggioranza, con o senza sbarramento, con l’asticella ad altezza variabile (l’ideale sarebbe definirla una volta noti i risultati delle elezioni).
L’obiettivo, per i due maggiori partiti, è quello di trovare un marchingegno atto a realizzare la loro “vocazione maggioritaria”, una legge, cioè, che consenta di governare (a quello dei due che otterrà un voto in più dell’altro) con non più di quel 33% di voti circa cui ciascuno dei due può, al momento, ambire.
Un sistema può essere il doppio turno alla francese: ci sono tot candidati, i primi due vanno al ballottaggio, gli altri a casa subito. Un secondo sistema consiste nella suddivisione in circoscrizioni territoriali molto piccole (modello spagnolo). Vince il candidato che ottiene più voti, gli altri voti sono azzerati e non si recuperano più. Entrambi i sistemi sono l’applicazione del concetto “divide et impera”. Soltanto che l’impero non è mai stato ritenuto una forma di governo democratica.
Un ulteriore sistema è dare un premio di maggioranza non più alla coalizione vincente ma al partito che ottiene più voti. Sembra difficile ma, invece, no. Basta arrivare al referendum. Berlusconi nega di volere arrivare a questo. Figurarsi Veltroni: per lui le regole del gioco si fanno col consenso di tutti … ma anche col referendum. E se il consenso tarda ad arrivare, il referendum non può aspettare e la colpa non è di nessuno.
E’ la soluzione più probabile e, nello stesso tempo, la peggiore. Dalla porcata di Calderoni si passerebbe a una porcata perfezionata, per di più imposta a furore di popolo con un referendum che nessuno si azzarderebbe a contestare.
Alle elezioni verrebbe chiesto agli elettori di scegliere tra PD1 e PD2 come ai tempi di Mike quando, a Lascia o raddoppia, faceva la domanda di spareggio.
venerdì 30 novembre 2007
Gli incontri di Veltroni
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2 commenti:
da tempo sono contrario alla gran balla della legge elettorale. Ci sarebbe una sola cosa da fare: riformare lo stato, e la cultura civile (compito anche più importante), delegiferare, decorporativizzare la società, ridurre al massimo lobbies e potentati. Nessun gruppo politico può fare niente di simile, se non si costituisce il polo laico-liberale, che è l'unico in grado di prendere voti per cambiare davvero la società e modernizzare come è stato fatto in diverse parti del mondo.
Paolo di lautreamont
Dipende da cosa intendi per polo laico-liberale.
Se intendi il nuovo partito di Berlusconi, sarebbe meglio chiamarlo moderato-cattolico (da preferire in ogni caso al polo catto-comunista). Basta ricordare il referendum sulla fecondazione assistita.
Se invece ti riferisci ad un blocco che metta insieme Della Vedova, Taradash, i blogger di Toqueville, magari Capezzone ed altri che quinon cito … campa cavallo.
Poi, per contare i laico-liberali, occorrerebbe un partito con quel nome e una legge elettorale proporzionale.
Ho votato, la prima volta, nel 1956 per la lista Radicale – repubblicana di Nicolò Carandini e Ugo La Malfa. Da allora, purtroppo, credo sia cambiato poco nella mentalità politica della gente.
Ecco, come dici giustamente, occorre insistere per riformare la cultura civile.
Sergio Vivi
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