sabato 4 marzo 2006
Bollettino freccia
Il mio fondo integrativo sanitario ha ritenuto opportuno abolire, da quest’anno, il versamento trimestrale dei contributi a mezzo bollettino postale. D’ora in poi occorrerà utilizzare i “bollettini freccia” (presso qualsiasi Istituto di Credito).
La mattina del 27 febbraio mi sono recato nella banca sottocasa (Unicredit ex Banca del Monte di Bologna e Ravenna) per effettuare il primo versamento.
«Buongiorno, è un nuovo metodo di pagamento questo?»
«No, esiste da tempo ma è demenziale ... Lei ha il conto presso qualche agenzia Unicredit?»
«No.»
«Allora la debbo registrare, mi occorre il codice fiscale e un documento.»
Mentre inserisce gli estremi dei documenti, risulta che sono già registrato.
«E’ possibile, sono stato qui altre volte e, quando fu aperta quest’Agenzia, ricevetti a casa la visita di un Vostro Funzionario».
Per effettuare l’operazione l’impiegata deve digitare una stringa di SETTANTUNO caratteri alfanumerici senza sbagliare. La suddivide con tratti di penna, separa gli zeri consecutivi, li conta e controlla due volte.
Incassa l’importo (200 euro e spiccioli) e controlla che la registrazione sia andata a buon fine. No, non è stata accettata.
«Forse, nel frattempo, è cambiato il numero della carta d’identità.»
Niente da fare. Armeggiando col computer, risulta che sono registrato presso l’Agenzia Unicredit di Via Ferrarese (ex Credito Italiano).
«Beh! Si, nel 1970 quando sono andato a lavorare all’Acma avevo aperto là il conto corrente.»
«Questo sistema ha la memoria di un elefante! … (Sconcerto, disappunto) purtroppo adesso la mia postazione è bloccata.»
Solleva il telefono e chiama Via Ferrarese.
«Ascolta, ho qui uno che risulta registrato da voi, se non mi metti dentro il numero del documento non posso più lavorare.»
Minuti d’attesa. OK, tutto a posto? No, manca l’autorizzazione per la privacy. Consultazioni via telefono. Finalmente mi fa firmare la liberatoria e posso uscire. Nel frattempo si è formata una fila di almeno dieci persone.
Alla posta mezzora di fila e cinque minuti allo sportello, in banca cinque minuti di fila e mezzora allo sportello.
Leggendo una lettera su Repubblica, apprendo che la procedura è forse dovuta a una nuova norma antiriciclaggio a cui sarebbe soggetto chi paga in contanti. Poveri noi!
La mattina del 27 febbraio mi sono recato nella banca sottocasa (Unicredit ex Banca del Monte di Bologna e Ravenna) per effettuare il primo versamento.
«Buongiorno, è un nuovo metodo di pagamento questo?»
«No, esiste da tempo ma è demenziale ... Lei ha il conto presso qualche agenzia Unicredit?»
«No.»
«Allora la debbo registrare, mi occorre il codice fiscale e un documento.»
Mentre inserisce gli estremi dei documenti, risulta che sono già registrato.
«E’ possibile, sono stato qui altre volte e, quando fu aperta quest’Agenzia, ricevetti a casa la visita di un Vostro Funzionario».
Per effettuare l’operazione l’impiegata deve digitare una stringa di SETTANTUNO caratteri alfanumerici senza sbagliare. La suddivide con tratti di penna, separa gli zeri consecutivi, li conta e controlla due volte.
Incassa l’importo (200 euro e spiccioli) e controlla che la registrazione sia andata a buon fine. No, non è stata accettata.
«Forse, nel frattempo, è cambiato il numero della carta d’identità.»
Niente da fare. Armeggiando col computer, risulta che sono registrato presso l’Agenzia Unicredit di Via Ferrarese (ex Credito Italiano).
«Beh! Si, nel 1970 quando sono andato a lavorare all’Acma avevo aperto là il conto corrente.»
«Questo sistema ha la memoria di un elefante! … (Sconcerto, disappunto) purtroppo adesso la mia postazione è bloccata.»
Solleva il telefono e chiama Via Ferrarese.
«Ascolta, ho qui uno che risulta registrato da voi, se non mi metti dentro il numero del documento non posso più lavorare.»
Minuti d’attesa. OK, tutto a posto? No, manca l’autorizzazione per la privacy. Consultazioni via telefono. Finalmente mi fa firmare la liberatoria e posso uscire. Nel frattempo si è formata una fila di almeno dieci persone.
Alla posta mezzora di fila e cinque minuti allo sportello, in banca cinque minuti di fila e mezzora allo sportello.
Leggendo una lettera su Repubblica, apprendo che la procedura è forse dovuta a una nuova norma antiriciclaggio a cui sarebbe soggetto chi paga in contanti. Poveri noi!
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2 commenti:
rob ha detto...
Certo, la burocrazia presuppone sempre che il cittadino che le sta di fronte sia un mascalzone (e come minimo, appunto, un evasore fiscale o un aspirante tale). Come meravigliarsi, poi, se uno, per reazione, presuppone sempre che il burocrate che gli sta davanti sia un maledetto figlio di ... e finisce con il comportarsi come se fosse un individuo molto peggiore di quanto non sia in realtà? E così il sistema si riproduce all'infinito. Non c'è speranza, credimi ...;-)
05 marzo, 2006 19:00
sergio vivi ha detto...
Sono d'accordo. Io, comunque, ritengo giusto protestare sempre.
05 marzo, 2006 23:19
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